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ERNESTO CHE GUEVARA
IL VERO RIVOLUZIONARIO E’ GUIDATO DA GRANDI SENTIMENTI D'AMORE
di Ernesto Che Guevara
Ora vorrei spiegare il ruolo che svolge la personalità,
l’uomo come individuo che dirige le masse che fanno la storia. E’ la nostra
esperienza, non una ricetta.
Fidel ha dato alla rivoluzione nei primi anni l’impulso,
sempre l’indirizzo, il tono; ma c’è un buon numero di rivoluzionari
che si evolvono nello stesso senso del nostro massimo dirigente, e una
grande massa che segue i suoi dirigenti perché ha fiducia in loro;
e ha fiducia perché essi hanno saputo interpretare le sue aspirazioni.
Non si tratta di quanti chilogrammi di carne si mangia, o
di quante volte all’anno si può andare a passeggiare sulla spiaggia,
né di quante cose belle che vengono dall’estero si possono comperare
con i salari attuali. Si tratta essenzialmente che l’individuo si senta
più pieno, molto più ricco interiormente e molto più
responsabile. L’individuo, nel nostro paese, sa che l’epoca gloriosa che
gli è dato di vivere è un’epoca di sacrificio; conosce il
sacrificio.
I primi lo conobbero sulla Sierra Maestra e dovunque si lottò;
poi l’abbiamo conosciuto in tutta Cuba. Cuba è l’avanguardia d’America,
e deve fare sacrifici perché ha un ruolo di punta, perché
indica alle masse d’America Latina il cammino della libertà totale.
Nel paese i dirigenti devono assolvere il loro ruolo di avanguardia;
e, bisogna dirlo con tutta sincerità, in una rivoluzione in cui
si dà tutto, dalla quale non si aspetta alcuna ricompensa materiale,
il compito del rivoluzionario d’avanguardia è nello stesso tempo
magnifico e angoscioso. Lasciami dire, a rischio di sembrare ridicolo,
che il vero rivoluzionario è guidato da grandi sentimenti d’amore.
E’ impossibile pensare a un rivoluzionario autentico privo di questa qualità.
Questo è forse uno dei grandi drammi del dirigente; egli deve unire
a uno spirito appassionato una mente fredda, e prendere decisioni dolorose
senza contrarre un muscolo. I nostri rivoluzionari d’avanguardia devono
idealizzare questo amore per l’umanità, per le cause più
sante, e farlo unico, indivisibile. Non possono scendere con la loro piccola
dose di amore quotidiano nei luoghi dove l’uomo comune lo esercita.
I dirigenti della rivoluzione hanno figli che, ai primi balbettii,
non imparano a chiamare il padre, compagne che devono condividere il sacrificio
totale della loro vita alla causa della rivoluzione; la cerchia degli amici
coincide strettamente con quella dei compagni di lotta. Non hanno una vita
al di fuori di essa.
In queste condizioni, bisogna possedere una grande dose di
senso della giustizia e della verità per non cadere in eccessi dogmatici,
in freddi scolasticismi, per non isolarsi dalle masse. Bisogna lottare
tutti i giorni perché questo amore per l’umanità si trasformi
in fatti concreti, in atti che servano d’esempio, di mobilitazione.
Il rivoluzionario, motore ideologico della rivoluzione nel
partito, si consuma in questa attività ininterrotta che avrà
fine solo con la morte, a meno che il socialismo si realizzi su scala mondiale.
Se la carica rivoluzionaria si affievolisce una volta che in scala locale
i compiti più pressanti sono stati realizzati, e si dimentica l’internazionalismo
proletario, la rivoluzione che egli dirige cessa di essere una forza motrice
e sprofonda in una comoda sonnolenza, di cui approfitta il nostro inconciliabile
nemico, l’imperialismo, per guadagnare terreno.
L’internazionalismo proletario è un dovere, ma anche
una necessità rivoluzionaria. Così educhiamo il nostro popolo.
(…)
La rivoluzione si fa per mezzo dell’uomo, ma l’uomo deve
forgiare giorno per giorno il suo spirito rivoluzionario.
Ernesto Che Guevara, Il socialismo e l’uomo a Cuba (lettera inviata
a Carlos Quijano nel marzo 1965, “Verde Olivo, anno VI, n.14, 11 aprile
1965), in Scritti, discorsi e diari di guerriglia (1959-1967), a
cura di Laura Gonsalez, Einaudi, Torino 1969.
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