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Viaggio di istruzione 2003


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Anno sc. 2003/2004

Ho conosciuto un poeta

 

Ho avuto la fortuna di incontrare, lungo il cammino della mia ancora breve vita, una persona che non parlava molto ma che mi ha insegnato tanto. Questa  persona è Ercole Ugo D’Andrea, un poeta galatonese, amico di famiglia.

Era un uomo molto profondo, saggio, sincero, vero: insomma, un vero amico. La sua morte ha lasciato di stucco me insieme a tutti i suoi cari, ma anche in questa situazione il suo insegnamento non è venuto meno.

Ho avuto l’occasione di scrivere ciò che pensavo e che ho vissuto con lui in un tema in classe. Mi sento orgogliosa di averlo conosciuto, per questo ne parlo: perché vorrei che tutti avessero la fortuna che ho avuto io.

8 agosto 2002, ospedale di Lecce, telefonata a casa mia: Ercole è morto.

Questa la sequenza dei fatti che quel giorno, verso le sette di sera, si presentò nella mia mente.

Ercole Ugo D’Andrea, un amico di Galatone di 62 anni, dopo venti giorni di coma, se n’era andato senza dire una parola, quella parola che lo aveva accompagnato in una vita.

Faceva il poeta, il”pittore di pensieri” suoi e della gente. Immagino qualche volta quei gelsomini, quei melograni di cui tanto parlava nelle sue poesie, che gli hanno fatto amare fino a tal punto la sua terra, le sue origini, la sua singolarità di uomo. Da un po’ di anni era andato in pensione dal suo lavoro di professore di lettere nella Scuola media; era stato in contatto con i ragazzi e con i loro problemi, dubbi, paure per molti anni, era riuscito perciò sempre a comprenderli.

Ercole aveva conosciuto mio padre ad una mostra di quadri, ed erano divenuti subito amici.

Ci si poteva fidare di quell’omone dagli occhi dolci, tanto dolci ma altrettanto svegli e vispi.

Ercole aveva comprato molti quadri da mio padre, amava molto l’arte.

Quando entravo in casa sua, ero estasiata dai vari colori e forme dei quadri che vi erano; tutte le pareti delle stanze erano tappezzate di immagini: suoi ritratti, paesaggi tipici, mari in tempesta, nature morte, figure astratte…

Ricordo che ogni volta che comperava un quadro, prima di appenderlo, lo posava su di una sedia e, seduto nella comoda poltrona della sua scrivania, lo osservava ore ed ore per vedere ciò che riuscivano a trasmettere quelle immagini.

Ercole viveva in un mondo tutto suo, in fondo privo dei problemi quotidiani, privo delle brutture di oggi.

L’ultima volta che venne a casa mia fu in occasione della mia cresima.

Niente di speciale in riguardo, un buffet freddo nel mio soggiorno con i parenti, alcuni amici ed il parroco.

Verso la fine della serata, ricordo che don Eugenio mi chiese di leggere ciò che avevo scritto durante il ritiro spirituale che io ed i miei compagni avevamo svolto nel Monastero delle Suore di clausura, a San Simone.

Premetto che è stata un’esperienza splendida trascorrere un intero pomeriggio a contatto con la natura e con Dio.

La Madre Superiore, suor Elisabetta, ci aveva posto delle domande a cui dovevamo rispondere.

Ci aveva chiesto quali obiettivi avevamo nella vita, se riuscivamo ad analizzare i nostri difetti e se avevamo un’idea dell’infinito.

Le lessi ad alta voce a chi era nella stanza e mi colpì l’attenzione che tutti portavano ad ogni mia parola.

Finito di leggere, tutti, ridandomi gli auguri, se ne tornarono a casa.

L’ultimo ad andarsene fu proprio Ercole che, quando non ci sentiva nessuno mi disse queste parole: “Complimenti perché riesci sempre ad essere all’altezza di ogni situazione”.

Mi emoziono ancora nel dirlo; fu il complimento più importante che nessuno mai mi avesse fatto.

Forse era anche un po’ esagerato, non so dirlo, comunque so che quelle parole mi resero immensamente felice e fiera di me.

La sua morte mi ha lasciata di stucco, anche se un po’ me l’aspettavo.

Stava male da molti giorni, era in coma profondo. Non si conoscono ancora le cause della sua morte.

Comunque, anche se sembrerà strano, non mi sento in colpa per non essere andata in ospedale a vederlo in quello stato, perché so che lui avrebbe voluto sempre mantenere la sua dignità di persona e non di un corpo attaccato a dei macchinari che lo mantenevano in vita.

Confesso che è stata un’esperienza molto forte e significativa che mi ha fatto comprendere che la vita, come ci è stata data ci può essere tolta improvvisamente; perciò, bisogna dare il massimo in ogni cosa che si fa. Sempre.

PER SAPERNE DI PIÙ… 

                                                                               Anna Chiara Giustizieri
                                                                               Classe   2^ A   


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