In epoca preromana i veneti parlavano il venetico, lingua che gli studiosi
ritengono fosse parlata solo in questa regione e il cui alfabeto era di origine etrusca.
A differenza delle altre regioni del Nord il veneto non è una lingua
gallo-italica, ma ha origini proprie, "venetiche" su cui si sono impiantati pure
dei vocaboli greci.
Dopo il venetico, a partire dal III sec. d.C., le popolazioni locali
cominciarono ad assimilare il latino dai Romani, che avevano dato inizio ad unopera
di colonizzazione linguistica.
Ne scaturisce il veneto neolatino, quel dialetto che, grazie
alla trasmissione della cultura orale, è stato tramandato fino ai nostri giorni
mantenendo la sua autonomia come dialetto, espandendosi anche oltre i confini lombardi del
Trentino, e del Friuli, fino ad Udine.
Il veneto ha nel tempo subito forti influenze straniere, il che ha
portato a molte variazioni nel dialetto, e queste ultime si possono notare spostandosi di
città in città.
Negli ultimi decenni la situazione linguistica italiana è mutata
radicalmente, si va sempre più affermando una lingua comune, grazie soprattutto alla
diffusione dei mezzi di comunicazione di massa.
Si vanno invece restringendo le aree di parlata dialettale, tanto che l'uso
del dialetto è oggi spesso sentito come manifestazione di inferiorità sociale e
culturale.
Ci si potrebbe chiedere, se è veramente segno di inferiorità esprimersi
in dialetto.
Può esserlo se, chi si esprime in dialetto è costretto a farlo
dall'impossibilità e dall'incapacità di usare lo strumento della lingua comune.
Non bisogna dimenticare che il dialetto è anche un bene culturale da non
distruggere e da non disprezzare poichè è presente in esso una carica espressiva che non
si trova nella lingua standardizzata.
E' giusto quindi che tutti sappiano comunicare ed esprimersi con la stessa
lingua, ma occorre evitare che ciò avvenga a scapito del prezioso patrimonio storico e
culturale che il dialetto rappresenta.
( tratto dal libro "Vocabolario etimologico veneto" di
G.F.Turato e D.Durante). |