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"È NEL SUO DIRITTO: IL CARUSO GLI APPARTIENE"

Perchè si capisca concretamente in quali condizioni vivessero molti lavoratori siciliani verso la fine dell 'Ottocento, rtportiamo qui parte di un articolo di Adolfo Rossi, un giornalista dell 'epoca che sulle colonne della Tribuna si occupò dei carusi e dei picconieri, cioè dei ragazzi adibiti al trasporto del minerale nelle zolfare e dei loro padroni quasi altrettanto sventurati. Si noti che anche i soci del Fascio locale, cioè di un' organizzazione nata per difendere a suo modo i lavoratori, riconoscono ai picconieri il " diritto" di disporre a proprio arbitrio dei carusi da loro "acquistati".

[...]A un certo punto, mentre attraversavamo la montuosa regione che separa Campobello dalle zolfare, vedemmo in lontananza un ragazzo di nove o dieci anni, basso e robusto, che fuggiva per la campagna brulla, inseguito a duecento metri di distanza da un uomo senza berretto e dalle vesti bianche di zolfo, che per correre meglio si era levato le scarpe e con esse minacciava il fuggitivo con atti d'ira feroce.
"E' un picconiere che cerca di ripigliarsi un caruso scappato", ci dissero i contadini. "Se lo prende, lo concia per le feste! Sono cose che succedono qui tutti i giorni".
I carusi, com'è noto, sono generalmente ragazzi dagli 8 ai 15 o 18 anni, che trasportano a spalla il minerale dello zolfo dalle profonde gallerie alla superficie, arrampicandosi su per gli strettissimi pozzi. I picconieri, cioè gli uomini che coi picconi staccano il minerale nelle gallerie, si procurano uno o più carusi mediante un'anticipazione ai genitori di una somma che varia dalle 100 alle 150 lire in farina o frumento. Preso così come una bestia da soma, il caruso appartiene al picconiere come un vero schiavo: non può essere libero finchè non ha restituito la somma predetta, e siccome non guadagna che pochi centesimi al giorno, la sua schiavitù dura per molti anni. Egli è maltrattato dal padre, che non può liberarlo, o dal picconiere, che ha interesse a sfruttarlo il più a lungo possibile. E quando tenta di fuggire sono persecuzioni feroci.
"Ma fermate quel picconiere!", gridammo a quelli del Fascio. Alcuni soci lo raggiunsero infatti e lo fermarono. Ma dopo una breve discussione vedemmo che lo lasciavano andare.
"È nel suo diritto - ci dissero quando tornarono a noi -il caruso gli appartiene".
"Quando si tratta di qualche scapaccione - ci disse un caruso che faceva parte della nostra comitiva - sono cose da nulla. Il male è quando il picconiere adopera il bastone. La settimana scorsa il caruso Angeleddu d'anni tredici fu ucciso dal suo picconiere con Otto bastonate".
"E il picconiere non fu arrestato?"
"Non li arrestano mai. Chi s'incarica dei carusi? I carusi, quando muoiono ammazzati, per le autorità sono morti sempre di morte naturale. Poco tempo fa nella miniera Ficuzza un altro caruso morì in seguito a un calcio nello stomaco".
"Come ti chiami tu?" chiesi al caruso che ci narrava questi orrori.
"Filippo Taglialana da Campobello. Ho tredici anni. Lavoro come caruso da cinque anni e sono in debito verso il picconiere di venticinque lire che non potrò mai pagare".
Tirammo innanzi molto tristi.[...]

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