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nasce il 30 ottobre 1960 nel quartiere disagiato di Villa Fiorito,
nella periferia di Buenos Aires. Il calcio sin da bambino è il suo pane
quotidiano: come tutti i ragazzini poveri della sua città passa gran
parte del tempo per strada giocando a pallone o facendosi le ossa in
campetti disastrati.
Sono i piccoli spazi in cui è costretto a
giocare, fra macchine, passanti e quant'altro, che lo abitua a
manovrare la palla in maniera magistrale.
Già idolatrato dai
compagni di gioco per le sue doti mirabolanti, da subito gli viene
appioppato il soprannome di "El pibe de oro" (il ragazzo d'oro), che
gli rimarrà affibiato anche quando diverrà una celebrità. Preso atto
del suo talento tenta la strada del calcio professionistico: la sua
carriera inizia nell'"Argentinos Juniors", per poi proseguire nel "Boca
Juniors", sempre in Argentina.
Le sue straordinarie capacità non
potevano non essere notate e al pari del suo grande predecessore
brasiliano Pele', a soli sedici anni è già precettato per giocare nella
nazionale Argentina, bruciando in questo modo fulmineamente tutte le
tappe. Menotti però, commissario tecnico argentino d'allora, non lo
convoca per i mondiali del 1978 ritenendolo comunque troppo giovane per
un'esperienza forte e importante come quella.
Il paese sembra non
gradire più di tanto la scelta di Menotti: tutti pensano, stampa locale
in testa, che invece Maradona sarebbe perfettamente in grado di
giocare. Per parte sua, il Pibe de Oro si rivale vincendo i campionati
giovanili per nazioni.
Da quel momento l'escalation del
campioncino è inarrestabile. Dopo fulminanti prove in campionato, vola
per i mondiali di Spagna 1982 dove dona luce ad una non eccezionale
Argentina con due gol, anche se nei momenti chiave delle partite con
Brasile e Italia, non riesce a brillare come dovrebbe, facendosi pure
espellere. E' quasi un mito: l'unico calciatore diventato così popolare
e così amato da eclissare quasi del tutto la stella del calcio per
eccellenza, Pele'.
Successivamente l'ingaggio-record con il quale il
Barcellona lo convince a lasciare il Boca Juniors è di sette miliardi
di lire dell'epoca.
Purtroppo però con la squadra spagnola gioca
solamente trentasei partite in due anni, a causa di un bruttissimo
infortunio, il piú grave della sua carriera.
Andoni Goicoechea, difensore dell'Athletic Bilbao, gli frattura la caviglia sinistra e gli rompe il legamento.
L'avventura
successiva è forse quella più importante della sua vita (mondiale a
parte, si capisce): dopo numerose trattative approda alla città che lo
eleggerà a suo portabandiera, che lo innalzerà a idolo e santo
intoccabile: Napoli. Lo stesso Pibe de oro ha più volte affermato che
quella è diventata la sua seconda patria dopo l'Argentina...
Il
sacrificio della società fu notevole, non c'è che dire (una cifra
colossale per l'epoca: tredici miliardi di lire), ma sarà uno sforzo
ben ripagato dalle performance di Diego, capace di portare per ben due
volte la squadra allo scudetto. Viene coniata una significativa canzone
che mette a confronto i due miti, cantata a squarciagola dai tifosi che
urlano "Maradona è meglio di Pelé".
Diego Armando Maradona tocca
l'apice della carriera ai mondiali di Messico 1986. Trascina
l'Argentina alla conquista della Coppa del Mondo, segna
complessivamente cinque reti (e fornisce cinque assist), e sarà
premiato quale miglior giocatore della rassegna. In più: nei quarti di
finale con l'Inghilterra realizza la rete passata alla storia come
quella della "mano di Dio", uno "sberleffo" che ancora oggi il calcio
non ha dimenticato (Maradona segnò di testa "aiutandosi" a metterla
dentro con la mano).
Dopo pochi minuti, invece, realizza il
gol-capolavoro, quel "balletto" che lo vede partire da centrocampo, e
dribblando mezza squadra avversaria, lo vede depositare la palla in
rete. Un gol che è stato votato da una giuria di esperti come il più
bello della storia del calcio!
Infine guida praticamente da solo l'Argentina fino al trionfo contro la Germania Ovest per 3-2 nella finale mondiale.
Da
quel successo Maradona ha portato ai vertici del calcio europeo anche
il Napoli: come detto, due scudetti vinti, una coppa Italia, una coppa
Uefa e una Supercoppa italiana.
Poi venne Italia '90 e, quasi in
contemporanea, il declino del campione idolatrato in tutto il mondo.
L'Argentina in quel mondiale arriva sì in finale, ma perde contro la
Germania per un rigore di Brehme. Maradona scoppia in lacrime,
denunciando successivamente: "E' un complotto, ha vinto la mafia". Sono
solo i primi segnali di un'instabilità emotiva e di una fragilità che
nessuno sospetterebbe da un uomo come lui, abituato a rimanere sempre
al centro dei riflettori.
Un anno più tardi (è il marzo 1991) viene
scoperto positivo a un controllo antidoping, con la conseguenza che
viene squalificato per quindici mesi.
Lo scandalo lo travolge,
fiumi di inchiostro vengono spesi per analizzare il suo caso. Il
declino sembra inarrestabile; si presenta un problema dietro l'altro.
Non basta il doping, entra in scena anche il "demone bianco", la
cocaina, di cui Diego, a quanto riportano le cronache, è un assiduo
consumatore. Infine emergono gravi problemi con il fisco, a cui si
affianca la grana di un secondo figlio mai riconosciuto.
Quando
la storia del campione sembra avviarsi a una triste conclusione, ecco
l'ultimo colpo di coda, la convocazione per USA '94, a cui si deve uno
strepitoso gol alla Grecia. I tifosi, il mondo, sperano che il campione
sia finalmente uscito dal suo oscuro tunnel, che torni ad essere quello
di prima, invece viene nuovamente fermato per uso di efedrina, sostanza
proibita dalla FIFA. L'Argentina è sotto choc, la squadra perde
motivazione e grinta e viene eliminata. Maradona, incapace di
difendersi, grida a un ennesimo complotto contro di lui.
Nell'
ottobre del 1994 Diego viene ingaggiato come allenatore dal Deportivo
Mandiyù, ma la sua nuova esperienza finisce dopo solo due mesi. Nel
1995 allena la squadra del Racing, ma dà le dimissioni dopo quattro
mesi. Poi torna a giocare per il Boca Juniors e i tifosi organizzano
una grande e indimenticabile festa allo stadio della Bombonera per il
suo ritorno. Rimane al Boca fino al 1997 quando, nel mese di agosto,
viene trovato nuovamente positivo ad un controllo antidoping. Nel
giorno del suo trentasettesimo compleanno, el Pibe de oro annuncia il
suo ritiro dal calcio.
Conclusa la sua carriera calcistica Diego
Armando Maradona sembra aver avuto qualche problema di "assestamento" e
di immagine: abituato ad essere idolatrato dalle folle e amato da
tutti, sembra che non si sia ripreso all'idea che la sua carriera fosse
finita e che quindi i giornali non avrebbero più parlato di lui. Se non
parlano più di lui dal punto di vista calcistico, però lo fanno nelle
cronache dove Diego, per una cosa per l'altra (qualche apparizione
televisiva, qualche improvvisa rissa con gli invadenti giornalisti che
lo seguono ovunque), continua a far parlare di sé.
Nel 2008, a
pochi giorni dal suo compleanno, Diego Armando Maradona viene nominato
nuovo commissario tecnico della nazionale di calcio Argentina, in
seguito alle dimissioni di Alfio Basile il quale aveva ottenuto scarsi
risultati nelle qualificazioni ai Mondiali del 2010.