La Sicilia di fine Ottocento

Il rapporto tra il Nord dell'Italia e la Sicilia di fine Ottocento fu caratterizzato da numerose e a volte insanabili incomprensioni. Già nel 1860 lo sbarco dei Garibaldini in Sicilia causò nei fatti accaduti a Bronte un odio radicale da parte del mondo contadino nei confronti dei piemontesi. Conclusasi l'unificazione del 1861 (dopo la morte di Cavour) e il 1876, la guida del paese andò alla cosiddetta Destra Storica con a capo Bettino Ricasoli. Essa era costituita dai quei moderati che avevano sostenuto la soluzione monarchico-unitaria del movimento nazionale trovando in Cavour il loro punto di riferimento. Si trattava di un'aggregazione di diversi gruppi piemontesi tra loro convergenti, che operavano nell'arginare i problemi del periodo post-unitario con una forte politica fiscale concentrata sul risanamento del grave deficit dello stato. Essi si trovavano d'accordo:

Tra il 1861 e il 1865 fu completata l'unificazione amministrativa a cui si aggiunse in breve tempo anche quella legislativa con la promulgazione dei codici, di procedura civile, di procedura penale, del commercio e della marina mercantile.
L'introduzione del servizio militare obbligatorio, la cui durata fu stabilita in cinque anni, fu sentita, dalle aree più disagiate delle regioni meridionali, come causa dell'ulteriore peggioramento delle condizioni di vita proprio perchè privava le famiglie dei soggetti dotati di maggiori capacità lavorative. Fu questa una delle motivazioni che portarono inevitabilmente al brigantaggio. La popolazione viveva in condizioni di vita difficili e precarie a causa anche di un'alimentazione carente e squilibrata. L'introduzione della tassa sul macinato, vale a dire sulle farine ottenute dalla macinatura dei cereali che erano alla base dell'alimentazione quotidiana aggravò ancora di più la situazione delle classi più povere. Un significativo indicatore del livello di sviluppo è quello relativo alla istruzione e alla legge Casati del 1859 che stabiliva l'obbligatorietà e la gratuità dei primi due anni della scuola elementare. Anche la stampa e la letteratura si occuparono e denunciarono il problema della miseria del mondo contadino.
Dal 1876 la guida del paese and๒ alla sinistra composta da gruppi parlamentari della stessa estensione sociale della destra, ma aperti alla piccola e media borghesia ed eredi della democrazia liberale e risorgimentale, mazziniana e garibaldina, sebbene in contrasto con l'estrema sinistra radicale. Il programma della sinistra si fondava su obbiettivi propri della democrazia risorgimentale:

Ma il modello di sviluppo imposto dalla sinistra rafforzò il potere dei grandi proprietari agrari e degli industriali che venivano così a costituire un blocco sociale dominante. L'industrializzazione ed il generale ammodernamento delle imprese erano una caratteristica del Nord, mentre al Sud predominava la cerealicoltura estensiva del latifondo. Queste differenze sono destinate con il tempo ad aumentare sempre di più fino a dar luogo, con la scelta protezionistica della sinistra, nonchè con la rivoluzione industriale di fine secolo e dell'età giolittiana, a quella struttura dualistica dell'economia italiana che ancora oggi permane. Questo dualismo fu comunemente chiamato "Questione Meridionale". Altro effetto degli squilibri fu la crescita dell'emigrazione e la diffusione di una propaganda socialista tra i contadini e i lavoratori delle miniere, che diedero luogo alla successiva espansione del movimento dei "fasci dei lavoratori" siciliani contro i quali sotto il secondo ministero di Crispi fu decretato lo stato d'assedio (1894).


Classe 2F
Ricerca a cura delle Prof.sse M. Teresa Brundu e Laura Iamundo