Roberto Monti (1986)
La cintura di sicurezza (seconda puntata)
Fonte: R. Monti "Scritti di critica alla Teoria della
Relatività (1984-1987)" Ed. Andromeda, Roma 2018
A cura di Nereo Villa
Presentazione
Dopo le millenarie confessioni religiose della chiesa, da più di un secolo le confessioni religiose della scienza sorgono e scompaiono, e con formule sempre nuove risorgono per poi ancora scomparire come contorsioni di vermi o serpenti, che sempre più si dimenano, lasciando ovviamente il tempo che trovano, perché le loro contorsioni non sono e non saranno mai la circolarità universale, la quale per essere necessita di riconoscimento e di superamento del soggettivismo del sentire. Chi arrivò scientificamente a ciò, J. W. Goethe, non fu ascoltato in quanto il suo intendimento fu scambiato per un poetico favoleggiare. Perciò il mondo si è fatto immondo... Oggi la fisica dei corpi fisici si è fatta teorica dell'infinito, cioè matematica dell'infinito, escludente l'uomo. Tale esclusione permette ancora a vipere, serpenti, macachi, gattopardi, ecc., di credersi scienziati: in base a documenti di Stato, incartamenti, lauree, diplomi, ecc. Ma sono bestie. O tutt'al più: marcioni, zombies, cervelli completamente putrefatti, apparenti in forma umana... con tanto di Nobel, da mostrare come crisma di un'unzione finalizzata ad abbagliare anziché illuminare...
Nereo Villa, Castell'Arquato, 21 giugno 2018
Maledizione! Possa la mia mano disseccarsi e la mia lingua cadere come foglia d'autunno! (Oh, si fa per dire).
Posso aspettare!... Ci son cascato ancora, e m'han beccato.
Pensare che ricordo bene il momento in cui, sfidando gli Dei, stupivo il mio primo amore (che ti amavo, invece, non te l'ho detto mai) affermando stoltamente che i soldi non saranno mai un problema.
Mal me ne incolse... e più non dimandare.
Stavo dunque concedendomi un po' d'ozio dopo mesi di attività, non dico febbrile, ma senz'altro eccessiva (per i miei gusti) quando mi arrivò il Report del terzo Referee, con la solita lettera del subdolo Bertotti: [Si vedano le due lettere del Il Nuovo Cimento nelle pagine che seguono].
Note generali
Il lavoro solleva una questione interessante, meritevole di discussione. Tuttavia il lettore è sconcertato e sorpreso da affermazioni troppo forti e azzardate, come quelle presentate proprio all'inizio, nel secondo paragrafo. Conseguentemente il lettore (e il revisore) sono propensi a sentirsi maldisposti sin dall'inizio.
Alcune osservazioni
Il revisore è d'accordo sul fatto che le esistenti misure «elettriche» di c sono molto vecchie e che un nuovo approccio può oggi essere perseguito. Nondimeno bisogna tener conto del fatto che, quando una teoria è generalmente accettata, non tutte le sue conseguenze devono essere verificate sperimentalmente a meno che non emerga qualche buona ragione per agire diversamente.
Nuove tecniche sperimentali (dai tempi di Rosa è nata l'elettronica), il
Teorema di Lampard e Thompson, l'effetto Von Klitzing, aprono oggi
indubbiamente nuove vie per effettuare misure di precisione di grandezze
elettriche e dei loro legami con le costanti fondamentali.
Il revisore è d'accordo anche sul fatto che la nuova misura di c proposta segue
una via del lutto diversa da quelle adottate da Essen e Frome e, più
recentemente, da Evenson, e cioè una misura in situ.
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Un risultato, come quello previsto nel lavoro, avrebbe conseguenze non solo
sulla Relatività Ristretta, come sottolineato dall'Autore, ma anche sull'intero elettromagnetismo, a partire dalle equazioni di Maxwell.
Le appendici A1 e A5 sono interessanti, rispettivamente, da un punto di vista storico e sperimentale, mentre le appendici A2, A3, A4 possono essere, senza
alcun danno, fortemente limitate o, almeno, alleggerite da passaggi algebrici
troppo dettagliati.
Relazione sul lavoro N. 7054/A Autore: Roberto Monti
Titolo: La velocità della
luce.
- Lo stile sembra un po' messianico e dovrebbe essere alleggerito da affermazioni
troppo azzardate. |
Li accantonai oziosamente. Non giudicavo degni di replica i patetici commentarli di un Vice Direttore dimissionario, né intendevo diffondermi in suggerimenti sul come il terzo Referee avrebbe potuto fare un uso appropriato della sua lingua (mi son dimenticato di dire che quel lavoro di Storia della Fisica scritto per il Congresso di Trieste l'avevo spedito a un' altra rivista): [Si veda lettera di PHYSIS nella pagina seguente].
Bene. La riposi delicatamente in uno dei miei posti facili da trovare. Aspettavo
altra posta.
Come ho detto, ero stato in Germania.
lo mi ero spiegato abbastanza bene, penso, loro un po' meno.
In particolare non avevo capito in cosa consistessero le misure indirette di c0
.
Che una grandezza fondamentale fosse misurabile indirettamente mi suonava male.
Ma finché i dati andavano a favore della mia ipotesi potevo anche passarci
sopra. A questo proposito voglio mettere in chiaro fin d'ora, a scanso di futuri
equivoci, che io voglio assumere in ogni circostanza una parte precisa: la mia.
Desidero perciò che nessuno, d'ora in avanti, osi tacciarmi di imparzialità. Io
odio l'imparzialità. La gente imparziale, poi, ecc. ecc.
Tornando dunque da Braunschweig avevo sollecitato tuttavia Volkmar e Hans, amici
ormai, a spedirmi una spiegazione dettagliata della questione.
Caro dottor Monti, |
Senonché ai primi di Novembre invece della spiegazione mi arriva una telefonata
allarmata di Volkmar.
Un loro teorico, tal Simon (puro cacio sui maccheroni per il complotto sionista
di Filippo), aveva scoperto che c'era un errore nella soluzione dell'equazione
d'onda.
Gli risposi di spedirmi il tutto che ci avrei guardato:
Caro Roberto |
|
Mi bastò un'occhiata per capire che il nostro Simon era stato bravino, ma si era fermato troppo presto: era arrivato fino a δ² ma non l'aveva calcolato. Gli spedii il valore 4 ∙ 10-52 insieme ad una fotocopia del Coulson. Waves. P. 19: Assai spesso δ è abbastanza piccolo perché δ² possa essere trascurato ecc.
Contemporaneamente sollecitai a mia volta un chiarimento in forma scritta sulla
misura indiretta di c0 , dicendo che volevo famrne l'Appendice 7 del mio lavoro, c Volkmar mi invitò di nuovo a Braunschweig.
Per essere sicuro di concludere chiesi una missione di 15 giorni. Ma Gianfranco
(il mio Direttore) mi disse che non c'erano soldi neppure per uno. Ci mettemmo
d'accordo per 7 (5 più 2 di viaggio) con mia grande indignazione.
Immaginavo infatti quello che poi capitò puntualmente: i primi 4 giorni li passai
a rispiegare tutto ai vari teorici del PTB. L'ultimo parlai finalmente con Hans... e non riuscimmo a concludere.
Mi promise l'Appendice.
Promesse da samurai, direbbe Stecchetti.
E infatti dopo una lunga attesa fui costretto a mandare in stampa il secondo
numero di Seagreen senza Appendice 7.
Ora, io sono sostanzialmente un ottimista, ma a questo punto cominciai a
insospettirmi, specie tenendo conto di alcune note barzellette sulla tecnologia
teutonica tipo quella del marchingegno grande come una casa che ci metti dentro
l'erba ed esce il latte.
Perciò, quando mi arrivò la lettera che segue, rimasi deluso, ma non sorpreso:
[Si veda la lettera della Physilcalisch-Technische Bundesanstalt
nella pagina
seguente].
Caro Roberto,
Poiché non esiste alcun supporto della teoria sulla base di questi esperimenti,
noi raccomandiamo di non pubblicare questi dati.
Noi pensiamo che a causa del legame tra unità elettriche e unità meccaniche è
secondo la nostra opinione impossibile provare la predizione
cm = c0
(1 - β²)
nell'ambito di qualsiasi sistema in movimento.
Sebbene i risultati possono non essere soddisfacenti per tutti noi, nondimeno le
interessanti discussioni con te sulla questione ci hanno consentito una
migliore comprensione dell'intera materia. |
Seguiva un mare di tabelle.
Non male, eh! Ammetterete che c'era di che innervosire persino uno come me. Per fortuna avevo già preparato la risposta: [Si veda lettera CNR Istituto T.E.S.R.E. nella pagina seguente].
Caro Volkmar,
RELAZIONI POSSIBILI
Ricorda:
Puoi facilmente capire che io ho
due possibilità:
Ovviamente io sono favorevole all'ipotesi b, e spero che mi scuserai se
ti chiedo una spiegazione passo-passo della misura indiretta di c0.
In attesa
della tua risposta, desidero esprimere i miei migliori auguri e la mia stima
personale a tutti voi.
|
Evitai, ovviamente, di informare della faccenda il buon Gianfranco, per non
turbarlo con spiegazioni troppo impegnative, e ci dormii sopra.
Riconoscendo a tutti la possibilità di sbagliare io amo infatti, in simili
circostanze,
concedere una notte di tempo anche al Creatore per rimettere, eventualmente, le
cose a posto.
Devo riconoscergli tuttavia che, in questo caso, non c'entrava. Torniamo dunque
a noi:
Con abile mossa Volkmar passò la mano ad Hans: [Si veda la lettera della Physikalisch-Technische Bundesanstalt nella pagina seguente].
Caro Roberto, Spero che i miei calcoli nell'allegato 1 ti forniscano ulteriori informazioni e che tu possa essere in grado di vivere con l'ipotesi b, come hai scritto nella tua lettera. Con i migliori auguri e saluti personali da tutti noi. |
Seguiva il solito mare di tabelle. Solito proprio nel senso che,
a parte i
«calcoli relativistici», non c'era niente di nuovo rispetto a quelle precedenti.
Ora questi tedeschi mi erano (e sono) veramente simpatici. Mi dispiaceva dunque
essere troppo brusco e tuttavia non potevo tergiversare oltre.
Perché avevo realizzato che Hans, come altri prima lui tra gli esiste e
non esiste della teoria del valore marxiana, si era lasciato invischiare tra gli
esiste e non esiste delle dilatazioni e contrazioni einsteiniane, e ci aveva
lasciato il suo buon senso. E avevo realizzato anche, ormai, che anziché partire
per gli States o mietere allori, mi sarei trovato, ancora una volta, a dover
dare spiegazioni. Fu a questo punto che mi ricordai del Nuovo Cimento e di Physis, e mi precipitai a ripescare le lettere di cui dicevo sopra.
Ricerca che, ovviamente, mi costò inenarrabili fatiche, coronate tuttavia dal
successo. Rileggendo la lettera del caro Cimino trovai facilmente lo spunto per
giustificare il mio ritardo nel rispondergli: avevo riflettuto lungamente (due
mesi, come poteva constatare) sui suggerimenti che mi aveva dato, e gli spiegavo
le profonde motivazioni per le quali alcuni erano stati accettati ed altri no
(specie - detto tra noi - quelli che mi sarebbero costati ulteriori fatiche).
Vedete ragazzi, quando voglio io so essere non dico convincente, ma addirittura
suadente. A brevissimo giro di posta mi arrivò, infatti, la seguente risposta:
[Si veda la lettera della DOMUS GALILEANA nella pagina seguente].
Quanto al Nuovo Cimento, ricordai che il buon Gianfranco aveva cercato di
frenare la mia giusta indignazione nei confronti del terzo referee (specie a
proposito di quel quando una teoria è generalmente accettata, non tutte le sue
conseguenze debbono essere verificate sperimentalmente), osservando che, in
fondo, non aveva espresso un giudizio negativo sul mio lavoro. E si era
addirittura spinto a propormi di riscrivere insieme a me alcune parti del
lavoro per arginare la mia prosa entro i limiti del galateo scientifico. Questa
mia prova di buona volontà sarebbe stata ricompensata, per di più, dal suo
appoggio, in qualità di Direttore dell'Istituto TESRE, nel rimuovere eventuali
ulteriori incomprensioni con la nuova Vice Direzione B. Bene. Ero pronto a
sostenerla con la necessaria fermezza. Ne risultò, in breve tempo, una nuova
versione di The speed of light, che spedii insieme alla seguente lettera: [lettera CNR Istituto T.E.S.R.E nella pagina seguente].
Caro Monti, |
|
Sistemate queste pendenze ripresi i contatti con Ernesto (Arri) a Torino per essere certo di quello che avevo intenzione di rispondere ad Hans:
Cari Volkmar e Hans,
c) Le «misure indirette di c0» suggerite, partono da
cM e ovviamente ritornano a
cM
. |
Il 20 giugno 1986 mi imbarcai per l'America. Sarò breve: veni, vidi, vici.
Inesorabilmente incalzato, Hans fu costretto a spiegarmi com'era la sua famosa
misura indiretta. Ovviamente, come avevo immaginato, era una misura diretta:
nient'altro che l'esperimento suggerito da Arri, ma fatto in due tempi. Anziché
mettere insieme un induttore e un condensatore, e ottenere la relazione (A6-3)
di Seagreen n. 1, p. 76; si trattava di misurare separatamente una stessa
resistenza prima con un condensatore, poi con un induttore e infine confrontare
i due valori attraverso un fattore di conversione.
L'esperimento era tanto simile a quello di Arri che gli mancava la stessa cosa
che mancava ad Arri: l'induttore calcolabile.
Mi bastò scrivere: you need a calculable inductor.
L'ultima tessera del mosaico era in un libercolo giallo, che mi era stato dato
al momento dell'iscrizione al Congresso. Un'appendice stampata per metterei i
lavori dei ritardatari.
Tra gli altri c'era anche quello degli Inglesi, National Physical Laboratory,
Teddington, Middlesex, England.
Ora questi Inglesi dell'NPL fino a poco tempo prima erano uno dei pochi
laboratori al mondo che, per realizzare l'Ampere SI, usava un induttore
calcolabile (solenoide).
Volkmar aveva notato, appunto, che proprio questi tipi di misura davano,
risultati discrepanti, rispetto a quelli ottenuti con il condensatore
calcolabile, nel senso e nella misura giusta (vedi Seagreen n. 2 p. 62).
E sapeva anche che gli Inglesi ne stavano facendo altre. Ma si era limitato a
chiedere quale era il loro nuovo risultato, non come l'avevano ottenuto. Cosi
quando gli risposero che la discrepanza non c'era più mi spedì senz'altro la
prima lettera del 10/2/1986 eccetera eccetera ...
A questo punto basta un'occhiata al lavoro ritardatario degli Inglesi per capire
com'è andata:
|
Dal momento che con il solenoide non riuscivano ad andare oltre 10-5 e
tantomeno ad eliminare la discrepanza, l'hanno saltato: hanno ricavato il
valore della resistenza, che avrebbero dovuto misurare con un solenoide, passando
per un condensatore calcolabile.
In altri termini: l'intuizione e il progetto di misura di Volkmar e Hans erano
ottimi... fino a quando gli Inglesi non avevano avuto la brillante idea di
«saltare» il solenoide.
Ai fini di determinare c0 infatti, la situazione adesso era la seguente: la
stessa resistenza era misurata prima con un condensatore calcolabile, e
poi con
un condensatore calcolabile.
I risultati erano, ovviamente, identici: la misura partiva da cM...
e tornava a cM.
L'equivoco era ora tanto evidente e Volkmar e Hans così dispiaciuti che io quasi
mi vergognavo di essere stato costretto il farglielo notare. Perché, come
dicevo, ormai eravamo amici.
E amici siamo rimasti.
Dopo questa storia me ne andai in vacanza, e al mio ritorno trovai la seguente
lettera, in data 30/7/1986:
Caro Prof. Monti, |
Rapporto del Revisore sul lavoro n. 8295 NCBR
Se la modema tecnologia consente un miglioramento nei confronti della misura di
Rosa e Dorscy, vale innegabilmente la pena di effettuare tali misure. La
motivazione di una tale misura rimane la stessa di quella dei tempi di Rosa e Dorsey:
c² = 1 / ε0μ0 è una previsione cruciale della teoria di Maxwell, e deve
essere verificata nel modo più rigoroso possibile. |
Ma a questo punto è opportuno fare un passo indietro, fino al
momento in cui avevo ripreso in mano la questione del Nuovo Cimento.
Conoscendo ormai bene il Bertotti, il suo suggerimento postumo (come
Vicedirettore B del Nuovo Cimento, intendo) di allegare tutto il carteggio
precedente se avessi sottoposto una nuova versione del lavoro alla nuova
Vice-Direzione Rivista, mi aveva lasciato perplesso. Chi poteva essere questo nuovo Vicedirettore?
Come potete facilmente dedurre scorrendo il carteggio in questione nel secondo
numero di Seagreen, la risposta sarebbe venuta in mente anche ad un bambino:
l'imbecille.
Una breve telefonata alla Redazione del Nuovo Cimento me ne fornì il nome (del
Vice-Direttore, naturalmente): Remo Ruffini.
Ovviamente, prima di trarre una conclusione definitiva mi riservai la verifica
sperimentale.
Perciò, previo appuntamento, andai a Roma e consegnai personalmente al Remo
copia della nuova versione del lavoro, unitamente ad una copia del giudizio del
terzo revisore; ma senza la lettera del Bertotti che l'accompagnava e altri
inutili carteggi.
Questa, di lasciar l'ultima parola all'esperienza, è veramente una cosa che non
bisognerebbe mai perdere l'abitudine di fare.
Infatti quando Remo mi disse che il mio lavoro gli era già passato per le mani
nel senso che l'aveva girato ad un suo amico Grande Esperto di Elettro
Magnetismo (GEEM) che, per di più, aveva collaborato con Jackson al Jackson
(vedi Seagreen n. 2,
p. 58), intuii che, molto probabilmente, l'imbecille in questione era GEEM,
mentre Remo si era reso responsabile unicamente di una imperdonabile leggerezza.
Quando poi gli ho parlato personalmente (a GEEM) e, dopo avergli spiegato
cos'era una misura elettromagnetica, ho accennato alla questione dei fotoni, la
sua esilarante spiegazione di come fanno a scomparire non mi ha lasciato alcun
dubbio: era proprio lui.
Quanto a Remo, avevo notato il suo sconcerto nel constatare che, dopo qualche
minuto di conversazione, GEEM annuiva vigorosamente alle mie argomentazioni. E
avevo valutato per ciò che prometteva la sua intenzione di non chiudere lì la
faccenda.
Remo decide infatti su due piedi di dare a GEEM un paio d'ore per leggersi il
lavoro; ma quando GEEM se ne ritorna dicendo che ha capito di che misura si
tratta e che è da fare, lui si affretta a sostenere che, naturalmente, occorre
il giudizio di un altro revisore.
Io obietto che ce l'aveva già: quello del revisore del Bertotti.
Lui replica che con la passata amministrazione non ci ha niente a che fare.
Intendeva un altro suo.
M'è stata sui maroni ma ho abbozzato, e ci siamo salutati.
Beh, secondo me è andata così (e loro devono solo confessare): appena sono
uscito dallo studio Remo gli fa: cos'è sta storia? GEEM replica che prima non
aveva capito bene. Capita. Remo obietta: come la mettiamo con Einstein e il
rompiballe? GEEM ribadisce che, ovviamente, Einstein non si tocca. Remo
conclude che si rilegga bene il lavoro e trovi qualcos'altro a cui attaccarsi. E
GEEM trova: lettera del 30/VII/1986 e fine del primo atto.
Secondo atto:
Bologna 27/6/1986
Caro Remo,
[...]
misura rimane la stessa dei tempi di Rosa e Dorsey... e cioè verificare la
cruciale predizione della teoria di Maxwell: c² = 1 / ε0μ0
. D'altra parte l'evidenza
del suo scritto lascia fondatamente supporre che egli sappia anche leggere ed
abbia conseguentemente letto almeno una volta le parti essenziali del lavoro.
Quanto alla questione delle "leggi di addizione delle velocità", persino quel
reprobo del mio primo revisore della Physical Review (vedi allegato 4) non ha
osato affermare che quella einsteiniana
(2 + 2 = 2)
possa ritenersi in qualche modo
sperimentalmente fondata. |
E voglio anche sperare, lettore mio, che tu sappia apprezzare, oltre alla forma,
la fulmineità della mia risposta. Perché è per non privarti, in tempi cosi
grigi, di una amena lettura che mi affrettai a spedirla approfittando
dell'assenza di Gianfranco.
Al quale ne fornii una copia qualche giorno dopo, a Rapallo, invitandolo a
coglierne ed apprezzare non solo la prova lampante della mia moderazione ma
soprattutto l'insegnamento che avevo saputo trarre dai suoi suggerimenti in
fatto di Galateo.
Egli mi confermò infatti, manifestando il suo disappunto, ciò che sospettavo, e
cioè che, lui presente, in questa forma non sarebbe mai partita.
Fu comunque sollecito a mantenere il proprio impegno a sostenermi telefonando a
Remo per fargli presente la nuova e difficilmente comprensibile leggerezza del
suo referee.
Cosa ci facevamo a Rapallo?
È li che erano finiti i fotoni.
E per quanto io sia costretto a far vibrare una nota dolente non posso a questo
punto esimermi dall'esaudire la giusta richiesta di una esauriente spiegazione:
Due anni prima (vedi Seagreenn 1 p. 64) avevo tentato di presentare al VI
convegno Nazionale di Relatività, a Firenze, l'ormai ben noto lavoro sui
fondamenti della Relatività einsteiniana, ricevendone la seguente risposta: [Si
veda la lettera nella pagina seguente].
Questo lavoro non mi sembra sufficientemente valido e motivato da meritare l'inserimento nel programma del workshop A megliodel prossimo VI Convegno di Relatività. Esso, infatti, mi risulta assai carente dal punto di vista teorico. Più precisamente, mi sembra che la teoria della Relatività Ristretta sia assai fortemente fondata dal punto di vista sperimentale; e pertanto, in quanto tale, (e a dispetto dell'opinione dell'autore), essa non necessiti di speculazioni pseudo-scientifiche del tipo qui esposto, ma semmai di ben più di approfondite e costruttive critiche. Non mi sembra affatto coerente affermare la necessità di verificare l'"evidenza sperimentale contro la validità dei suoi postulati", in quanto mi pare sia assolutamente sufficiente l'aver dimostrato l'evidenza sperimentale a favore dei suoi postulati, specialmente se, come mi risulta sia, non si hanno esperimenti concreti di carattere negativo rispetto ai detti assiomi. Se, comunque, l'autore non si sente soddisfatto dello status sperimentale attuale della Relatività Ristretta, meglio sarebbe che, invece di presentare una serie di critiche imprecise, equivocabili e sostanzialmente infondate, suggerisse un insieme alternativo di esperimenti seriamente fattibili; o meglio ancora, basandosi su dati noti o nuovi dati concreti, provvedesse a suggerire un miglior schema teorico, mostrandone chiaramente le qualità e i pregi in confronto a quello universalmente (... o quasi!) accettato. Specifico che, in ogni caso, non mi sentirò mai di concordare con l'autore che l'equivalenza tra massa inerziale e massa gravitazionale sia una "banale tautologia", né che il principio di equivalenza sia "il frutto metafisico di uno dei gedanke experimente einsteiniani" (parole dell'autore!...).
Ribadisco il mio netto
rifiuto ad accettare questo lavoro per il workshop A. Se altri riterranno possa
avere validità sperimentale, esso potrebbe essere ripreso in considerazione per
il workshop |
Ora, sia ben chiaro, la nota dolente non consiste in questo primitivo rifiuto, che anzi mi fornì a suo tempo abbondante materiale per il mio epistolario (lo tengo in serbo per un'altra occasione). Ma nel fatto che, due anni dopo, la metà di questo lavoro, riguardante appunto la conducibilità elettrica dello spazio di fondo è stata accettata, e sarà pubblicata, negli Atti del VII Convegno:
È vero che, se nell'84 la legge di Hubble faceva acqua, nell'86 è ormai un
colabrodo attraverso il quale la mia σ0
[la σ0 = conduttività elettrica
sarà presumibilmente detta nei secoli futuri "la scoperta di Roberto Monti" -
ndc] ha potuto facilmente insinuarsi.
Ciò non toglie tuttavia che, di questo passo, io finirò col non aver più il
materiale per la terza puntata della Cintura di Sicurezza.
E la prospettiva di dover sopprimere una rubrica alla quale, in fondo, mi stavo
affezionando (sono un sentimentale) mi pervade l'animo di una sottile
malinconia. Per questo, comunque, ero a Rapallo. Gianfranco, invece, c'era per
via del SAX (Satellite Astronomico X).
Quanto alla misura di c0 tornando dagli States non avevo mancato di
informare Ernesto (Arri) sull'esito del confronto. E se da un lato c'era, in
positivo, l'aver chiarito senza equivoci il significato e la necessità della
misura ai metrologi dei principali laboratori nazionali; dall'altro restava,
appunto, il fatto che la misura era ancora da fare.
Come al solito era una questione di soldi: come e dove trovarli?
Il modo più elegante consisteva nel tirar fuori una brillante idea su come
costruire un induttore calcolabile duale al condensatore calcolabile di Lampard-Thompson: a questo punto, infatti, tutti i grandi laboratori di
metrologia si sarebbero messi a costruirlo.
Più facile da dire che da fare. Comunque ci avremmo provato.
Nel frattempo non restava che far venire alla luce il problema nel modo più
ufficiale possibile.
La prima occasione utile cadeva di lì a poco.
A Parigi era stato convocato, per il 15 settembre, con un anno di anticipo, il
CCE (Comitivo Consultivo Elettricità). Una specie di assise degli Istituti
Elettrotecnici durante la quale vengono messi a fuoco i principali problemi del
momento e fomite «raccomandazioni» sugli esperimenti da farsi in via
prioritaria. Queste raccomandazioni potevano essere presentate da ogni singolo
Laboratorio Nazionale. Nel nostro caso, ovviamente, l'IEN (Istituto
Elettrotecnico Nazionale Galileo Ferraris).
Ernesto si prese l'incarico di preparare, in agosto, il testo della
Raccomandazione. Io di telefonare a Volkmar per spiegargli la questione. Volkmar
mi assicurò la sua disponibilità: ci saremmo risentiti a settembre.
Ma prima di procedere oltre è necessario che io mi soffermi brevemente ad
introdurre una delle cosiddette note di costume.
Il nostro Ernesto, come avrete capito, è nel suo ramo uno dei migliori
professionisti sulla piazza. Apprezzato e stimato, cosa che ho avuto modo di
constatare personalmente, a livello internazionale.
Senonché, di questi tempi, uno non può raggiungere certi livelli di
professionalità se non a scapito della coltivazione di Tessere.
Basta ricordare, a questo punto, che l'IEN dipende dal Ministero della Pubblica
Istruzione, e voi avete già capito tutto.
Bene, è andata press'a poco così (premetto che eventuali imprecisioni sono
addebitabili alla mia scarsa dimestichezza con le questioni burocratiche).
Qualche anno fa all'IEN manca il Direttore. Scartate accuratamente tutte le
persone competenti, da Roma viene nominato un Commissario esperto, a quanto
pare, in questioni amministrative. Scarse prospettive e stipendio da fame
spingono Ernesto ad abbandonare l'IEN per cogliere al volo un posto di Professore
al Politecnico. Lasciando l'incarico al Galileo egli suggerisce che al suo posto
sia messo il più competente tra i suoi collaboratori.
Beata ingenuità.
Viene scelto un sindacalista della CGIL. Bravo ragazzo, peraltro. L'ho
conosciuto. Ma la sua elezione sembra dovuta soprattutto al desiderio del
Commissario amministrativo di garantirsi buoni rapporti col personale.
Nell'anno 1986 scade anche il Commissario.
Con un classico Blitz di ferragosto, scartate accuratamente tutte le persone
competenti, a dirigere l'Istituto Elettrotecnico Nazionale viene nominato un
ingegnere meccanico. A quanto pare costui era stato trombato nella corsa a un
Rettorato. Trattandosi tuttavia di persona di riguardo il premio di consolazione
non poteva essere inferiore alla Direzione di un Istituto. Che l'Istituto fosse
elettrotecnico era cosa del tutto irrilevante.
Al ritorno dalle vacanze gli Istituti elettrotecnici del Politecnico, che avevano
ingenuamente designato una terna di competenti, inoltrano una vibrata protesta
sulla faccenda, alla quale il destinatario non si degna neppure di rispondere.
Tanto questi non contano niente.
Quando rivedo Ernesto, in settembre, mi dice che a Parigi, per rappresentare
l'IEN, ci va il sindacalista. Bravo ragazzo, ripeto, e molto disponibile. Solo
che ha già il suo da fare a studiarsi l'elettrologia, sulla questione specifica
lui non sa niente e dunque non è assolutamente in grado non già di sostenerla,
ma anche
solo di presentarla.
A questo punto io telefono a Volkmar e ci diamo appuntamento davanti a Notre
Dame, qualche ora dopo l'attentato alla Prefettura.
Dopo di che andiamo a mangiare in un ristorante lì vicino, insieme a sua moglie.
Non faccio a tempo a mettere la mia borsa sotto il tavolo che un cameriere si
precipita a raccoglierla e a sistemarla in bella vista su una sedia. Gentili
questi francesi. Io volevo fare la stessa cosa ma temevo che avessero a ridire
per via che gli ingombravo un posto a tavola. Perché alla mia borsa ci tengo.
Volkmar mi chiede se è venuto Ernesto. Gli spiego perché non è venuto. Lui mi
dice che in Germania queste cose non succedono. Io gli garantisco che non ne
dubito. Poi mi chiede chi è venuto. Il sindacalista. Lui mi ribadisce che queste
cose in Germania non succedono. Ne sono convinto.
Poi passiamo al sodo. Mi informo su come funziona la cosa.
Lui mi spiega che il tempo del congresso è poco e gli argomenti molti. Ma che in
realtà il grosso del lavoro si fa a tavola, e lì c'è più tempo. Se io ho del
materiale lui è disposto a farlo circolare tra i vari Direttori convenuti. Io ho
giusto cinque fotocopie dell'History e di
The speed of light in
una bella
cartellina nella borsa. Compongo velocemente la combinazione e faccio scattare
le serrature. I francesi si mettono sull'attenti. Io gli faccio un bel sorriso
e poi, con calma, tiro fuori il malloppo. La cartellina è un omaggio. Volkmar mi
ringrazia.
Poi mi spiega (e già Ernesto me l'aveva accennato) che in realtà il Comitato,
nell'intenzione di alcuni noti metrologi, era stato convocato con un anno di
anticipo per sanzionare il principio dell'adozione, già avviata con quella del
metro, di un insieme di unità convenzionali, definite una volta per tutte, per
le principali grandezze elettriche. Fortunatamente gli americani, poco tempo
prima, avevano combinato un gran casino col Volt. E per seguire questa linea
avrebbero dovuto cambiarlo ancora di brutto. Ma i loro stessi industriali gli
avevano fatto osservare che se per i signori metrologi cambiare il valore di una
grandezza era una bazzecola, a loro (gli industriali) costava un po' di
milioni di dollari, sui quali non erano disposti a sorvolare. E già a Washington
li avevano invitati a rifare in modo decente un insieme di nuove misure
assolute, prima di proporgli l'adozione di un nuovo insieme di valori.
Ottimo. Ricordavo anch'io la vignetta col tizio che in sartoria misura un metro
di stoffa con laser, orologio atomico e campana di vetro per vedere quanto
spazio percorre la luce nel vuoto in 1/299792458 di secondo.
Di sicuro non passava, e sarebbe invece stato raccolto l'invito a rifare le
misure fondamentali. Questa, comunque, era la posizione del PTB.
Bene, ci scambiammo i numeri di telefono e, salvo novità o imprevisti, ci
saremmo sentiti alla fine del congresso.
Intanto però lui aveva una cosina molto carina tutta per me: una discrepanza
del 10%.
Io lanciai la sinistra sotto il tavolo a toccarmi i maroni mentre col palmo
della destra gli facevo moment pliiis!
Poi sorseggiai la mia birra mentre giravo il dischetto di cartone sotto. Che
tanto scriveva sempre lì e se non lo giravo mi scriveva sul marchio e poi non ci
capivo niente.
Ascoltai con calma fino alla fine. Gli dissi di spedirmi tutto il materiale, che
ci avrei guardato. Che sarei anche andato in Germania a vedere l'esperimento dal
primo bullone fino alla stampante. Dopodiché, eventualmente, avrei espresso la
mia opinione al riguardo.
Volkmar esplode un Jaaaaah che non finisce più, e poi ci salutiamo. Ci
risentimmo il giorno dopo la strage a Montparnasse.
Missione compiuta: il Comitato aveva deciso di aggiornare ogni decisione in
materia di unità all'88, alla luce delle nuove misure assolute sollecitate. Al
mio ritorno in Italia trovai una lettera di Remo per il caro Roberto:
Caro Roberto |
Io raccolsi prontamente il ramo d'ulivo:
Caro Remo, |
Dopodiché aspettai la risposta con animo sereno. S'è fatto vivo per primo Volkmar:
Caro Roberto, |
Ora io ho appena finito di tradurre questa lettera, e fino ad oggi non ho ancora
messo mano ai dati.
Ma adesso che l'articolo è quasi finito ci dò un'occhiata.
Così, tanto per guardare.