La celtizzazione della Valle padana
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Espansionismo celtico
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Caratteri dell'espansionismo celtico
Foraboschi: "Secondo moduli narrativi consolidati, la storiografia antica
ha cercato di spiegare la celtizzazione dell'Italia settentrionale attraverso
la categoria semplicistica dell'emigrazione e dell'invasione. La documentazione
diretta offre invece indizi significativi, seppur scarsi e sparsi, di un lungo
processo storico entro cui si minimalizzano le migrazioni e assumono invece
un ruolo rilevante i fenomeni di infiltrazione e acculturazione, in un quadro
di diffusione celtica su scala europea. Ma al di là della questione se
la celtizzazione di gran parte dell'Europa sia attribuibile a fenomeni di [invasione]
violenta o invece a una espansione progressiva sostanzialmente pacifica, sembra
comunque ormai assodato che i Celti, già prima di infiltrarsi e invadere
l'Italia, si [insediarono] su territori agricoli già centrati attorno
a strutture stabili nell'Italia Cisalpina. Questo assetto socio-economico, abbinato
a una probabile vivacità demografica, [fu] la molla del loro espansionismo,
volto alla ricerca di territori nuovi e più fertili dove esercitare le
attività di agricoltura e allevamento".
Per tre secoli, dal VI al IV sec. a.C., la Cispadana fu attraversata da un
incessante andirivieni di tribù celtiche; l'esito di questa serie di
migrazioni fu la progressiva integrazione dei Galli con le popolazioni locali,
già plasmate dalle precedenti mescolanze tra villanoviani, etruschi e
primi celti.
L'insediamento dei nuovi venuti avvenne a macchia di leopardo, prevalentemente,
ma non solo, nelle zone rurali, dove ai Celti era possibile, per la loro struttura
sociale fondata sul clan, mantenere coesione e identità culturale. Ciò
spiegherebbe due cose: a) la contemporanea diminuzione degli insediamenti rurali
degli Etruschi; b) l'avviarsi di una convivenza (in un primo tempo forzata?)
con gli abitanti già esistenti, con scambi e influenze reciproche sul piano
culturale, sociale, economico e religioso. Non è vero quindi, come racconta
la "vulgata", che i Celti abitarono nelle campagne e gli Etruschi
nelle città.
Le varie comunità celtiche avevano ciascuna una propria linea di condotta;
solo a seconda delle circostanze si stringevano alleanze interceltiche. Tra
i Boi e i Sénoni, infatti, persistette un'accesa rivalità sul
controllo degli scambi commerciali nell'alto Adriatico.
L'esistenza di un'onomastica celtizzata in Veneto
e la massiccia presenza di materiali lateniani nel Piceno dimostrano che i Celti
non furono invasori di territori da cui scacciarono i precedenti abitanti, ma
assorbirono gradatamente l'influenza dei popoli italici preesistenti (Violante).
Quindi i rapporti tra Celti cisalpini e popoli
italici si configurano più come rapporti tra unità etnico-culturali
piuttosto che politiche.
I rinvenimenti archeologici dimostrano l'esistenza di una cultura materiale
omogenea: i corredi funerari sono i medesimi, tanto che nel descrivere i Sénoni
e Boi della seconda metà del IV secolo a.C. gli studiosi parlano già
di "cultura celto-italica" (Manfredi). All'inizio del III secolo il
grado di assimilazione dei Celti entro le etnie italiche era così avanzato
che la cultura celtica e quella italica avevano creato ormai un'unica koinè.