1. LA PERFEZIONE DELLA MATERIA

L'Alchimia nell'Occidente latino

L' alchimia è stata definita da H. Sheppard, su base comparatistica, "l' arte di liberare parti del Cosmo dall' esistenza temporale e di raggiungere la perfezione che per i metalli è l' oro, per l' uomo la longevità, poi l' immortalità e infine la redenzione". Gli approcci attuali all' alchimia sono molteplici: storico-critico, storico-religioso, comparatistico, psicologico, ermeneutico, ermetico tradizionale. Il percorso che qui seguiremo mira a individuare la struttura del sapere alchemico in un momento-chiave della sua storia, i due secoli che seguirono la sua introduzione nella cultura medievale mediante traduzioni di testi arabi, la prima delle quali fu quella del Testamento di Morieno , effettuata nel 1144. In quest' epoca l' alchimia sviluppò tutti gli aspetti che ancora oggi la caratterizzano nella sua tradizione occidentale, interagendo con la cultura filosofica delle nascenti università. Alla metà del '300 questo processo era sostanzialmente concluso, contestualmente al chiudersi della possibilità di mantenere un dialogo aperto con la cultura filosofica come risultato del dibattito sull' alchimia (quaestio de alchimia). Nel momento del suo ingresso in occidente l' alchimia era stata accolta come una novità, sia perché non aveva una tradizione alle spalle, sia per la sua peculiare struttura epistemologica, nella quale la dottrina discende dalla prassi operativa, in un inedito nesso fare-sapere. Nei due secoli che prendiamo in considerazione, l' alchimia si strutturò in tre settori o ambiti, omologhi e fra loro variamente intrecciati, ma che possono essere considerati separatamente a partire da alcuni peculiari elementi comuni a tutti i settori ma in ciascuno di essi connotato diversamente. Il primo elemento comune a tutti i settori è il nucleo di perfezione (1) su cui l'opus si struttura, che viene definito secondo diverse tipologie. Alcuni alchimisti medievali individuarono tale nucleo nella perfezione dei metalli,altri lo intesero piuttosto come l'agente della perfezione sia dei metalli che del corpo umano, chiamato elixir; altri ancora considerarono oggetto della propria ricerca l' ottenimento della salvezza, parallela a quella spirituale prodotta da Cristo (poiché gli alchimisti medievali occidentali si collocavano all' interno del cristianesimo), ma coinvolgente l' intera realtà materiale e spirituale del mondo e degli esseri umani. Si possono così distinguere tre ambiti della ricerca alchemica, che chiameremo 'alchimia metallurgica', 'alchimia dell'elixir' (o farmacologica) e 'alchimia spirituale' Pur nella loro diversità, tutti i nuclei possono essere ricondotti all' idea di perfezione materiale raggiunta a partire da un ritorno allo stato di materia prima, e ciascuno di essi è il centro strutturante di un sapere complesso, che si articola in: una dottrina (2), un obiettivo (3), un processo operativo (4), un prodotto (5) e un ambiente privilegiato di diffusione (6). L' alchimia rivela perciò l' esistenza di una tradizione filosofica (che oggi possiamo definire 'filosofale') dalle molteplici sfaccettature, che non si identifica né è subalterna alle culture istituzionali del medioevo (monastica e universitaria). Essa propone un modello diverso di pensiero fisico e, soprattutto, di interazione fra gli esseri umani e la realtà materiale che si sviluppa nelle molteplici discussioni sul rapporto arte-natura e che, pur cessando alla fine del Medioevo di essere oggetto di dibattito aperto, ha continuato per secoli a costituire una presenza sotterranea costante e anche, talvolta, uno stimolo per i pensatori della modernità.

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  • 2. FARE-SAPERE

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    Il perdurare dell' interesse per il "segreto" dell' alchimia anche dopo che, alla fine del Medioevo, essa venne confinata nell' ambito dell' occulto, si deve alla caratteristica essenziale di questo sapere che, a differenza del theorein che caratterizza la filosofia occidentale a partire dalle sue origini, si fonda su una dipendenza del conoscere dall' agire. Il fare alchemico è una prassi che mira a decostruire la fissità dei vincoli naturali per ricostituire una realtà materiale perfetta, processo che in estrema sintesi viene espresso nell' aforisma "solve et coagula" (dissolvi e solidifica), ma che si sviluppa attraverso un' ampia e diversificata serie di operazioni. L' operatività alchemica è prioritaria rispetto al sapere che essa produce, sebbene tale sapere sia considerato dagli alchimisti come un' introduzione necessaria all' opus: c' è dunque una circolarità, che si manifesta nella trasmissione delle dottrine alchemiche, dove un maestro, che conosce perché ha compiuto l' opus, introduce un discepolo attraverso insegnamenti teorici, fino a che questi è in grado di vedere - e dunque di comprendere veramente - ciò che ha fino ad allora ascoltato. In alternativa, l' iniziazione alchemica può avvenire attraverso un percorso di molteplici letture, nessuna delle quali tuttavia è da sola la chiave della comprensione, che viene raggiunta attraverso un salto di livello intuitivo (equivalente al vedere il maestro che opera) descritto nei testi come "donum Dei" o "visio" (dono divino, rivelazione).

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    3. ARTE-NATURA

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    Il rapporto fra l' operatività dell' alchimia e le dinamiche naturali è il filo che lega tutti i percorsi alchemici, mettendo a fuoco la riflessione su due problemi: 1) l' identità o differenza fra ciò che viene prodotto nel laboratorio e la sostanza naturale omologa; 2) l' identità o differenza dei processi impiegati dagli alchimisti rispetto a quelli della natura. Fra le prime risposte a questa problematica, il Liber Hermetis, anonimo, afferma la sostanziale identità, e anzi la maggiore perfezione, dei prodotti artificiali rispetto a quelli naturali. Tale posizione, che sentiremo riecheggiare nelle affermazioni di Ruggero Bacone a proposito della superiorità dell' oro prodotto alchemicamente, non è tuttavia generalizzata. Geber latino ritiene per esempio che l' artefice operi con procedure diverse da quelle naturali per produrre effetti identici ad essa: definisce cioè l' alchimia metallurgica come una imitazione della natura, rendendo possibile una sua collocazione nell' ambito del sistema aristotelico. Alberto Magno addirittura sostiene che le procedure alchemiche si limitano a predisporre la materia prima ad un intervento di perfezionamento che è strettamente riservato alla natura stessa. Ruggero Bacone, invece, e con lui gli alchimisti della tradizione trecentesca dell' elixir e della quintessenza (lo pseudo Raimondo Lullo , Giovanni Dastin , Arnaldo da Villanova , Giovanni da Rupescissa ), ritengono che la produzione di una sostanza più perfetta di qualsiasi sostanza naturale non possa che avvenire seguendo rigorosamente le stesse procedure seguite dalla natura, che pertanto in questa tradizione viene definita la maestra dell' alchimista. La dottrina di Bacone si fonda su una teoria della materia che rende possibile una operatività trasformatrice più radicale di quella di Geber, perché basata sulla scomposizione di ogni sostanza mista (compresi i metalli, ma non solo essi) nei quattro elementi originari.

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    4. MATERIA PRIMA

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    Il raggiungimento dello stadio di materia prima rappresentava un requisito essenziale per l' opus, la cui possibilità era messa in dubbio radicalmente da uno scritto di Avicenna , conosciuto dai latini come Sciant artifices, nel quale si affermava che era impossibile ottenere una vera trasmutazione perché, appunto, le varie operazioninon riuscivano ad ottenere la materia prima. A questa obiezione radicale cercarono di rispondere tutti gli alchimisti. L' identificazione dello stato liquido, cui vengono ridotti i metalli mediante la fusione, con la materia prima dei metalli stessi, e la constatazione che uno di essi, il mercurio, si trova naturalmente allo stato liquido, portò ben presto alcuni alchimisti a riconoscere in esso la materia prima di tutti i metalli, identificandolo con l' esalazione freddo/umida che entra nella composizione naturale di essi. Le loro ricerche si concentrarono inoltre sulle sostanze che potevano rappresentare il ruolo dell' esalazione caldo/secca: lo zolfo, inteso sia come sostanza specifica, sia come indicazione generica di materiale urente (essenzialmente acidi di origine vegetale e/o minerale). Se nell' ambito dell' alchimia metallurgica la materia prima veniva identificata col mercurio, nelle ricerche sull' elixir, che si basavano su una teoria della materia generale, la materia prima viene identificata con il prodotto della distillazione, che scompone ogni corpo composto nei quattro elementi che sono alla base di tutta la realtà ed è dunque in grado di riprodurre le condizioni cosmologiche originarie, giustificando la pretesa dell' alchimista di operare a livello di creazione, come co-creatore. Nella ricerca alchemica della salvezza lo stato equivalente alla materia prima viene invece considerato quello della nigredo o putrefazione, raffigurato spesso come smembramento del corpo in funzione del sacrificio che ne garantisce la reintegrazione.

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    5. IL FUOCO

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    La regolazione del calore nelle varie operazioniè una delle preoccupazioni più ricorrenti nella letteratura alchemica, ed è con ogni probabilità uno degli aspetti del magistero che maggiormente necessita di un insegnamento "in presenza", data la difficoltà di indicare in astratto i diversi gradi di calore corrispondenti ai diversi stadi dell' opus. Un modo per guidare l' uso del fuoco è quello di indicare i materiali che bruciando sviluppano calore diverso: fuoco di carbone, fuoco di sterpi, fino al "fuoco" (cioè calore) sviluppato dalla fermentazione di letame o di altre sostanze. Per mitigare gli effetti del fuoco, quando il calore che occorre è molto tenue, si usano artifici come il cosiddetto balneum Mariae (dal nome della alchimista di età alessandrina cui pare se ne debba l' invenzione, come pure quella della distillazione; da esso deriva il nostro "bagnomaria") o il bagno di sabbia: in entrambi i casi il vaso è immerso in una sostanza (acqua o sabbia) che diffonde in maniera uniforme e mitigata il calore del fuoco. I vari tipi di forno o fornello sono descritti e spesso raffigurati nei testi d' alchimia. Il più frequente è certamente il forno detto atanor, in cui il fuoco viene acceso in una camera chiusa ed il vaso è posto in una sede sovrastante, a contatto con essa.

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    6. IL VASO

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    Chiusura e cottura sono gli elementi imprescindibili di ogni operazione alchemica. Il vaso, che può assumere forme diverse (le più comunemente raffigurate sono l' alambicco, l' aludel, il pellicano) dev' essere costruito con materiale resistente al fuoco ed inerte: perciò alla tecnologia alchemica si collegano procedimenti di vetrificazione delle terrecotte. Il sigillo che chiude la bocca del vaso, rendendo impossibile ogni scambio con l' esterno, è chiamato nei testi lutum Hermetis, terra di Ermete: da esso proviene la moderna locuzione di "chiusura ermetica". L'isolamento rispetto all' ambiene esterno impedisce gli scambi materiali, ma non quelli energetici: la sostanza, o le sostanze, racchiuse nel vaso si modificano infatti visibilmente sotto l' azione del fuoco, che l' alchimista somministra seguendo le fasi della trasmutazione attraverso le modificazioni visibili della sostanza, in particolare il colore.

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    di Michela Pereira
    html di Francesco Di Pietro