6. L'ALCHIMIA NELLA CURIA PAPALE

L'Alchimia dell'Elixir
L'interesse per l'alchimia caratterizzò fin dall'epoca delle prime traduzioni le corti: ed anche la curia papale non ignorò questo fenomeno, specialmente in quanto l'alchimia veicolava l'idea di un farmaco preziosissimo, elixir, quintessenza od oro potabile, che donava ai corpi umani l'incorruttibilità. Infatti nel corso del XIII secolo molta attenzione si era focalizzata, da parte dei papi e dei cardinali della curia romana, sulle tematiche concernenti il corpo umano, la sua conservazione, la sua salute. Le motivazioni di ciò, storiche ed antropologiche, sono state evidenziate negli studi di A. Paravicini Bagliani sul 'corpo del papa', e conducono in ultima analisi ad una considerazione ravvicinata delle caratteristiche del potere papale in quell'epoca. Non del tutto chiare sono invece le modalità con cui la tematica della prolongevità raggiunse la curia: ma è certo che uno scritto come il De retardatione accidentium senectutis, destinato ad essere il capostipite di una doppia serie di scritti sulla conservazione della gioventù, in parte a carattere igienico, e in parte a carattere alchemico, vi era conosciuto già verso la metà del '200. Testimonianza chiara dell'interesse per queste problematiche la forniscono gli scritti autentici di Ruggero Bacone inviati al papa Clemente IV come saggi della grande opera enciclopedica che Bacone non portò mai a termine: in essi infatti si parla a più riprese sia del farmaco della prolongevità sia dell'alchimia, nelle pagine che concernono la 'scientia experimentalis', cioè quell'insieme di saperi extra-scolastici che il francescano inglese reputava indispensabili alla cristianità per compiere l'opera di riforma che le era necessaria. Ed è proprio in questa posizione baconiana che affonda le sue radici la diffusione dell'alchimia dell'elixir, che si poneva in continuità con le ricerche sulla prolongatio vitae, nell'ambito della tradizione spirituale cui appartiene la ricerca della quintessenza di Giovanni da Rupescissa. La presenza di numerosi testi sull'elixir che fanno riferimento al nome e/o all'insegnamento di Arnaldo da Villanova, medico di Bonifacio VIII, mostra lo snodo più probabile attraverso cui la ricerca baconiana si trasmise ai francescani spirituali, dando luogo agli esiti da un lato farmacologici, dall'altro visionari e allegorici della ricerca alchemica. Si deve peraltro notare che la condanna portata da Giovanni XXII agli alchimisti nella decretale 'Spondent quas non exhibent' non riguardava la ricerca dell'elixir, ma solo il problema della falsificazione dell'ORO, e che Giovanni da Rupescissa poté scrivere il suo De consideratione quintae essentiae nel carcere papale di Avignone senza che questo aggravasse la sua posizione.
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di Michela Pereira
html di Francesco Di Pietro