IPOTESI TRINITARIA
E MONOTEISMO EBRAICO












ASCOLTA ISRAELE
IL SIGNORE E' DIO
IL SIGNORE E' UNO

(Deuteronomio 6,4)


IL SIGNORE SARA' RE DI TUTTA LA TERRA
IN QUEL GIORNO IL SIGNORE SARA' UNO
E UNO SARA' IL SUO NOME

(Zaccaria 14,9)





 

IPOTESI TRINITARIA

 

 

Nell'Antico Testamento, alla creazione, esisteva già la Sapienza di Dio (Proverbi 8) e lo Spirito di Dio aleggiava sulle acque (Genesi 1,3): non si trattava di dei minori, di angeli, di arcangeli, di messaggeri o di rappresentanti ma di parti integranti di Jahvé (e nessun ebreo ci ha mai trovato niente di strano). Nel libro dei Salmi sta poi scritto: “Dalla parola (dabar = λογος) di Jahvé furono fatti i cieli, dal soffio (ruah = πνευμα) della sua bocca ogni loro schiera” (Salmo 33,6). Nel Targum Palestinese è quindi spesso menzionata la Parola di Dio che vive, parla ed agisce (dabar o memra): dal contesto delle varie frasi pare però che l'espressione fosse solo un espediente per sostituire o parafrasare il santo nome di Jahvé. Per la tradizione giudaica, la parola di Dio e lo spirito di Dio altro non erano che emanazioni di Jahvé stesso, senza che la cosa avesse particolare valenza filosofica o speculativa.[1]  Del resto per un monoteista non è illogico che Dio si sia manifestato come Padre, Figlio e Spirito Santo, come non è illogico che l'acqua si manifesti in cielo sotto forma di nubi ed in alta montagna sotto forma di ghiaccio.

 

L'unità di Dio:

 

שמע ישראכ יחךח אלחים יחךח אחד

"Ascolta Israele, Jahvé è Dio, Jahvé è uno"

(Deuteronomio 6,4)

 

 

potrebbe essere una unità composta che gli ebrei hanno reso con "uno" אהד (echad), mentre la parola ebraica ideale per indicare unità assoluta sembrerebbe essere "unico" cioè יחיד (yachid). Con questo, non vogliamo certo negare che il termine "uno", cioè echad , possa essere stato usato per indicare l'unità assoluta (vedansi, ad esempio: Genesi 11,1; Genesi 19,9; Genesi 22,2; Esodo 29,15; Esodo 29,23, Deuteronomio 17,6; 1 Samuele 9,3; 2 Samuele 12,3…..) o l'unità di Dio. Vogliamo solo dire che la forma "unico", cioè yachid, avrebbe sicuramente indicato unità assoluta, sbarrando definitivamente il passo alle teorie trinitarie, mentre il generico uso di echad ha lasciata aperta la possibilità di unità composta (come ben capì qualche zelante traduttore o copista ebraico medioevale). Inoltre echad lascia non solo aperta la possibilità di unità composta (i grappoli d'uva sono composti di vari acini, le persone di miliardi di cellule, ...) ma anche di unità composta pluripersonale (un solo popolo è fatto di migliaia di persone, una famiglia comprende più componenti, marito e moglie sono due ma formano una sola carne, ...). [2].

 

Per la parola  אהד, usata per indicare unità composta, si veda ad esempio:

·        Genesi 2,24 (marito e moglie saranno una sola carne);

·        Genesi 11,2 (essi sono un solo popolo);

·        Genesi 34,16 (diventeremo un solo popolo);

·        Deuteronomio 6,4 (ascolta Israele, Jahvé l'Iddio nostro è uno);

·        Numeri 13,23 (un solo grappolo d'uva);

·        Geremia 32,39 (darò loro un solo cuore).

 

Per la parola  יחיד, sempre usata per indicare unità assoluta, si veda ad esempio:

·        Giudici 11,34 (era l'unica sua figlia);

·        Proverbi 4,3 (quand'ero ancora fanciullo presso mio padre, tenero ed unico presso mia madre);

·        Salmo 25,16 (sono solo ed infelice);

·        Salmo 68,6 (a quelli che sono soli Dio dà una famiglia);

·        Geremia 6,26 (fai lutto come per un figlio unico);

·        Amos 8,10 (il paese piomberà nel lutto come quando muore un figlio unico);

·        Zaccaria 12,10 (guarderanno a colui che hanno trafitto come a un figlio unico).

 

 

PERCHÉ L’IPOTESI TRINITARIA È RISULTATA VINCENTE?

 

Nei confronti di Gesù Cristo e del culto sono state pertanto finora possibili tre posizioni:

 

·        il monoteismo ebraico, con fede in un solo Dio padre e rifiuto di Gesù Cristo come figlio di Dio;

·        la monolatria (Ario, Socino, Newton, Unitari, Testimoni di Geova) cioè l'adorazione di un Dio grande (il Padre) ed il culto relativo di un dio piccolo (il Figlio); per alcuni Gesù Cristo avrebbe natura divina mentre per altri sarebbe solo una creatura angelica;

·        il trinitarismo cioè la fede in un solo Dio che ha cognome Jahvé e che si è manifestato nelle persone del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.

 

Nella storia del cristianesimo l’ipotesi trinitaria è risultata vincente perché ha permesso di mantenere fermo il monoteismo ebraico, senza cadere nel politeismo, nel diteismo e nella monolatria [3] [4]. Di fatto, il concetto di trinità, pur essendo già presente in forma elementare nel Nuovo Testamento[5], venne esplicitato solo verso la metà del secondo secolo[6] dopo Cristo, mentre il dogma della trinità venne analizzato e definito ben due secoli dopo, con i Concili di Nicea e di Costantinopoli[7].

 

 

Nel Nuovo Testamento sono già delineati i fondamenti della trinità:

 

  • Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo (Matteo 28,19);
  • Uno solo è lo Spirito, …uno solo è il Signore, …uno solo è Dio” (1 Corinzi 12,4-6);
  • La grazia del Signore Gesù Cristo, l’amore di Dio e la comunione dello Spirito Santo sia con tutti voi (2 Corinzi 13,13);
  • Egli [Cristo] è venuto perciò ad annunziare pace a voi che eravate lontani e pace a coloro che erano vicini. Per mezzo di lui possiamo presentarci, gli uni e gli altri, al Padre in un solo Spirito (Efesini 2,17-18);
  • Noi però dobbiamo rendere sempre grazie a Dio per voi, fratelli amati dal Signore, perché Dio vi ha scelti come primizia per la salvezza, attraverso l’opera santificatrice dello Spirito e la fede nella verità (2 Tessalonicesi 2,13);
  • Quando però si sono manifestati la bontà di Dio, salvatore nostro, e il suo amore per gli uomini, egli ci ha salvati non in virtù di opere di giustizia da noi compiute, ma per sua misericordia mediante un lavacro di rigenerazione e di rinnovamento nello Spirito Santo, effuso da lui su di noi abbondantemente per mezzo di Gesù Cristo, salvatore nostro (Tito 3,4-6);
  • Eletti secondo la prescienza di Dio Padre, mediante la santificazione dello Spirito, per obbedire a Gesù Cristo e per essere aspersi del suo sangue: grazia e pace a voi in abbondanza (1Pietro 1,2);
  • Ma voi, carissimi, costruite il vostro edificio spirituale sopra la vostra santissima fede, pregate mediante lo Spirito Santo, conservatevi nell’amore di Dio, attendendo la misericordia del Signore nostro Gesù Cristo per la vita eterna (Giuda 20-21);
  • Mi mostrò poi un fiume d’acqua viva limpida come cristallo, che scaturiva dal trono di Dio e dell’Agnello (Apocalisse 22,1).

 

Per le prove della personalità dello Spirito Santo si veda, ad esempio:

 

  • la bestemmia contro lo Spirito Santo non sarà perdonata (Matteo 12,32);
  • il battesimo conferito nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo (Matteo 28,19);
  • lo Spirito Santo insegnerà e ricorderà ogni cosa agli apostoli (Giovanni 14,26);
  • lo Spirito Santo guiderà in tutta la verità e insegnerà le cose future (Giovanni 16,13);
  • Anania e Saffica mentirono allo Spirito Santo (Atti 5,3);
  • lo Spirito Santo parlò a Pietro per indirizzarlo alla casa di Cornelio (Atti 10,19-20);
  • lo Spirito Santo parlò alla Chiesa di Antiochia affinché consacrasse Barnaba e Saulo per una missione (Atti 13,2);
  • lo Spirito Santo guidò il concilio di Gerusalemme (Atti 15,28);
  • lo Spirito Santo vietò agli apostoli di evangelizzare la provincia di Asia (Atti 16,6);
  • lo Spirito Santo costituì i vescovi di Efeso (Atti 20,28);
  • lo Spirito Santo profetizzò la prigionia di Paolo per bocca del profeta Agabo (Atti 21,11);
  • nessuno conosce le cose di Dio se non lo Spirito di Dio (Romani 8,11);
  • lo Spirito Santo distribuisce i doni come vuole (1 Corinzi 12,11);
  • il Signore è lo Spirito (2 Corinzi 3,17);
  • non bisogna rattristare lo Spirito (Efesini 4,30).

 

Per le prove della divinità di Gesù Cristo si veda, ad esempio:

 

 

Il titolo di Dio, applicato a Cristo, è testimoniato da numerosi ed autorevoli cristiani dell'antichità del primo e del secondo secolo, quando ancora non si parlava di trinità e di dogmi. Facciamo riferimento a Ignazio morto nel 107, a Giustino martire verso il 165, a Melitone di Sardi autore di un’apologia rivolta a Marco Aurelio verso il 170, a Teofilo morto presumibilmente nel 185, a Clemente Alessandrino (153-207), ad Ireneo vescovo di Lione vissuto tra il 140 ed il 200 dopo Cristo e ad Atenagora che nel 177 scrisse agli imperatori Commodo e Marco Aurelio una supplica per i cristiani. Di qualche interesse sono anche le testimonianze di Taziano (II secolo d.C.), Tertulliano (160-220) ed Ippolito (?-236). Nella lettera "A Diogeneto" (II secolo) è anche sottolineata la duplice natura di Cristo, vero Dio e vero uomo. A tal proposito si veda:

 

  • Ignazio agli Efesini, VII, 2 (Dio nella carne);
  • Ignazio agli Efesini, XVIII,2 (Il nostro Dio Gesù Cristo è stato portato nel seno di Maria);
  • Ignazio agli Efesini, XIX, 3 (Dio apparso in forma umana);
  • Ignazio agli Smirnesi , I, 1 (Gesù Cristo Dio);
  • Ignazio ai Romani, III, 3 (Gesù Cristo nostro Signore Dio);
  • Ignazio ai Romani, VI, 3 (La passione del mio Dio);
  • Ignazio ai Tralliani, VII, 1 (Gesù Cristo Dio);
  • Ignazio a Policarpo, VIII, 3 (Dio nostro Gesù Cristo);

 

·         A Diogeneto, VII, 4 (Ma nella mitezza e nella bontà come un re manda suo figlio, lo inviò come Dio e come uomo per gli uomini)

 

·         Giustino Martire, Prima Apologia, 63, 14 (Il Figlio, Parola e Primogenito di Dio, è anche Dio);

·         Giustino Martire, Dialogo con Trifone, 58, 9 (Dio è chiamato, Dio è, Dio sarà);

·         Giustino Martire, Dialogo con Trifone, 59, 1 (Angelo, Dio, Signore e Uomo)

·         Giustino Martire, Dialogo con Trifone, 61, 1 (Dio ha generato da se stesso una potenza razionale che lo Spirito Santo chiama ora Gloria del Signore, ora Figlio, ora Sapienza, ora Angelo, ora Dio, ora Signore e che definì se stessa come Capo dell’esercito del Signore, quando apparve in forma umana a Giosué);

·         Giustino Martire, Dialogo con Trifone, 115,4 (nostro Sacerdote e Dio e Cristo, figlio del Padre dell’universo);

·         Giustino Martire, Dialogo con Trifone, 128, 1-4 (è stato più volte dimostrato……. che il Cristo, che era Signore e Dio Figlio di Dio e che già prima si era manifestato in potenza come uomo e come angelo, è apparso anche nello splendore del fuoco, come, ad esempio, nel roveto e in occasione del giudizio su Sodoma….questa potenza è indivisibile ed inseparabile dal Padre, così come la luce del sole sulla terra è indivisibile ed inseparabile dal sole che è in cielo…si tratta di una potenza generata dal Padre con la sua forza e volontà ma non per amputazione, come se l’essenza del Padre si fosse suddivisa, come succede per tutte le altre cose che, una volta divise e tagliate, non sono più le stesse di prima ….un esempio è quello del fuoco che vediamo appiccare altri fuochi: dal primo se ne possono accendere numerosi altri senza che esso risulti sminuito, ma rimanendo sempre lo stesso);

 

·         Teofilo, Ad Autolico, Libro II, 22 (La Parola generata da Dio è Dio);

·         Teofilo ad Autolico, Libro II, 10 (Poiché Dio aveva la propria Parola nel proprio cuore, la generò insieme alla sua Sapienza, emanandola prima di tutte le altre cose. Il Verbo fu per lui ministro di ciò che da lui aveva avuto origine e, per mezzo del Verbo creò tutte le cose. Egli si chiama principio, poiché precede e domina tutto ciò che è stato plasmato per mezzo di lui).

 

·         Ireneo, Esposizione della predicazione apostolica, 47 (Il Padre è Dio ed il Figlio è Dio, perché chi è nato da Dio è Dio);

·         Ireneo, Contro le Eresie, I, 10, 1-3 (Gesù Cristo, nostro Signore e Dio e Salvatore e Re);

·         Ireneo, Contro le Eresie, III, 8, 3 (Colui che ha creato tutte le cose è giustamente chiamato, insieme al suo Verbo, solo Dio e Signore);

 

·         Clemente Alessandrino, Pedagogo, I, 2 (Dio in forma di uomo);

·         Clemente Alessandrino, Pedagogo, II, 3 (Dio attento alle piccole cose e Signore dell’universo);

·         Clemente Alessandrino, Protrettico, I, 6, 5 (La Parola sola è entrambe le cose: Dio e uomo);

·         Clemente Alessandrino, Protrettico, X, 110, 1 (La Parola di Dio, il Dio veramente manifesto);

 

·         Melitone di Sardi, Omelia sulla Pasqua (Il Signore pur essendo Dio, si fece uomo e soffrì per chi soffre, fu prigioniero per il prigioniero, condannato per il colpevole e, sepolto per chi è sepolto, risuscitò dai morti);

·         Atenagora, Supplica per i Cristiani, X, 3-5 (il Primogenito del Padre, non fu creato, ma fu dal principio presente nella mente eterna del Padre....Chi non resterebbe perplesso dopo aver sentito che vengon definiti atei coloro che riconoscono Dio Padre e Dio Figlio e lo Spirito Santo e che dimostrano la potenza nell'unità e la distinzione nell'ordine?)

·         Taziano, Discorso ai Greci, V (Il Logos non è venuto invano, ma è l’opera primigenia del Padre. Questo sappiamo essere il principio del cosmo che esistette secondo distribuzione e non secondo scissione…..come da una torcia si accendono molti fuochi e la prima torcia non perde luce per aver acceso molte torce, così anche il Logos originato dalla potenza del Padre non rende privo di Logos colui che lo ha originato).

 

·         Tertulliano, Contro Prassea, V, 2-3 (Perché prima di tutte le cose Dio era solo; Egli stesso era per sé il mondo, il luogo, il tutto. Era solo, perché, oltre a lui, null’altro vi era di estrinseco a lui. Ma neppure allora era solo, perché aveva con sé la Ragione che egli aveva in sé, la sua naturalmente. Perché Dio è razionale e la ragione è dapprima in lui; e così da lui derivano tutte le cose; la quale ragione è la sua stessa mente. Essa è ciò chi i Greci chiamano Logos, il quale termine noi usiamo anche per indicare la “parola”: e perciò i nostri sono già abituati a dire, con letterale traduzione, che “la parola esisteva al principio presso Dio”

·         Tertulliano, Contro Prassea, XIII, 9-10 (Perciò io non dirò in nessun caso né “dèi” né “signori”, ma seguirò l’apostolo: se il Padre e il Figlio devono essere invocati insieme, io chiamerò il Padre “Dio” e Gesù Cristo “Signore”. Ma Il Cristo da solo lo potrò chiamare Dio, come fa lo stesso apostolo che dice: “Dai quali (padri) viene il Cristo, che è Dio su tutto, benedetto per sempre”. Anche il raggio di sole quando è solo, lo chiamerò “sole”; ma quando dovrò nominare il sole, cui raggio appartiene, non chiamerò più “sole” il raggio. Perché in questo modo farei anche due soli. Tuttavia il sole ed il raggio li conterò come due oggetti e due forme di una sostanza sola e indivisa, allo stesso modo come Dio e la sua Parola, come il Padre e il Figlio).

·         Tertulliano, Contro Prassea,  XXVII, 10 (Ma noi lo troviamo esplicitamente presentato Dio e uomo ... sotto ogni aspetto Figlio di Dio e figlio di uomo, senza dubbio e Dio e uomo secondo l’una e l’altra sostanza distinta nelle loro propria realtà, perché la Parola non è altro che Dio, e la carne non è altro che l’uomo).

 

·         Ippolito, Contro Noeto, X (A noi è sufficiente sapere soltanto che niente coesisteva con Dio, tranne se stesso. Ma egli, pur essendo solo, era molteplice: non era infatti privo di parola, di sapienza, di potenza, di volontà. Tutto era in lui ed egli era il tutto....ha generato il Logos, e questo Logos, che aveva dentro di sé invisibile, lo rende visibile al mondo creato)

·         Ippolito, Contro Noeto, XIV (In principio era il Verbo, il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio. Se il Logos, che è Dio, è presso Dio, uno potrebbe obbiettare: Che dunque? affermare due dei? Non dirò due dei, ma uno solo: però due persone e, come terza economia, la grazia dello Spirito Santo)



[1] Filone Giudeo (20 a.C. - 50 d.C.) risentì invece sia della tradizione giudaica sia della speculazione ellenistica secondo cui il Logos era il demiurgo dell'universo, il principio che anima e regola il mondo, la forza irresistibile che conduce la creazione e le creature ad un fine comune. Filone formulò anche l'ipotesi che la Parola di Dio potesse essere l'angelo di Jahvé (Genesi 16,7; Esodo 23,20; Giudici 13,18-22; Giudici 6,22-23; Zaccaria 1,11; Malachia 3,1; Matteo 1,20; Atti 7,38). Senza voler negare a tutti i costi che la Parola di Dio possa anche aver assunto forma angelica, occorre onestamente riconoscere che, di sicuro, sappiamo solo che l'angelo di Jahvé fu un messaggero potente di Dio che portava su di sé il nome di Jahvé (Esodo 23,20). Secondo alcune tradizioni ebraiche infatti l’angelo di Jahvé sarebbe stato Jahoel, un vero e proprio angelo, superiore all’arcangelo Michele (Daniele 10,13), distinto da Dio, dotato di poteri divini e portante su di sé il nome di Jahvé-El. A tal proposito vedasi, ad esempio, il libro apocrifo Apocalisse di Abramo, soprattutto al capitolo decimo. I padri della chiesa erano invece convinti, già nei primi secoli, che nessuno avesse visto Dio Padre ma che l’Angelo di Jahvé manifestatosi ai patriarchi ed ai profeti altro non fosse che il Figlio di Dio, cioè la Parola di Dio (vedasi, ad esempio, Giustino, Dialogo con Trifone; LX; Ireneo, Contro le Eresie, IV, 20, 7; Tertulliano, Contro Prassea, XV-XVI; Teofilo, Ad Autolico, II, 22; Novaziano, La Trinità, XVIII-XX; Ilario, La Trinità, IV, 23-25). L'identificazione dell'arcangelo Michele con la Parola di Dio è estranea alla tradizione cristiana ed alla cultura giudaica ma trae origine dalle speculazioni filosofiche di alcune sette giudaico-cristiane sorte nei primi secoli dell'era volgare. Oggi solo gli avventisti, i testimoni di Geova ed un limitato numero di teologi cristiani identificano Gesù Cristo con l'arcangelo Michele. Gli avventisti ritengono, infatti, che Gesù Cristo, il Figlio di Dio, prima di incarnarsi fosse l'arcangelo Michele di cui parla la Scrittura, ma nello stesso tempo sono convinti che Michele non sia un essere creato. Secondo gli avventisti il termine Michael (= Chi è come Dio?) altro non sarebbe che uno dei molti titoli applicati alla seconda persona della Trinità. I testimoni di Geova, invece, sono convinti che Cristo sia stata la prima creatura di Dio, conosciuta come Michele Arcangelo già prima di venire sulla terra. Le posizioni di alcuni teologi (peraltro ai margini dell'ortodossia) sono, infine, alquanto articolate, anche se le argomentazioni a favore dell'identificazione della Parola di Dio con l'angelo di Jahvé e con l'arcangelo Michele risultano piuttosto fragili e lacunose.

 

[2]  La possibilità di sostituire "echad" con "yachid" nello "shema" non è un'invenzione di qualche cristiano con conoscenze grammaticali estrose ed approssimative, ma pare risalga addirittura al filosofo ebreo Mosé Maimonide (1135-1204), interessato così a sbarrare definitivamente il passo all'ipotesi trinitaria. Nel secondo principio della fede giudaica, Maimonide scrive: "Il Secondo Principio è l'unità di Ha Shem, Benedetto sia il suo Nome. In altre parole bisogna credere che questo Essere, che è causa di tutto, è unico. Questo non significa uno come uno di un paio e neppure uno come di un gruppo che comprende molti individui né uno come un oggetto che è fatto di molti elementi e neppure come un singolo semplice oggetto infinitamente divisibile. Piuttosto, Egli, Ha Shem, Benedetto sia il suo Nome è un'unità diversa da ogni altra possibile unità. Questo secondo principio è riferito a[lla Torah] quando dice: Ascolta Israele! Ha Shem è il nostro Dio, Ha Shem è uno (Deuteronomio 6,4)". Di fatto, "yachid" è presente solo in alcune traduzioni ebraiche dei "Tredici articoli della fede giudaica", all'interno di un "Commentario della Mishnah", peraltro originalmente scritto da Maimonide in lingua araba. Il termine “yachid” è poi tuttora presente in alcune traduzioni della preghiera yigdal che sembra tratta direttamente dal II articolo della fede giudaica di Maimonide. Non sembrano poi rilevanti le critiche di coloro che citano Genesi 22 (versetti 2, 12 e 16) per relativizzare il significato di yachid: Abramo chiamò Isacco yachid (cioè figlio unico) perchè Isacco fu l'unico figlio nato secondo la promessa (Galati 4,28; Genesi 17,19). Per amor del vero e per rispetto verso Mosè Maimonide, va anche detto che, sul fronte della cristianità, i termini "unus" e "unicus" furono parecchio strumentalizzati dall'eresia modalista, che nei primi secoli dell'Era Volgare sostenne l'unità radicale della sostanza divina. Secondo i suoi più illustri esponenti (Noeto, Sabellio e Prassea) il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo altro non sarebbero che differenti modi di apparire dell'unico Dio. Tertulliano li accusò di aver fatto patire e morire in croce il Padre e per questo furono chiamati "patripassiani". Tertulliano affermò anche che "In vari modi il demonio combatté la verità. Egli cercò talora di distruggerla, fingendo di difenderla. Si fece difensore dell'unico Dio, Onnipotente e Creatore del mondo, per far nascere l'eresia anche dalla parola unico" (Tertulliano, Contro Prassea, I, 1).

 

[3] Secondo una definizione comunemente accettata  per monoteismo si intende la fede in un solo Dio, mentre per monolatria si intende la fede in una solo Dio senza però escludere l'esistenza ed il culto di uno o più dei minori. La fede in un Dio grande (Jahvé) onnipotente e degno di adorazione assoluta ed allo stesso tempo in un dio minore (Gesù Cristo) potente e degno di adorazione relativa sembra pertanto rientrare nella monolatria. Evidentemente la monolatria non è cosa grave come il politeismo (fede in più dei) ma crea problemi molto gravi per il vero monoteista che crede in un solo Dio e non accetta l'esistenza di altri dei (uguali o minori).

 

[4] Alla luce del monoteismo ebraico la monolatria risulta invece inaccettabile, anche ammettendo l’esistenza di altri אלחים (elohim o dio minore). Alla creazione del mondo la presenza di un dio minore insieme a Jahvé è infatti drasticamente negata. Infatti sta scritto:

 

·        "Io sono Jahvé, tuo Dio, che ti ho fatto uscire dal paese d'Egitto, dalla condizione di schiavitù: non avrai altri dei di fronte a me" (Esodo 20,2-3);

·         "or  vedete che solo io sono Dio e che non c'è altro dio accanto a me" (Deuteronomio 32,39);

·         "prima di me non fu formato alcun dio e dopo di me non ne sarà formato alcuno" (Isaia 43,10);

·         "sono io Jahvé che ho fatto tutto, che da solo ho spiegato i cieli ed ho disteso la terra, senza che ci fosse alcuno con me" (Isaia 44,24);

·         “Io sono Jahvé e non c’è alcun altro, fuori di me non c’è dio” (Isaia 45,5).

·          

Il Nuovo Testamento parla invece della presenza del Verbo come collaboratore (artefice, strumento, mezzo) alla creazione di Dio (Giovanni 1,3; Ebrei 1,2; Colossesi 1,16; Apocalisse 3,14): se il Verbo non è Dio si cade inevitabilmente nella monolatria.  Anche la presenza di Cristo sul trono di Dio o peggio sul trono di Dio e dell’Agnello nega il monoteismo ebraico e fa scadere il cristianesimo nella monolatria. Al momento Cristo è infatti seduto alla destra di Dio e sul trono di Dio (Apocalisse 3,21), come profetizzarono Davide (Salmo110) e Daniele (Daniele 7,13-14), come Cristo stesso annunziò (Matteo 26,64), come insegnarono gli apostoli Pietro (Atti 2,33) e Paolo (Ebrei 1,13) e come confermano le visioni di Stefano (Atti 7,55-56) e di Giovanni nell’Apocalisse (Apocalisse 5,13). Alla fine dei tempi poi Gesù Cristo non si siederà più sul "trono di Dio" ma sul "trono di Dio e dell'Agnello" (Apocalisse 22,1 e 22,3): in pratica il Figlio non sarà più ospite ma contitolare dello stesso trono del Padre. Se oggi Jahvé ha vicino a sé nella gloria un "elohim" (dio minore, angelo o arcangelo) (Apocalisse. 5,13) e se alla fine dei tempi Jahvé darà il suo trono ad un "elohim" (il trono di Dio e dell'Agnello di Apocalisse 22,1 e 22,3), la sua potenza sarà sminuita perché condividerà il potere e la gloria con un essere inferiore. Sta infatti scritto: "Io sono Jahvé; questo è il mio nome; e non darò la mia gloria ad un altro …" (Isaia.42,8 e Isaia 48,11) e "Nessuno gli è simile, neppure tra gli angeli di Dio" (Isaia 46,9; Salmo 86,8 e Salmo 89,6).

 

[5] Gli scrittori del Nuovo Testamento insieme ci dicono che c'è soltanto un Dio, il Creatore  il Signore dell'universo, che è il Padre di Gesù. Chiamano Gesù il Figlio di Dio, il Messia, il Signore, il Salvatore, la Parola, la Sapienza. Gli assegnano le funzioni divine della creazione, della salvezza, del giudizio. Qualche volta lo chiamano Dio esplicitamente. Non parlano pienamente e chiaramente dello Santo Spirito come fanno col Figlio, ma a volte lo coordinano col Padre ed il Figlio e lo mettono allo stesso livello loro per quanto riguarda la divinità e la personalità. Ci danno nelle loro scritture un triadico fondamento ed una triadica formula. Non parlano in termini astratti di natura, sostanza, persona, relazione, circuminsessione, missione, ma presentano a loro modo le idee che sono dietro questi termini. Loro non ci danno una dottrina ufficiale o chiaramente espressa della Trinità, nessun esplicito insegnamento che in un unico Dio ci siano tre persone divine coeguali. Ma ci danno un trinitarismo elementare, cioè dati da cui la dottrina convenzionale del Dio trino può essere formulata. [R. E. Fortman, The Triune God, Grand Rapids, 1972, pp. XV, XVI, 16].

 

[6] Nell’Antico Testamento, la dossologia “A Te sia gloria nei secoli dei secoli” è un’espressione di adorazione rivolta solo a Dio (1 Cronache 29,11; Salmo 29,2; Salmo 104,31). Nel Nuovo Testamento è rivolta anche a Cristo (Daniele 7,14; 2 Timoteo 4,18; 2 Pietro 1,17; 2 Pietro 3,18; Ebrei 13,20-21; Apocalisse 1,6) e congiuntamente al Padre ed al Figlio (Apocalisse 5,13). Ritroviamo alcune dossologie trinitarie, del tipo “Gloria al Padre, al Figlio ed allo Spirito Santo” o “Gloria al Padre per mezzo del Figlio nello Spirito Santo” o "Gloria al Padre ed al Figlio con lo Spirito Santo, nella Santa Chiesa” anche nei Padri della Chiesa, prima del Concilio di Nicea e della crisi ariana (vedansi, ad esempio, Clemente, Lettera ai Romani, I, 58; Giustino, Apologia, I, 67; Martirio di Policarpo, XIV e XXII; Clemente Alessandrino, Il Pedagogo, III, 12; Ippolito, Contro Noeto, XVIII; Ippolito, Tradizione Apostolica, IV-VI-VII-VIII-XXXI; Basilio, Lo Spirito Santo, I, 3; XXVII, 68; XXIX, 72). Pare comunque che il primo a parlare di trinità (τριας) sia stato Teofilo, Ad Autolico, Libro II, cap.15. L'apologeta greco visse tra il 120 ed il 185 dopo Cristo. Teofilo si riferì però alla triade Dio, Verbo di Dio e Sapienza di Dio. Il concetto di trinità, come è oggi conosciuto, fu usato per la prima volta da Tertulliano verso il 200 dopo Cristo: Tertulliano parlò infatti di un Dio unico nella sostanza ma trino nelle persone (Tertulliano, Contro Prassea, II).

 

[7] Il Concilio di Nicea (325) condannò l'eresia di Ario che esaltava l'umanità di Cristo, affermò la divinità di Gesù e proclamò il Credo, simbolo della fede cristiana. Il Concilio di Costantinopoli (381) riaffermò la divinità del Figlio e sottolineò con vigore la divinità dello Spirito Santo. Il Concilio di Efeso (431) condannò l'eresia di Nestorio e proclamò la reale unione in Cristo della natura umana con quella divina. Il Concilio di Calcedonia (451) condannò l'eresia di Eutiche che, di Cristo, esaltava la divinità ma trascurava la natura umana. La Sacra Scrittura non dice che il Figlio non sia subordinato e sottomesso al Padre. Per tre secoli tutti i Padri della Chiesa furono d'accordo su questo. Il pensiero ariano partì da una riflessione giusta e sacrosanta: il Figlio è sottomesso, subordinato e generato, mentre il Padre non è sottomesso, subordinato e generato da nessuno. Il prete Ario, nell'enfatizzare tale ovvia verità, avanzò però l’ipotesi che il Figlio fosse di natura inferiore al Padre (una specie di Angelo creato). Fu come dire che il Figlio di un Re, perché sottomesso al Padre e da lui generato, non era di natura umana (ma una specie di primate umanoide come un gorilla, uno scimpanzé o un babbuino, ....), creato dal nulla e non generato naturalmente dal Padre. La Chiesa, con il Concilio di Nicea (325), sottolineò che Cristo era vero Dio ed anche vero uomo e, come uomo, portava nella carne, durante la sua esperienza terrena, i segni della debolezza, della sofferenza, dell'ignoranza e della morte. Di fatto, non vi fu un tempo durante il quale il Figlio non fosse, perché il Logos, prima di essere generato, esisteva nel seno del Padre (Giovanni 1,1; Giovanni 1,18; 1 Giovanni 1,1-2). Egli era il mistero nascosto in Dio dalle più remote età, la sapienza misteriosa ed occulta, il segreto celato da tutti i secoli a tutte le generazioni (Romani 16,25; 1 Corinzi 2,7-10; Efesini 3,5-9; Colossesi 1,26). Secondo alcuni cristiani dell'antichità (che non avevano ancora elaborato il concetto di generazione eterna), esisterebbero due momenti nel rapporto tra il Padre ed il Figlio: un momento in cui il Logos esisteva dall'eternità innato ed immanente nel cuore di Dio ed un momento successivo in cui venne generato, emanato, proferito dal Padre in funzione della creazione del mondo e stette accanto al Padre come persona distinta (Teofilo, Ad Autolico, II, 10 e 22). Il concetto di generazione eterna fu comunque elaborato da un gran numero di padri della chiesa (Giustino, Teognosto, Taziano, Tertulliano) che paragonarono la generazione del Logos a vari fenomeni naturali (come la luce dalla fiamma, i raggi dal sole, il fiume dalla sorgente, i rami e le radici alla pianta) ma trovò la sua enunciazione più chiara e comprensibile in Basilio. Secondo Basilio, la priorità del Padre rispetto al Figlio è come quella della causa rispetto all'effetto, allo stesso modo di come avviene per la luce, la quale è effetto del fuoco. I due fenomeni, collegati in modo inscindibile da un vincolo naturale, si possono distinguere su un piano logico ma non su quello temporale perché sono perfettamente simultanei. Inoltre, sempre secondo Basilio, non si può parlare di posteriorità del Figlio rispetto al Padre, perché la sua generazione è atemporale, essendo egli stesso preesistente al tempo [Basilio, Contro Eunomio, I, 20 e II, 12-13]. Anche Agostino sottolineò come la generazione del Verbo al di fuori del tempo rese la vita del Figlio coeterna a quella del Padre, così come la processione dello Spirito Santo, avvenuta quando non esisteva il tempo, rese coeterne, uguali, incorporee, immutabili ed indivisibili tutte le persone della Santissima Trinità [Agostino, La Trinità, XV, 26, 47-48].