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4 Il racconto del mese

Max
Amatrìx

A prima vista, io adoro il web.
O almeno così dicono. E così mi dico.
In realtà adoro ciò che posso avere con facilità. La facilità necessaria per non sprofondare troppo nel dubbio, o nel senso d'inutilità e d'impotenza.
Come tutti, forse, anche se io lo so, e non è differenza di poco conto.
Cosa so?
Per esempio, so bene di avere paura ad uscire da qui. Amo restare seduto in casa, viaggiando per spazi sconfinati con la mia mente. Milioni e milioni di chilometri senza muovermi mai.
Perché fuori potrei scoprire troppe cose. Troppe cose che non mi piacciono. Mi sono disabituato al profumo dell'aria. Un puzzo, ormai saturo di esalazioni d'anidride carbonica. Meglio l'atmosfera di questa mia stanza, in cui fanno buona presenza candele profumate, incensi, il legno del mio parquet e della mia libreria a muro.
Sì, ho un'intera parete con gli scaffali pieni di libri, ordinati in base al contenuto, all'autore, al colore, alle dimensioni.
Mi sono iscritto a diverse chat e mailing list.
Alcune sono pura futilità. Palesemente create per il rimorchio e il tacchinaggio.
Altre sono serie e impegnative: si parla di filosofia, di politica, letteratura, religione, di psicologia. I miei principali interessi.
Sono le ml che preferisco, perché lì si rimorchia molto di più. In una si parla di cinema. Film noti e ignoti. Si commentano, si
recensiscono.
Ultimamente si è discusso di Matrix (uno e due) ed è arrivato un bel post di un certo Slavoj Zizek, un filosofo sloveno. Tradotto in italiano, per fortuna. Si è subito acceso il dibattito. Si sono dette cose interessanti.
Errebi (non so come si chiami davvero, ma questo è il nick con cui lo conosco) ha snocciolato tutta la sua sapienza, ha spaziato dalla filosofia, alla politica, al cinema, alla letteratura e ha citato i mille precedenti del film. Non ricordo esattamente cos'abbia detto, a parte questa sua frase: "un interessantissimo antecedente di Matrix è, ad esempio, il "De vinculis"
di Giordano Bruno".
Ho fatto finta di capire cosa intendesse e poi sono passato a chattare su "trasgressionionline": m o f? Da dove dgt? Raccontami i tuoi sogni erotici...

Lei fa la scrittrice.
No, non l'ho conosciuta su "trasgressionionline", ma su "letteratur@", utile e degnissimo sito per scrittori in erba.
Non scherzavo mica quando dicevo che è nei siti "seri" che si deve andare, se si desidera davvero un incontro. E anche qualcosa in più.
Ma io non pensavo al rimorchio, no. Li sì postano storie, sogni, idee: le mille realtà virtuali della nostra mente. Che trovano altra virtualità ad accoglierle e a fare da specchio.
Le avevo recensito un suo racconto e dato qualche consiglio.
Lei aveva fatto lo stesso con me. Poi qualche e-mail in privato. Sempre a parlare di letteratura. Unica scoperta: abitiamo nella stessa città.
Tutto qui.
Almeno fino al momento in cui Firma-mente (è il suo nick) non mi ha mandato questa e-mail:
"vediamoci oggi alle 17 sotto la statua di Giordano Bruno".
Neanche una parola in più.
E così ora mi sto preparando a uscire. Con questo caldo canicolare che moltiplica gli effetti nefasti dei gas di scarico. E senza sapere nemmeno se lei verrà davvero. Lei chi, poi? Non ho la più pallida idea di come sia fatta, né lei saprebbe riconoscere me. Eppure so che ci riconosceremo.
Mi sono portato un libro. Un po' per avere qualcosa da leggere, nel caso lei tardasse. Un po' per avere pur sempre un filtro rassicurante e virtuale, fra me e il gran movimento di cose e persone, le tante, troppe persone che, malgrado il caldo, popolano la piazza scelta per l'appuntamento. Si dovrebbe parlare di appuntamento al buio, ma qui c'è una luce abbagliante, che appiattisce tutto. E, nella luce, c'è una donna che si guarda intorno e passa oltre, dopo un attimo di titubanza.
E' sicuramente lei. Un bel corpo snello ed atletico. Un viso interessante.
Uno sguardo eccitante. No, non mi sono sbagliato.

E' già ora di cena. A parlare e passeggiare senza meta è volato via il tempo. E' stata lei a scegliere il ristorante. Pare sia di un suo amico. E' in pieno centro storico. Un bel locale di tendenza, ma con cucina rigorosamente tipica. "Amatrìx". Si chiama così. Il ristorante, dico. Cazzo di nome. E che tipo, quel suo amico. Capelli neri. Occhi neri. Camicia nera
attillata. Pantalone nero. Uno sguardo da tombeur de femmes, da "piacione diplomato", che mi verrebbe da mollargli un ceffone solo a vederlo. Più che un ristoratore, sembrerebbe il gestore di una discoteca. O di un bordello.
Però, a sciogliere ogni dubbio, c'è il segno, inequivocabile, di una parannanza a scacchi bianchi e rossi. Di quelle tipiche.
E' stato lui a consigliarci il menù. Per primo: "bucatini all'Amatrìx", che altro non sarebbe che un'amatriciana col peperoncino. Poi un bel piatto di straccetti con la rughetta. E per vino un Morfeo del novantanove. Un vino da sogno. Almeno, così ha insistito il ristoratore. A dire la verità, non avevo mai sentito quel vino, però ad ammetterlo apertamente rischiavo di fare brutta figura.
Al terzo bicchiere, lei mi prende il polso destro e mi fa: - Che belle mani... e questo?
- Un piccolo neo... ce l'ho da quando ero piccolo, che io ricordi...
- Che belle mani...
Con la scusa del bagno, mi alzo per pagare il conto. Davanti alla cassa c'è un cestino con due caramelle.
- Prendine pure una... offre la casa...
Sai che sforzo, penso io, caro il mio Zorro, che poi non si sa chi ti ha detto di darmi del tu, però la prendo. Quella rossa, che chissà perché mi va quella rossa. E lascio lì quella blu. All'anice, credo.

A raccontarla così, è strana. Perché per un attimo mi era sembrato di essere io, lei e Zorro. In tre: nudi, lì, come un perfetto trio d'irruenti e teneri amanti: ama-tris. Ma è stata solo un'immagine fugace. Forse ho bevuto troppo vino. Eppure sembrava così vero. E invece è ancora meglio. Perché io e lei siamo sdraiati su un prato, da soli, e avvinghiati e non abbiamo voglia di staccarci, ma di frugare e di guardarci sotto, sotto i vestiti, sotto le formalità e di toccarci, unirci, scoprirci dentro... e... poi... e che cavolo c'era in quei bucatini? O saranno stati gli straccetti? O la caramella al lampone?
Non era vero neanche questo.
Lei era lì, ma rigida e ferma come una statua. Come la statua di Giordano Bruno.
- Perché hai voluto vedermi?
- Mi hai invitato tu. Alle diciassette, sotto la statua di Giordano Bruno, sei stata tu a dirlo.
- Potevi non venire.
- E' stato un bell'incontro, no?
- Troppo bello per poterlo sostenere. Troppo intenso per andare fino in fondo. Giordano Bruno l'hanno dovuto uccidere. E così sarà per noi.
- Cosa?
- Ti sono piaciuta davvero. E tu mi sei piaciuto moltissimo.
- E allora?
- Me lo sentivo. Le tue mail me l'avevano già detto.
- Anche le tue, se è per questo.
- Ma lo vedi che accade a scoprire il velo? Io ho paura. Non ci riesco.
- Non riesci cosa?
- Violentami! Ti prego! Perché io lo voglio, ma non potrò mai ammetterlo. E fuggirò. Ma se tu sei il salvatore ci riuscirai. Malgrado me. Scopri il velo di rassicurante ipocrisia. Scoprimi. Fallo, ti supplico, o sarò io a distruggerti.
- Ma che cavolo stai dicendo?
Non ho mai bevuto quel vino, prima, e penso che non lo berrò mai più.

A prima vista, io adoro il web.
O ameno così dicono. E così mi dico.
In realtà adoro ciò che posso avere con facilità. La facilità necessaria per non sprofondare troppo nel dubbio, o nel senso d'inutilità e d'impotenza.
E, allora, eccomi qui, a postare questa storia in una delle mie solite, rassicuranti mailing list.
E voi a leggere. Senza conoscermi.
E qualche donna ne sarà affascinata e mi scriverà in privato e sognerà d'incontrarmi e me lo dirà e io lo dirò a lei e l'ecciterò e la sognerò e non c'incontreremo mai.
Perché chi se ne frega se qui è tutto finto e virtuale, anche l'amore.
Almeno qui non c'è il rischio di bruciare vivi.
E il sapore delle mie storie e delle vostre mi arriva netto, intenso, ma senza farmi male come quel vino, o come quei bucatini.
Tutto è falso, ma il sapore, almeno quello, è vero e, forse, è solo questo che conta.

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