Brigantaggio

Il fenomeno del brigantaggio fu strettamente legato alla crisi economica dell'Italia del Sud alla mancanza della distribuzione delle terre a cui si aggiunse più tardi la renitenza alla leva. Il malcontento contadino fu abilmente sfruttato da un lato dai borboni, dall'altro dai clericali sanfedisti, i quali sovvenzionavano direttamente alcune bande e indirizzavano la loro lotta contro l'esercito regolare italiano. Un'altra componente del brigantaggio fu costituita dai renitenti alla lega. L'esercito borbonico era composto da volontari, combatteva raramente e nelle proprie terre; quello italiano invece era formato da truppe di leva obbligatoria, si insediava su tutto il territorio nazionale (che per molti meridionali era terra straniera), toglieva braccia a un'economia già povera e mandava di proposito i soldati lontani dal paese d'origine, in sintonia con quel processo di nazionalizzazione delle masse che istituzioni come l'esercito e la scuola promettevano di realizzare.
L'atteggiamento del governo unitario di fronte alla situazione del mezzogiorno fu inizialmente incerto: da un lato si repressero con durezza le azioni di rivolta, dall'altro si minimizzò la questione, considerando esagerati allarmismi le denunce, effettuate anche sui banchi del Parlamento, da parte dei deputati meridionali sulla gravità della situazione. Tuttavia il nuovo governo Farini-Minghetti fu costretto a cambiare atteggiamento e permette che la commissione Parlamentare d'inchiesta nel gennaio del 1863, sotto la guida del deputato Massari, iniziasse l'indagine. Tra molte difficoltà, nel maggio la commissione concluse i suoi lavori, che rimasero in gran parte segreti; solo una relazione ridotta a una proposta di legge venne pubblicata alla fine dell'estate del 1863. Massari mise in evidenza il carattere ricorrente del brigantaggio meridionale, accennò le cause sociali dovute alla miseria e alla superstizione dei contadini, alla loro mancanza d'istruzione, alle difficoltà di comunicazione, alla scarsità di lavori pubblici. Dopo l'analisi della situazione e la proposta di rimedi sociali, la relazione di Massari reclamò un provvedimento eccezionale che legalizzasse la repressione del brigantaggio (Legge Pica). Furono inviati nel Sud consistenti reparti militari. Le regioni meridionali furono sottoposte a un regime di stato d'assedio che portò ad una guerra civile che si protrasse per anni.
Anche le popolazioni siciliane furono ostili allo Stato unitario soprattutto con la diffusa resistenza alla leva militare. C'è da ricordare la rivolta di Palermo, nel 1866 e la diffusione della "mafia". Quest'ultima non era un fenomeno nuovo nell'isola, ma trovò una motivazione importante nella nuova situazione. Di fronte ad uno Stato estraneo e ostile, si cercava sicurezza e protezione nei clan familiari che divenivano sempre più potenti. Qualcosa del genere si verificava nel napoletano con la "camorra".

La fotografia si diffuse in Italia già dal 1840, ma negli ambienti ufficiali incontrava una certa diffidenza. Fu utilizzata invece in occasione del brigantaggio sia per far conoscere agli italiani la realtà del fenomenno, mostrando spesso i briganti nell'atto della resa o dell'arresto, sia per giustificarne la repressione. Esiste una grande quantità di materiale fotografico sui briganti, ripresi anche nei loro covi.


 
brigantesse

Questa fotografia risale al 1864, vi sono mogli e compagne dei briganti che vestivano spesso come loro. Si noti come la presenza delle donne nel brigantaggio fosse tutt'altro che rara.

 
banditessa

Le donne sapevano far uso del fucile e partecipavano alle imprese dei loro compagni. Nascondevano sotto le gonne munizioni ed erano una fonte preziosa di notizie riguardanti gli spostamenti dei Carabinieri

 
banda Petrella

La foto riporta alcuni componenti della famigerata Banda Petrella operante intorno al 1860 nell'Italia meridionale. Da sinistra Rocco Marcelli, Giuseppe Schiavone, Giuseppe Petrella, Pietro Capuano e, sdraiato, Vito Rendola.

 
tre briganti arrestati

In questa foto vediamo dei briganti arrestati nelle campagne della Sicilia.

 
due briganti

Questi briganti fanno parte della celebre banda Barile. In questa foto stanno posando dopo che sono stati fatti prigionieri.

 
trofeo 1868

Questa foto rappresenta un trofeo, risalente al 1868, con i membri di una banda di briganti catturata. Essi spesso venivano fotografati anche da morti poichè la fotografia aveve una funzione pedagogica nei confronti delle masse.

 

Riportiamo un breve passo tratto dall'introduzione alla relazione sul brigantaggio stesa dalla commissione parlamentare d'inchiesta presieduta dal deputato Giuseppe Massari. Nell'inchiesta si evidenziano le dimensioni della protesta contadina contro lo Stato unitario, che viene fatta risalire a diversi ordini di causa primo fra tutti la diseducazione delle masse indotta dal lungo regime borbonico.

 

[...]Ma forse la causa predisponente al brigantaggio che riulta dalla infelice condizione sociale, dalla miseria, alla povertà, non possederebbe la terribile efficacia che in realtà possiede e manifesta, se non fosse potentemente coadiuvata da un'altra causa dello stesso genere, vale a dire dal sistema borbonico. La sola miseria non sortirebbe forse effetti cotanto perniciosi se non fosse congiunta ad altri mali che la infausta signoria dei Borboni creò ed ha lasciato nelle province napolitane. Questi mali sono l'ignoranza, gelosamente conservata ed ampliata, la superstizione diffusa ed accreditata, e segnatamente la mancanza assoluta di fede nelle leggi e nella giustizia. Gli uomini che a migliaia nel periodo di soli sessant'anni il governo borbonico ha scannato sui patiboli o fatti dolorare negli ergastoli, nelle galere, negli esigli, non furono le vittime più infelici; la scure del carnefice, il capestro non furono i maggiori nè i più crudeli tormenti di supplizio usati dai Borboni, i quali a tutta possa si adoperarono a commettere il più nefando dei parricidi, quello di togliere ad un intiero popolo la coscienza del giusto e dell'onesto. Ferdinando II segnatamente arrecò nella proterva impresa una operosità ed un ingegno veramente infernali. Del tribunale della giustizia umana come di quello della giustizia divina aveva fatto il sacrario della denuncia e della menzogna; aveva confusa l'onorata assisa del soldato con quella del delatore e dello scherano; glorificava ed onorava il delitto, puniva come infamia la virtù e l'eroismo; famelico di dominio assoluto, poco gli premeva di regnare su di un deserto, purchè regnasse; poco gli premeva che puntelli del suo trono fossero l'iniquità, la frode, la venalità, purchè vi sedesse sopra; il suo regno lungo e funesto fu un brigantaggio permanente contro il più sacro diritto di proprietà, quello della onestà, contro la più preziosa prerogativa della vita delle nazioni, la morale. La stessa voce irresistibile dell'istinto che lo avvertiva come la sua dinastia potesse occupare per qualche tempo, ma non regnare per sempre nell'estremo lembo d'Italia, non lo distoglieva dall'esiziale assunto, ma sempre più ve lo infervorava: regnare, e non potendo più regnare, lasciava al governo civile, che prevedeva dovesse succedere a quello della sua dinastia, un cadavere, questo era il suo scopo. [...]

Home