Convento di San Carlo Borromeo

on sappiamo chi fu l'architetto che progettò la chiesa e il convento.
Sappiamo invece che fu padre Bonaventura Biscia colui che organizzò il cantiere e diresse i lavori.
In quel tempo, un'impresa come quella di costruire una grande chiesa e un grande convento, richiedeva decenni di lavoro. Tutto veniva fatto parzialmente a mano e con mezzi rudimentali, da poche persone per le quali il tempo non aveva valore. I trasporti erano fatti su carri trainati da cavalli e da buoi e i materiali dovevano venire anche da zone lontane.
Si cominciò abbattendo la chiesetta dei Santi Sebastiano e Rocco e facendo un profondo e largo scavo per accogliere le fondamenta della nuova costruzione. Pian Piano cominciarono a sorgere i primi muri perimetrali, ma tutto con inesorabile lentezza.
Il chiostro ha le dimensioni planimetriche di un quadrato. Ogni lato è suddiviso da 6 pilastri in pietra di travertino con relativi capitelli e basi che incorniciano cinque archi a tutto sesto. Al di sopra dei capitelli, nella parte esterna, si dipartono altrettante lesene che si chiudono a formare due fasce orizzontali della stessa larghezza: la prima all'altezza del vertice, l'altra al di sotto della gronda da formare quasi un cornicione. Sopra agli archi, infine, e in asse con essi, si aprono una serie di finestre, con cornici di peperino del primo piano del convento. Lo stile architettonico del chiostro è toscano. I pilastri determinano una serie di spazi voltati a crociera.
Il chiostro affianca con un lato la navata sinistra della chiesa, con un lato si affaccia su piazza Marconi ed il terzo lato è incorporato nella struttura del convento. Attualmente nelle pareti di questo lato sono state sistemate tutte le lapidi mortuarie delle tombe della chiesa, tolte nel 1967 per dare luogo al discutibile pavimento di marmo. Anche la lapide dei fratelli Biscia seguì la stessa sorte. Ma dopo fu ricollocata in chiesa, non più al suo posto ma circa due metri più avanti.
Il quarto lato manca. Per quanto riguarda il lato mancante non sappiamo nulla.
Nell'archivio del convento non vi sono notizie. Forse volevano ingrandirlo, oppure non è stato terminato per mancanza di fondi, o per altre ragioni a noi sconosciute.
Nell'inventario del convento del 1834, curato dal P. Dusi Antonio, si descrive il chiostro senza dir nulla del lato mancante: entrando nel convento dice "si vede subito il chiostro il quale da tre lati è ornato con sedici colonne di più pezzi di travertino quadrate che sostengono le arcate....". E più avanti: "....e le tre parti del chiostro lastricate di tufo....".
In un'altra nota di un libro di amministrazione si dice che i frati " ampliarono la fabrica del convento costruendo una nuova ala a due piani con diciannove camere ". Che qualche problema sia sorto lo si rileva dal pilastro di destra, lato chiesa, che si svolta per iniziare la campata dell'arco dell'altro lato e si ferma; e nella parete frontale si possono ancora vedere le pietre lasciate sporgenti per incastrarsi al lato del chiostro non più costruito.
Il convento, con gli annessi orto e frutteto, doveva costituire un'oasi graditissima a molti viandanti che i frati accoglievano con simpatia e cordialità. I signori del posto, poi, avevano instaurato con i frati un rapporto di sincera amicizia e, quando potevano, si recavano da loro per trascorrere un'ora in serena compagnia.
C'è ancora dire che facevano sosta in convento anche illustri personaggi che, di passaggio per Cave durante un viaggio, venivano ospitati con il loro seguito, talvolta per più giorni.
" 17 dicembre 1672 - Il Contestabile venne pranzo, magnò in cucina e poi molti altri della corte ".
" 27 settembre 1675 - Vennero i signori Principi e il signor Contestabile. Fu beuto in cantina ".
" 3 dicembre 1675 - Venne il signor Contestabile Colonna e altri signori in cucina a scaldarsi e far colazione ".
" Aprile 1690 - Spesi giulii 10 per fare il rinfresco al signor Ambasciatore di Spagna e al signor Contestabile e loro corti ".
Ottobre 1701 - Venuta degli E.mi Sig. Cardinali Carpegna e S. Casale, con l'Ill.mi Sig. Prelati Mons. Caprara e Scotti, con altri Personaggi e servitù. Alloggiarono in convento due sere. Somministratoli dal convento l'alloggio, vino, fieno, biada, con somma loro soddisfazione ".
Il convento doveva essere anche un punto di riferimento per la popolazione locale, in cui trovare conforto ed aiuto. Insomma, un centro di vita cittadina aperto a tutti.