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New Age Italy - Terzo Millennio

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Il millenovecento iniziò con grande fermento: le industrie avevano acquistato peso economico nazionale: Einstein esordì con la sua teoria della relatività , sconvolgendo i parametri coi quali si era fin allora misurato l'universo, e Sigmund Freud battezzava la psicologia come parascienza, cercando nei rapporti familiari che ben conosciamo (Edipo ed Elettra) le cause delle nostre nevrosi.
Ben presto però Freud fu attaccato nelle sue teorie, ed essendo la psicologia una scienza vergine, basata su argomentazioni eteree e su fenomeni irripetibili, in seguito i suoi attaccanti furono attaccati dai loro successori. Freud e la sua scuola rappresentavano l'uomo nella società basata sulla famiglia patriarcale, condizionata dalla morale cristiana, mentre la scuola jounghiana nata in seguito si avvicinava a una visione bipolare dell'uomo (sado - masochismo) su ideologie forse importate dall'oriente. Infatti, il colonialismo europeo importò , tra l'altro, le religioni orientali e nuove spezie, quali l'oppio e l'haschisc, che cominciarono a diffondersi nell'ambiente degli intellettuali romantici, anarchici e dada dell'alta borghesia.
L'opinione comune della bassa borghesia e del proletariato, invece, assodava che la ricchezza di una nazione e dei suoi cittadini proviene dalla produzione e commercio di beni, e il lavoro non sempre è piacevole o creativo, e l'ottimizzazione di un processo produttivo è ottenuto concentrando la materia prima, le macchine e la manodopera negli edifici delle fabbriche, di proprietà di capitalisti borghesi. Questo insieme di fattori rende insignificante la vita dei singoli proletari o dei piccolo borghesi. Questi hanno voce in capitolo solo come MASSA: ecco diffondersi il comunismo, l'autoregolamentazione della massa per far fronte alla nuova civiltà della fabbrica e della macchina. La legge delle 10 ore (1848) favorì la spersonalizzazione dell'uomo (proletario) rispetto al proprio lavoro: egli ritenne conveniente dare alla società capitalista solo il minimo indispensabile ed obbligatorio in cambio dei mezzi di sussistenza e delegò ai suoi rappresentanti "democratici" le responsabilità dell'amministrazione del proprio stato sociale accettando il ruolo di soldato: anche i soldati sono uomini sensibili, pensarono, che possono riversare in altri campi la propria creatività : il sogno di delicatissimi o travolgenti amori romantici costituì un rifugio alla alienazione della vita in fabbrica, dove gli uomini sono ridotti a ingranaggi insignificanti della macchina produttiva. E poi è sempre più difficile emergere dalla massa, quella massa sempre più numerosa ed egoista che soffoca l'individuo...

Questa era la realtà nascosta dietro la facciata progressista del liberty europeo d'inizio secolo, fatto di trine e merletti, cilindro e baffoni ed orgoglio di possedere lontane colonie ai quali indigeni si stava insegnando a vivere da cristiani...
Il capitalismo, in realtà, ormai accecato nell'ottica del profitto e dello sfruttamento non riuscì a controllare tutti gli effetti imprevisti del surplus creatosi, rendendo così normali la distruzione volontaria dei raccolti per mantenere i prezzi di mercato, e le incredibili speculazioni bancarie e borsistiche degli americani negli anni venti: vedremo più avanti le conseguenze di questi adoratori del Dio Denaro.

 

Viene qui vista la prima guerra mondiale dal punto di vista della fissazione dell'azoto, un processo industriale che ha a che fare con uno degli sviluppi più affascinanti del XIX secolo, intrecciatosi con i più ragguardevoli problemi politici ed economici dei nostri tempi.

La fissazione dell'azoto

E noto che alcuni composti contenenti azoto, quali le proteine e gli acidi nucleici, sono componenti essenziali per tutti gli organismi viventi. Questi composti azotati derivano tutti in origine da composti azotati delle piante, che li hanno sintetizzati a partire dai composti azotati del suolo. Questi per loro conto sono dovuti all'ossidazione batterica dei composti ammonici, prodotti per l'azione di batteri azotofissatori sulle proteine vegetali o animali presenti in organismi morti.
La quantità di azoto fissato nel ciclo biologico dell'azoto resta più o meno costante: piccole variazioni si manifestano perchè alcuni batteri provocano la completa degradazione dei composti azotati fino ad azoto elementare, ma questa perdita è di solito bilanciata da altri batteri che trasformano l'azoto atmosferico in composti.
E importante avere ben presente che l'azoto è un gas inerte, e sebbene possa apparire sorprendente, una pianta verde circondata dall'aria morirebbe per mancanza d'azoto se non fosse in grado di assorbire dalla terra azoto combinato attraverso le radici.
Sostanze azotate naturali, quali il letame, vennero impiegate in agricoltura ancora prima che fossero chiare le ragioni dei loro effetti benefici. L'approfondimento della conoscenza scientifica produsse, là dove l'agricoltura veniva praticata intensivamente, una richiesta elevata di composti azotati per integrare le risorse naturali del suolo. Si scoprì che sostanze quali il nitrato di potassio (salnitro, dal quale ci si approvigionava dall'India) o il guano (proveniente dal Perù ) o il nitrato di sodio (proveniente dal Cile) potevano raddoppiare o triplicare la produzione di cereali.
L'importanza di tutto questo è ovvia in un tempo in cui in Europa l'industrializzazione e i progressi in medicina favorivano l'aumento della popolazione. A queste sorgenti naturali di composti azotati se ne aggiunse un'altra, originariamente un sottoprodotto della distillazione secca del carbone per l'illuminazione e per l'industria siderurgica. Infatti, quando il carbone è riscaldato in assenza d'aria, esso di decompone e produce gas illuminante, catrame, carbone coke e un liquido ammoniacale.
Nel XIX secolo, con l'affermarsi dell'illuminazione a gas di carbone, quel liquido ammoniacale divenne disponibile in grandi quantità e poteva essere trattato a formare fertilizzanti azotati quali il solfato d'ammonio. Il catrame, per suo conto, divenne una fonte preziosa ed insostituibile di prodotti chimici, quali i coloranti. Ma l'agricoltura non era la sola attività la cui richiesta di azoto combinato crebbe drasticamente nella prima metà del secolo XIX. Nel 1845 il chimico italiano Ascanio Sobrero fabbricò per primo il potente esplosivo nitroglicerina avviando così l'industria degli esplosivi. Successivamente furono ideati altri esplosivi, più stabili della nitroglicerina, ma sempre azotati, impiegati nelle costruzioni ferroviarie e nelle miniere, attività che ovunque accompagnano lo sviluppo industriale, molto intenso all'inizio del secolo.
La domanda globale di azoto fissato, nella seconda metà del XIX secolo era troppo forte per poter essere soddisfatta dal nitro del Cile e dall'ammoniaca da distillazione del carbone e nella situazione politica tesa che si stava sviluppando al volgere del secolo era ovvio che una nazione esclusa dalla disponibilità di nitro del Cile non sarebbe stata in grado di mantenere una adeguata riserva di munizioni, nè di fertilizzante che coprisse i fabbisogni alimentari della popolazione in crescita. La fonte più evidente di azoto era l'azoto dell'aria, una riserva pressochè illimitata e di libero accesso, e riuscire a fissarlo sotto forma di qualche composto avrebbe condotto alla creazione di una industria destinata a risolvere il problema del fabbisogno di cibo e salvaguardato la riserva di munizioni. Nonostante tutte le difficoltà , furnono messi a punto alcuni processi per la fissazione dell'azoto atmosferico, e nel periodo 1903-1907 il processo Haber-Bosch fu giudicato abbastanza economico da essere attuato. Un impianto pilota fu avviato in Germania nel 1910, e nel 1912 produceva 30000 tonn./anno di solfato d'ammonio.

Lo sprone a uno sfruttamento massiccio del processo fu la prima guerra mondiale, durante la quale e per le esigenze della quale furono realizzati progressi sia scientifici che tecnologici. L'Inghilterra e i suoi alleati ebbero il controllo delle vie marittime seguite dalle navi cariche di nitro del Cile e di guano peruviano. La Germania e le potenze centrali vennero così escluse dalla possibilità di rifornirsi di questo materiale, e vennero costrette a innovamenti per non soccombere. Il processo Haber ebbe un'importanza fondamentale durante il periodo bellico: c'è addirittura da chiedersi se non fu proprio la sicurezza di disporre di azoto fissato non di importazione a spingere alla guerra gli imperi centrali.
L'omicidio dell'erede al trono austro - ungarico il 27 giugno 1:13 a Sarajevo fu il pretesto che scatenò la prima guerra mondiale dove Francia, Inghilterra, Russia, e in seguito Italia e Stati Uniti si schierarono contro Germania, Austria e Turchia. Abbiamo già visto quali furono le cause reali della guerra: le nazioni belligeranti cominciarono la corsa agli armamenti ben prima del 1914, guerra conclusasi nel novembre 1917 con la sconfitta della Germania. Una delle ragioni per cui la Germania perse la guerra non fu per mancanza di esplosivo, ma perchè l'esercito consumò una così larga quota di composti azotati che non ne rimase a sufficienza per gli agricoltori. Nel 1916 e nel 1917 i raccolti furono disastrosamente cattivi. Per ironia della sorte, nel paese dove venne scoperta la soluzione al problema dell'azoto, venne a mancare il grano e la gente ne soffrì.
Il bilancio di questa guerra, durata 3 anni, fu di 11 milioni di morti e vennero impiegati per la prima volta gas velenosi, carri armati, mitragliatrici, sottomarini, aeroplani. Era ben vivo, l'odio! Le spade erano affilate da tempo!

 

Mentre in Europa si stava combattendo la prima guerra mondiale in Russia la Rivoluzione di Ottobre, nel 1917, costrinse lo Zar ad abdicare in favore del partito Bolscevico, ispirato al socialismo scientifico formulato da Carlo Marx. La guerra aveva creato la situazione (drammatica) che ha permesso ai contadini russi quelle conquiste sociali che non avrebbero mai potuto ottenere democraticamente.
Lo Zar, infatti, si preoccupava solo di sfruttarli grossolanamente per mantenere i lussi aristocratici descritti da Tolstoj in Anna Karenina, manteneva cioè verso i suoi sudditi l'atteggiamento che gli europei mantenevano verso le colonie. La Russia del 1917 era una nazione disorganizzata, ad un livello quasi medievale, e la minaccia della fame era sempre incombente. I Soviet, nei 50 anni successivi, avrebbero fatto della Russia una superpotenza, schierata contro gli Stati Uniti, ufficialmente l'antitesi tra capitalismo e comunismo.
In pratica però anche la Russia, per accrescere il proprio "benessere" è stata costretta ad usare sistemi che arditamente hanno chiamato comunismo solo perchè ad una efficiente e calcolatrice classe borghese è stata sostituita una spesso inetta e mostruosa dirigenza statale. Pur con 2 secoli di ritardo anche la Russia ha iniziato la sua rivoluzione industriale, le fabbriche, le miniere, le reti stradali e ferroviarie, il disboscamento, la monocultura, lo sfruttamento intensivo delle risorse naturali e umane per riguadagnare il tempo perduto e quindi ripresentarsi, superpotenza aggressiva e saputona sulla scena mondiale.

 

La guerra aveva arricchito anche i "puritani" Stati Uniti, che disponevano di crediti all'estero per 11 miliardi di dollari, e fino al 1928 godette la florida età del jazz e del proibizionismo alcoolico quando giunse, inaspettato, il crollo economico. Il crollo fu aggravato dalla mania speculativa che aveva preso piede negli anni venti. Gli americani volevano arricchirsi ancora più rapidamente e cominciarono a giocare in Borsa comprando azioni a riporto, cioè con minimo contante e massimo credito: la grande richiesta portò le azioni al disopra del loro valore reale iniziando un processo di inflazione. La causa della grande depressione nel 1:28 fu però la sovraproduzione (!): l'aumento dei salari non riuscì a tenere il passo con l'aumento dei prezzi ed erano quindi pochi coloro che potevano permettersi di acquistare le merci da loro stessi prodotte che venivano immesse sul mercato in quantità sempre maggiori. Quando perciò i magazzini si riempirono di merci invendute le industrie cominciarono a lavorare ad orario ridotto, e con ciò i salari diminuirono ancora di più, rendendo il processo inarrestabile.
La grande depressione influì sull'economia delle nazioni legate agli Stati Uniti, che cominciarono a dubitare della stabilità del sistema capitalistico.

 

Il pagamento di pesanti tributi di guerra richiesti alla Germania sconfitta (32 miliardi di dollari), ne affossarono l'economia, tanto che nel 1931 un tedesco su quattro era disoccupato. Approfittando della grande crisi il piccolo e turbolento partito nazionalsocialista, guidato da Adolf Hitler, sdegnando la democrazia, predicando apertamente l'odio razziale e chiedendo disciplina e autorità approdò al potere, eletto da milioni di tedeschi, e Hitler fu nominato cancelliere nel 1933.
Per mantenere la sua posizione e garantire l'ordine Hitler, aiutato dall'esercito e dalla Gestapo adottò metodi fascisti (già usati dai fascisti italiani) ed eliminò l'opposizione, i comunisti e gli ebrei con la creazione di grandi campi di concentramento mentre la sua propaganda diffondeva la teoria della superiorità dei popoli ariani e dei loro diritti naturali sui popoli sub-umani come gli slavi, i negri e gli ebrei.
Per terminare la crisi economica conseguente alla sconfitta del 1917 Hitler attuò un vasto piano di riarmo, assorbì i disoccupati nell'esercito e il riarmo stesso fece rifiorire l'industria. Questi provvedimenti producevano tanta potenza distruttiva quanto benessere e Hitler ottenne larghi consensi.

In Italia Benito Mussolini assoggettò al controllo del partito fascista il governo, l'industria, la stampa e la vita culturale italiana. Il fascio era un'insegna di comando della Roma imperiale, costituita appunto da un fascio di verghe legate attorno a una scure e simboleggiante l'unità che fa la forza. L'unità era costituita dalla persona del Duce e il fascismo una ideologia demagogica che tuonava: credere, obbedire, combattere: il numero è potenza, e: me ne frego!

Il Giappone, invece, da quando aveva aperto le porte all'occidente era diventato una potente nazione industrializzata di cui già nel 1930 si doveva tener conto sullo scacchiere mondiale, ma aveva un governo militarista fanatico. Una legge di quegli anni obbligava gli uomini e le donne a sposarsi entro i 30 e i 25 anni, ed altrettanto obbligatoriamente procreare un minimo di 4 figli (in Italia, invece, Mussolini istituì la tassa sul celibato).
Quando la popolazione crebbe oltre le possibilità offerte dalla superficie dell'isola divenne necessario espandersi in colonie sul continente asiatico: intraprese perciò fortunate campagne di guerra e cominciò ad avanzare diritti coloniali sui territori cinesi, pi• arretrati. Siamo alle porte della seconda guerra mondiale.

 

Nell'aprile 1940 la Germania, sull'onda dei successi di Franco, dittatore spagnolo, attaccava la Polonia e nel Giugno 1940 anche l'Italia entrava in guerra al suo fianco: nel 1941 il Giappone attaccò la flotta americana a Pearl Harbour e le forze combinate dell'asse Roma-Berlino-Tokio riportarono una serie di vittorie iniziali sugli alleati.
Nel 1942 la Germania dominava o controllava 15 nazioni: i suoi eserciti erano a Parigi e alle porte di Mosca, Leningrado e del Cairo: i suoi bombardieri bombardavano Londra, i suoi sommergibili controllavano il Mediterraneo e si avventuravano nell'Atlantico: ma, sul finire dello stesso anno, le cose cominciarono a cambiare decisamente in favore degli alleati finchè il 30 aprile 1945, respinti i tedeschi da tutti i fronti, mentre i russi entravano vittoriosi a Berlino, Hitler si uccideva. Il 5 Agosto veniva sganciata la prima bomba atomica su Hiroshima e pochi giorni dopo su Nagasaki: la seconda guerra mondiale, durata 4 anni, è finita.

Morirono, nella seconda guerra mondiale, 14 milioni di soldati, parecchi milioni di civili e 4 o 6 milioni di ebrei nei campi di concentramento. La storia giustifica le stragi commesse come conseguenza della propaganda nazista, come se solo Hitler e il suo governo ne fossero responsabili: gli operai tedeschi nelle fabbriche di armi, di forni crematori e di filo spinato ben sapevano, cosa stavano facendo! I berlinesi ben videro uomini, donne e bambini ebrei uscire dalle loro case con le mani alzate e non farvi mai più ritorno!
Chiunque abbia visto le foto dei forni crematori, delle camere a gas, delle fosse comuni, dei cadaveri di migliaia di bambini e di morti viventi sa che quella Germania non potrà mai essere perdonata. Ma chi è senza peccato? Gli stati Uniti, magnanimi verso quel popolo vinto, volevano forse far dimenticare secoli di schiavitù imposti alla popolazione nera deportata dall'africa: e l'Inghilterra, la Francia, l'Italia e gli altri paesi coloniali, in sordina, non usavano forse i campi di concentramento per eliminare i ribelli nelle colonie? E la cattolicissima Spagna, non distrusse brutalmente la civiltà Maya e Azteca al solo scopo di depredarla del metallo giallo? E gli stessi Ebrei non erano colpevoli di aver mantenuto per due millenni il distacco razziale nonostante ormai la loro lingua, la loro cultura fosse quella dei paesi ospitanti, anzi dove parecchi di loro avevano acquistato posizioni sociali di rilievo?
Ecco che, colti da compassione viene il perdono per la Germania, poichè colpevole fu solo Hitler, e, purchè siano pagati i danni di guerra, allora dimenticheremo... E la storia continua.

 

 

Possiamo usare il termine "crisi", a proposito della società e della cultura europee che si affacciano al Novecento, per segnalare un insieme di fenomeni anche molto differenziati quanto a caratteristiche ed esiti, ma accomunati dalla messa in discussione di alcuni fondamentali presupposti della civiltà ottocentesca. In primo luogo, la Grande depressione degli anni settanta-novanta, crisi di sovrapproduzione e crisi dei prezzi agricoli smentisce il modello ideale di un capitalismo libero e concorrenziale capace di autoregolarsi attraverso il mercato, aprendo la fase dei capitalismo monopolistico, caratterizzato da una forte integrazione fra economia e politica, fra industria e stato. Inoltre, lo sviluppo del movimento operaio e socialista fa emergere il conflitto di classe come dato strutturale della società borghese, smentendo l'ipotesi di uno sviluppo sociale lineare e armonico come inevitabile conseguenza della crescita delle forze produttive. Infine, sul piano delle forme politiche, il costituirsi dei partiti di massa e le istanze democratiche del suffragio universale rivelano tutta l'insufficienza del modello di rappresentanza elitario e notabilare proprio dei liberalismo, aprendo la tematica tipicamente novecentesca dei movimenti e delle organizzazioni di massa e delle modalità di acquisizione del consenso.

Questa situazione di crisi di cui la prima guerra mondiale rappresenta l'esito estremo e insieme un potente acceleratore è abbastanza agevolmente rintracciabile innanzitutto sul piano delle ideologie politiche diffuse, dove emergono programmi e pratiche ispirati al conflitto e alla violenza. Il terreno privilegiato di questi comportamenti (che attraversano anche il movimento operaio, per esempio con il sindacalismo rivoluzionario) sono i movimenti nazionalistici. Il culto della nazione come entità morale superiore a ogni altro valore (con rottura del nesso tra nazione, libertà e umanità proprio degli ideali nazionali di inizio secolo); il rifiuto della ragione e l'esaltazione del sentimento e della tradizione; la lotta contro le ideologie individualistiche (liberalismo), umanitarie (cattolicesimo), internazionaliste (socialismo); la svalutazione dei principi democratici e delle istituzioni parlamentari; il rifiuto della lotta tra le classi e la teorizzazione della competizione fra le nazioni e dei diritto di conquista; l'esaltazione della guerra come necessità e come valore:

sono queste le parole d'ordine del nazionalismo, nelle quali è evidente l'erosione degli ideali cosmopolitici e progressisti elaborati dal pensiero liberaldemocratico a partire dall'illuminismo.

Per quanto riguarda il dibattito intellettuale e filosofico, la rottura dell'identificazione fra scienza, verità e progresso, che sorreggeva il modello di razionalità del positivismo ottocentesco, fu elemento unificante di orientamenti di pensiero diversi, che sarebbe riduttivo raggruppare indistintamente sotto l'etichetta dei cosiddetto "irrazionalismo". Nella comunità scientifica la "crisi dei positivismo" assunse innanzitutto il carattere di una discussione e revisione epistemologica e metodologica indotta dagli stessi progressi teorici. La scoperta delle geometrie non euclidee, la teoria della relatività di Albert Einstein, le teorie corpuscolare e ondulatoria e il principio di indeterminazione di Heisenberg condussero ad abbandonare o a rivedere teorie generali accettate da secoli, e determinarono profonde modificazioni nell'ideale di scienza" positivistico. A una scienza considerata potenzialmente capace di pervenire alla descrizione vera dei mondo, superando nel suo sviluppo i propri limiti metodologici, subentrò una concezione della scienza come costruzione "operativa", metodo logicamente fondata e soggetta a obbligo di coerenza ma limitata, nelle sue pretese di verità, dal carattere necessariamente "convenzionale" dei suoi principi e proposizioni.

Nel 1900 muore, a Weimar, Friedrich Nietzsche, e a Vienna Sigmund Freud pubblica L'interpretazione dei sogni. Scompare il pensatore che aveva fornito l'interpretazione più radicale della crisi della civiltà ottocentesca e si pubblica l'opera che inaugura non solo un filone di ricerca, ma una nuova prospettiva interpretativa in campo epistemologico, antropologico e sociale. Il filosofo contemporaneo Paul Ricoeur, nell'opera Dell'interpretazione. Saggio su Freud (1965), ha suggestivamente accostato Marx, Nietzsche e Freud quali "maestri del sospetto", per avere indicato nella "falsa coscienza" il terreno di un'indagine rivolta in primo luogo a demistificare miti, credenze, autoillusioni e autoinganni della ragione, mostrandone l'origine e le modalità di costruzione, e in secondo luogo a indicare la via per sapere ciò che ancora significano pensiero, ragione e persino fede. Punto di partenza comune a questi tre pensatori è l'idea che la coscienza che l'uomo ha di se stesso non è in grado di cogliere la verità, che non vi è coincidenza immediata tra apparenza e realtà, e che quindi occorre una "decifrazione" di tale coscienza.

Se dunque alcuni pensatori traevano dalla profondità della crisi motivi per dubitare addirittura della sopravvivenza della civiltà occidentale (e altri vagheggiavano impossibili ritorni al passato), molti saldarono invece la denuncia dei disagio con la ricerca di nuove vie e dimensioni. In molti casi la crisi coincise dunque con vere e proprie "rivoluzioni" di grande profondità e ricchezza. L il caso delle arti figurative e della letteratura, con il dissolversi delle antiche forme e la proposta di nuove soluzioni espressive; della psicoanalisi, che venne elaborando un approccio completamente nuovo alla personalità e ai problemi dell'uomo; della politica e dell'economia, costrette a confrontarsi con diversi modi di organizzare la vita sociale; dei pensiero scientifico, le cui continue innovazioni inauguravano un approccio più critico e problematico al sapere e ai rapporti fra scienza e società. Se da un lato quindi la crisi ebbe aspetti drammatici, dall'altro si costituirono al suo interno le dimensioni fondamentali della contemporaneità, dunque dei nostro presente. Certamente, nel pessimismo che attraversa le riflessioni degli uomini che ne furono testimoni si può leggere la perdita (forse definitiva) di un ideale rassicurante, quello dei progresso assoluto e irreversibile, della indiscutibile grandezza della civiltà occidentale e in particolare europea. ,Noi, civiltà, sappiamo di essere mortali,,: con queste parole il filosofo e poeta Paul Valéry commentava nel 1919, all'indomani dei conflitto mondiale, il chiudersi di un'epoca.

Il primo quindicennio dei nuovo secolo, che aveva visto una ripresa impressionante della produzione industriale (che si quintuplica in questo periodo), un'organizzazione dei lavoro di fabbrica sempre più complessa e il sorgere della "civiltà di massa" con l'emergere dei ceti medi, si conclude con la prima guerra mondiale. Essa raccoglieva ed esprimeva innanzitutto le tensioni accumulatesi nell'ultimo ventennio tra le potenze internazionali, e sanciva la vittoria delle forze militariste e nazionaliste all'interno della società civile di massa, testimoniando della loro presa sugli apparati dello stato, generalmente caratterizzati, nel primo decennio dei Novecento, da un'evoluzione in senso conservatore e autoritario. L'entrata in guerra degli Stati Uniti a fianco dell'intesa rivelò l'enorme peso che la potenza americana aveva ormai sulla vecchia Europa. Il crollo dello zarismo, la proclamazione della repubblica, il cedimento dei fronte russo, e, nell'ottobre dei 1917, la presa dei potere, a Pietroburgo, dei soviet guidati dal bolscevichi, furono l'altro avvenimento di portata storica che pose le premesse per un lungo periodo di divisione dei mondo in due blocchi economici e politici contrapposti.

Gli anni venti comportarono profonde modificazioni negli equilibri economici e politici internazionali, ma anche nel costume, nelle abitudini sociali, nella visione degli intellettuali. Essi furono soprattutto un decennio di espansione economica e di innovazioni, in cui gli Stati Uniti giocarono un ruolo preminente. In questa fase di espansione scoppiò il 25 ottobre dei 1929 la crisi borsistica di Wall Street. C'erano stati, e ci saranno, altri crolli di borsa, ma nessuno ebbe gli esiti a catena della crisi dei '29. Essa mise in moto effetti disastrosi per la finanza internazionale che dominava il mercato della produzione industriale: tutti i paesi a economia capitalistica ne furono interessati. La depressione statunitense si tradusse in una drammatica crescita della disoccupazione, e in una crisi dei prezzi agricoli senza precedenti. Negli Stati Uniti la risposta alla crisi fu una politica economica di intervento statale (il New Deal di Roosevelt), che rafforzò la struttura democratica dei paese. In Italia e in Germania invece, dove lo stato liberale non aveva retto agli sconvolgimenti della guerra e dei dopoguerra, la crisi diede origine a una progressiva statalizzazione dell'economia, che rafforzò la svolta autoritaria (in Italia, con il fascismo), o la rese possibile (in Germania, con il nazismo).

La seconda guerra mondiale rappresentò lo scontro tra il blocco di paesi che avevano conservato le istituzioni democratiche, nonostante la crisi, e i regimi totalitari, che puntavano a un "nuovo ordine" economico e politico in Europa. Questo secondo, immane conflitto concluse quella sorta di nuova "guerra dei Trent'anni" che aveva travagliato l'Europa tra il 1914 e il 1945, aprendo al tempo stesso l'epoca della "guerra fredda", basata sulla competizione politica, militare e ideoUica delle due superpotenze.

 

 

 

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Ultimo aggiornamento: 25-11-05