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Amnesty International Italia
Gruppo 208 Fidenza e Fiorenzuola

No alla pena di morte

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pena di morte

Lettera ad Amnesty di KobraRahmanpour, 25 anni, in attesa dell'esecuzione in Iran. Dal 2003,migliaia di soci di Amnesty International in ogni parte del mondo si stanno battendo per salvarle la vita. Mentre inviamo questa mail, Kobra e'ancora viva.

"Sono una persona come voi, non voglio morire. Ma, proprio ora, mi sento come un corpo senza vita, un corpo che ha dimenticato la felicità e il sorriso. Sono terrorizzata dall'impiccagione e sono a un passo dalla morte. Io, come tutti voi, ho paura di morire. Aiutatemi, così questa non sarà la mia ultima lettera.
Così tante volte ho pensato a me stessa, ho pensato a cosa sarebbe successo se la mia vita avesse preso una strada diversa. Avrei potuto finire il mio corso pre-universitario, non sarei stata forzata a lavorare e servire la famiglia di mio marito. Non avrei mai raggiunto questo confine della follia, dove mi trovo ora.
Ho sofferto molto, sono una vittima ed è questa vittima che stanno per impiccare a morte. Non è questo il destino che merito. In questi giorni di paura e orrore, vi scrivo ancora una volta. Voglio ringraziare tutti i media, i giornali e le persone che mi hanno sostenuto e hanno detto che 'Kobra non deve essere impiccata'. Questa volta, forse
per l'ultima volta, voglio chiedervi di fare tutto il possibile per me, per non essere uccisa e per avere la possibilità di essere liberata. Nei miei sogni, penso sempre alla libertà e ad avere una buona vita dopo tutto questo. Ho sofferto abbastanza.
Aiutatemi, così questo orribile incubo che così tante volte mi ha inseguito nel sonno fino a farmi svegliare e urlare, non diventerà mai reale. Aiutatemi ad allontanarmi dalla morte. Fate qualsiasi cosa. C'è così poco tempo, questi giorni stanno passando velocemente, ogni battito dell'orologio è un segno che la morte si sta avvicinando.
Per favore, aiutatemi! Sono terrorizzata dalla morte e dall'esecuzione.
Odio le impiccagioni e le gru a cui attaccano le corde. Voglio vivere. Tutte le possibilità di salvezza sono finite e nessuno ora è qui per me. La mia unica speranza è nelle persone e nell'umanità.
Abbraccio mio padre e mia madre. Voglio ringraziare la mia famiglia e tutte le persone che si stanno battendo per salvarmi".


ESECUZIONE ‘MAL RIUSCITA’ IN OHIO

Sono molte negli ultimi decenni in America le esecuzioni mal riuscite - definite ‘botched’ (rabberciate) dalla stampa - sia con la camera a gas, sia con la sedia elettrica, sia con l’iniezione letale. Un’esecuzione mal riuscita si conclude comunque con la morte del prigioniero, tuttavia questi patisce atroci pene psi­chiche e fisiche per un tempo assai prolungato. Il ‘team di esecuzione’ soffre solo un grande imbarazzo e un senso di frustrazione. Nella mattinata del 2 maggio l’esecuzione con l’iniezione letale di Joseph Lewis Clark in Ohio è durata circa 90 minuti, cosa che le assegna un primato di durata su tutte le esecuzioni nella storia recente degli Stati Uniti.

*N*ella Southern Ohio Correctional Facility gli addetti hanno faticato 25 minuti per inserire un ago nelle vene di Joseph Clark. All’apertura delle tende della camera della morte di fronte ai testimoni l’unico risultato ottenuto dai boia è stato il lamento del condannato che – dopo aver reso la sua ultima dichiara­zione - sentiva il liquido
infiltrasi lentamente sotto pelle anziché scorrere in vena: "Non funziona! Non funziona!”

A questo punto il personale della prigione ha chiuso di nuovo le tende, tentando in tutti modi per de­cine di minuti di inserire un ago in una vena. Nel frattempo i testimoni udivano i lamenti e i gemiti di Clark, cha alla fine ha chiesto che gli venisse dato per bocca un farmaco in grado di porre fine alla sua vita e allo strazio.

Oltre un’ora dopo l’inizio della procedura, ecco riaprirsi le tende della camera della morte. Due linee apparivano collegate alle vene di Joseph Clark.

Clark ha sollevato la testa diverse volte e ha respirato profondamente prima di restare immobile.

Il lavoro dei boia era cominciato alle 10; alle 11 e 26’ il direttore del carcere ha dichiarato con sollevo la morte del prigioniero.

Riguardo a questa macabra esecuzione, Jonathan I. Groner (^* ), considerato un esperto nazionale di iniezioni letali ha commentato: “La tenda che faceva da schermo tra i testimoni e il detenuto non poteva nascondere il fatto che quest'uomo è stato torturato fino alla morte. Inoltre, il metodo dell’iniezione dei tre farmaci per procurare la morte è una pratica tanto inumana da essere vietata persino ai veterinari, per l'eutanasia animale.

L'esecuzione di oggi dimostra come il dilemma sull'iniezione letale sia irrisolvibile dal punto di vista medico. Da un lato, tale procedura per un'uccisione "medicalizzata" attraverso l'iniezione endovenosa, anestetici e altri strumenti medici, nelle mani di personale non qualificato si trasforma in tortura. D'altro lato nelle esecuzioni il coinvolgimento di professionisti quali medici o infermieri viola i principi etici fondamentali di queste professioni".

"Nessun essere umano, quale ne sia il crimine, dovrebbe subire la tortura di Clark. Un'esecuzione tanto barbara da essere riportata in prima pagina dei giornali in tutto il mondo. Perciò sollecito con forza i leader politici dell'Ohio a compiere passi verso la moratoria immediata dell'iniezione letale".

(^* ) Il dottor Groner (Jonathan I. Groner MD) è professore associato di Chirurgia al­l'Università Statale di Medicina e Salute Pubblica dell'Ohio. Ha scritto e detto molto sull'iniezione le­tale e sulla medicalizzazione della pena di morte.

Il caso Kenneth Foster


COLPEVOLE DI SODOMIA A 13 ANNI, SESTO MINORENNE AL MOMENTO DEL REATO MESSO
A MORTE IN IRAN. LO SDEGNO DI AMNESTY INTERNATIONAL, CHE AVEVA INVIATO MIGLIAIA DI APPELLI ALLE AUTORITA’ DI TEHERAN

Quella di Makwan Moloudzadeh, avvenuta ieri nella prigione di Kermanshah, e’ stata la sesta esecuzione di un minorenne al momento del reato dall’inizio dell’anno in Iran.

‘L’uso della pena di morte in Iran ha raggiunto livelli aberranti: tra le persone gia’ messe a morte o a rischio di esecuzione quest’anno vi sono omosessuali, adulteri, prigionieri di coscienza, giornalisti. L’Iran e’ il paese che dal 1990 ha assassinato il maggior numero di minorenni all’epoca del reato, 28 in totale, in violazione del diritto internazionale che
impedisce queste esecuzioni’ – ha dichiarato Paolo Pobbiati, presidente della Sezione Italiana di Amnesty International.

Makwan Moloudzadeh, curdo iraniano di 21 anni, era stato condannato a morte il 7 luglio 2007 per il presunto stupro di un tredicenne avvenuto nel 1999, quando anch’egli aveva 13 anni. Meno di un mese fa pareva che la Corte suprema, dopo aver ratificato la condanna, avesse accettato di esaminare il caso.

Moloudzadeh era stato arrestato il 1° ottobre 2006 a Paveh, nella provincia di Kermanshah. Dopo essere stato sottoposto a numerosi interrogatori, durante i quali aveva subito maltrattamenti, la Corte penale di Kermanshah lo aveva processato e condannato a morte per ‘atti omosessuali’. Nonostante la legge iraniana preveda che gli atti omosessuali commessi da minori di eta’ non superiore a 14 anni e mezzo debbano essere puniti con la fustigazione, il giudice aveva esercitato il proprio potere discrezionale stabilendo che Moloudzadeh, che aveva raggiunto la puberta’ all'epoca del reato, dovesse essere condannato a morte come un adulto.

FINE DEL COMUNICATO
Roma, 6 dicembre 2007


GIAPPONE: AMNESTY INTERNATIONAL CONDANNA LE TRE ESECUZIONI DI OGGI

Amnesty International ha espresso dura condanna per l’impiccagione, avvenuta oggi in Giappone, di Hiroki Fukawa, Seiha Fujima e Noburu Ikemoto.

Si e’ trattato delle prime tre esecuzioni firmate dall’attuale ministro della Giustizia, Kunio Hatoyama. A settembre, egli aveva dichiarato che stava pensando ad abrogare la norma del codice di procedura penale che prevede la necessita’ della firma del ministro. ‘Proprio mentre l’Assemblea generale sta per approvare la risoluzione sulla moratoria, il Giappone compie un altro passo indietro gravissimo’ – ha affermato Paolo Pobbiati, presidente della Sezione Italiana di Amnesty International.

Le esecuzioni in Giappone avvengono in segreto. I prigionieri vengono informati solo qualche ora prima, i loro avvocati e parenti ricevono la notizia a esecuzione avvenuta. I bracci della morte del Giappone ospitano attualmente 107 condannati a morte, 23 dei quali si sono visti confermare la sentenza nel corso del 2007, il piu’ alto numero dal 1962. Con le tre di oggi, il numero delle condanne a morte eseguite quest’anno e’ salito a nove: si tratta del piu’ alto numero di esecuzioni da almeno 30 anni.

FINE DEL COMUNICATO
Roma, 7 dicembre 2007


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ultimo aggiornamento 06 Dic. 2010