Seconda parte
CAMBIO SCENA. Accampamento, fuochi da bivacco riscaldano l’aria;
la neve, leggera, continua a cadere. Massimo cammina scambiando saluti e
congratulandosi con gli uomini che si riposano, mangiano o affilano le
loro spade.
Massimo si avvicina al suo cavallo e gli accarezza la testa ma la sua
attenzione e’ catturata dal suono di spade che cozzano tra gli alberi.
Vede Commodo a torso nudo e le sue guardie che si esercitano con le spade
nel freddo. Commodo e’ uno schermitore eccellente.
CAMBIO SCENA. Tenda di Marco che siede curvo sulla sua scrivania
scrivendo su una tavoletta. Massimo entra e Marco pare non si accorga di
lui.
MASSIMO: Mi hai mandato a chiamare Cesare? (non ricevendo risposta
si gira lentamente e si inchina verso il debole e invecchiato Marco)
Cesare?….
MARCO: Dimmi ancora Massimo, perchè siamo qui?
MASSIMO: Per la gloria dell’impero signore
MARCO: Ah! Si…si.. (raddrizzandosi dalla scrivania ) Ricordo…
vedi quella mappa Massimo? Quello e’ il mondo che io ho creato. Per 25
anni ho conquistato, versato sangue, esteso l’impero. Da quando sono
diventato imperatore ho conosciuto solo 4 anni senza guerra. 4 anni di
pace su 20. E per che cosa? (si alza) Ho portato la spada niente
di più
Mentre i due parlano, si sentono suoni provenire dall’esterno, il
vento che soffia contro la tenda, cavalli nitrire, cani abbaiare,la tenda
cigola e si tende contro il vento.
MASSIMO: (con grande esitazione) Cesare… la tua vita….
MARCO: Per favore, per favore non chiamarmi così. Vieni per favore,
vieni qui, sediamoci insieme ora, molto semplicemente, come uomini. Bene
Massimo, parla!
MASSIMO: (serio risponde) 5000 dei miei uomini giacciono
laggiù nel fango ghiacciato, 3000 di loro sono feriti o moribondi, 2000
non lasceranno mai questo posto. Io non voglio credere che essi abbiano
combattuto e siano morti per niente.
MARCO: E che cosa credi?
MASSIMO: Essi hanno combattuto per te e per Roma
MARCO: E che cosa e’ Roma Massimo?
MASSIMO: Ho visto molto del resto del mondo. E’ brutale, crudele e
buio. Roma e’ la luce. Io sto
MARCO: Eppure non sei mai stato a Roma. Tu non hai visto che cosa e’
diventata. Io sto morendo Massimo. Quando un uomo vede la sua fine vuole
sapere se c’e’ stato uno scopo nella sua vita. Come pronuncerà il mio
nome il mondo negli anni a venire? Sarò conosciuto come il filosofo? Il
guerriero? Il tiranno? O sarò l’imperatore che avrà ridato a Roma la
sua vera natura. C’era un sogno una volta che era Roma…. tu potevi
soltanto sussurrarlo. Qualcosa di più forte di un bisbiglio e sarebbe
svanito (schiocca un dito) Era così fragile che penso non sarebbe
sopravvissuto all’inverno. Massimo, chiacchieriamo ora, insieme tu ed
io. Tu hai un figlio (Massimo annuisce) Parlami della tua casa
MASSIMO: La mia casa e’ vicina alle colline di Trujillo. Una casa
molto semplice. Mattoni rosa che si scaldano al sole, un orto che profuma
di erbe il giorno, di gelsomini la notte. Davanti al cancello c’e’ un
pioppo gigante (la sua voce si emoziona alla gioia del ricordo)
Fichi, mele, pere. La terra Marco e’ nera… nera come i capelli di mia
moglie (Marco sorride affettuosamente) Uva sulle colline a sud,
olive a nord. Giovani cavalli giocano vicino la mia casa, scherzano con
mio figlio… (si strofina il ginocchio nell’eccitazione e continua
a parlare ) che crede di essere uno di loro.
MARCO: (sorridendo a Massimo mentre ascolta la descrizione della
sua casa) Massimo da quanto tempo manchi da casa?
MASSIMO: 2 anni, 264 giorni e questa mattina
MARCO: Io ti invidio Massimo! E’ una bella casa. Vale la pena
combattere per essa? (Massimo annuisce e Marco si alza) C’e’
ancora un dovere che ti chiedo di compiere prima di tornare a casa
Massimo immediatamente si alza, il soldato che e’ in lui prende il
sopravvento; rispettosamente e attentamente, le mani incrociate dietro la
schiena, pronto ad accettare i suoi ordini.
MASSIMO: Cosa posso fare per te Cesare?
MARCO: Voglio che tu diventi il protettore di Roma dopo la mia morte.
Ti conferirò il potere. Tu e tu solo. Tu restituirai il potere al popolo
di Roma e metterai fine alla corruzione che la sta rovinando. (stupore e confusione pervadono Massimo. Si può sentire il suo respiro
affannoso. Non ricevendo risposta Marco continua a parlare) Accetterai
questo grande onore che ti sto offrendo?
MASSIMO: Con tutto il mio cuore… No!
MARCO: (cingendo teneramente con le mani la testa di Massimo)
Massimo! E’ proprio per questo che devi essere tu!
MASSIMO: Ma sicuramente un prefetto, un senatore, qualcuno che conosca
la città e capisca la sua politica……
MARCO: Ma tu non sei stato corrotto dalla politica! (si allontana
dando un buffetto sulla spalla di Massimo)
MASSIMO: (esitando chiede) E Commodo?
MARCO: Commodo e’ un amorale! Tu lo conosci fin da quando era
giovane. Commodo non può governare! Tu sei il figlio che avrei voluto
avere! Commodo accetterà la mia decisione. Egli sa che tu hai la lealtà
dell’esercito.
MASSIMO: (quasi senza parole) Ho bisogno di tempo signore
MARCO: Si. Al tramonto credo che avrai deciso. Ora abbracciami come un
figlio e porta ad un vecchio uomo un’altra coperta.
CAMBIO SCENA. Subito dopo aver lasciato la tenda di Marco, Massimo si
ferma esitante con un’espressione turbata sul viso.
Lucilla esce dalla tenda vicina. Sembra che lo stesse aspettando. Tutt’intorno
si sentono i rumori metallici delle incudini che riparano armi e selle, i
cavalli nitrire, i cani abbaiare e il grido di un falco lassù in cielo.
LUCILLA: Mio padre ti favorisce ora
MASSIMO: Augusta Lucilla…..
LUCILLA: Una volta non era così
MASSIMO: Molte cose cambiano
LUCILLA: Molte cose, ma non tutte le cose. (Massimo si volta per
andarsene) Massimo smettila! Lasciati guardare in faccia, sembri
preoccupato.
MASSIMO: Ho perso molti uomini
LUCILLA: Cosa voleva mio padre da te?
MASSIMO: Desiderava salutarmi prima del mio ritorno a casa. (ancora una volta si gira per andarsene)
LUCILLA: Stai mentendo! Io capivo sempre quando dicevi una bugia
perchè non sei mai stato capace di mentire
Massimo guarda indietro mentre lei decisamente si avvicina.
MASSIMO: Eppure non mi hai mai consolato
LUCILLA: Vero, ma non ne avevi bisogno. La vita e’ molto semplice per
un soldato. O mi credi senza cuore?
MASSIMO: Io credo che tu abbia il talento per sopravvivere.
Ancora si gira per andarsene. Lucilla ride cercando di prolungare quel
momento insieme.
LUCILLA: Massimo fermati! E’ davvero così terribile vedermi ancora?
MASSIMO: No, sono stanco per la battaglia
LUCILLA: E’ triste vedere mio padre così fragile (Massimo
annuisce) Commodo aspetta che mio padre annunci la successione a
giorni. Servirai mio fratello come hai servito mio padre?
MASSIMO: Io servirò sempre Roma
LUCILLA: Lo so. Io ti ricordo ancora nelle mie preghiere. Oh! Si…io
prego!
MASSIMO: Mi ha rattristato la morte di tuo marito. Ho pianto per lui
LUCILLA: Grazie
MASSIMO: E so che hai un figlio
LUCILLA: Si, Lucio, ha circa otto anni
MASSIMO: Anche mio figlio ha quasi otto anni (ancora una volta lo
pervade un senso di pace al nomina- re la sua famiglia )Grazie per le
tue preghiere
Massimo lascia Lucilla mentre lei rimane sola guardando dietro di lui.
CAMBIO SCENA. Massimo ritorna alla sua tenda. Il suo attendente ed
amico Cicero, gli sta preparando da bere. Massimo prega inginocchiato
davanti al reliquiario dei suoi antenati con sua moglie e suo figlio. Si
puo’ vedere l’immagine di sua moglie…. una statuetta raffigurante
una statuaria, bellissima donna con dolci occhi e lunghi capelli neri,
vestita semplicemente con un abito campagnolo mentre il loro figlio corre
per giocare.
MASSIMO: Sacri antenati, chiedo la vostra guida. Benedetta madre,
indicami il volere degli dei per il mio futuro. Benedetto padre, vigila su
mia moglie e mio figlio con rapida spada. Sussurra loro che io vivo solo
per rivederli ancora. Sacri antenati, io vi onoro e cercherò di vivere
con la dignità che mi avete insegnato.
Teneramente e appassionatamente Massimo bacia la figurina di sua moglie
accarezzando le spalle della statuetta. Rimettendola a posto si alza e si
dirige verso una sedia e chiama Cicero che gli si avvicina porgendogli da
bere. Da fuori si sente il latrato di un cane.
MASSIMO: Cicero… non trovi duro fare il tuo dovere?
CICERO: Qualche volta faccio quello che voglio fare. Per il resto
faccio quello che devo fare.
MASSIMO: (accarezzandosi la barba) Forse non torneremo subito a
casa
CAMBIO SCENA. Commodo e’ entrato nella tenda di Marco, una tenda
ornata da statue e busti dei Cesari. Fissando intensamente la statua di
suo padre Commodo allunga la mano e sfiora la sua faccia mentre Marco
entra dietro di lui.
MARCO: Sei pronto a fare il tuo dovere per Roma?
COMMODO: (con un leggero sorriso sulla faccia) Si padre
MARCO: Tu non diventerai imperatore!
COMMODO: (il sorriso svanisce velocemente lasciando al suo posto
una dolorosa confusione) Quale uomo più saggio più vecchio di me
prenderà il mio posto?
MARCO: I miei poteri passeranno a Massimo al quale saranno affidati
finchè il Senato sarà pronto a governare. Roma deve tornare ad essere
una Repubblica
COMMODO: Massimo?!!
Marco allunga una mano per accarezzare il viso di Commodo ma questi si
scosta
MARCO: La mia decisione ti delude?
COMMODO: Una volta mi scrivesti considerando quattro delle principali
virtù: saggezza, giustizia, fermezza e temperanza. Leggendo quello
scritto sapevo di non possederle. Ma io possiedo altre virtù padre...
ambizione, che può essere una virtù quando e’ usata per eccellere,
intraprendenza, coraggio, forse non in battaglia, ma esistono molte forme
di coraggio, devozione… alla mia famiglia… e a te. Ma nessuna delle
mie virtù era sul tuo scritto. Anche allora era come se non mi volessi
come figlio
Sorpreso dalla reazione di Commodo, Marco si siede
MARCO: Oh! Commodo, stai esagerando!
COMMODO: (angosciato e in lacrime, pieno di disappunto per la
decisione di Marco)Vado scrutando il volto degli dei cercando il modo
di compiacerti affinchè tu sia fiero di me, una parola gentile, o se
almeno una volta tu mi avessi abbracciato o tenuto stretto al tuo petto…
sarebbe stato come avere il sole nel cuore per 1000 anni. Cosa odi di me a
tal punto? Non volevo altro che essere degno di te… Cesare… padre
MARCO: (portandosi un dito alle labbra) Shhhhhh! (si
inginocchia davanti a suo figlio) Le tue mancanze come figlio sono il
mio fallimento come padre!
Egli allarga le braccia per abbracciare Commodo, chiedendo perdono.
Commodo dolcemente lo abbraccia e piangono insieme.
COMMODO: Padre… massacrerei il mondo intero se solo tu mi amasi
Essendo Marco ancora in ginocchio, Comodo preme saldamente la sua testa
contro il proprio corpo, soffocandolo, mentre Marco cerca invano di
liberarsi. Alla fine Commodo piange e geme di dolore come un bambino.
CAMBIO SCENA. Massimo sta dormendo nella sua tenda. Da fuori si
sente l’abbaiare di un cane. Cautamente Quinto entra per svegliare
Massimo che rapidissimo brandisce un pugnale, sorridendo con una punta di
imbarazzo quando si rende conto che si tratta di Quinto.
QUINTO: Massimo, l’imperatore ti desidera, e’ urgente!
Insieme tornano alla tenda di Marco. Come Massimo fa per aprire la
tenda, il telo viene tirato indietro e appare Commodo.
COMMODO: Piangi con me fratello! Il nostro grande padre e’ morto!
MASSIMO: (guardando sotto shock ed incredulo Commodo si volta verso
Marco posandogli la mano sulla fronte e quindi sulla gola dell’imperatore
quasi a cercare un qualche segno di vita e chiede) Com’e’ morto?
COMMODO: I medici dicono che non ha sofferto. E’ morto mentre
dormiva.
MASSIMO: (piegandosi sopra Marco bacia la sua fronte e sussurra) Padre…
COMMODO: Il tuo imperatore chiede la tua lealtà Massimo. Prendi la mia
mano. Te la offrirò una volta sola.
Massimo si volta ancora una volta verso il corpo di Marco, guarda
Lucilla che siede in un angolo, gli occhi colmi di lacrime, guarda
incredulo Commodo, la sua mano tesa, guarda indietro a Lucilla e,
ignorando Commodo gli passa davanti ed esce dalla tenda. Mentre esce
chiama Quinto.
Commodo si volta verso Quinto che ripensa con dolore agli ordini che
gli sono stati già dati.
Lucilla avanza dall’angolo, si volta verso Commodo, lo fissa negli
occhi e lo schiaffeggia due volte. Dopo porta la sua mano alle labbra,
bacia il suo anello e dice: “ Ave Cesare”
CAMBIO SCENA. Tenda di Massimo che precipitosamente si allaccia l’armatura
con l’aiuto di Cicero impartendo ordini con impazienza
MASSIMO: Devo parlare con i senatori. Ho bisogno del loro consiglio.
Chiama Gaio e Falco
CICERO: (memorizzando gli ordini di Massimo) Gaio e Falco
MASSIMO: La spada!
CICERO: Spada
Prima che Cicero possa eseguire l’ordine, Quinto entra nella tenda
QUINTO: Massimo per favore stai attento, questo non e’ prudente
MASSIMO: Prudente! L’imperatore e’ stato ucciso!
QUINTO: L’imperatore e’ morto per cause naturali
MASSIMO: Quinto perchè sei armato?
QUINTO: Guardie! (Quattro guardie entrano velocemente, circondano
Massimo e lo bloccano saldamente) Massimo per favore non ribellarti (mentre
le guardie tengono Massimo, Quinto guarda lontano) Mi dispiace, Cesare
ha parlato!
Cicero guardando Massimo fa per porgergli la spada ma Massimo scuote la
testa. Quinto si rivolge alle guardie
QUINTO: Portatelo nella foresta….. e poi uccidetelo!
MASSIMO: Quinto guardami. Guardami! Giurami che veglierai sulla mia
famiglia
QUINTO: La tua famiglia ti aspetterà nell’altra vita
Massimo lotta e una delle guardie lo colpisce alla testa con una spada.
Rapida la visione di sua moglie e suo figlio, la terra e la sua casa,
mentre lui cammina attraverso i campi di grano balena nella sua mente.
CAMBIO SCENA. La neve ha ricoperto la foresta dove Massimo sta per
essere giustiziato. Le guardie lo conducono a piedi, attraverso gli
alberi. Il terreno e’ pieno di rami spezzati, segno della devastazione
della battaglia, e di ossa e scheletri umani. Mentre il boia conduce
Massimo, questi cammina attentamente sulle ossa umane e sui detriti della
battaglia e le sue mani sono ancora legate davanti a lui.
La guardia gli ordina “Inginocchiati” e lancia il suo
elmetto al capo pattuglia. I suoni del vento che soffia tra gli alberi e l’eco
di un falco lontano attraversano la foresta. Mentre il boia prende
posizione, Massimo prega mentalmente “Benedetto padre vigila su mia
moglie e mio figlio. Sussurra loro che io vivo solo per rivederli ancora”
Immagini di sua moglie, suo figlio, i campi di grano, vengono alla sua
mente. Massimo chiede al capo delle guardie: “Almeno dammi una morte
onorata… una morte da soldato”
Il capo delle guardie annuisce ed il boia cambia posizione mettendosi
dietro Massimo. Non appena il soldato alza la sua spada, Massimo si piega
all’indietro e rapido ne afferra la lama disarmandolo. Colpisce con l’elsa
il capo delle guardie e si volta colpendo alla gola con la punta della
spada il suo assassino infliggendogli un colpo mortale.
Si volta indietro, verso il capo pattuglia che sta cercando di
sguainare la propria spada. Massimo, con le mani ancora legate, lancia in
alto la spada facendola roteare e la riafferra per l’elsa. Fissa la
guardia con un gelido bagliore negli occhi e dice:”Il gelo! A volte
può bloccare la lama” Con un urlo fa oscillare la spada davanti
alla guardia sfondandogli l’elmetto e colpendo il suo viso da una parte
all’altra uccidendolo all’istante.
Un’altra guardia più avanti cammina a cavallo; sentendo un suono
sibilante si gira. Non appena fa questo viene trafitto dalla spada che
Massimo gli ha lanciato contro, uccidendolo.
Massimo si volta verso l’ultima guardia che, a cavallo, sta bevendo
da una fiaschetta di whiskey per scaldarsi dal freddo. Massimo urla
rabbiosamente: “Pretoriano!” La guardia si volta e, vedendo
Massimo in piedi con la spada, getta via la fiaschetta e galoppa verso di
lui. Come la guardia si avvicina, Massimo, all’ultimo momento, salta
dall’altra parte facendo in modo che il soldato si sposti e nello stesso
tempo colpisce il pretoriano.Massimo e’ pronto per un altro attacco, ma
il pretoriano cade dal suo cavallo, essendo stato colpito mortalmente.
Massimo e’ stato gravemente ferito al braccio. Avendo ucciso ognuno dei
quattro pretoriani, prende due cavalli per il lungo viaggio verso casa.
Dopo una lunga corsa, esausto e sotto una luna piena,finalmente fa una
sosta. Siede vicino al fuoco curando la ferita. Nella sua mente si
rincorrono un’infinita’ di pensieri sulla sua famiglia e su ciò che
Marco precedentemente gli aveva chiesto “Da quanto tempo manchi da
casa?……2 anni, 264 giorni e..questa mattina…..Benedetto padre,
veglia su di loro con rapida spada…..con la dignità che mi avete
insegnato…..sussurra loro che io vivo solo per rivederli ancora……mia
moglie e mio figlio con rapida spada…..tutto il resto non e’ che aria
e polvere….sussurra che vivo soltanto per rivederli ancora….tutto il
resto non e’ che aria e polvere…….
CAMBIO SCENA. Mentre Massimo continua galoppando il suo viaggio verso
casa, gli rimane soltanto un cavallo. Siede curvo in sella perdendo i
sensi. Egli ha una visione della sua casa, campi di grano, suo figlio
cavalca un pony bianco sotto lo sguardo di sua moglie.
Improvvisamente la visione cambia in una di pericolo mostrando
pretoriani che stanno cavalcando verso la sua casa, sua moglie e suo
figlio sentono i cavalli dei pretoriani man mano che si avvicinano. Il
figlio di Massimo grida: “ Mamma i soldati”. Mentre i
pretoriani si avvicinano il bambino corre loro incontro credendo che tra i
soldati ci sia suo padre e chiama: “Papà, papà”. La moglie di
Massimo si gira verso il loro figlio ma le guardie non si fermano e
travolgono il bambino mentre lei guarda terrorizzata e indifesa.
Massimo riprende piena coscienza, la ferita del suo braccio sta
sanguinando abbondantemente. Egli cavalca con molto sforzo poiché il suo
cavallo è madido di sudore, respira affannosamente ed è sfinito mentre
è teso nella corsa.
Avvicinandosi alla sua casa si può vedere sopra di essa il fumo nero
degli incendi. Il suo cavallo è stanco, viene meno e cade con un tonfo
poderoso trascinando Massimo nella polvere facendolo gemere penosamente.
La visione era reale!
Massimo lotta per stare in piedi e inciampa sulla via di casa; mentre
si avvicina ad essa trova corpi bruciati, ogni cosa distrutta e i campi
fumanti, il vento sibila tra gli arbusti carbonizzati. L’unico segno di
vita è dato dalle galline chioccianti sparpagliate intorno, nell’aria
si coglie il ronzare delle mosche.
Da lontano egli vede due corpi che pendono in alto. Man mano che si
avvicina può riconoscere i corpi di sua moglie e di suo figlio. Cade in
ginocchio piangendo incredulo e disperato. Riesce ad alzarsi e si avvicina
sfiorando teneramente i piedi di sua moglie, accarezzandoli quasi come a
confortarla. Ma il colpo è troppo forte, egli cade a terra svenendo per
il dolore.
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