Logo

Amnesty International Italia
Gruppo 208 Fidenza e Fiorenzuola

Chi siamo?

HOMEPAGE

Siamo noi: il gruppo 208 di Fidenza e Fiorenzuola. Da più di 10 anni facciamo sentire la nostra voce in difesa di chi non ha voce, denunciamo le violazioni dei diritti dei più deboli, siamo a fianco dei richiedenti asilo politico, dei condannati a morte, dei prigionieri di coscienza, dei torturati, dei bambini soldato, delle donne che ovunque subiscono violenza.
Da sempre proponiamo percorsi di educazione ai diritti umani nelle scuole , collaborando con l’amministrazione provinciale e comunale.
Ogni anno proponiamo un evento dedicato alla campagna su cui stiamo lavorando : una mostra di scultura e pittura al femminile, Mariposas, per la campagna donne, uno spettacolo teatrale con il “ Teatro di nascosto” per  la campagna rifugiati, una serata di musica e poesia con l’accensione del monumento più importante della città contro la pena di morte, un concerto di musica andina per un prigioniero di coscienza peruviano, ora finalmente libero e  quest’anno una mostra fotografica “ I diritti umani.. visti da noi” per riassumere tutte le violazioni dei DU presenti oggi.
Facciamo parte del progetto “ Terra d’asilo” , rivolto a richiedenti e rifugiati, raccogliamo le loro storie, le corrediamo della necessaria documentazione di Amnesty, facciamo sensibilizzazione nelle scuole e con la cittadinanza.
Siamo pochi, ma vorremmo fare di più e meglio, per questo invitiamo chi condivide le nostre idee a venire a trovarci: ci incontriamo ogni primo lunedì del mese a Fiorenzuola via     ore 21.. per Fidenza.. siamo in attesa di una nuova sede!!!
Per ogni possibile informazione o chiarimento : nelly.bocchi@libero.it ( responsabile del gruppo 208)


Amnesty International è il più vasto movimento mondiale non governativo, composto da attivisti volontari che operano per promuovere la cultura e la difesa dei Diritti Umani.

E’ indipendente da qualsiasi governo, ideologia politica, interesse o credo religioso

Vive grazie al supporto economico dei propri soci e sostenitori

Per mantenere la sua indipendenza e imparzialità non accetta soldi dai Governi per le sue campagne e attività di ricerca

Non sostiene né contrasta le opinioni di coloro i cui diritti cerca di tutelare

Lavora per promuovere il rispetto dei diritti umani sanciti dalla “Dichiarazione Universale dei Diritti Umani” e di altri standard internazionali sui diritti umani.

Crede che i diritti siano interdipendenti e indivisibili. Ogni essere umano, in qualsiasi momento dovrebbe poter godere di questi diritti e nessun diritto potrà mai essere goduto a spese di altri diritti.

Gli attivisti hanno origini assai diverse con idee politiche e religiosi molto dissimili, uniti solamente dalla determinazione a lavorare per un mondo in cui ognuno possa godere dei diritti fondamentali. Formano una comunità globale i cui principi comprendono la solidarietà internazionale, l’azione concreta a favore della singola vittima, l’universalità e l’indivisibilità dei diritti umani, l’imparzialità e l’indipendenza, la democrazia e il reciproco rispetto.

Molti attivisti sono organizzati in gruppi: ci sono oltre 7500 gruppi locali, gruppi di giovani e di studenti in oltre 150 Paesi. 53 Paesi e Regioni sono coordinate da Sezioni. In altri 22 Paesi Amnesty International ha istituito strutture più semplici

Cosa fa

Si oppone:
- alla pena di morte, alla tortura e ad ogni trattamento crudele, inumano e degradante;
- all’uso eccessivo della forza da parte della polizia;
- alla pratica delle “sparizioni” e delle “esecuzioni extragiudiziali”
- alla cattura di ostaggi, alle uccisioni arbitrarie e deliberate nei conflitti armati;
- al reclutamento dei bambini soldato;
- alle pratiche lesive dell’integrità fisica (ad esempio le mutilazioni genitali femminili) e mentali (ad esempio le situazioni degradanti di istituti psichiatrici);
- alle violazioni dei diritti umani nel contesto della “guerra al terrorismo”

Lavora:
- per la liberazione e l’assistenza dei prigionieri di coscienza, persone detenute a causa del loro credo politico, o religioso, oppure a causa della loro origine etnica, del loro sesso, colore, lingua purché, non abbiano promosso o usato violenza
- per promuovere i diritti economici, sociali e culturali delle comunità emarginate;
- per promuovere e organizzare percorsi di educazione e di sensibilizzazione sui Diritti Umani;
- per l’adozione di un trattato internazionale sul commercio delle armi;
- consolidare il sistema di giustizia penale internazionale, sostenendo in modo particolare la Corte penale internazionale e la giurisdizione universale;
- per eliminare le discriminazioni nel settore della giustizia in modo particolare a riguardo delle minoranze etniche e religiose e nei confronti di lesbiche, gay, bisessuali;
- per promuovere i diritti economici, sociali e culturali;
- per evidenziare i principi dei diritti umani nelle privatizzazioni, negli investimenti e negli accordi commerciali.

Assiste:
- i rifugiati che cercano asilo e sono a rischio di essere rimpatriati dove potrebbero subire gravi violazioni e abusi.

Denuncia:
- i governi che mostrano complicità o accondiscendenza verso i gruppi politici armati.

Sollecita:
- procedure giudiziarie eque e rapide per i prigionieri politici;
- i governi di rendere reato lo stupro e di ratificare la “Convenzione delle nazioni Unite sulle donne”.

C’è ancora molto da fare

L’ultimo rapporto di Amnesty International denuncia violazioni dei diritti umani in 149 Paesi:
- torture e maltrattamenti da parte di forze di polizia e altre autorità 95 paesi;
- detenzioni senza accusa e processo in 37 paesi;
- “sparizioni” in 10 paesi;
- condanne a morte emesse in 51 paesi;
- condanne a morte eseguite in 25 paesi;
- prigionieri di coscienza in 32 paesi;
- limitazione o divieto della libertà di espressione, di informare e manifestare il pensiero politico in 75 paesi.


GRAZIE AMNESTY

 Venti anni fa, mi sono fermato davanti alla porta di una casa ad Amburgo. Lì viveva una persona di cui conoscevo appena il nome, Ute Klemmer e, nonostante avessi ricevuto da lei una dozzina di lettere, nel risponderle non mi era mai capitato di chiederle l'età o se avesse una famiglia. Stavo per conoscerla e per questo non dovevo fare altro che suonare il campanello, però una forza poderosa mi impediva di alzare la mano. Era una forza che mi obbligava a rivedere I dettagli della mia vita che mi avevano portato fino a lì.
       Nessuno è capace di precisare quale sia la cosa peggiore del carcere, dell'essere prigioniero di una dittatura, di qualunque dittatura, e nemmeno io posso indicare se il peggio di tutto ciò che ho dovuto sopportare sia stata la tortura, I lunghi mesi di isolamento in una fossa che mi appestava, il non sapere se fosse giorno oppure notte, l'ignorare da quanto tempo stessi nelle mani degli sbirri di Pinochet, I simulacri di fucilazione, I compagni morti o la denigrazione costante e sistematica. Tutto è peggio in carcere, e ricordo specialmente un momento in cui I militari quasi ottennero ciò che volevano: che accettassi volontariamente di essere annichilito e condannato all'atroce solitudine degli sconfitti.
       Al termine di un processo sommario del tribunale militare in tempo di guerra, tenuto a Temuco nel febbraio 1975 e nel quale fui accusato di tradimento della patria, cospirazione sovversiva e appartenenza a gruppi armati, insieme ad altri delitti, il mio difensore d'ufficio (un tenente dell'esercito cileno) uscì dalla sala dove si celebrava il processo senza la presenza di noi accusati - che aspettavamo in una stanza vicina - e con gesti euforici mi informò che era andato tutto bene per me: ero riuscito a liberarmi della pena di morte e in cambio mi si condannava solamente a ventotto anni di prigione.
       Allora io ero un uomo giovane, avevo venticinque anni e non seppi come reagire quando, dopo un calcolo elementare, scoprii che avrei recuperato la libertà a cinquantatrè anni.
       E' anche certo che allora ero un ottimista a oltranza - ancora lo sono - e mi ripetevo che la dittatura non sarebbe durata tanto, ma alle volte, soprattutto durante le lunghe notti, la ragione si imponeva e cominciai ad accettare che forse la dittatura sarebbe stata lunga, molto lunga, e che avrei perso I migliori anni della mia vita tra I muri del carcere.
       I compagni, le lettere della famiglia e di alcuni amici mi davano coraggio, anche se non smettevano di ripetermi che per disgrazia non potevano fare più niente per aiutarmi e che l'unica cosa importante era che io fossi vivo. Si. Ero vivo, però la vita cominciò ad avere un terribile sapore di solitudine di fronte all'ingiustizia fino a che, una mattina, un soldato mi consegnò una lettera. La aprii e dopo averla letta seppi che, a migliaia di chilometri di distanza, ad Amburgo, c'era una persona, Ute Klemmer, che era disposta ad aiutarmi fino a tirarmi fuori dalla prigione.
       Così iniziò uno scambio epistolare che rese meno brutali I giorni della segregazione. Nelle sue lettere, Ute mi parlava degli sforzi della sezione amburghese di Amnesty International per aiutare I numerosi cileni che si trovavano in condizioni simili alla mia, e le descrizioni della sua città e delle centinaia di atti di solidarietà ai quali assisteva, portavano brezze di libertà fino al carcere di Temuco.
      Un giorno nel 1977, grazie al lavoro, alla costanza dei membri di Amnesty International, ottenni che I militari cileni rivedessero il mio caso e alla fine mi cambiarono I venticinque anni di prigione con otto di esilio, che in realtà e a dimostrazione del rispetto dei militari cileni per la giustizia, si prolungarono a sedici lunghi anni senza poter calpestare la terra cilena.
      Per questo, detto in maniera più semplice, devo la mia libertà ad Amnesty International, alle sigle di AI, a Ute Klemmer e a tutte e tutti coloro che in tanti paesi lavorano instancabilmente in difesa dei diritti umani, in difesa dei perseguitati in tutti gli angoli del pianeta.
      Quella mattina, ad Amburgo, quando ho avuto finalmente la forza, ho alzato la mano e suonato il campanello. Dopo pochi secondi, si è aperta la porta e mi sono trovato di fronte una ragazza dall'aspetto molto fragile.
      - Vive qui Ute Klemmer?-, ho chiesto.
      - Si. Sono io -.
      Quindi ho preso le sue mani e le ho detto "GRAZIE".
      Grazie per la mia libertà e per la libertà di tanti. Grazie per quella forza, per quella coerenza, per quella determinazione nella lotta, per quella generosità che esalta l'essere umano. E oggi, come faccio da ventanni, ripeto quel "Grazie" nell'unico modo possibile: partecipando a tutte le azioni di Amnesty International e invitando I miei lettori e amici ad appoggiare gli sforzi di Amnesty International, l'unica istituzione che vegli per la dignità umana, per il diritto fondamentale alla giustizia e per il dovere di coscienza di opporsi alle tirannie.
       Ad Amnesty International tutta la mia gratitudine, la mia ammirazione e la sempre presente disposizione a collaborare in tutto quanto sia necessario.
      Un abbraccio fraterno alla sezione italiana di Amnesty International.

Louis Sepulveda
Gijon, Settembre 2000


Chi siamo | Colombia | Concorso Fotografico | Percorsi educativi | Rapporto annuale
Terre d'Asilo | Reportage dall'Argentina | Iniziative | "No alla Pena di morte" | Links
H O M E P A G E


Webmaster : Marco Cavallini

ultimo aggiornamento 05 Dic. 2010