i giorni in cui i moti arrugginiti della rabbia

ci fanno sbattere la porta,

le volte che ci basta una telefonata:

parlare del giogo attorno a cui ci siamo avviticchiati

aspettando che  una guerra ci sradichi via

e basta.

l'ora della nostalgia e del sentimento è una cara abitudine:

ti ho lasciata andare

credendo che le ore che spendesti per me

ti sarebbero bastate per creare una buona storia

o un amore utile.

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forse è più l'istinto che il resto.

forse non dovevo spiegarmela così, regalarmi una scusa gentile;

è qui - sul divano sotto il ventilatore - che guardo un b-movie;

piego il braccio sotto la faccia e sudo. vago con gli occhi sul soffitto.

mi concentro.

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se è questo il dovere coniugale: rinuncio.
vado soggetta a crisi oniriche di orientamento:
spettatrice della folla di gente che ci divide
e di un telefono guasto;
tutte le volte che ti chiamo e non rispondi,
chi devo accusare?
qual è il fantasma che non mi ha mai incantata,
che tu rifiuti?

il poeta di traverso sul letto, di notte
trasuda tenerezza e un po' di sonno,
tu dormi, io vigilo attenta le travi sul soffitto.

il resto a colazione.

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questa storia delle barchette di carta mi ha sempre fatto impazzire:

immagino il poeta

con i suoi gesti precisi, rapidi, minimi

che ne costruisce ogni volta di più piccole, così

che partire sia difficile e la meta molto lontana;

un po' come quei nostri *per sempre*

che finiscono ancora una volta

di là dal mare.

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faccio grandi passi. pesto

un po' di tutto:

occhiali, molliche, tappetini sporchi

e vado poco oltre ogni volta,

dopo la porta e mi precipito

giù dalle scale

- senza colonna sonora -

senza ombrello,

leggera sotto la pioggia.

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la corteccia liscia della mia faccia

ha una smorfia

solo davanti a un pacco di pasta.

dal bacino in giù

un singulto breve, bruciante, buio

e il resto è un globo d'aria e piombo

nel petto che sta su

e non conviene

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Il numero e la parola

all'inizio è così:
voglio il Sole - tepore nelle ossa stanche -
o la Nebbia umida - e nascondermi:
a volte il Tempo è immoto.
ma ho dita veloci e numeri
e affari non miei.
Nessuno Muore
durante gli Infiniti Calcoli.

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La strega

al fondo del crogiolo sono io
e devo mescolare per trovarmi.
lo specchio è torbido, se guardo indietro,
il tempo: l'incalzare dei titani
- la sfida l'ho raccolta camminando -
chiuse le finestre all'eco di voci di piazza,
chiusa alle campane, al brivido destino.
tre sono gli ostacoli, tre carte mescolate:
paura, lucidità, il mero possedere.
al fondo del crogiolo Io sono.
ascolta la mia storia e vivi.

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A Valeria,  ancora

Valeria mi vede per la strada,
mi pensa a Milano, poi telefona.
io non sono là né qui, ma nel telefono,
nella sua mente.
eri proprio tu a diciassette anni, mi dice,
anche mia sorella adesso splende...
ma io ricordo i tuoi capelli e gli occhi morbidi:
tu, bellissima, come solo io posso conoscerti.

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Allo specchio

cerco il Nuovo, le Risate
e il Buio. i vecchi amici inchiodati.
lancio le monete, interrogo i fondi
del caffè, i cocci di bottiglia.

adesso, so di altro,
mi cullo nel ricordo:
quando è fresco e non è piovuto,
quando sono sola,
quando intravedo il cielo
e il vecchio albero,
quando ammiro confusa me stessa.
e ne rido.

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Verso il solstizio

ho raccolto i ricordi in un angolo stinto,
imbevuti d'etere, stretti in piccoli barattoli;
guardo sempre in quell'angolo
non altrove.
adesso, mentre li apro furiosamente,
li rovescio sul tavolo bianco e rovisto,
cosa non cerco davvero?
quale dolore ritrovo?

non è un quaderno e il mio libro questo?
e le ombre che riconosco fra le pagine,
nulla di inconsueto: sono i fatti
e le date. non i mostri antichi dei sogni.

e questa sabbia ancora calda di sole, d'estate?
e gli occhiali rotti? i miei occhi vecchi,
miopi e lucidi dalle fotografie?
nulla, oltre i crocicchi da attraversare.

io ho percorso le strade.



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Le donne delle pulizie

le donne delle pulizie non hanno anima
- la psiche relegata in uno straccio -
forse qualche sospiro, il pensiero della notte
appena andata.
o un sorriso, se per caso le saluti.

ne ho viste di donne lente e docili,
madri pallide, spose. qualcosa
del latte e del suo odore.

ho spiato quelle snelle, curve
sui pavimenti, incuranti della polvere,
dei richiami dei malati.
si allungano sull'alba come ombre oblique
e chiacchierone. fumano molto.

io mi specchio nel bagno bianco
e non sono né madre né snella.

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