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LA VERITA’
Il tempo ha spezzato la primiera ed unica Verità in migliaia di pezzi.
L’uomo che giunge a trovare una piccola parte di questa primiera verità (quando non si esalta dall’orgoglio e grida di possedere l’unica verità esistente) utilizza questa sua conoscenza per accrescere il suo potere materiale e temporale, sottomettendo ad esso la folla che pigra di volontà segue, come un gregge segue il cane pastore, l’uomo che si dichiara pastore delle anime.
Quando l’umanità capirà che occorre unire ogni singolo pezzo di verità, con umiltà, potrà seguire il vero sentiero dell’illuminazione che porta al piano divino.
Attraverso il corpo materiale non troverai la verità, ma senza di esso non potrai cercarla né trovarla.
Il seme di un albero risiede nel suo frutto.
Taspi
INTRODUZIONE
Conoscete la vecchia Regina del mondo che sempre cammina e mai si stanca?
Tutte le sregolate passioni, tutte le egoistiche voluttà, tutte le sfrenate forze dell'umanità e le sue tiranniche debolezze precedono l'avara proprietaria della nostra valle del dolore, e con la falce in mano, operaie infaticabili, raccolgono un’eterna messe.
La Regina è vecchia come il tempo; ma nasconde il suo scheletro sotto gli avanzi della bellezza delle donne che rapisce alla loro giovinezza ed ai loro amori. La sua testa è coperta di freddi capelli che non le appartengono; dai capelli di Berenice seminati di stelle a quelli prematuramente canuti tagliati dal boia sulla testa di Maria Antonietta, la spogliatrice di fronti coronate si è parata di spoglie di regine.
Il suo corpo pallido e ghiaccio è coperto di acconciature avvizzite e di sudari in brandelli; le sue mani ossute e cariche di anelli tengono ferri e corone, scettri ed ossa, pietre preziose e cenere.
Quando passa, le porte si aprono da sole; essa entra attraverso le mura, penetra fin nelle alcove dei re, sorprende nelle loro orge più segrete gli spogliatoi dei poveri, si assise alla loro mensa, versa loro da bere e canta ghignando le loro canzoni con le gengive sdentate, prende il posto della impura cortigiana che si nasconde sotto alle loro cortine.
Si aggira volentieri intorno ai lussuosi che si addormentano, cerca le loro carezze quasi sperasse riscaldarsi alla loro stretta; ma agghiaccia tutti coloro che tocca e non si riscalda giammai. Talvolta la si direbbe presa da vertigine; non cammina più lentamente, ma corre, e se i suoi piedi non sono assai rapidi, sperona i fianchi di un pallido cavallo e lo lancia ansimante attraverso alle moltitudini. Al suo fianco galoppa l'Omicidio su un cavallo rosso; vola innanzi a lei l'Incendio, e scioglie la sua capigliatura di fumo agitando le ali rosse e nere; la Fame e la Peste la seguono al passo di due cavalli malati e scheletriti che raccolgono affamati le rare spighe che essa ha dimenticato nella raccolta.
Dopo questo funebre corteo seguono due fanciulli pieni di sorrisi e di vita, l'Intelligenza e l'Amore nel secolo a venire; il doppio genio dell'umanità nascitura.
Dinanzi a loro le ombre della morte si ripiegano come la notte dinanzi alle stelle dell'aurora, sfiorano la terra d'un piede leggero e vi seminano a piene mani la speranza di un'annata novella.
Ma la morte non verrà più spietata e terribile a falciare come erba secca le spighe mature del secolo a venire; essa cederà il passo all'angelo del progresso che distaccherà dolcemente le anime dalla loro catena mortale per lasciarle salire a Dio.
Quando gli uomini sapranno vivere non moriranno più, ma si trasformeranno come la crisalide che si muta in una brillante farfalla.
I terrori della morte sono figli della nostra ignoranza e la morte stessa è tanto spaventosa solo per gli avanzi di cui si copre e per i colori oscuri coi quali si circondano le sue immagini. La morte è il vero lavoro della vita. Nella natura v'ha una forza che non muore, ed essa trasforma continuamente gli esseri per conservarli: questa forza è la Ragione o il Verbo della natura.
Nell'Uomo esiste anche una forza analoga a quella della natura ed essa è la Ragione o il Verbo dell'Uomo. Il Verbo dell'Uomo è l'espressione della sua volontà diretta dalla ragione. Esso è onnipotente quando è ragionevole, giacché allora è analogo al Verbo stesso di Dio.
Per il verbo della sua ragione l'uomo diventa il conquistatore della vita e può trionfare della morte.
La vita stessa dell'uomo non è che il parto o l'aborto del suo Verbo. Gli esseri umani che muoiono senza avere compreso e aver formulato la parola di ragione, muoiono privi di speranza eterna. (rinascono ancora)
Per lottare con vantaggio contro il fantasma della morte bisogna essersi identificato con le realtà della vita. Che mai importa a Dio di un aborto se la vita è eterna? Che importa alla natura un idiota che muore se la ragione vive ognora e conserva le chiavi della vita?
La forza giusta e terribile che uccide eternamente gli aborti era nominata dagli Ebrei Samuele, dagli Orientali Satana, dai Latini Lucifero.
Il Lucifero della Cabala non è un angelo maledetto e fulminato; è l'angelo che col fuoco rischiara e rigenera; sta agli angeli di pace come la cometa alle tranquille stelle delle costellazioni primaverili.
La stella fissa è bella, radiosa e calma; beve i celesti aromi e con amore guarda le sorelle in splendida veste, il fronte adorno di diamanti; sorride cantando il suo cantico del mattino e della sera, gode di un eterno riposo che nulla potrebbe turbare e procede con solennità lungo il cammino che i guardiani di luce le hanno assegnato.
La cometa errante invece, sanguinosa e scapigliata accorre dalle profondità del cielo, si precipita fra le tranquille sfere come un carro da guerra fra una processione di vestali, osa affrontare l'ardente spada dei guardiani del Sole, e, come una sposa smarrita che cerca lo sposo sognato nelle sue vedove notti, giunge al tabernacolo del re del giorno, poi sfugge esalando i fuochi che la divorano e trascinandosi dietro un lungo incendio; le stelle impallidiscono al suo avvicinarsi, i greggi stellati che pascono i fiori di luce delle praterie del cielo sembrano sfuggire il suo soffio tremendo. Il gran consiglio degli astri è riunito e lo spavento è universale; in fine la più bella delle stelle fisse è incaricata di parlare a nome di tutto il cielo e di proporre la pace alla vagabonda corsara.
"Sorella mia" le dice, "perché mai turbi l'armonia delle nostre sfere? Che male ti abbiamo fatto? E perché, invece di correre alla ventura non ti fermi come noi, secondo il tuo rango alla corte del Sole? Perché non vieni insieme con noi a cantare l'inno della sera, come noi vestita della bianca veste che si ricongiunge sul seno con un fermaglio di diamante? Perché lasci sparsa nella notte la tua chioma che è bagnata di sudore di fuoco? Oh! Se tu prendessi posto fra le figlie del cielo, come saresti più bella! Il tuo volto non sarebbe più infiammato dalla fatica della corsa inaudita, puri sarebbero gli occhi tuoi e bianco e roseo il tuo viso sorridente come quello delle tue sorelle felici; tutti gli astri ti conoscerebbero e lungi dal temere il tuo passaggio, si rallegrerebbero al tuo avvicinare, e la tua tranquilla esistenza non sarebbe che una voce di più nel cantico dell'amore infinito."
E la cometa risponde alla stella fissa: " Non credere, o sorella, che possa errare alla ventura e turbare l'armonia delle sfere; Dio ha tracciato il mio cammino come il tuo e se la mia corsa ti pare incerta e vagabonda si è perché i tuoi raggi non possono estendersi tanto da abbracciare l’ellissi ch'egli mi ha assegnato per pista. La mia infiammata capigliatura è il fanale di Dio; sono la messaggera dei soli e mi ritempro nei loro fuochi per farne parte sul mio cammino ai giovani mondi che non hanno ancora abbastanza caldo e agli astri che nella loro solitudine tremano di freddo. Se mi stanco nel mio lungo viaggio, se sono di una bellezza meno dolce della tua, se meno verginea è la mia acconciatura, non per questo sono meno di te nobile figlia del cielo. Lasciatemi il segreto del mio terribile destino, lasciatemi lo spavento che mi circonda, maleditemi se non potete comprendermi; ma non per questo io rinuncerò a compiere l'opera che mi fu assegnata e a continuare la mia corsa sotto la spinta del soffio di Dio! Felici le stelle che si riposano e brillano come giovani regine nella tranquilla società degli universi! Io sono la proscritta sempre errante che ha per patria l'infinito. Mi si accusa di incendiare i pianeti che riscaldo e di spaventare gli astri che rischiaro; mi si rimprovera di turbare l'armonia degli universi poiché non giro attorno ai loro particolari centri, mentre li unisco gli uni agli altri fissando i miei sguardi sul centro unico di tutti i soli. Sta' dunque tranquilla, mia bella stella fissa, non voglio toglierti la tua pacifica luce, darei invece per te la mia vita ed il mio calore. Potrò sparire dal cielo quando sia consumata; la mia sorte sarà però stata meravigliosa! Sappiate che nel tempio di Dio ardono fuochi diversi che tutti lo glorificano; voi siete le fiamme del candeliere d'oro ed io la fiamma del sacrificio: segua ognuno di noi il suo destino".
Terminando queste parole la cometa scuote la sua capigliatura, si copre del suo ardente scudo e si precipita negli spazi infiniti ove sembra sparire per sempre. A questa maniera appare e scompare Satana negli allegorici racconti biblici.
Un giorno, dice il libro di Giobbe, i figli di Dio erano venuti per presentarsi a lui; fra essi eravi anche Satana; a lui disse il Signore: Di dove vieni? Ho fatto, rispose, il giro della terra e l'ho percorsa.
Ecco come poi un Vangelo gnostico, ritrovato da un erudito viaggiatore, nostro amico, in Oriente, spiega, a vantaggio del simbolico Lucifero, la genesi della luce: "La verità che conosce se stessa è il pensiero vivente; la verità è il pensiero che in lei si contiene, e il pensiero formulato è la parola. Quando il pensiero eterno ha cercato una forma ha detto: Sia la luce".
Questo pensiero che parla è il Verbo divino, raggia, poiché vuole essere veduta, e quando dice: sia la luce, l'Intelligenza fu fatta e la Luce comparve.
Così l'Intelligenza sparsa da Dio col soffio della sua bocca come una stella staccata dal Sole, prese la forma di un angelo meraviglioso e il cielo lo salutò col nome di Lucifero. L'Intelligenza si destò e tutta si comprese sentendo queste parole del Verbo Divino: Sia la luce!
Si sentì libera giacché Dio le aveva ordinato di essere, e, alzando la testa e allargando le ali, rispose:
"Io non sarò la Schiavitù".
"Sarai allora il Dolore?" le domandò la Voce increata.
"Sarò la Libertà" rispose la Luce.
"L'Orgoglio ti travierà" riprese la Voce increata "e tu partorirai la morte".
"Ho bisogno di lottare contro la morte per conquistare la Vita" riprese ancora la Luce creata.
Dio allora staccò dal suo seno il filo di splendore che tratteneva ancora l'angelo superbo, e vedendolo slanciarsi nella notte ch'egli solcava di gloria, amò il figlio del suo pensiero, e, sorridendo d'un sorriso ineffabile, disse a se stesso che bella era la luce.
Dio non ha creato il Dolore: l'Intelligenza l'ha creato per essere libera. E il Dolore è stato la condizione che le impose per essere libera chi solo non si può ingannare perché solo è infinito.
Essenza dell'intelligenza è il giudizio, essenza del giudizio è la libertà.
In realtà l'occhio percepisce la luce solo perché può aprirsi e chiudersi; se dovesse rimanere sempre aperto sarebbe schiavo e vittima della luce, e per fuggire un simile supplizio, cesserebbe di vedere.
Alla stessa maniera l'Intelligenza creata è felice di affermare Iddio solo perché è in facoltà di negarlo. Ora l'intelligenza, anche se nega, afferma sempre qualche cosa, giacché afferma la sua libertà. Questa è la ragione per cui anche il bestemmiatore glorifica Iddio, questa la ragione per cui l'Inferno fu necessario alla felicità del Cielo.
Se la luce non fosse respinta dall'ombra non vi sarebbero forme visibili. Se il primo degli angeli non avesse affrontato la profondità della notte, la generazione di Dio non sarebbe stata completa, e la luce creata non avrebbe potuto separarsi dalla luce increata.
Mai l'Intelligenza avrebbe potuto sapere quanto Dio sia buono se mai non lo avesse perduto. Mai l'amore infinito di Dio si sarebbe manifestato nelle gioie della sua misericordia se il figlio prodigo del cielo fosse rimasto nella casa del Padre.
Quando tutto era luce, la luce non era in nessun luogo; riempiva il seno di Dio che stava per generarla. E quando disse: la luce sia, egli permise alla notte di respingere la luce, e l'universo uscì dal caos.
La negazione dell'angelo, che nascendo rifiutò di essere schiavo, formò l'equilibrio del mondo, e il movimento delle sfere ebbe principio.
E gli spazi infiniti ammirarono questa sete di libertà immensa tanto da riempire il vuoto della notte eterna, e tanto forte da portare l'odio di Dio.
Ma Dio non poteva odiare il più nobile dei suoi figli; solo lo provava con la sua collera per confermare il potere.
Per ciò che il Verbo stesso di Dio, quasi fosse geloso di Lucifero, volle egli pure scendere dal cielo e trionfare attraverso le ombre dell'inferno.
Volle a sua volta essere proscritto e condannato, e pregustò l'ora terribile in cui, all'estremo del supplizio, avrebbe gridato: "Mio Dio! Mio Dio! Perché mi hai abbandonato?".
Come la stella del mattino precede il sole, la ribellione di Lucifero annunziò alla natura che nasceva la prossima incarnazione di Dio. Fors'anco Lucifero, cadendo nella notte, trascinò seco, nell'attrazione della sua gloria, una pioggia di soli e di stelle. E forse il nostro Sole è un demone fra gli astri, come Lucifero è un astro fra gli angeli. Per questo, senza dubbio, egli assiste impassibile e rischiara le orribili angosce dell'umanità e la sua lenta agonia della terra, libero com'è nella sua solitudine avvolta di luce.
Erano queste le tendenze degli eretici nei primi secoli; gli uni, come Ofiti, adoravano il Demonio sotto la figura di serpente, altri, come i Cainiti, giustificavano la rivolta del primo degli angeli come quella del primo degli omicidi.
Tutti questi errori, tute queste ombre, tutti gli idoli mostruosi della anarchia che nei suoi simboli l'India oppone alla magica Trimurti, avevano anche nel cristianesimo trovato degli adoratori e dei sacerdoti.
In nessun luogo della Genesi si parla del demonio; è un serpente allegorico che inganna i nostri progenitori. Ecco come la maggior parte dei traduttori traduce il testo sacro:
"Ora il Serpente, di tutti gli animali del campo del Signore, era il più astuto".
Ed ecco quello che dice Mosè:
"Wha-Nahask haiah haroum mi-chol hàìatch ha-shadeh asher hashah Joah Aeloim".
Ciò che Fabre d'Olivet traduce (in - La langue hébraiche restituèe):
"Ora l'originale desiderio (la cupidigia) era la passione travolgente di ogni vita elementare (la spinta interiore) della natura, opera di Joah, l'Essere degli esseri".
Ma qui Fabre d'Olivet solo si avvicina alla vera interpretazione, giacché ignorava le grandi chiavi della Cabala.
La parola Nahash
Nun. - La forza che produce le mescolanze.
He. - Il recipiente e il passivo produttore delle forme.
Schin. - Il fuoco naturale e centrale equilibrato dalla doppia polarizzazione.
La parola usata da Mosè, letta cabalisticamente, ci dà dunque la descrizione e la definizione di quell'agente magico universale figurato in tutte le teogonie dal serpente, a cui gli ebrei davano anche il nome di Od, quando manifesta la sua forza attiva, di Ob quando lascia che appaia la sua forza passiva, e quello di Aur quando si rivela intero nella sua equilibrata possanza generatrice di luce nei cieli e d'oro fra i metalli.
Eco dunque l'antico serpente che avvolge il mondo e che posa tranquillo il suo capo divoratore sotto il piede d'una Vergine, simbolo dell'iniziazione; di quella vergine che presenta un neonato all'adorazione dei Re Magi ricevendone in cambio Oro, Mirra e Incenso.
Il Dogma serve così, in tutte le religioni ieratiche, a velare i segreti delle forze della natura delle quali può disporre l'iniziato; le formule religiose sono il compendio di quelle parole misteriose e potenti che fanno discendere gli Dei dal cielo e li sottomettono alla volontà umana. La Giudea ne prese i segreti dall'Egitto, la Grecia inviò i suoi Ierofanti, e più tardi i suoi teosofi alla scuola dei grandi profeti; la Roma dei Cesari, minata dall'iniziazione cristiana delle catacombe, rovinò nella Chiesa e si costruì un simbolismo con gli avanzi di tutti i culti che la regina del mondo aveva sottomesso.
Secondo la narrazione dell'Evangelo, l'iscrizione che stabiliva la spirituale regalità del Cristo, era scritta in ebraico, in greco ed in latino; era la sintesi universale nella sua più completa espressione.
L'Ellenismo non aveva infatti preannunziato meno dei profeti del Giudaismo la venuta del Salvatore; la favola di Psiche è astrazione più che cristiana, e il culto dei panteisti, riabilitando la filosofia Socratica, preparava gli altari a quella unità divina di cui Israele era stato il misterioso conservatore.
Ma la Sinagoga rinnegò il suo Messia, e le lettere ebraiche furono cancellate, almeno per gli sguardi male veggenti dei giudei.
I persecutori Romani disonorarono l'ellenismo che non poté essere riabilitato dalla falsa moderazione di Giuliano, il filosofo detto forse ingiustamente l'Apostata; giacché mai era stato sincero il suo cristianesimo. L'ignoranza del medioevo venne poi ad opporre i santi e le vergini agli dei, alle dee, e alle ninfe; il profondo simbolismo Ellenico fu più che mai mal compreso, e la Grecia stessa non solo perdette le tradizioni del suo antico culto, ma si separò dalla chiesa latina, e così, per gli occhi latini pure si cancellarono le lettere greche, come per i Greci le latine. Così l'iscrizione della croce del Salvatore completamente disparve e solo ne rimasero le misteriose iniziali.
Ma quando la scienza e la fede riconciliate riuniranno in un solo i vari simboli, allora tutte le magnificenze del culto antico rifluiranno agli occhi e alla memoria degli uomini proclamando il progresso dello spirito umano nella intuizione della luce di Dio.
Ma il più grande progresso sarà poi quello che, rimettendo le chiavi della natura nelle mani della scienza, incatenerà e per sempre l'odioso fantasma di Satana e, spiegando tutti i fenomeni eccezionali della natura, distruggerà del tutto l'impero della superstizione e della più sciocca credulità.
Al compimento di questo progresso abbiamo consacrato tutta la nostra vita e passato i nostri anni nelle ricerche più laboriose e difficili. Vogliamo liberare gli altari rovesciando gli idoli, vogliamo che l'uomo d'intelligenza ritorni ad essere il sacerdote e il re della Natura, e vogliamo consegnare, spiegandole tutte, le immagini del santuario universale.
I Profeti hanno parlato per parabole ed immagini giacché loro mancava il linguaggio astratto e perché, essendo la percezione profetica sentimento dell'armonia o analogia universale, naturalmente si traduce in immagini. Queste immagini, materialmente comprese dal volgo, sono qui divenute idoli o impenetrabili misteri.
L'assieme e la successione di tali immagini e di tali misteri costituisce il simbolismo. Il simbolismo deriva dunque da Dio, pur essendo formulato dagli uomini.
La rivelazione ha accompagnato l'umanità in tutte le sue età e col genio umano si è trasfigurata; ma sempre ha espresso la stessa verità.
Unica è la vera religione e i suoi dogmi sono alla portata di tutti, e semplici. Adunque la molteplicità dei simboli non è stata che un libro di poesia necessaria alla educazione del genio umano.
L'armonia dell'eterna bellezza e la poesia della forma dovevano rivelare Dio all'umanità bambina; ma Venere ebbe ben presto per rivale Psiche, e Psiche sedusse l'amore. Così il culto della forma doveva cedere ai sogni ambiziosi dell'anima che già abbelliva l'eloquente sapienza di Platone.
Così era preparata la venuta di Cristo, e per questo era attesa; venne poiché il mondo lo aspettava, e la filosofia si trasformò in fede per popolarizzarsi.
Liberato però da questa stessa credenza, lo spirito umano protestò ben presto contro la scuola che voleva materializzarne i segni, e l'opera del catolicismo Romano fu incosciente preparazione alla emancipazione delle coscienze, e base prima della universale fratellanza.
Tutto ciò non fu che un normale e regolare sviluppo della vita divina nella umanità, poiché Dio è la grande anima di tutte le anime, centro immutabile attorno al quale, come polvere di stella, gravitano tutte le intelligenze.
L'intelligenza umana ebbe il suo mattino; verrà il meriggio e poi il tramonto; ma Dio sarà sempre uguale a sé stesso. Sembra agli abitatori della Terra che il Sole si levi giovane e timido, che brilli nel mezzo del giorno in tutta la sua forza e che stanco si addormenti la sera.
E pure è la Terra che gira mentre sta immobile il Sole.
Pieno di fede nel progresso Umano e nella immutabilità di Dio l'uomo libero dunque rispetta la religione nelle sue forme passate, e non bestemmia né Giove né Jehovah; con amore saluta ancora la raggiante immagine di Apollo Pizio in cui vede l'immagine del glorioso Redentore.
Crede alla grande missione della gerarchia cattolica, e approva che i pontefici del medio evo abbiano opposto al potere assoluto dei re la diga della religione; ma coi secoli della rivoluzione protesta contro la chiesa che voleva con le chiavi del Papa asservire le coscienze; è più protestante di Lutero giacché neppur crede alla infallibilità della confessione di Asburgo, e più cattolico del Papa giacché non teme che l'unità religiosa possa essere spezzata dal malvolere delle corti. Confida in dio più che nella politica di Roma per la salvezza dell'idea unitaria, rispetta la vecchiaia della Chiesa, ma non teme che possa morire poiché sa che la sua morte apparente sarà una trasfigurazione ed un'assunzione gloriosa.
L'autore di questo scritto rivolge un nuovo appello ai Magi dell'Oriente affinché essi tornino un'altra volta a riconoscere il Maestro divino di cui salutarono la culla, il grande iniziatore di tutte le età:
Tutti i nemici sono caduti, tutti coloro che lo condannarono sono morti; quelli che lo perseguitavano sono per sempre addormentati nel sepolcro, ed egli è sempre in piedi. Gli si sono coalizzati contro gli invidiosi, e su di un solo punto si sono messi d'accordo; i seminatori di zizzania si sono uniti per distruggerlo, si sono fatti re e l'hanno proscritto; si sono fatti ipocriti e l'hanno accusato; si sono fatti giudici e l'hanno condannato a morte; si sono fatti carnefici e l'hanno giustiziato; gli hanno fatto bere la cicuta, l'hanno crocifisso; lapidato, ne hanno gettate le ceneri al vento, e sono impalliditi dal terrore. Egli era ritto innanzi a loro, li accusava con le sue ferite, li fulminava con lo splendore delle sue cicatrici.
Si crede di sgozzarlo alla culla di Betlemme, e vive in Egitto! Lo si trascina sulla montagna per precipitarlo...; la folla dei suoi assassini lo circonda e già trionfa della sua morte sicura..., si ode un grido; non è lui che si è sfracellato sulle rocce del precipizio? Impallidiscono e si guardano; ma Lui, calmo nel suo sorriso pietoso, passa tra loro e se ne va.
Ecco un'altra montagna che stanno per tingere del suo sangue, ecco una croce ed un sepolcro: dei soldati ne sorvegliano l'accesso... Insensati! Vuota è la tomba e colui che credevano morto cammina tranquillamente fra due viaggiatori sulla strada di Emmaus. Dov'è? Dove va? Avvertite i padroni del mondo, dite ai Cesari che il loro potere è minacciato! Da chi? Da un povero che non ha una pietra dove posare il capo, da un uomo del popolo condannato al supplizio degli schiavi. Che insulto o che follia! Non importa; i Cesari stanno per spiegare tutta la loro potenza; editti di morte proscrivono il fuggiasco; ovunque s'innalzano i patiboli, si aprono le arene piene di leoni e gladiatori, si infiammano i roghi, colano torrenti di sangue ed i Cesari che si credono vittoriosi osano aggiungere un nome agli altri onde ingloriano i loro trofei...; poi muoiono e la loro apoteosi disonora gli Dei che hanno creduto di difendere. L'odio del mondo confonde in una medesima esecrazione Giove e Nerone; i templi di cui l'adulazione ha fatto dei sepolcri sono rovesciati, e sugli idoli infranti, sulle rovine dell'impero, Lui solo, il proscritto dei Cesari, il perseguitato da tanti sicari, il torturato da tanti carnefici, Lui solo è in piedi, lui solo trionfa, lui solo regna.
Eppure ben presto i suoi discepoli abusano del suo nome, l'orgoglio invade il Santuario; coloro che dovevano annunciare la sua resurrezione vogliono immortalare la sua morte per pascersi, come corvi, della sua carne ognora rinascente.
Invece di imitarlo nel sacrificio e di dare il loro sangue per i loro figli nella fede, l'incatenano sul Vaticano, come su un novello Caucaso, e si fanno avvoltoi del divino Prometeo. Ma che gli importa di questo loro segno malvagio? Non hanno incatenato che la sua immagine; quanto a lui, è ancora in piedi, e cammina, va in esilio, di conquista in conquista. Sì, che è possibile incatenare un uomo, ma non tenere prigioniero il Verbo di Dio. La parola è libera e nulla può contenerla; questa vivente parola è la condanna dei cattivi, e per questo vorrebbero farla morire: ma in fine sono loro che soccombono, e la parola di Verità rimane a giudicarne la memoria.
Poté Orfeo essere fatto a brani dalle Baccanti, Socrate bere la coppa del veleno, Gesù e gli apostoli subire l'estremo supplizio, Giovanni Huss, Gerolamo da Praga e tanti altri salire il rogo, la notte di San Bartolomeo e i massacri di Settembre fare i loro martiri; l'imperatore di Russia ha ancora a sua disposizione i suoi cosacchi, il knut e i deserti della Siberia; ma lo spirito di Orfeo, di Socrate, di Gesù, e di tutti i martiri, rimarrà ognora vivente, fra i loro morti persecutori; egli solo permane fra le istituzioni che cadono e gli imperi che si rovesciano.
Questo è lo spirito divino, spirito dell'unico figlio di Dio che San Giovanni rappresentava nell'Apocalisse, ritto fra due candelieri d'oro, giacché è centro di ogni luce, con sette stelle in una sua mano come semenza di tutto un cielo nuovo, e con una spada a due tagli nell'altra quasi per far scendere la sua parola sulla terra.
Quando i saggi scoraggiati s'addormentano nella notte del dubbio, lo spirito di Cristo è in piedi e veglia; quando i popoli stanchi della fatica di risorgere, si afflosciano assopiti sui loro ferri, lo spirito di Cristo sta in piedi e protesta; quando i ciechi settari di religioni divenute sterili si prostrano nella polvere dei vecchi templi e in un timore superstizioso strisciano servilmente, lo spirito di Cristo resta in piedi e prega; quando i forti si avviliscono, quando le virtù si corrompono, quando tutto si piega e si abbandona nella ricerca di un pascolo vile, lo spirito di Cristo resta in piedi e, guardando il cielo, attende l'ora del Padre suo. Cristo vuol dire Re e Sacerdote per eccellenza.
Il Cristo iniziatore dei tempi moderni è venuto per formare con la scienza e soprattutto con la carità nuovi Re e nuovi Sacerdoti. Gli antichi Magi erano Re e Sacerdoti. La venuta del Salvatore era stata preannunziata agli antichi Magi da un Stella.
Questa stella era il pentagramma magico che ad ogni punta porta una lettera sacra. La stella è l'immagine dell'intelligenza che, per mezzo dell'unità di forza, regge le quattro potenze elementari. E' il pentagramma dei Magi, la stella fiammeggiante dei figli di Hiram, è il prototipo della luce equilibrata, e verso ognuno dei suoi raggi sale una corrente di luce, mentre da ognuno di essi una corrente di luce discende. Questa stella rappresenta il grande e supremo Atanòr della natura che è il corpo umano. L'influsso magnetico parte in due raggi dalla testa, dalle mani e dai piedi; il raggio positivo trova il suo equilibrio in un raggio negativo; la testa corrisponde coi due piedi, ogni mano con una mano e con un piede, i piedi, ognuno con una mano e con la testa. Questo segno regolare della luce equilibrata simboleggia lo spirito d'ordine e d'armonia, esso è il segno dell'onnipotenza del Mago; lo stesso segno, spezzato o irregolarmente tracciato, raffigura l'ebbrezza astrale, le proiezioni anormali e sregolate del grande agente magico, e di conseguenza i malefici, la malvagità, la follia; quello che in una parola i Maghi chiamano la firma di Satana.
V'ha anche un altro segno che rappresenta i misteri della luce; è il segno di Salomone. I talismani di Salomone portavano da un lato l'impronta del suo sigillo, di cui abbiamo data la figura (omissis...), dall'altro eravi il segno qui riprodotto (omissis...). Questa figura è la teoria geroglifica della composizione delle calamite e rappresenta la legge circolare della folgore.
Si incatenano gli spiriti fuorviati mostrando loro sia la stella fiammeggiante del pentagramma, sia il suggello di Salomone, giacché si fa loro contemporaneamente vedere e la prova della loro follia e la minaccia di un potere sovrano, capace di tormentarli richiamandoli all'ordine. Nulla tormenta i cattivi più che il bene, nulla è odiato dalla follia quanto la ragione; ma se un operatore ignorante si serve di tali segni senza conoscerli, è come un cieco che a ciechi parla di luce, come un asino che voglia insegnare a leggere a bambini; "se il cieco conduce i ciechi, ha detto il grande e divino Ierofante, cadono ambedue nella fossa".
Un'ultima parola per riassumere tutta questa introduzione: Se siete ciechi come Sansone, quando scuotete le colonne del tempio, le rovine vi schiacceranno. Per comandare alla natura, bisogna essere fatti a lei superiori resistendo alle sue lusinghe; se il vostro spirito sarà libero da ogni pregiudizio, da ogni superstizione e da ogni incredulità, voi comanderete agli spiriti. Se non siete soggetto alle forze, esse vi obbediranno; se sarete saggi come Salomone, opererete le opere di Salomone; se sarete santo come Cristo, compirete le opere di Cristo.
Per dirigere le correnti di luce mobile, si deve essere fermi in una luce immobile. Per comandare agli elementi bisogna avere domato i loro uragani, le folgori, gli abissi e le tempeste.
Si deve Sapere per Osare.
Bisogna Osare per Volere.
Occorre Volere per avere l'Impero.
Tacere si deve per Regnare.
Elifas Levi. 1856
Non dire mai queste parole:
IO NON SO, PERCIO’ E’ FALSO
Bisogna studiare per sapere,
sapere per comprendere,
comprendere per giudicare.
Apoftegma di Narada
- filosofo indù –
Fa bene attenzione! Ciò che ti sto per dire cela un profondo mistero.
“Ogni organo del tuo corpo
è l’immagine di una forza dell’Universo,
e da essa riceve la sua forza”.
Il battito del cuore dell’Universo
È tutt’uno col battito del tuo cuore.
Ma se le forze non hanno un compito, tutto è vano.
Esistenza senza scopo, è il caos.
Malattia … caos anch’essa.
Se le forze dell’Universo s’incontrano in un punto,
è la nuova creazione.
Ogni organo è sacro
Il corpo è in piccolo l’immagine dell’Infinito
E l’Infinito è ciò che chiamiamo “DIO”.
“Il torto della maggior parte di queste dottrine predicantistiche spiritualiste è di non essere se non del materialismo trasportato su un altro piano, e di voler applicare al dominio dello spirito i metodi che la scienza ordinaria impiega per studiare il mondo ilico (materia).
Questi metodi sperimentali non faranno conoscere mai altra cosa che dei semplici fenomeni…
D’altronde la pretesa d’acquisire la conoscenza del mondo spirituale attraverso mezzi materiali è evidentemente assurda: è soltanto in noi stessi che potremo trovare i principi di questa conoscenza, e non certamente negli oggetti esteriori.
Renè Guenon
“Cerca chi deve darti la nascita nell’Aula della Sapienza, nell’Aula che si trova di là, dove le ombre sono ignote e dove la luce della verità risplende con gloria imperitura.
Perché solo quando avrà cessato di udire egli potrà discernere l’Uno. Ma prima che la sua anima possa udire, deve diventare sorda ai rumori come al ronzare della lucciola. Prima che l’anima possa comprendere per ricordare, deve essere unita a Colui che parla in silenzio, poiché allora l’anima udrà e ricorderà.
E allora all’interno dell’orecchio ascolterà.”
Da “Precetti d’Oro”
“Io morii come minerale e divenni una pianta.
Morii come pianta e riapparvi in un animale.
Morii come animale e divenni uomo.
Perché dunque dovrei temere? Quando sono io diminuito, morendo?
La prossima volta morrò come uomo,
per poter sviluppare le ali dell’Angelo.
Anche come Angelo devo cercare progresso:
tutte le cose periranno, tranne la Sua Faccia.
Ancora una volta spiccherò il mio volo al di sopra degli Angeli:
diverrò ciò che l’immaginazione non può concepire.
Quindi che io divenga nulla, nulla.
Poiché la corda dell’arpa mi grida: - In verità, a Lui torneremo - “
“Mesnavi” IV, Jalal-ud-Din Rumi
“Ciò che contribuisce a rendere le donne isteriche, è la loro molle ipocrita educazione. Se esse facessero maggiore esercizio, se liberamente e francamente si insegnassero loro le cose del mondo, esse sarebbero meno capricciose, meno vane, meno futili, e, di conseguenza, meno accessibili alle cattive seduzioni.
La debolezza ha sempre qualche tendenza al vizio, giacché il vizio non è che una debolezza che da l’aria di essere una forza. La follia ha in orrore la ragione e si compiace di tutto delle esagerazioni della menzogna.
L’uso del tabacco, sia da fumo che da naso, è un pericoloso ausiliario dei filtri che indeboliscono le forze volitive e degli avvelenamenti della ragione.”
Elifas Levi
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Quanto veniva scritto negli anni del 1800 si può paragonare ancora oggi, non solo per le donne. Oltre agli avvelenamenti della mente e delle sue conseguenze sul corpo, indicati da E. Levi, vi sono i veleni creati dalle proprie paure che ci sono state abilmente alimentate con l’educazione etica-morale-religiosa, per rendere schiava la donna e gli uomini deboli. In questo modo i più abili cultori del potere materiale hanno potuto governare il mondo.
Un altro veleno, non meno potente, viene creato da noi stessi quando siamo incapaci di dominare il vortice dei nostri sentimenti, specialmente i sentimenti di rabbia e di rancore; per la legge della causa-conseguenza, noi subiamo gli avvelenamenti del corpo ogni qualvolta cadiamo nell’orrore della rabbia, del rancore, dell’odio e ogni simile sentimento.
Spesso ci nascondiamo dietro a gesti infantili per non ascoltare la Voce del Silenzio che ci giunge dal Maestro, oppure soffochiamo con le parole la luce che tenta d’illuminare il cammino alla nostra Anima che tenta di liberare lo Spirito.
Siamo bambini spaventati dal buio e teniamo gli occhi chiusi sotto le lenzuola per non vedere l’uomo nero, mentre basta aprirli per vedere che era solo un'illusione creata dall’uomo adulto per tenerci “buoni”, come fa comodo a lui.
Apriamo gli occhi, ascoltiamo la Voce del Silenzio che grida dentro di noi.
M.F.S. Taspi
TAROCCO, APOCALISSE, RELIGIONE, FILOSOFIA
(Il Tarocco è l'unico libro che viene dal tempo dei tempi, è la base di tutte le religioni, in esso viene racchiusa tutta la verità, esso la svela e nello stesso tempo la nasconde; chi conosce la giusta lettura del Tarocco conosce il passato, il presente e l'avvenire).
Probabilmente il Tarocco si è perduto per la Chiesa al tempo delle eresie gnostiche e manichee; allo stesso tempo si perdette anche il senso divino dell'Apocalisse.
Non si è più compreso che i sette sigilli di questo libro cabalistico sono i sette pentacoli che si spiegano con le analogie dei numeri, dei caratteri e delle figure del Tarocco. Così per un istante s’interruppe la tradizione universale di una religione unica, le tenebre del dubbio si distesero sulla Terra e sembrò agli ignoranti che il vero Cattolicesimo, la rivelazione universale, fosse per un istante sparito. La spiegazione del libro di San Giovanni per mezzo dei caratteri della Cabala formerà una rivelazione nuova di cui parecchi distinti studiosi di magia hanno già il presentimento. Ecco come uno di loro, Agostino Chaho, in proposito si esprime:
"Il poema dell'Apocalisse presuppone nel giovane evangelista un sistema completo e una tradizione in lui solo sviluppata. E' scritto in forma di visione e, in un quadro meravigliosamente luminoso di poesia, chiude tutta l'erudizione, tutto il pensiero dell'africano civilizzatore.
Le verità che rivela sono profezie venute dall'alto e da lontano, di cui egli si fa eco sonora; egli è la voce che grida, la voce che canta le armonie del deserto e prepara le vie della luce.
La teoria delle quattro epoche si trova nell'Apocalisse come nei libri di Zoroastro e nella Bibbia. Il ristabilirsi graduale delle federazioni primitive e del regno di Dio fra i popoli liberati dal giogo dei tiranni e dalle bende dell'errore, è chiaramente profetizzato per la fine del quarto periodo, ed è dimostrata, nel futuro e nella consumazione dei tempi, la rinnovazione del cataclisma.
La descrizione del cataclisma e la sua durata; il mondo nuovo, libero dalle onde e apparso sotto il cielo con tutte le sue bellezze, il gran serpente, legato da un angelo in fondo al pozzo dell'abisso per un periodo di tempo; l'aurora infine di questo tempo a venire predetto dal Verbo che appare all'apostolo sin dall'inizio del poema:
"La sua testa e i suoi capelli eran candidi come lana bianca a guisa di neve; e i suoi occhi somigliavano ad una fiamma di fuoco, i suoi piedi erano simili a bronzo puro nella fornace e la sua voce era come il suono di molte acque.
Aveva nella mano destra sette stelle; dalla sua bocca usciva una spada a due tagli bene affilata. Il suo volto brillava come il sole quando egli risplende nella sua forza".
Ecco Ormoutz, Osiride, l'Agnello, il Cristo, l'Anziano dei giorni, l'Uomo del Tempo e del Fiume cantato da Daniele.
Egli è il primo e l'ultimo, quegli che è stato e che sarà; l'alfa e l'omega, il principio e la fine.
Tiene nella sua mano la chiave dei misteri; apre il grande abisso del fuoco centrale ove riposa la morte sotto una tenda di tenebre, ove dorme il gran serpente in attesa del risvegliarsi dei secoli.
Il Chaho spiega in seguito parecchie immagini le cui analogie sono impressionanti, e che si ritrovano in quasi tutti i libri sacri. Le sue parole sono veramente notevoli.
In ogni parola primitiva si stabilisce, sulle stesse radicali, il parallelismo dei rapporti fisici e morali.
Ogni parola contiene in sé la propria definizione materiale e sensibile, e questo linguaggio è così vero e perfetto che è semplice e naturale nell'uomo creatore.
Non vi ha allegoria, ma un vero e proprio rapporto preso ed espresso con l'ispirazione, sia che il veggente esprima con la stessa parola leggermente modificata il sole, il giorno, la luce, la verità, e sia che, attribuendo lo stesso epiteto al bianco sole e ad un agnello, dica Agnello e Cristo in luogo di Sole, e Sole invece di Verità, Luce e Progresso. Non vi sono allegorie, ma dei veri rapporti, afferrati ed espressi con ispirazione.
Ma quando i figli della notte nel loro dialetto incoerente e barbaro dicono Sole, Giorno, Luce, Verità, Agnello, il rapporto così bene espresso nel verbo primitivo, scompare e, con la semplice traduzione, l'agnello e il sole divengono altrettanti simboli.
Notate infatti che la stessa parola allegoria significa, come definizione celtica, mutamento di discorso, traduzione.
L'osservazione che abbiamo fatto si applica rigorosamente a tutto il linguaggio cosmogonico dei barbari.
I veggenti si servivano dello stesso radicale per esprimere il nutrimento e l'istruzione; non è infatti nutrimento dell'anima la scienza del vero?
Così il rotolo di papiro o di biblos, divorato dal profeta Ezechiello; il libretto che un Angelo fa mangiare all'autore dell'Apocalisse; i festini del palazzo magico di Asgard a cui Gangler è invitato da Har il Sublime; la meravigliosa moltiplicazione dei sette panetti, narrata dagli evangelisti, del Nazareno; il pane vivente che Gesù Sole fa mangiare ai suoi discepoli dicendo: questo è il mio corpo; e una folla di simili fatti, non sono che la ripetizione della stessa allegoria: la vita delle anime che si nutrono di verità; la verità che si moltiplica, senza giammai diminuire, ma che necessariamente aumenta a mano a mano che ce ne nutriamo.
Chiunque, esaltato da un nobile sentimento di nazionalità, inebriato dall'idea di una rivoluzione immensa, si eriga a rivelatore di cose nascoste e cerchi di popolarizzare le scoperte della scienza antica presso gli uomini rozzi, ignoranti, sprovvisti delle nozioni più semplici ed elementari e, dica ad esempio: la terra gira, la terra è rotonda come un uovo; che mai può fare le barbarie all'infuori di credere? Non è evidente che qualunque proposizione del genere debba divenire per essa un dogma, un articolo di fede?"
"E' grande , il veggente, l'iniziato, l'eletto della natura e della ragione suprema", esclama ancora concludendo l'autore che abbiamo citato. "A lui solo la facoltà di imitazione che è principio del suo perfezionamento e le cui ispirazioni, rapide come il lampo, dirigono le creazioni e le scoperte. A lui solo un Verbo perfetto di convenienza, di proprietà, di esattezza, di flessibilità, di ricchezza, creato per reazione fisica ed armonica del pensiero; di quel pensiero i cui concetti, ancora liberi dalla parola, riflettono sempre la natura esattamente riprodotta nelle sue espressioni, giudicata ed espressa esattamente nei suoi rapporti. A lui solo la Luce, la scienza, la verità, giacché l'immaginazione, limitata al suo compito passivo e secondario, non domina mai la ragione, la logica naturale che risulta dal paragone delle idee che nascono, si sviluppano in proporzione uguale ai suoi bisogni, mentre il cerchio delle sue cognizioni si allarga per gradi e ordinatamente, senza intrusione di falsi giudizi e di errori. A lui solo una luce ininterrottamente perfettibile, giacché la rapida moltiplicazione della popolazione, avvenuta dopo le rinnovazioni terrestri crea, in pochi secoli, la novella società con tutti i suoi rapporti e i suoi destini sia morali che politici.
E potremo aggiungere, la luce assoluta.
L'uomo del tempo nostro è in se stesso immutabile e non muta fin che non muti la natura nell'ordine della quale fa parte. Le condizioni sociali in cui si trova determinano solo il grado del suo perfezionamento che ha per limite la virtù, la santità dell'uomo e la sua felicità nell'ambito della legge".
Dopo simili parole, si oserà domandarci ancora quale sia l’utilità delle scienze occulte? Si tratterà ancora con dispregio il misticismo e l'illuminismo, queste matematiche viventi, questa proporzione delle idee e della forma, rivelazione permanente della ragione universale, liberazione dello spirito, base incrollabile della fede, onnipotenza rivelata alla volontà? O fanciulli che ricercate i giuochi di prestigio, siete delusi di trovare delle meraviglie? Un tale ci diceva un giorno: fate apparire un diavolo, ed io vi crederò. Gli rispondemmo: poca cosa ci chiedete; noi non faremo apparire, ma scomparire il diavolo dal mondo intero, cioè vogliamo scacciarlo dai vostri sogni. Il diavolo è l'ignoranza; è la tenebra, l'incoerenza del pensiero, l'iniquità della vita. Risvegliatevi, o addormentato del medio evo! Non vedete che è spuntato il giorno? Non vedete la luce di Dio che riempie tutta la natura? Dove oserà oramai mostrarsi il principe spodestato dell'inferno?
Non ci rimane che a dare le nostre conclusioni e a determinare il fine e la portata dell'opera nostra nell'ordine religioso, nell'ordine filosofico, e nell'ordine delle realizzazioni materiali e positive.
Prima di tutto, nell'ordine religioso, abbiamo accertato che la pratica dei culti non è cosa senza importanza, che la magia delle religioni trovasi nei loro riti, che la loro forza morale è riposta nella gerarchia ternaria e che la gerarchia ha per base, per principio e per sintesi l'unità.
Abbiamo mostrato l'unità e l'ortodossia del dogma, successivamente rivestito di parecchi veli allegorici, e abbiamo seguito la verità che Mosè ha salvato dalla profanazione d'Egitto, conservato nella Cabala dei profeti, emancipato dalla schiavitù dei farisei attirando a lei tutte le aspirazioni poetiche e generose delle civiltà greche e romane, protestando contro un novello fariseismo più corrotto del primo, per mezzo dei santi del medio evo e dei pensatori del Rinascimento. Abbiamo mostrato, ripeto, questa verità sempre universale che sola concilia la ragione con la fede, la scienza con l'obbedienza, la verità dell'armonia dimostrata dall'armonia, quella della ragione dimostrata con la ragione.
Rivelando per la prima volta al mondo i misteri della Magia non abbiamo voluto far risorgere le pratiche seppellite sotto le rovine delle antiche civiltà; ma diciamo all'umanità dei giorni nostri che è chiamata anch'essa a rendersi immortale e onnipotente con le proprie opere.
La libertà non è cosa che si dona, essa si conquista; lo stesso può dirsi della scienza; per questo il divulgare la verità assoluta è mai utile al volgo. Sono e saranno sempre necessarie favole e leggende ai fanciulli; ma non debbono anche coloro, che queste leggende raccontano, essere dei fanciulli, ascoltatori di favole. Tornino la scienza più assoluta e la più alta ragione ad essere patrimonio del popolo; riprendano l'arte sacerdotale e l'arte reale il doppio loro scettro dell'Iniziazione antica, e ancora una volta il mondo uscirà dal caos.
Il nostro libro è cattolico; e anche se esso nelle sue rivelazioni potrà allarmare la coscienza dei semplici, ci conforta la certezza di pensare che essi non lo leggeranno. Noi scriviamo per gli uomini senza pregiudizi e non ci sentiamo di lusingare più l'irreligione che il fanatismo.
Ma se al mondo vi ha qualche cosa di essenzialmente libero e inviolabile, questa è la credenza. E' necessario, con la scienza e con la persuasione, distogliere dall'assurdo le immaginazioni fuorviate; ma sarebbe dare ai loro errori tutta la dignità e tutta la verità del martirio, se si minacciassero o si contraddicessero.
La fede non è superstizione e follia se non ha la ragione per base, e non è possibile conoscere quello che s’ignora se non per analogia con quello che si conosce. Definire quello che non si sa è ignoranza presuntuosa; affermare positivamente ciò che s’ignora, è mentire.
Così la fede è un’aspirazione e un desiderio. Così sia, io desidero che così sia, sono sempre queste le ultime parole di tutte le professioni di fede. La Fede, la Speranza e la Carità sono tre sorelle tanto inseparabili che si possono scambiare l'una per l'altra.
Alla stessa maniera in religione, ortodossia universale e gerarchica, restaurazione del tempio in tutto il suo splendore, ripristinamento di tutte le cerimonie nella loro pompa primitiva, insegnamento gerarchico dei simboli, misteri, miracoli e leggende per fanciulli, luce per gli uomini fatti, che si guarderanno bene dallo scandalizzare le piccole anime nella semplicità della loro credenza. Questa è la nostra utopia in religione, ed è anche desiderio e bisogno dell'umanità.
Veniamo alla filosofia.
La nostra è quella del realismo e del positivismo.
L'essere è in ragione dell'essere di cui nessuno dubita. Ogni cosa, per noi esiste per un principio scientifico. Sapere vuol dire essere. La scienza e il suo oggetto s'identificano nella vita intellettuale di colui che sa. Dubitare, vuol dire ignorare. Ora ciò che noi ignoriamo, non esiste nemmeno per noi. Vivere intellettualmente significa apprendere.
L'essere si sviluppa e s’ingrandisce per mezzo della scienza. La prima conquista della scienza è il primo risultato delle scienze esatte, è il sentimento della ragione. Le leggi della natura sono algebra. Per questo motivo sola fede ragionevole per chi studia è l'adesione ai teoremi di cui egli stesso ignora la dimostrazione, ma che si dimostrano mediante applicazioni e risultati sufficientemente provati. Per ciò il vero filosofo crede a quello che è, e a posteriori ammette soltanto quello che è ragionevole.
In filosofia non si ammetta adunque più ciarlatanismo, più empirismo, più sistema; ma lo studio dell'essere e delle sue realtà raffrontate. Si giunga a una vera metafisica della natura. Non più sogni in filosofia! La filosofia non è poesia; è la matematica pura delle realtà, sia fisiche che morali. Lasciamo alla religione la libertà delle sue aspirazioni infinite; lasci essa alla scienza le rigorose conclusioni dello sperimentalismo assoluto.
L'uomo è figlio delle proprie opere; è quegli che vuol essere; è l'immagine di quel Dio che si crea, è la realizzazione del proprio ideale. Se il suo ideale manca di base, crolla tutto l'edificio della propria immortalità. La filosofia non è l'ideale ma la base dell'ideale. Il conosciuto è per noi misura dell'ignoto; il visibile ci fa apprezzare l'invisibile; e le sensazioni stanno ai pensieri come i pensieri alle aspirazioni. La scienza è una trigonometria celeste; uno dei lati del triangolo assoluto è la natura sottomessa alla nostra investigazione; l'altra è l'anima nostra che abbraccia e riflette la natura; il terzo è l'assoluto in cui l'anima nostra s’ingrandisce! Non vi ha più ormai possibilità di un ateismo, giacché non abbiamo più la pretesa di definire Iddio. Dio per noi è il più perfetto e il migliore degli esseri intelligenti, e la gerarchia ascendente degli esseri ci prova a sufficienza che egli esiste. Non chiediamo di più; ma, per comprenderlo sempre meglio, perfezioniamoci per risalire verso lui.
Non più ideologia; l'essere è quello che è, e non si perfeziona che seguendo le leggi reali dell'essere. Osserviamo, non creiamo pregiudizi; esercitiamo le nostre facoltà, vediamo il vero nel vero. Tutto è possibile a colui che vuole soltanto ciò che è vero. Restate nella natura, studiate, sappiate e poi osate; osate volere, osate agire, e TACETE.
Non più odio contro alcuno. Ciascuno mieterà quello che ha seminato. Fatale è il risultato delle opere e alla ragione suprema è dato giudicare e punire i malvagi.
Noi non siamo i giudici dei nostri simili. La vita è un campo di battaglia. Non cessiamo mai di combattere perché vi sono dai caduti; ma evitiamo di calpestarli. Viene poi la vittoria, e i feriti delle due parti affratellati dal dolore dinanzi all'umanità, saranno raccolti dalle ambulanze del vincitore.
Queste sono le conseguenze del dogma filosofico di Ermete; questa in ogni tempo è stata la morale dei veri Adepti; questa è la filosofia dei Rosa Croce eredi di tutta la sapienza antica (ora distrutti dalla chiesa di Roma).
Il vero Adepto, lungi dal turbare l'ordine pubblico, ne è il più forte sostenitore. Rispetta troppo la libertà per desiderare l'anarchia; figlio della luce ama l'armonia e sa che le tenebre producono la confusione. Accetta tutto ciò che esiste e nega soltanto ciò che non è. Vuole la religione vera, pratica, universale, credente, palpabile, realizzata nella vita intera; la vuole con saggio potere sacerdozio, cinta di ogni virtù e di tutto il prestigio della fede. Vuole l'ortodossia universale, la cattolicità assoluta, gerarchica, apostolica, sacramentale, incontestabile e incontestata. Vuole una filosofia sperimentale, reale, matematica, modesta nelle sue conclusioni, infaticabile nelle sue ricerche, scientifica nei suoi progressi.
Chi mai adunque potrà essere contro noi se Dio e la ragione sono con noi? Che importa dei pregiudizi? Che della calunnia? Nostra intera giustificazione sono i nostri pensieri e le nostre opere. Noi non verremo, come Edipo, a uccidere la Sfinge del simbolismo; imprenderemo invece a risuscitarlo. La Sfinge divora soltanto i ciechi interpreti e chi la uccide non seppe a sufficienza divinizzarla; la si deve domare, incatenare, costringere a seguirci. La Sfinge è il vivente palladio dell'umanità, la conquista del re di Tebe; sarebbe stata la salvezza di Edipo se egli avesse saputo interamente svelarne l'enigma.
Come si dovrà concludere quest'opera nell'ordine positivo e materiale? La Magia è forza che la scienza potrà abbandonare ai più audaci o ai più malvagi? E' essa un trucco del debole? E' il mercurio filosofale uno strumento della credulità con la furberia? Quelli che vi hanno compreso sanno già come si debba rispondere a queste domande. La Magia ai nostri giorni non può più essere l'arte delle fascinazioni e dei prestigi; ora si possono ingannare soltanto coloro che vogliono essere ingannati. Ma la ristretta e temeraria incredulità dell'ultimo secolo è smentita a ogni passo dalla stessa natura. Noi viviamo circondati da profezie e da miracoli; il dubbio altra volta li negava con temerità; la scienza oggi li spiega. No, signor conte di Mirville, non è dato a uno spirito caduto di combattere e turbare l'impero di Dio! No; le cose sconosciute non si spiegano con cose impossibili; no, non è dato agli invisibili di ingannare, tormentare, sedurre, uccidere le viventi creature di Dio, gli uomini già sì deboli e ignoranti, che tante difficoltà incontrano a difendersi dalle loro stesse illusioni.
L'uomo è egli stesso il creatore del suo cielo e del suo inferno; non vi hanno altri Demòni che le nostre proprie follie. Gli spiriti che la verità punisce sono dal castigo corretti, e non pensano a turbare il mondo. Se Satana esiste, egli non può essere che il più sventurato, il più ignorante, il più avvilito, il più impotente degli esseri.
L'esistenza di un agente universale della vita, di un fuoco vivente, di una luce astrale, ci è dimostrato dai fatti. Il magnetismo oggi ci fa comprendere i miracoli dell'antica magia; i fenomeni della seconda vista, le aspirazioni, le improvvise guarigioni, le penetrazioni del pensiero sono ora cose reali e familiari anche ai nostri bambini.
Ma si erano perdute le tradizioni degli antichi, si credeva a delle nuvole scoperte, si cercava l'ultima parola dei fenomeni osservati, le teste si riscaldavano innanzi a manifestazioni senza importanza e subivano fascinazioni senza comprenderle. Siamo venuti a dire a coloro che fanno girare i tavolini: "Questi prodigi non sono delle novità; potete anche operarne di maggiori purché studiate le leggi segrete della natura". E che mai potrà nascere dalla rinnovata conoscenza di questi poteri? Un nuovo arringo aperto all'attività e all'intelligenza dell'uomo, la lotta della vita organizzata nuovamente e con armi più perfette, la possibilità restituita alle intelligenze elette di ritornare padrone dei propri destini e di dare al mondo, all'umanità avvenire, dei veri sacerdoti e dei grandi sovrani.
ELIFAS LEVI
tratto da: ISIDE SVELATA – Editrice Libraria SIRIO – Trieste
H. P. BLAVATSKY
Insegnamenti fondamentali della Teosofia
Dio e preghiera
D. Credete voi in Dio?
R. Ciò dipende da quello che intendete con tale termine.
D. Intendo il Dio dei Cristiani, il Padre di Gesù, il Creatore, il biblico Dio di Mosè, in poche parole.
R. Noi non crediamo in un simile Dio. Respingiamo l’idea di un Dio personale o extracosmico e antropomorfico che non è che l’ombra ingigantita dell’uomo e nemmeno del migliore. Il Dio della teologia, noi diciamo (e possiamo provarlo) non è che un cumulo di contraddizioni ed un’impossibilità logica. Non abbiamo quindi nulla a che fare con lui.
D. Ditecene, vi prego, le ragioni.
R. Ve ne sono molte e non possiamo fermarci su tutte. Ne esporrò alcune. Questo Dio non viene considerato dai suoi devoti come infinito ed assoluto?
D. Lo credo bene.
R. E se è infinito - ossia illimitato - e specialmente assoluto come può avere una forma ed essere il creatore di una qualsiasi forma? La forma implica limitazione ed anche un principio ed una fine; e per creare, l’essere deve pensare ad un piano. Come supporre che l’ASSOLUTO possa pensare (ossia avere un qualsiasi rapporto con ciò che è limitato, finito e condizionato? E’ un’assurdità, sia dal lato filosofico che da quello logico. Perfino la Cabala Ebraica non ammette una simile idea e fa dell’Unico, Assoluto Principio della Divinità una Unità infinita, chiamata Ain-Soph [Ain-Soph = l’infinito, illimitato, entro e con la Natura – il non esistente che E’, ma che non è un Essere]. Per creare, il Creatore avrebbe dovuto diventare attivo e ciò è impossibile per l’ASSOLUTEZZA, il principio infinito che dovrebbe dimostrarsi causa della evoluzione (non della creazione) in modo indiretto – ossia mediante l’emanazione da sé stesso (un’altra assurdità dovuta questa volta ai traduttori della Cabala) delle Sephiroth. [Come potrebbe il principio eterno inattivo emanare od emettere? Il Parabrahm dei Vedantini non fa nulla di simile e nemmeno l’Ain-Soph della Cabala Caldea. Vi è una legge periodica eterna che causa l’emanazione di una forza attiva e creativa (il Logos) dal principio uno, incomprensibile e celato, all’inizio di ogni Maha-Mavantara o nuovo ciclo di vita.]
D. Come spiegare che i cabalisti, come tali, credono in Jehovah, o nel Tetragrammaton?
R. Essi sono liberi di credere ciò che a loro piace. Quello che credono o non credono non può influire sull’evidenza dei fatti. I Gesuiti ci dicono che non sempre due e due fanno sicuramente quattro, poiché dipende dalla volontà di Dio di far che 2+2 = 5. Dobbiamo per questo accettare il loro sofisma?
D. Allora siete degli atei?
R. No, a parer nostro, a meno che l’epiteto di “Ateo” si applichi a coloro che non credono in un Dio antropomorfo [una controfigura dell’uomo]. Noi crediamo in un Principio Divino Universale, alla radice del TUTTO da cui tutto procede ed in cui tutto sarà riassorbito alla fine del grande ciclo dell’Esistenza.
D. Questa è l’antica, molto antica teoria del Panteismo. Se siete Panteisti non potete essere Deisti; e se non siete Deisti dovete quindi essere Atei.
R. Necessariamente no. Il termine “Panteismo” è anch’esso usato abusivamente al pari di tanti altri il cui vero e originario significato è stato distorto dai ciechi pregiudizi e da punti di vista unilaterali. Se accettate l’etimologia cristiana di questa parola composta e la formate con Pan tutto e Teos Dio, e poi immaginate e insegnate che ciò significa che ogni pietra, ogni albero della Natura è un Dio o l’UNICO, allora certamente avreste ragione e fareste dei Panteisti degli adoratori di feticci in aggiunta al loro legittimo nome. Ma difficilmente vi riuscirete se ricercaste come noi l’etimologia esoterica della parola “Panteismo”.
D. Qual è dunque la vostra definizione?
R. Vi farò a mia volta una domanda: Che cosa intendete per Pan o Natura?
D. La Natura è, suppongo, la somma totale delle cose che esistono attorno a noi; l’aggregato delle cause e degli effetti nel mondo della materia, la creazione, ossia l’universo.
R. Quindi la somma e l’ordine personificati delle cause e degli effetti conosciuti; il totale di tutti gli agenti e delle forze finite, completamente dissociate da un creatore o da dei Creatori e forse “concepito come una singola forza separata” secondo le vostre enciclopedie?
D. Si, così credo.
R. Ebbene, noi non prendiamo in considerazione né la natura oggettiva e materiale, che chiamiamo illusione evanescente, né diamo a Pan il significato di Natura nel senso della sua accettata derivazione dal latino (cioè il divenire da nasci, essere nato). Quando parliamo della Deità e la diciamo identica e quindi coeva [della stessa età] alla Natura noi intendiamo la natura eterna ed increata e non, come voi fate, un aggregato di ombre evanescenti e di irrealtà finite. Lasciamo che i compilatori di inni sacri chiamino il cielo visibile, ossia la volta celeste, il Trono di Dio e la nostra terra di fango il Suo sgabello. La nostra Deità non sta né in un paradiso né in un particolare albero o edificio o monte; essa è dappertutto, in ogni atomo del Cosmo, visibile o invisibile, entro, sopra ed intorno ad ogni indivisibile particella o divisibile molecola, dato che ciò è il misterioso potere della evoluzione ed involuzione, l’onnipresente, onnipotente e perfino onnisciente potenzialità creativa.
D. Alto là! L’onniscienza è prerogativa di qualcosa che pensa e voi negate alla vostra Assolutezza il potere di pensare.
R. Lo neghiamo all’ASSOLUTO essendo il pensiero alcunché di limitato e condizionato, ma evidentemente dimenticate che, in filosofia, l’incoscienza assoluta è altresì assoluta coscienza, altrimenti non sarebbe assoluta.
D. Ma allora il vostro Assoluto pensa!
R. No, non pensa, per la semplice ragione che esso è il PENSIERO ASSOLUTO stesso. E per questa ragione non esiste, essendo l’esistenza assoluta, l’Essenza dell’Essere, non un Essere [Con “Essenza dell’Essere” traduciamo piuttosto infelicemente l’intraducibile Inglese Be-ness]. Leggete il superbo poema Cabalistico di Salomone Ben Jehudan Gabirov nel Kether-Malchut e comprenderete: “Tu sei uno, la radice di tutti i numeri, ma non come un elemento di enumerazione; poiché l’unità non ammette moltiplicazione, mutamento o forma. Tu sei uno e la Tua unità non è mai diminuita né mai estesa e non può essere cambiata. Tu sei uno e nessun mio pensiero può fissarti un limite o definirti. Tu SEI, ma non già come uno che esiste, poiché la comprensione e la visione dei mortali non possono raggiungere la Tua esistenza, né determinare per Te il dove, il come, il perché” ecc. ecc. In breve la nostra Deità è il costruttore che incessantemente evolve, e non crea, l’universo; e questo universo si sviluppa dalla sua propria essenza, non è fatto. Simbolicamente è una sfera senza circonferenza, che ha un solo attributo eternamente operante che abbraccia tutti gli altri attributi esistenti o immaginabili: SÉ STESSO. È la legge unica che dà l’impulso alle leggi manifeste, eterne ed immutabili nell’ambito di questa LEGGE che giammai si manifesta, poiché Legge assoluta che, nei suoi periodi di manifestazione, è L’eterno Divenire.
D. Intesi una volta da uno dei vostri membri, che la Deità Universale, esistente ovunque, si trova tanto in una coppa di disonore quanto in una di onore e che quindi sarebbe presente anche in ogni atomo della cenere del mio sigaro! Non è questa una bestemmia grossolana?
R. Non penso affatto, poiché la semplice logica non può essere considerata una bestemmia. Se escludessimo il Principio Onnipresente da un punto matematico dell’universo o da una particella di materia che occupi un qualsiasi spazio concepibile, potremmo riguardarlo ancora come infinito?
È necessario pregare?
D. Credete voi nella preghiera e pregate voi?
R. No, noi operiamo invece di pregare.
D. Non offrite preghiere nemmeno al Principio Assoluto?
R. E perché lo dovremmo? Siamo persone molto occupate e non possiamo perdere tempo nell’indirizzare preghiere verbali ad una pura astrazione. L’Inconoscibile può avere soltanto rapporti reciproci fra le proprie parti, ma non esiste per quanto concerne ogni rapporto finito. L’universo visibile dipende, per la sua esistenza ed i suoi fenomeni, dalla mutua azione delle sue forme e dalle leggi che le reggono, non dalla preghiera o dalle preghiere.
D. Allora non credete affatto all’efficacia della preghiera?
R. Non alla preghiera insegnata con tante parole ed esteriormente ripetuta, se per preghiera intendete la perfezione esterna ad un Dio sconosciuto, come fu inaugurata dagli Ebrei e popolarizzata dai Farisei.
D. Vi è dunque qualche altro genere di preghiera?
R. Certamente; vi è quella che noi chiamiamo Preghiera di volontà, e che è piuttosto un interno comando che una ripetizione.
D. A chi dunque vi rivolgete quando pregate in tal modo?
R. Al “Nostro Padre Nei Cieli” nel segno esoterico.
D. È questo diverso da quello dato dalla teologia?
R. Assolutamente. Un Occultista od un Teosofo dirige la sua preghiera al Padre suo che è nel segreto (leggete e cercate di comprendere Matteo, VI, 6) e non ad un Dio extracosmico e quindi finito; e questo “Padre” è nell’uomo stesso.
D. Voi fate allora dell’uomo un Dio?
R. Prego, dite “Dio” e non un Dio. Per noi, l’uomo interiore è il solo Dio di cui possiamo avere conoscenza. E come potrebbe essere altrimenti? Dato il nostro postulato che Dio è un principio infinito universalmente diffuso, come potrebbe l’uomo solo sfuggire dall’essere permeato dalla Deità e completamente immerso in essa? Noi chiamiamo “il Padre Nostro nei Cieli”, quell’essenza deificata di cui abbiamo conoscenza entro di noi, nel nostro cuore e nella nostra coscienza spirituale e che non ha nulla a che fare con la concezione antropomorfica che possiamo formarci nel nostro cervello fisico o nella nostra immaginazione: “Non sapete voi che siete il tempio di Dio e che lo Spirito di Dio (l’assoluto) abita in voi?”. [Le opere teosofiche contengono spesso indicazioni contraddittorie circa il principio Christos nell’uomo; alcuni lo chiamano il sesto principio (Buddhi) mentre altri lo ritengono il settimo (Atman). Se i teosofi cristiani volessero servirsi di tali espressioni, dovrebbero mantenere l’esattezza filosofica seguendo l’analogia dei simboli dell’antica religione della Sapienza. Noi diciamo che Christos è non soltanto uno dei tre principi superiori, ma tutti e tre, riguardati come una Trinità. Questa Trinità rappresenta lo Spirito Santo, il Padre ed il Figlio, in corrispondenza allo spirito astratto, allo spirito differenziato ed allo spirito incarnato. Krishna chiama sé stesso, indifferentemente, Atman, lo spirito astratto, Kshetragna, l’Ego Superiore o reincarnantesi ed il Sé Universale, tutti nomi che, se trasferiti dall’Universo all’uomo, corrispondono ad Atma, Buddhi e Manas. L’Anugita è ricolmo della stessa dottrina.]. Che nessuno, però, antromorfizzi questa essenza in noi. Che nessun Teosofo, se vuol attenersi alla verità divina e non a quella umana, dica che questo “Dio segreto” ascolta l’uomo od è distinto sia dall’uomo finito che dall’essenza infinita, poiché tutti questi sono uno. Né, come rimarcammo, quella preghiera è una petizione. È piuttosto un mistero; un processo occulto, per cui pensieri e desideri finiti e condizionati, incapaci di essere assimilati dallo spirito assoluto, che non è condizionato, sono trasformati in volizioni spirituali e nella volontà; questo processo è chiamato “trasmutazione spirituale”. L’intensità delle nostre aspirazioni cambia la preghiera in “pietra filosofale” ossia in ciò che trasforma il piombo in oro puro. Solo questa nostra essenza omogenea, il nostro “potere della volontà” diventa la forza attiva o creativa che produce effetti secondo i nostri desideri.
D. Intendete dire che la preghiera è un processo occulto che apporta risultati fisici?
R. Sicuramente. Il Potere della Volontà diventa un potere vivente. Ma guai agli occultisti ed ai Teosofi che, invece di soffocare i desideri del loro ego personale inferiore, ossia dell’uomo fisico, e di dire rivolti al loro Ego Superiore Spirituale, immerso nella luce di Atma-Buddhi: “Che la tua volontà sia fatta e non la mia”, ecc. innalzano onde di potere della volontà per scopi egoistici e sacrileghi. Questa sarebbe magia nera, abominazione, stregoneria spirituale. Disgraziatamente questa è l’occupazione favorita dai nostri uomini di stato cristiani e dei generali, specialmente quando mandano due eserciti a distruggersi reciprocamente. Entrambe le parti si concedono un po’ di stregoneria, offrendo rispettivamente preghiere allo stesso Dio degli Eserciti, e invocando il suo aiuto per tagliare la gola ai nemici.
D. Davide pregò il Signore degli Eserciti di aiutarlo a vincere i Filistei ed a distruggere i Siri ed i Moabiti e “Il Signore protesse Davide ovunque andò”. Con ciò non facciamo che seguire la Bibbia.
R. È così certamente. Ma dato che, per quanto sappiamo, ci tenete tanto a proclamarvi Cristiani, non Israelitici od Ebrei, perché non seguite piuttosto i precetti di Cristo? Egli chiaramente vi comanda di non attenervi a “quelli degli antichi tempi” o alla legge mosaica, ma di far ciò che vi dice, ammonendo coloro che vogliono uccidere con la spada che essi pure periranno per la spada. Cristo vi ha dato una preghiera che recitate soltanto con le labbra facendone oggetto di orgoglio, ma che solo il vero Occultista comprende. In Essa dite, nel senso della lettera morta: “Perdona a noi i nostri debiti come noi li perdoniamo ai nostri debitori”; cosa questa che mai fate. Egli vi dice ancora di amare i vostri nemici e di fare del bene a coloro che vi odiano. Non è certo il “mite profeta di Nazaret” quello che vi ha insegnato a pregare il vostro “Padre” di distruggere i vostri nemici e di concedervi la vittoria! Questa è la ragione per cui respingiamo ciò che voi chiamate “preghiera”.
D. Ma come spiegate il fatto universale che tutte le nazioni e tutti i popoli hanno pregato e adorato un Dio o degli Dei? Alcuni hanno adorato i demoni o gli spiriti maligni per propiziarseli, ma ciò prova soltanto l’universalità della credenza nella efficacia della preghiera.
R. Lo si spiega con l’altro fatto che la preghiera ha diversi altri significati oltre a quello datole dai cristiani. La preghiera non è soltanto una perorazione o petizione, ma, anticamente, significava piuttosto una invocazione ed un incantesimo. Il mantra, ossia la preghiera cantata ritmicamente degli Indù ha precisamente tale significato, dato che i Bramini si ritengono superiori ai comuni deva o “Dei”. Una preghiera può diventare un appello o un incantesimo per una maledizione (come per esempio due eserciti che pregano simultaneamente per distruggersi a vicenda), come pure per una benedizione. E siccome la grande maggioranza delle persone è intensamente egoista e prega soltanto per sé, domandando che le sia dato il suo “pane quotidiano”, invece di lavorare per ottenerlo, pregando Dio di non indurli in “tentazione”, ma liberarli (loro soltanto) dal male, il risultato è che questa preghiera, come oggi è compresa, è doppiamente perniciosa: a) distrugge nell’uomo la fiducia in sé stesso; b) sviluppa in lui egoismo ed un egocentrismo ancora più feroce di quelli cui già per sua natura è fornito.
Ripeto, noi crediamo nella “comunione” e nella simultanea azione all’unisono col nostro “Padre nel Segreto”, e nei rari momenti di beatitudine estatica in cui la nostra anima superiore si diffonde con l’essenza universale, attratta verso il suo centro e la sua origine, stato che in vita è chiamato Samadhi e dopo la morte Nirvana. Ci rifiutiamo di pregare degli esseri finiti e creati, come dei, santi, angeli, ed altro, perché ai nostri occhi ciò è idolatria. Non possiamo pregare l’ASSOLUTO per le ragioni già precedentemente spiegate; cerchiamo quindi di sostituire la preghiera sterile ed inutile con azioni meritorie che diano buoni frutti.
D. I Cristiani giudicherebbero ciò orgoglio e bestemmia. Hanno essi torto?
R. Assolutamente. Sono essi, al contrario che dimostrano un satanico orgoglio credendo che l’Assoluto o l’Infinito – anche se fosse possibile un qualsiasi rapporto tra l’incondizionato ed il condizionato – si possa fermare ed ascoltare ogni preghiera folle ed egoista. E sono altresì essi che virtualmente bestemmiano, insegnando che l’Onnisciente e l’Onnipotente ha bisogno di preghiere formulate per sapere quello che deve fare! Questo – esotericamente compreso – viene confermato sia dal Buddha che da Gesù. Il primo dice: “Non cercate nulla dagli Dei impotenti – non pregate! Agite piuttosto poiché l’oscurità non può illuminare. Non chiedete nulla al silenzio, poiché esso non può parlare o sentire”. E Gesù raccomanda: ”Qualunque cosa chiedete in nome mio (quello del Christos), quella io farò”. Questa citazione, presa nel senso letterale, va certamente contro al nostro argomento, ma se l’accettiamo nel termine “Christos”, che rappresenta per noi Atma-Buddhi-Manas, il “SÉ”, allora vuol dire: l’unico Dio che dobbiamo riconoscere e pregare, o meglio col quale dobbiamo agire all’unisono, è quello spirito di Dio di cui il nostro corpo è il tempio nel quale esso dimora.
La preghiera distrugge la fiducia in noi stessi
D. Ma Cristo stesso non ha pregato e raccomandato di pregare?
R. Così è stato trasmesso, ma quelle “preghiere” erano precisamente del genere su menzionato: la comunione col proprio “Padre in segreto”. Altrimenti, se identificheremo Gesù con la Deità universale, sarebbe illogico ed assurdo arrivare alla conclusione che Egli “Vero Dio Lui steso” pregasse sé stesso, separando la volontà di quel Dio dalla sua!
D. Vi è ancora un altro argomento; un argomento che viene molto usato da alcuni cristiani. Essi dicono: “Non mi sento capace di vincere le mie passioni e debolezze colle sole mie forze; ma quando prego Gesù Cristo sento che Egli mi dà la forza e col Suo potere vi riesco”.
R. Nessuna meraviglia. Se “Cristo Gesù” è Dio ed un Dio indipendente e separato da chi prega, ogni cosa è, e deve, essere possibile ad un “Dio onnipotente”. Ma quale allora sarebbe il merito oppure la giustizia in una simile conquista? Perché lo pseudovincitore dovrebbe essere ricompensato per ciò che gli è costato soltanto una preghiera? Anche voi, come semplice mortale, paghereste un operaio la paga completa di una giornata se voi aveste compiuto la maggior parte di lavoro per lui, mentre lui, seduto sotto un melo, ve ne avesse pregato tutto il giorno? L’idea di passare tutta la vita in una inezia morale, lasciando che il proprio lavoro ed il proprio dovere venga eseguito da un altro – Dio o uomo che sia – ci appare rivoltante, in quanto degradante per la dignità umana.
D. Sarà forse così; ma l’idea di confidare in un Salvatore personale che aiuti e dia forza nella lotta della vita è fondamentale per la moderna Cristianità. E non vi è dubbio che tale credenza sia soggettivamente efficace; voglio dire che coloro che vi credono, si sentono realmente aiutati e rafforzati.
R. Né vi è dubbio che alcuni pazienti degli “Scienziati mentali” degli “Scienziati Cristiani”, i grandi “Negatori”, siano stati talvolta curati; né che i medesimi risultati siano stati ottenuti coll’ipnotismo, la suggestione, la psicologia, e persino medianicamente, altrettanto spesso, se non più spesso. [Ma ciò non conferma il fatto che è la forza interiore del proprio Sé a guarire, anche se con l’aiuto di qualcuno che la stimoli?]. Voi, seguendo il filo del vostro argomento, prendete in considerazione soltanto i successi. Ma che dire degli insuccessi che sono dieci volte tanti?
D. Ma come potete spiegare i casi seguiti da pieno successo? Dove cerca il Teosofo il potere di soggiogare le sue passioni e l’egoismo?
R. Nel suo Sé Superiore, lo Spirito Divino, o Dio in lui, e nel suo Karma. Quante volte dovremo ripetere che l’albero si riconosce dai frutti e la natura della causa dai suoi effetti? Voi dite soggiogare le passioni e di diventare buono attraverso l’aiuto di Dio o di Cristo. Ma domandiamo: dov’è che trovate le persone più virtuose, meno colpevoli, che si astengono dal peccato e dal delitto, nel Cristianesimo o nel Buddismo – nei paesi cristiani o quelli pagani? Le statistiche ci danno la risposta corroborando la nostra tesi. Secondo l’ultimo censimento a Ceylon in India, la tavola comparativa dei delitti commessi da Cristiani, Musulmani, Indù, Eurasiani, Buddisti ecc. su due milioni di persone, prese a caso da ciascuna comunità e concernente un periodo di cattiva condotta durante i diversi anni, mostra che la proporzione dei crimini commessi dai Cristiani è di 15 a 4 commessi dalla popolazione Buddista. (siamo nel 1888)
Non c’è orientalista o storico di qualche fama, né viaggiatore nei paesi buddisti, dal vescovo Bigandet e dall’abate Huc fino a Sir William Hunter, ed ogni funzionario imparziale, che non dia la palma della virtù ai Buddisti prima che ai Cristiani. Eppure i primi (od almeno la vera scuola Buddista Siamese) ad ogni buon conto non credono né in Dio né in una ricompensa futura al di fuori di questa terra. Essi, preti o laici, non pregano. “Pregare” esclamerebbero meravigliati “chi, o che cosa?”.
D. Il clero buddista non fa altrettanto?
R. Mai. Esso è troppo fedele al precetto contenuto nel Dhammapada per farlo; esso sa che “Se un uomo, istruito o meno, si considera tanto grande da disprezzare gli altri uomini, è simile ad un cieco che tenga una candela: illumina gli altri, rimanendo cieco”.
nota di Roberto Rossetti:
“Personalmente ho tentato un contatto con la nuova Società Teosofica, ma mi sono trovato solamente una “fredda” struttura in cui si tende solo alla vendita dei suoi mensili.
Forse, dopo la morte della Blavatsky, tutto si è ridotto ad un movimento di pensiero riportato e non ragionato, nello stesso modo che agisce la Chiesa di Roma e le varie associazioni “Segrete” (per così dire, in quanto conosciute da tutti). Molte persone cercano simili strutture solo per aumentare le loro conoscenze utili ad aumentare il proprio potere materiale.
Ne parlo a ragion veduta, avendo conseguito un diploma di Cultura Religiosa e avendo raggiunto il massimo grado in ben tre tipi di Massoneria (Italiana, Francese ed Egizia). Un altro dubbio sul loro modo di agire mi può essere scaturito da una frase dettami da una sorella Apprendista Massonica: “Come è possibile che ci sia una persona con un difetto fisico a dirigere una Loggia Massonica? Non è detto che occorre essere sani per poter accedere ai segreti occulti?”. Allora risposi che frasi del genere possono scaturire da persone che non sanno nulla di Filosofia Esoterica.
Spesso la persona si sofferma sulla parte esteriore dell’essere, quella che comunemente chiamiamo “corpo”, quella parte è solo della semplice materia; utile per conseguire le esperienze di questa dimensione.
Se una persona molto ricca si mettesse un saio lacero, non sarebbe più ricca?
Quello che ci si dimentica è che noi siamo delle scintille della grande fiamma; siamo un puntino dell’Eterno Infinito.
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L’ENERGIA
Ormai è noto a tutti, persino ai più scettici è capitato di percepirle, che esistono delle forze esterne, chiamate comunemente le “Forze della Natura” o “Energie Universali” che dall’universo e dagli elementi della Terra influiscono sulle nostre azioni, sulla nostra salute e sulla nostra personalità.
Questa “Energia” scaturisce dalla “Causa Prima”, dall’ ”Eterno”, dall’Essere Superiore che chiamiamo volgarmente “Dio” (sia ben chiaro che non sto parlando del dio creato dall’uomo, a propria immagine e somiglianza, per sottomettere l’umanità sotto l’oppressione della paura di un castigo eterno).
L’energia penetra nelle cose come l’aria penetra nei nostri polmoni, anzi meglio perché essa penetra in ogni particella della materia che compone ogni cosa esistente; per essere precisi ogni cosa esistente proviene dall’energia e si mantiene nella forma grazie all’energia universale. Ciò che distingue l’azione dell’energia sulle cose è che nella materia inerte essa agisce totalmente modellandone la forma e la consistenza a proprio piacere, sulle piante agisce in uguale modo ma cause esterne ne modificano la forma (animali e uomo), sull’animale agisce modellandone il carattere secondo la specie (fatta eccezione dove interviene l’uomo).
Solo l’uomo può avere il libero arbitrio per dominare a proprio piacere e necessità, questa energia, utilizzandola nel Bene o nel Male verso di se o verso gli altri. Infatti, la stessa energia scaturisce dall’uomo quando questi viene iniziato nei segreti filosofici della Natura. Nella maggioranza questa energia dell’uomo esiste nello stato di quiete, l’uomo non sente la sua esistenza (specialmente coloro che non credono di possedere qualcosa oltre la materia, cioè: l’Anima e lo Spirito), e questi vengono a trovarsi in balìa delle forze così come un pezzo di legno gettato nelle acque inquiete di un fiume.
Coloro che iniziano a sentire qualcosa di diverso della propria forma fisica materiale e cercano di "capire", anche se con una certa apprensione legata alle paure superstiziose insegnatigli, possono arrivare all’apprendistato sotto la protezione e l’aiuto di un maestro filosofico. Naturalmente la stessa energia viene utilizzata per la Luce quanto per l’Ombra, o se preferite: per il Bene o per il Male. Questo percorso viene stabilito dalla natura dell’uomo che s’incammina verso la conoscenza (simbolicamente nella Genesi lo si spiega con l’albero che possiede il frutto del Bene e del Male).
Pertanto bisogna fare attenzione al maestro che si sceglie per incamminarsi nel difficile sentiero del Sapere, in quanto se noi siamo fatti di Luce e scegliamo un maestro fatto d’Ombra, finiremmo per subire inutili sofferenze spirituali. Per coloro che scelgono il sentiero della Luce è bene sappiano una regola fondamentale della Filosofia Esoterica scritta sulla porta del Mistero: “Nessuno chieda pagamento di qualsiasi natura per elargire i doni del Cielo”.
La Materia (Iside) è molto gelosa e cerca sempre di tenere legata a sé la forma effimera costruita con la sua essenza, pertanto cerca in tutti i modi di nascondere la verità creando paure che imprigionano l’anima delle persone e le costringono a non cercare la Verità. Con l’aiuto di compiacenti sacerdoti votati alle miserie della Terra cerca di far vedere il male in ogni cosa, anche se bella, rendendo l’uomo debole e pauroso credente nella morte.
Con questo non bisogna disdegnare le forze della Natura Materiale e chiudersi in una solitudine o clausura assurda, queste cose le fanno coloro che hanno paura d’agire, l’uomo saggio conosce la giusta misura per compiacersi delle delizie del corpo e dello spirito senza alcuna macchia, senza alcun tabù, senza la paura di un castigo; egli conosce l’eterna esistenza del proprio IO ed il continuo cammino verso l’Eternità Superiore, per questo cerca di sfuggire alle spire del serpente che si morde la coda nella continua rinascita dentro questa densa materia.
Forse, per molti, è difficile iniziare il cammino sul sentiero arduo che porta alla vetta della montagna, gl’insegnamenti di questa vita e delle passate, sono come enormi massi da sgretolare; per millenni si è dedicata la cultura dell’adorazione delle forme della materia al punto da tenerla gelosamente nascosta e rinchiusa. Si guarda al corpo e alle energie del corpo come se fosse un grave peccato, senza utilizzare queste energie per ascendere alle gioie della vita nella giusta elevazione spirituale. A proposito di “peccato”, forse è bene informare che peccare significa disobbedire ad un ordine sulla morale (l’ordine viene inflitto da preti che sono uomini come noi, forse più colpiti da idee di depravazioni legati al corpo umano e alle sue forme d’amore).
Quando si viene a conoscenza della energia universale e si giunge ad acquisirne le qualità e la possibilità di utilizzarla, possiamo diffonderla ad altri attraverso le mani, la punta delle dita e le labbra (alito caldo), appoggiandole direttamente a contatto del corpo nei punti specifici legati a varie possibilità d’azione. Questi punti vengo indicati nello studio: dei Chakra, della Kabala e dell’agopuntura; attraverso questi studi si viene a conoscenza delle porte che uniscono la materia, attraverso l’anima, allo spirito. La conoscenza del Microcosmo in unione e giusta armonia con il Macrocosmo.
E' bene ricordare, per non cadere in alcuni banali errori, che l'energia scorre nel corpo allo stesso modo che scorre il sangue, pertanto la si potrebbe chiamare il sangue del corpo astrale.
Bevendo il sangue non si assorbe l'energia della povera vittima ma si beve solamente del sangue, pensiamo alle trasfusioni fatte durante le operazioni ospedaliere.
M.F.S. Taspi
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del MICROCOSMO
Vi sono 3 centri di Attrazione e Proiezione Fluidica nel microcosmo, indicati in alcuni punti presso il corpo materiale:
1 – il Cervello
2 – il Cuore o epigastrio
3 – l’Organo di Generazione
essendo ognuno di essi unico e doppio, attirano e respingono.
Per mezzo di questi apparati ci mettiamo in rapporto col Fluido Universale traendone beneficio o maleficio, secondo il nostro volere.
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