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LE NOSTRE MEDAGLIE D'ORO

Artiglieri Alpini e da Montagna

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LUIGI ALBERA - capitano

Ufficiale di alte qualità già duramente provato in precedenti campagne, durante un lungo, rischioso e logorante ripiegamento si prodigava in ogni guisa per il reparto, noncurante la fatica, le privazioni, il pericolo ovunque insidiante. Durante la marcia in giornata decisiva per la sorte della colonna, vista la minaccia portata sui fianchi da forze nemiche munite di numerose armi automatiche, intuendo che una sezione fucilieri spiegata per neutralizzarle, inferiore per numero e armamento, stava per essere sopraffatta, si slanciava spontaneamente nel combattimento con un pugno di volontari da lui raccolti; rianimava i combattenti già esausti e primo tra i primi, trascinava tutti a disperato contrattacco. Noncurante della violenta reazione avversaria che assottigliava ancora il suo sparuto drappello, costringeva il nemico a desistere dall'intento, gli cagionava gravi perdite, lo inseguiva arditamente allo scoperto, non gli dava tregua finché non lo sloggiava dall'ultima postazione e, nell'attimo in cui coglieva già la vittoria e liberava la via all'avanzata della colonna, una ultima raffica di moschetto mitragliatore lo fulminava. Degno esempio delle più luminose ed eroiche tradizioni del soldato d'Italia.

Nikitowka (Russia), 26 gennaio 1943

 

GIUSEPPE BERTOLOTTI - capitano

Magnifica tempra di soldato, sempre primo nelle più rischiose imprese, là dove maggiore era il pericolo, diede ovunque il più fulgido esempio di valore di patriottismo, di fede. Comandante di una batteria nelle più difficili condizioni, in terreno aspro, scoperto, fortemente battuto e sulla medesima linea delle fanterie avanzate, cooperò alla difesa della posizione fino ali estremo limite del possibile. Circondato da ogni parte, non si perdette d'animo ed incitò i suoi uomini alla resistenza. Ferito più volte mortalmente e già prigioniero, non desistette dal rincuorare gli altri finché rimasto privo di sensi venne trasportato in un ospedale nemico, ove decedette pochi giorni
dopo; lasciando scritti nei quali si diceva lieto di morire nella visione di un'Italia più grande, più nobile e più potente.

Monte Badenecche, 21 novembre - 4 dicembre 1917

 

EDUARDO BIANCHINI - capitano

Comandante della 3" batteria da montagna, si distinse durante tutto il combattimento nel dirigere con intelligenza ed efficacia singolari il fuoco della propria batteria. Sereno ed imperterrito, sacrificò eroicamente la propria vita e quella dei suoi per rimanere sino all'ultimo in batteria a protezione delle altre truppe.

Adua (Eritrea), 1° marzo 1896

 

GIOVANNI BORTOLOTTO - sergente

Capopezzo di leggendario valore già distintosi sul fronte greco. Durante un sanguinoso combattimento contro preponderanti forze avversane era esempio superbo di sprezzo del pericolo e senso del dovere. Benché ferito ad un braccio sostituiva il puntatore caduto e nonostante il martellante fuoco avversario che stroncava altri due serventi, falciava dapprima col fuoco il nemico incalzante e poi contrassaltava con bombe a mano riuscendo a respingerlo. Riprendeva in seguito il tiro benché esausto per il sangue perduto fino a quando nuovamente colpito si abbatteva sul suo cannone.

Russia, 30 dicembre 1942

 

ALDO BORTOLUSSI - caporale

Puntatore di batteria alpina di leggendario valore. Sempre volontario nelle azioni più ardite. Durante accaniti combattimenti contro soverchianti forze nemiche appoggiate da mezzi corazzati, falciava la fanteria avversaria col suo fuoco ed immobilizzava a pochi metri di distanza dal suo pezzo, un carro armato. In critica situazione, serrato da presso dall'agguerrito nemico lo contrassaltava audacemente insieme agli alpini con la baionetta e bombe a mano, contribuendo dopo un violento corpo a corpo a ristabilire la sicurezza della posizione. Ritornava quindi, benché ferito, al suo pezzo e imperterrito riapriva il fuoco sul nemico infliggendogli gravi perdite. Colpito mortalmente sussurrava al suo comandante di gruppo parole di fede e chiudeva la sua nobile esistenza con il nome «Italia» sulle labbra. Magnifica figura di eroico soldato.

Slowiew (Russia), 20 gennaio 1943

 

RODOLFO BOSELLI - tenente

Comandò con grande intrepidezza la propria sezione a protezione della fanteria in avamposti. Ferito alla spalla continuò a dirigere il fuoco contro il nemico fattosi minaccioso e a provvedere con calma esemplare ad ogni ripiego. Ferito una seconda volta tenne il proprio comando dando esempio di eroica fermezza finché nuovamente colpito lasciò la vita sul campo.

Derna, 3 marzo 1912

 

CARLO BOTTIGLIONI - capitano

Magnifico comandante di batteria alpina, contribuiva col tiro efficace dei suoi pezzi a ricacciare il nemico da una strada di fondo valle che costituiva importante via di rifornimento per le nostre truppe. In successiva azione si portava d'iniziativa presso il comando delle unità di fanteria per rendersi conto delle nuove zone da battere e prendeva parte attivissima alla conquista di un importante caposaldo. Si offriva poi spontaneamente di guidare alcuni reparti bersaglieri operanti, attraverso aspro e nevoso terreno. Raggiunti gli obiettivi, si lanciava risolutamente contro il nemico alla testa delle prime squadre d'attacco, animandole ed incitandole poi con l'esempio del suo eroico ardimento. Gravemente ferito continuava risolutamente a combattere finché, stremato di forze, veniva catturato, ucciso e barbaramente precipitato in un burrone. Fulgido esempio di altissimo spirito guerriero e di ardente entusiasmo.

Val Bercio-Mati Palcies Q. 1430 (Fronte greco). 30 dicembre 1940 - 6 gennaio 1941

 

NOVENIO BUCCHI - sergente

Accorso dalla lontana America per offrire la sua ardente giovinezza alla Patria, prese parte alla guerra sempre in prima linea dando continue prove di valore, di disciplina esemplare e di altissimo spirito di sacrificio. Puntatore di un pezzo che in circostanze particolarmente difficili, sotto violento tiro nemico, era riuscito a piazzarsi sulle linee di fanteria, con mirabile fermezza e valore, non esitava per due volte, in cui granate mal calibrate incepparono la bocca da fuoco, ad uscire dal riparo degli scudi per infilare lo scovolo nella volata e tentare lo sgombero della culatta con ripetuti colpi sul proietto innescato. Nell'eseguire per la seconda volta la detta operazione, rimaneva ferito da pallottola al petto. Non ancora perfettamente guarito rinunciò alla licenza di convalescenza per rientrare alla sua batteria, ove rinnovò, in ripetute azioni, atti di valore e coraggio non comuni. Durante la ritirata dall'Isonzo al ragliamento volontariamente si offerse per prendere collegamento con la colonna autocarreggiata di munizioni rimasta in territorio già occupato dal nemico, riuscendo con somma audacia, coadiuvato da altro ufficiale, ad incendiare gli autocarri. Più tardi lavorando in una galleria ricovero, causa lo scoppio accidentale di una mina, riportava ferite multiple e la perdita della vista. Chiudeva così dolorosamente il ciclo dei suoi atti di valore e di devozione al dovere, che quasi come un rito offriva giornalmente alla Patria.

Carso (quota 208 sud), 7 settembre 1916; zona di Gorizia, novembre 1916:

Pieve di Monte Aperta, 28 ottobre 1917; Monte Grappa, 1 luglio 1918

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