Sesta parte
CAMBIO SCENA. Si torna al palazzo dove Commodo sta firmando
documenti. Lucilla entra. Senza alzare lo sguardo,
Commodo le chiede “Perché
è ancora vivo?”
LUCOLLA: Non lo so
COMMODO: Non dovrebbe essere vivo! Questo fatto mi irrita. Sono
terribilmente irritato. (si poggia alla schienale della sedia) Ho
fatto quanto dovevo fare. Se nostro padre avesse potuto fare a modo suo l’impero
sarebbe stato fatto a pezzi. Lo capisci questo?
LUCILLA: (quietamente mormora) Si
COMMODO: Cosa hai provato quando lo hai visto?
LUCILLA: (nascondendo l’emozione risponde) Non ho provato
niente.
COMMODO: Ti ha colpito profondamente non è vero?
LUCILLA: Non più di quanto io abbia colpito lui.
COMMODO: Mi hanno mentito in Germania. Mi avevano detto che era morto.
Se mi hanno mentito non mi rispettano. Se non mi rispettano, allora come
potranno amarmi?
LUCILLA: Allora dovrai fare si che le legioni sappiano che il
tradimento non resterà impunito.
COMMODO: Povera sorella! Non vorrei essere tuo nemico.
LUCILLA: (tace e poi chiede) Cosa farai?
Commodo riflettendo non dice niente, tenendo il dito sulle labbra come
a dire: shhhhhhhhh….
CAMBIO SCENA. Nelle celle in cui si trovano i gladiatori. Massimo è
prelevato da due guardie dalla sua cella per un’altra dove è incatenato
al muro per i polsi. Le guardie vanno via e da un angolo buio appare
Lucilla che si avvicina a Massimo.
LUCILLA: Le ricche matrone pagano bene per essere soddisfatte dai loro
campioni preferiti.
MASSIMO: (risponde rabbiosamente) Sapevo che tuo fratello
avrebbe mandato dei sicari, ma non credevo che avrebbe mandato il
migliore! (si avventa contro di lei trattenuto dalle catene)
LUCILLA: Massimo, lui non sa che sono qui!
MASSIMO: La mia famiglia è stata bruciata e crocifissa mentre era
ancora viva!!!!
LUCILLA: Non sapevo niente!
MASSIMO: Non mentirmi! (si allontana leggermente)
LUCILLA: (si fa più vicina) Ho pianto per loro (Massimo
rapido allunga la mano e la prende per la gola)
MASSIMO: Come hai pianto per tuo padre? Come hai pianto per tuo padre?!
LUCILLA: Ho vissuto in una prigione di paura da quel giorno. Non poter
piangere tuo padre per timore di tuo fratello. Vivere nel terrore ogni
momento di ogni giorno perché tuo figlio è l’erede al trono. Oh se ho
pianto!
MASSIMO: Mio figlio era innocente.
LUCILLA: Come lo è il mio! Deve morire anche mio figlio prima che tu
possa avere fiducia in me? (Massimo allenta la stretta alla sua gola)
MASSIMO: Cosa ti importa se ho fiducia in te o no?
LUCILLA: Gli dei ti hanno risparmiato, non lo capisci? Oggi ho visto
uno schiavo diventare più potente dell’imperatore di Roma!
MASSIMO: Gli dei mi hanno risparmiato? Io sono alla loro mercè con il
solo potere di divertire la folla.
LUCILLA: Questo è il potere! La folla è Roma! E poiché Commodo la
controlla, egli controlla ogni cosa. Ascoltami! Mio fratello ha nemici!
Molti di loro nel Senato. Ma poiché il popolo lo segue, nessuno ha osato
levarsi contro di lui prima di te.
MASSIMO: Gli si oppongono ma non fanno niente:
LUCILLA: Ci sono alcuni politici che hanno dedicato la loro vita a
Roma. Un uomo più di tutti. Se riesco ad organizzarlo, tu lo incontrerai?
MASSIMO: Non hai capito? Io posso morire in questa cella stanotte o
nell’arena domani! Io sono uno schiavo! Cosa credi che possa fare?
LUCILLA: Quell’uomo vuole quello che vuoi tu.
MASSIMO: (con un grido profondo) Allora uccida lui Commodo!
LUCILLA: Conoscevo un uomo una volta. Un uomo nobile. Un uomo di sani
principi, che amava mio padre e mio padre amava lui. Quell’uomo servì
bene Roma.
MASSIMO: Quell’uomo non c’è più. Tuo fratello ha fatto bene il
suo lavoro.
LUCILLA: Lasciati aiutare da me.
MASSIMO: (abbassa la voce fin quasi ad un sussurro e si fa più
vicino a Lucilla) Si, tu puoi aiutarmi. Dimentica di avermi conosciuto.
Non tornare mai più qui. Guardia! La signora ha finito con me.
Gli occhi di Lucilla sono colmi di lacrime mentre sta ferma indifesa
fissando Massimo.
CAMBIO SCENA. Scuola dei gladiatori. Gladiatori siedono ad un tavolo
facendo un gioco con un serpente cobra. Da un’altra parte Massimo, Juba
e Hagen siedono insieme. Juba e Hagen mangiano pane e fagioli.
HAGEN: Massimo, tu comandavi le legioni? Hai avuto molte vittorie?
MASSIMO: Si
HAGEN: In Germania?
MASSIMO: In molti paesi.
Il cuoco chiama “Generale” e Massimo va verso di lui che gli
tende una coppa di fagioli. Massimo torna al tavolo. Avvertendo lo sguardo
attento di Juba alza lo sguardo per vedere l’amico che lo mette in
guardia scotendo leggermente la testa in segno di diniego. Massimo esita e
non mangia il cibo. Cogliendo la sua esitazione riguardo il cibo, Hagen
prende il suo stesso cucchiaio, lo mette nella coppa di Massimo e lo porta
alla bocca. Improvvisamente comincia a boccheggiare e soffocare, afferra
la propria gola mentre Massimo e Juba guardano allarmati. Allora comincia
a ridere, Juba e Massimo ridono con sollievo. Massimo ritorna al suo pasto
ma guarda Juba con un’espressione dubbiosa, non per ciò che è accaduto
in quel momento ma per quello che potrebbe presentarsi più avanti.
JUBA:Tu hai un grande nome. Deve uccidere il tuo nome prima di uccidere
te.
CAMBIO SCENA. Al Colosseo dove i senatori si sono radunati per l’imminente
combattimento. Il senatore Gracco sta per sedersi.
FALCO: Senatore Gracco. Non ti vediamo spesso condividere i piaceri del
rozzo popolo.
GRACCO: Bene. Io non pretendo di essere un uomo del popolo senatore, ma
cerco di essere un uomo per il popolo:
Un carro entra nell’arena gettando pane e frutta alla folla che ne è
felice. Cesare entra nell’arena, accettando le acclamazioni della folla.
In un palco in alto, sta Cassio ornato con una parrucca rossa sta
annunciando l’inizio del combattimento mentre la folla grida “Cesare…Cesare…..Cesare…”
CASSIO: Popolo di Roma! Nel quarto giorno della festa di Antiocchia,
noi possiamo celebrare il 64° giorno dei giochi, e, nella sua maestosa
benevolenza, l’imperatore ha designato questo giorno per rallegrare il
popolo di Roma con uno storico scontro finale. Ritornato oggi al Colosseo,
dopo cinque anni di ritiro, Cesare si compiace di offrirvi l’unico
imbattuto campione della storia romana, il leggendario……..TIGRIS DELLE
GALLIE!!!!!!
Dal tunnel viene fuori Tigris sul suo grande cocchio, indossando un
elmo argentato che gli ricopre tutta la testa. Entra nell’arena per la
gioia della folla. E tra la folla Cicero, servo di Massimo dalla battaglia
di Germania, siede ansioso, aspettando di vedere Massimo.
CAMBIO SCENA. Nei sotterranei del Colosseo dove stanno i gladiatori
mentre attendono il loro turno nell’arena. Massimo sta in un corridoio
(o galleria), le ombre cadono minacciosamente su di lui mentre si
esercita, agile com’è, con la spada aspettando il suo ingresso nell’arena.
Proximo, in piedi in fondo alla galleria con gli altri lottatori grida
verso di Massimo che risponde.
PROXIMO: Sa fin troppo bene come manipolare la folla.
MASSIMO: Marco Aurelio aveva un sogno che era Roma Proximo. Ma non è
questo! Non è questo!
PROXIMO: Marco Aurelio è morto Massimo! Noi mortali siamo soltanto
ombra e polvere, ombra e polvere Massimo.
Massimo è pronto ad entrare nell’arena, il cancello viene aperto e
si può sentire la voce dell’annunciatore Cassio “….Rappresentante
della scuola di addestramento di Antonio Proximo, Cesare è orgoglioso di
presentarvi MASSIMO DECIMO MERIDIO! (Aelius Maximus) Con questo
Massimo entra nell’arena, lo scudo in una mano, la spada nell’altra.
La folla gioisce. Proximo si ferma poiché sentire il suo nome
annunciato nel Colosseo, gli riporta in mente vecchi ricordi.
Commoso, Lucilla, Lucio e Quinto guardano dal palco dell’imperatore
mentre Massimo e Tigris sono presentati alla folla. Nell’arena Massimo
pianta la sua spada nella sabbia e si piega nel compiere il suo solito
rituale, raccogliere nelle mani una manciata di terra.
Si vede ancora Cicero sulla gradinata; questa volta sorride
leggermente, sollevato nel vedere il generale. Nel palco dell’imperatore,
Lucilla nasconde ogni emozione, la folla grida “Massimo…Massimo…Massimo…”
COMMODO: Lo accolgono come se fosse uno di loro.
LUCILLA: Il popolo è volubile fratello. Sarà dimenticato in un mese.
COMMODO: No. Molto prima di allora. E’ stato tutto organizzato.
Si torna sulla sabbia dell’arena. Togris si volta verso il palco di
Cesare con le due spade incrociate, si inchina salutando “Noi che
stiamo per morire ti salutiamo” (Ave Caesar morituri te salutant).
Massimo sta a guardare non esibendo alcun genere di saluto. Come egli è
pronto per combattere, le grandi porte dell’arena vengono aperte
violentemente sorprendendolo.
Da ogni parte emerge un gruppo di uomini che girano nell’arena. Ogni
gruppo raccoglie una catena dalla sabbia. Massimo è momentaneamente
distratto, Tiglris gli calcia in faccia della sabbia e comincia il
combattimento con la sua spada seguito immediatamente da un poderoso
calcio al petto.
Massimo è scagliato a terra e rotola in direzione di una botola che si
sta aprendo mentre una grande tigre salta fuori balzando sui gladiatori
intenti a combattere. Massimo ora sta cercando di sfuggire ai suoi artigli
mentre combatte contro Tigris. Un’altra tigre balza su Massimo che
schiva l’attacco con il suo scudo. Si possono sentire gli ansiti
rabbiosi di Massimo mentre combatte. Dal fondo si sente “allenta..allenta….”
e “tira.. tira…” mentre gli addetti alle catene
coordinano i loro sforzi controllando ognuna delle tigri che adesso sono
sul pavimento dell’arena ringhiando e assalendo Massimo. Mentre il
combattimento continua, ogni contendente attacca l’altro con colpi
violenti. Come Massimo si fa più vicino, si aprono le botole e le tigri
saltano fuori, gettandosi con forza su di lui con le loro grandi zampe;
egli cade a terra e rotola su se stesso per allontanarsi. Massimo riesce a
disarmare Tigris con un violento colpo dello scudo alla sua faccia;
spostando la presa della spada da una mano all’altra è pronto a finire
Tigris ma improvvisamente una quarta tigre salta fuori da una botola e si
avventa su Massimo che voltandosi in quel medesimo istante,colpisce l’animale
con la spada. Massimo è gettato sulla sabbia mentre la grande bestia lo
ricopre e lui la colpisce ripetutamente uccidendola. La folla urla
incontrollatamente. Tigris si avvicina per un attacco, Massimo semigirato,
con la bestia ancora addosso è pronto ad afferrare l’ascia di Tigris,
colpisce ancora con lo scudo la faccia dell’avversario e, con grande
forza e con un urlo selvaggio, inchioda il piede di Tigris che si piega
con sofferenza mentre il sangue si riversa dall’apertura della sua
maschera.
Massimo si alza e sferra un calcio al petto di Tigris gettandolo a
terra. Egli è battuto. La folla urla “Uccidi…uccidi…uccidi…(a
morte…a morte…a morte…).
Con l’ascia in mano, stando piegato su Tigris caduto, egli fa
scivolare l’apertura della maschera d’argento esponendo il volto
insanguinato dell’avversario. Massimo guarda su verso Commodo. L’imperatore
è chiaramente deluso che il suo piano sia fallito. Commodo si alza in
piedi, protende il braccio e lentamente mostra un “pollice verso” (in
giù). Massimo solleva l’ascia sopra la sua testa, pronto ad uccidere
Tigris quando inaspettatamente lancia l’ascia da parte come sfida verso
Commodo, ma anche per finirla con le uccisioni. I senatori seduti nel loro
palco, silenziosamente si guardano l’uno con l’altro con stupore. Si
può sentire la folla urlare “Massimo…Massimo il misericordioso”.
Commodo mostra un cenno di falso sorriso come a nascondere alla folla
accorta l’odio che prova verso Massimo e proteggere se stesso dalla
consapevolezza del suo fallimento. Commodo abbandona il palco.
Massimo sta quasi per uscire dall’arena quando i pretoriani entrano e
lo circondano mentre Commodo entra nell’arena tra la disapprovazione
della folla e raggiunge Massimo.
COMMODO: Cosa devo fare con te, tu semplicemente non vuoi….morire.
Siamo così diversi tu ed io? Tu prendi la vita quando devi, così faccio
io.
Sfinito per il combattimento, Massimo lo fissa freddamente.
MASSIMO: Ho soltanto una vita da prendere e poi è finita.
COMMODO: Allora prendila ora!
Massimo lancia uno sguardo a Lucilla, che si trova nel palco dell’imperatore,
e poi ai pretoriani che montano la guardia intorno a loro due. Con calma
si volta per andare via….
COMMODO: Mi hanno detto che tuo figlio (Massimo lentamente si volta
indietro verso di lui) strillava come una ragazza mentre lo
inchiodavano alla croce…..(il dolore di rivivere l’atroce atto
passa attraverso il suo viso) e tua moglie gemeva come una puttana
mentre la violentavano ancora, e ancora , e ancora..
MASSIMO: (dimostrando un’estrema, apparente, controllata calma) Il
tempo degli onori presto sarà finito per te…principe!
Massimo lentamente si allontana da Commodo, il pretoriano si fa da
parte e gli permette di passare. Egli lascia l’arena. Commodo è rimasto
con uno sguardo di sorpresa.
FOLLA: Massimo…Massimo…..Massimo….
CAMBIO SCENA. Per la strada mentre Massimo, scortato da due guardie,
ritorna alla scuola dei gladiatori. Proximo li segue protetto dal suo
largo ombrello. Essi passano attraverso le strade adiacenti il Colosseo,
una grande folla di ammiratori sta aspettando Massimo acclamando il suo
nome e agitando vessilli con su scritto “MASSIMO”:
Tra la folla si trova Cicero che cerca di catturare l’attenzione di
Massimo protendendo il braccio, tenendo una piccola borsa di pelle e
chiamando a gran voce il suo nome.
CICERO: Generale…Generale…
Finalmente Massimo lo vede e con gioia risponde “Cicero…”.
Cicero corre attraverso la folla urlante dietro di lui cercando
disperatamente di andare più vicino al suo padrone; Massimo lotta per
avvicinarsi ma le guardie restano accanto facendo indietreggiare la folla.
MASSIMO: Dove siete accampati?
CICERO: Ostia.
Finalmente, dopo numerosi tentativi, si nasconde dietro un prostituta
che a sua volta sta cercando di richiamare l’attenzione di Massimo che
in quel momento si avvicina a Cicero e si protendono l’uno verso l’altro.
MASSIMO: Di agli uomini che il generale vive. Che mi hai trovato. Che
mi hai trovato!
Le guardie gridano “Cammina….Avanti muoviti!” Mentre
spingono Massimo lontano da Cicero, questi riesce a dargli la sacchetta
che stava portando e Massimo la nasconde nel suo palmo.
Più tardi in cella, con impazienza, Massimo apre la sacchetta di pelle
che gli ha dato Cicero, dentro trova le due figurine di sua moglie e di
suo figlio. Egli le guarda bramoso, baciando teneramente la figurina della
moglie come se ella fosse li a ricevere il suo affetto ed il suo amore.
Juba si avvicina.
JUBA: Possono sentirti?
Massimo volta la testa verso Juba, gli occhi umidi per la felicità
della riunione con la sua famiglia attraverso le figurine e risponde a
Juba.
MASSIMO: Chi?
JUBA: La tua famiglia, nell’altra vita?
MASSIMO: Oh! Si.
JUBA: Cosa gli stai dicendo?
MASSIMO: Al mio ragazzo dico che ci rivedremo ancora, tra poco, e di
tenere giù i talloni quando cavalca il suo cavallo (Massimo continua
con un sorriso mentre afferra le figurine più saldamente) A mia moglie….questi
non sono affari tuoi.
Insieme sorridono. Massimo tiene strette le sue cose mandando a Juba
uno sguardo di vittoria. Un’espressione di pace si fissa sul suo viso
mentre stringe forte le figurine.
CAMBIO SCENA. Si torna al palazzo. Commodo, facendo il broncio come un
bambino, parla con il senatore Falco.
COMMODO: E adesso amano Massimo per la sua clemenza, così io non posso
ucciderlo altrimenti apparirei ancora più spietato. Tutta questa faccenda
sembra un…..incubo.
FALCO: Ti sta sfidando. Ogni sua vittoria è un atto di sfida, il
popolo se ne accorge così come il senato. Ogni giorno che egli vive
diventano più audaci. Uccidilo!
COMMODO: No. Non voglio fare di lui un martire.
FALCO: Mi è stato raccontato di uno strano serpente marino che ha un
metodo veramente insolito per attirare le sue prede. Giace sul fondo dell’oceano
come se fosse ferito, allora i suoi nemici si avvicinano e ancora lui
giace quieto, e allora i suoi nemici gli strappano piccoli brandelli di
carne e lui resta immobile ancora.
COMMODO: Allora resteremo immobili e lasceremo che i nostri nemici
vengano da noi a morderci…. Ogni senatore deve essere seguito!
CAMBIO SCENA. Il giorno seguente i gladiatori si stanno allenando nella
scuola. Massimo cammina attraverso il campo dirigendosi verso un cancello
dove la folla guarda i gladiatori messi in mostra. Massimo oltrepassa una
guardia che lo chiama per nome. Egli gira lo sguardo in ricognizione e
raggiunge il cancello dove Cicero sta aspettando. Posando la sua mano
dietro la testa di Cicero e afferrando la sua mano con l’altra essi
parlano.
MASSIMO: Cicero, mio vecchio amico! Credevo di averti visto per l’ultima
volta.
CICERO: Noi credevamo che fossi morto.
MASSIMO: Quasi! Da quanto tempo gli uomini sanno ad Ostia?
CICERO: Tutto l’inverno.
MASSIMO: E come sono?
CICERO: Grassi e annoiati.
MASSIMO: Chi è al comando?
CICERO: Qualche imbecille di Roma.
MASSIMO: Quando credi che potrebbero essere pronti a combattere?
CICERO: Per te domani.
MASSIMO: Ho bisogno che tu faccia qualcosa per me.
CAMBIO SCENA. In città al bazar, mentre Cicero aspetta ansiosamente
scrutando la strada intorno, è in corso un gioco. Colui che interpreta
Cassio intrattiene la folla “Venite, state seduti. Se non siete stati
nell’arena potete vedere lo spettacolo da qui. Il gigante Massimo sta
sconfiggendo il nostro imperatore Commodo. Cosa dobbiamo fare?” La
folla ride e grida.
Improvvisamente Cicero vede Lucilla, mentre è trasportata nella sua
lettiga attraverso la folla. Egli corre per incontrarla.
CICERO: Mia signora! Ho servito tuo padre a Vindobona!
GUARDIA: Indietro.
CICERO: Mia signora! ho servito tuo padre a Vindobona!
GUARDIA: Indietro
CICERO: Ho servito anche il generale Massimo! Lo servo ancora!
GUARDIA: Indietro
LUCILLA: (alla sua scorta) Fermatevi! Fermatevi! State indietro!
CICERO: (inginocchiandosi davanti a lei sussurra) Il generale ti
manda un messaggio. Incontrerà il tuo politico.
LUCILLA: (gli da due monete d’oro)Per la tua lealtà soldato.
CICERO: Grazie mia signora.
CAMBIO SCENA: Celle dei gladiatori.Massimo è stato condotto da Proximo
nella stanza principale.
LUCILLA: (Ordina a Proximo) Lasciaci! (Massimo siede mentre
Lucilla si rivolge verso una stanza adiacente e chiama) Senatore
Gracco.
GRACCO: (entra nella stanza) Generale..Io spero che la mia
venuta qui oggi sia prova sufficiente che puoi fidarti di me.
MASSIMO: Il Senato è con te?
GRACCO: Il Senato? Si posso parlare per loro.
MASSIMO: Puoi comprare la mia libertà e farmi uscire clandestinamente
da Roma?
GRACCO: Per quale motivo?
MASSIMO: Fammi uscire dalle mura della città. Tieni pronti cavalli
freschi per portarmi ad Ostia. Il mio esercito è accampato li. Per la
sera del secondo giorno tornerò alla testa di 5000 uomini.
LUCILLA: Ma le legioni hanno tutte nuovi comandanti leali a Commodo.
MASSIMO: Quando i miei uomini mi vedranno vivo vedrai a chi daranno la
loro lealtà.
GRACCO: Questa è una follia! Nessun esercito romano è entrato nella
capitale da 100 anni. Io non voglio barattare una dittature per un’altra!
MASSIMO: Il tempo delle mezze misure è finito, Senatore.
GRACCO: Così dopo il tuo glorioso colpo che farai? Prenderai i tuoi
5000 guerrieri e partirai?
MASSIMO: Io partirò! I soldati resteranno per proteggervi sotto il
comando del Senato.
GRACCO: Così, una volta che tutta Roma sarà tua, tu semplicemente la
renderai al popolo. Dimmi perché?
MASSIMO: (si volta verso Lucilla) Perché questo era l’ultimo
desiderio di un uomo morente. (si volta indietro verso Gracco) Io
ucciderò Commodo, il destino di Roma lo lascio a voi.
GRACCO: Marco Aurelio si fidava di te. Sua figlia si fida di te. Io mi
fiderò di te. Ma abbiamo poco tempo. Dammi due giorni ed io comprerò la
tua libertà. E tu resta vivo, o io sarò morto! Adesso devo andare.
(Gracco allunga la sua mano per battere Massimo sulla spalla mentre egli
si alza)
CAMBIO SCENA. Negli appartamenti di Proximo dove Massimo sta parlando
con lui.
PROXIMO: Questo piano non può andare. L’imperatore sa troppe cose. E
per quanto mi riguarda, sta diventando pericoloso. (si vede un soldato
sullo sfondo che tenta di ascoltare il loro discorso)
MASSIMO: Sarai pagato al mio ritorno. Ti do la mia parola.
PROXIMO: La tua parola! Cosa succederebbe se tu non tornassi?
MASSIMO: Ricordi cosa vuol dire avere fiducia Proximo?
PROXIMO: Fiducia? Perché dovrei fidarmi?
MASSIMO: Io ucciderò Commodo!
PROXIMO: Perché dovrei volere questo? Egli mi rende ricco. Oh! Io….io
so che tu sei un uomo di parola generale. Io so che tu moriresti per
onore. Tu moriresti per Roma. Tu moriresti per la memoria dei tuoi
antenati. Ma io,invece , sono un artista. Guardia!
MASSIMO: (mentre lascia Proximo, si volta indietro e dice) Ha
ucciso l’uomo che ti ha reso libero.
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