|
Premessa Mi chiamo Jacques Rochard. ho 30 anni, sono parigina Abito da molti anni un abbaino situato alla sommità di un vecchio edificio in rue Clovis, e vivo del mio lavoro di grafico e illustratore. Non sono mai stato affetto da mitomania, non ho mai avuto visioni' o allucinazioni di sorta-non credo in Dio, non credo nella reincarnazione, e ho sempre pensato che l'arcano fosse più o meno una specie di utensile adoperato in agricoltura.. Premetto tutto questo perché la storia che ho qui deciso di rendere pubblica è tanto incredibile quanto dannatamente vera, e io stesso, se non l'avessi vissuta lungo un arco temporale di oltre due settimane, non avrei avuto l'ardire di raccontarla neppure ai miei pochi amici, limitandomi a seppellirla nel buco nero" del mio più recente passato sotto la voce `suggestivo, irreale, imponderabile accadimento'; Ma nei corso di quelle due settimane e più (20 marzo - 6 aprile 1980,) ho tenuto anche un diario minuzioso fitto e circostanziato: non posso oggi/fingere di ignorarlo, che esso non esista, che io non lo abbia ripetutamente scritto,' è qui davanti a me, sul mio tavolo da lavoro un piccolo taccunino con la copertina nera. E mi ossessiona. Per non dire del "suo" quadernetto altrettanto concreto. altrettanto presente, altrettanto ossessivo... So bene che, per quante "garanzie" di credibilitò. di ragionevolezza. di equilibrio, di affidamento io possa fornire di me medesimo, nessuna di esse, nè tutte insieme, sarebbero sufficienti a impedire che la vicenda qui raccontata, per buona pane dei lettori e dei fans di Jim, si infranga sugli scogli duri dello scetticismo e dell `incredulità. E dunque, non mi ci proverò nemmeno a dimostrare inconfurabilmente l'assoluta veridicità dei fatti qui raccontati Del resto, sono consapevole di non poter essere altro, in questa singolare fase della mia esistenza, che un estemporaneo, discreto, tardivo testimone d'eccezione, il casuale `messaggero "di un "mandante",straordinario. Ciascuno pensi poi quello che vuole, tragga le conclusioni che ritiene creda o non creda, davvero poco impona. Oggi mi risolvo a dare alle stampe il mio diario degli incontri con Jim perché ho saputo aspettare il tempo necessario. Cinque anni-dopo cinque anni, mentre il ricordo di quei giorni si allontana da me con la lentezza inesorabilmente dinamica con cui una barchetta di carta sul pelo dell'acqua impecettabilmente se ne va alla deriva. Da allora, da quel 6 aprile 1980, Jim non vive in me che prigioniero della mia memoria. Di lui, da allora, più nessuna notizia, mai più alcun segnale. Meglio cosi, forse. Oggi so di poter finalmente esorcizzare questa sorta di ingombrante e persecutorio "segreto" svelandolo, raccontandolo così come io l'ho vissuto, senza che questo rappresenti per lui alcun "pericolo alcuna minaccia al suo libero volo. Dovunque egli sia, ora; qualunque cielo egli stia solcando in questo stesso istante... Giorni fa mi è capitato di leggere uno scritto di Jean Paul Sartre (in merito all'opera di fean Genet),' diceva: «Questo poeta "ci parla da nemico"..., Egli è l'unico destinatario del suo messaggio, e finge di comunicare con gli altri per meglio dipingersi ai propri occhi nella sua singolarità incomunicabile... considerate il mio imbarazzo: se rivelo che si può trarre profitto dalle sue opere, invito a leggerle, ma lo tradisco; se al contrario insisto sulla sua singolarità, rischio di tradirlo ancora; dopotutto, se ha dato in pasto i suoi poemi al grande pubblico, è perchè sperava di essere letto. Tradire per tradire, mi attengo alla prima soluzione: per lo meno sarò fedele a me stesso...». Non so se Jim. oggi, si sentirà "tradizo' da me,' io so per certo che sarà fedele a me stesso... Del resto, non ho fatto altro che fare mio un verso che lui cantava negli anni `60: «La maschera che indossavi/è stata esplorata dalle mie dita». Jacques Rochard Parigi, primavera del 1985 |
|