FASE di REIONIZZAZIONE dell'UNIVERSO
20.02.2003 All'origine dell'Universo (Introduzione)
Il satellite Wmap
(Wilkinson
Microwave Anistropy Probe),
lanciato dalla Nasa nel giugno 2001 per
una missione di quattro anni, è stato costruito per raccogliere le
immagini nella regione delle microonde ai confini dell'universo.
Alto circa quattro metri, attualmente si trova a circa 1,5 milioni
di chilometri dalla Terra. Secondo le prime rilevazioni complete,
rese note a febbraio 2003, la
radiazione
di fondo cosmico (ciò
che resta del Big
Bang) sembra essere relativamente
omogenea e presenta solo delle piccole increspature. È
proprio da questi "riccioli"
a temperatura differente dallo sfondo, che sono nate tutte le galassie, compresa
la nostra. La prima stella si è "accesa"
tra 100 e 400 milioni di anni fa (prima
di quanto pensassimo).
Secondo questi dati l'universo avrebbe 13,7
miliardi di anni (margine
di errore dell'1 per cento).
Ma esso rimane in gran parte ancora un mistero: conosciamo
infatti solo il 4 per cento della materia che lo compone.
E' notevole la chiarezza con cui i dati sono stati messi a disposizione di
tutti, contemporaneamente alla pubblicazione sulle riviste dell'analisi fatta
dal gruppo di Wmap.
La scoperta è importante perché conferma in modo più
completo le misure pionieristiche fatte da terra negli ultimi anni.
Non si tratta quindi di risultati rivoluzionari
ma di un miglioramento di quelli già noti. Rispetto
alle mappe finora in possesso da noi astrofisici, quella di Wmap
copre una zona molto grande di cielo ma ha una
risoluzione peggiore e un rumore molto più alto. Però
molti dati di qualità peggiore possono essere meglio di pochi di qualità
migliore.
La cosmologia degli anni Novanta si è dedicata allo studio della radiazione di fondo cosmico, che è composta dai fotoni generati nei meccanismi iniziali della vita dell'universo. Questi fotoni hanno interagito per l'ultima volta con la materia dopo circa 300 mila anni dal momento del Big Bang e portano quindi impressa l'informazione su quell'epoca primordiale. Non solo: questi fotoni viaggiano liberi, è vero, ma risentono della geometria dello spazio che attraversano. Come una nave che viaggia libera in mare aperto e che deve sottostare ai vincoli della curvatura della superficie terrestre, anche questi fotoni hanno con sé l'informazione sulla geometria dell'universo che attraversano, che come Einstein ci ha insegnato, è in stretto legame con ciò che riempie lo spazio. I fotoni che viaggiano nell'universo subiscono l'effetto della geometria dello spazio che attraversano e quindi della densità di materia-energia che riempie l'universo. per primo ha misurato che questa densità è esattamente pari a un certo valore critico, diciamo a un numero magico. È complicato entrare nel dettaglio, ma risulta, da studi fatti in discipline diverse come l'astrofisica e la fisica della particelle elementari, che tutta questa materia non si trova e non può essere stata prodotta sotto forma di materia ordinaria. Già prima di Boomerang noi fisici eravamo stati costretti a introdurre una forma di materia capace di interagire solo gravitazionalmente e non elettromagneticamente: la materia oscura. Una materia che non presenta interazione elettromagnetica non si può vedere e non si può toccare. Noi esseri umani siamo totalmente incapaci di sentirla in alcun modo se non studiando il moto dei corpi celesti, in particolare la rotazione e la velocità delle galassie. Inoltre, dai recenti risultati, soprattutto dallo studio delle supernovae lontane che ci illustrano come si espande l'universo, sappiamo che nell'universo esiste anche una forma di energia che si manifesta in modo opposto alla gravità. Un'energia che è repulsiva invece che attrattiva e che rappresenterebbe circa il 70 per cento di energia nell'universo. Purtroppo, o per fortuna, le teorie cosmologiche moderne non sono ancora in grado di spiegare pienamente molte delle recenti scoperte sperimentali, come illustrato dall'esempio di prima. Diciamo che il risultato ottenuto da Wmap si inserisce perfettamente in uno scenario compatibile con il modello inflazionario. Ma molte sono le cose che rimangono da scoprire. La migliore mappa per vedere l'aspetto dell'universo bambino è ancora quella prodotta dal primo esperimento Boomerang. Con le nuove rilevazioni speriamo di misurare la polarizzazione della radiazione di fondo cosmico. Vorremmo avere più informazioni sulla dinamica che ha portato a formare l'immagine che abbiamo osservato. In questo modo riusciremmo ad avere informazioni veramente nuove. Nonostante la porzione di cielo osservata da Boomerang sia relativamente piccola la qualità di rilevazione è infatti ottima.
La reionizzazione dell'Universo: il satellite WMAP e i supercomputer.
12.08.2003 Dopo le nuove importanti osservazioni raccolte dal satellite WMAP, ricercatori dell’Istituto di Astro fisica Max Planck hanno riprodotto attraverso simulazioni al computer il processo di reionizzazione dell’Universo.
Nelle epoche immediatamente successive al Big BANG, l’Universo si trovava in uno stato di plasma densissimo e caldissimo. Tutte le specie di particelle esistenti interagivano fortemente tra loro, stabilendo istante dopo istante nuovi stati di equilibrio e cancellando così ogni traccia del loro passato. Con il procedere dell'espansione cosmica, alcune specie di particelle non riuscirono a interagire con le altre in modo sufficientemente rapido per mantenersi "legate" e si disaccoppiarono, propagandosi liberamente fino a noi. Da quel momento in poi, queste particelle rappresentano dei reperti fossili di inestimabile valore, perché mantengono memoria dello stato dell'Universo al momento del loro disaccoppiamento, che avvenne in epoche così remote da risultare assolutamente inaccessibile a un'osservazione diretta. L'osservazione di questi "messaggeri" cosmici ci fornisce una fotografia dell'Universo nella sua prima infanzia: è questo il caso della radiazione di fondo cosmico che, scoperta oramai più di trent'anni fa, ci ha permesso di ricostruire un immagine dell’Universo solo 400 mila anni dopo il Big Bang. In questa remota fase dell'evoluzione cosmica, i fotoni non avevano più energia sufficiente per "strappare" gli elettroni agli atomi di idrogeno che così si ricombinavano in cariche positive e negative, diventando, per la prima volta, neutri. L'Universo passò in questo modo da uno stato ionizzato a uno stato neutro e la radiazione di fondo cosmico rappresenta la traccia fossile di questa importante transizione, chiamata epoca della ricombinazione. I fotoni, liberi di disaccoppiarsi, si propagano fino a noi portandoci preziose informazioni sullo stato dell’Universo dall’epoca dell'antica ricombinazione fino ai nostri giorni. Ma cosa ci aspettiamo che succeda in questa lunga fase evolutiva ? Lo stato dell'Universo rimase prevalentemente neutro, fino a quando le prime galassie furono in grado di formarsi e la luce emessa dalle prime stelle iniziò nuovamente a "strappare" gli elettroni dagli atomi del gas intergalattico, ionizzandolo per una seconda volta. Questo processo di progressiva reionizzazione è estremamente complesso in quanto fortemente dipendente dalla storia di formazione e di evoluzione delle galassie e dalla natura delle sorgenti luminose in esse contenute. Sebbene questo aspetto dell'evoluzione cosmica abbia ricevuto una crescente attenzione da parte degli studiosi, è solo negli ultimi due anni che le osservazioni dei quasar più lontani e le nuove immagini della radiazione di fondo cosmico ne hanno reso possibile uno studio più quantitativo. In particolare, l'assenza di tracce di idrogeno neutro negli spettri dei quasar più antichi, osservati attraverso i nuovi potenti telescopi, ha permesso di stabilire che l'epoca della reionizzazione, nella quale più del 99% dell’idrogeno è già stato reionizzato, deve essere avvenuta a redshift superiori a 6, meno di 1 miliardo di anni dopo il Big Bang, quando l'Universo aveva meno del 10% della sua età attuale.
Ancora più recentemente, le osservazioni della radiazione di fondo cosmico ottenute attraverso il satellite WMAP (Wilkinson Microwave Anisotropy Probe), hanno rilevato un'abbondanza di elettroni liberi nel mezzo intergalattico molto superiore a quanto finora pensato: la radiazione emessa dalle sorgenti luminose deve essere stata molto più efficiente nel reionizzare gli atomi di gas e la reionizzazione deve essere avvenuta molto prima, probabilmente meno di mezzo miliardo di anni dopo il Big Bang. Per riuscire a valutare le implicazioni di queste importanti osservazioni, un gruppo di ricercatori dell'Istituto di Astrofisica Max Planck, coordinato da una giovane studiosa italiana, Benedetta Ciardi, ha riprodotto la storia di reionizzazione dell'Universo al computer, usando tecniche raffinatissime di simulazione ad alta risoluzione, che permettono di seguire l'intera durata di questo lungo processo senza perderne i dettagli più importanti. Il confronto tra i risultati delle simulazioni e le osservazioni di WMAP sembra suggerire che la storia di reionizzazione sia stata molto più complessa di quanto finora immaginato. È probabile che le prime generazioni di stelle, molto massicce e prive di elementi chimici pesanti, possano avere svolto un ruolo importante, grazie alla loro alta efficienza di emissione di fotoni in grado di reionizzare il gas circostante. I risultati di questo interessante studio, ottenuti in collaborazione con Massimo Manzelle della SISSA di Trieste e con Simon White dell'Istituto di Astrofisica Max Planck, hanno infatti permesso di confrontare numerose storie di reionizzazione, variando la natura delle sorgenti luminose responsabili dell'emissione dei fotoni ionizzanti.
(vedi figura qui sopra...) Queste mappe, ottenute dai ricercatori del Max Planck, attraverso le simulazioni al computer mostrano come il processo di reionizzazione dipenda in maniera cruciale dalla natura delle sorgenti luminose che emettono i fotoni ionizzanti. Da sinistra verso destra, si mostra una regione di gas intergalattico 200, 250 e 300 milioni di anni dopo il Big Bang. I tre riquadri superiori rappresentano il processo di reionizzazione realizzato da stelle massicce e prive di metalli, mentre i tre riquadri inferiori rappresentano il risultato ottenuto con stelle evolute, come quelle che oggi osserviamo intorno a noi. Le regioni più scure individuano le zone di gas completamente reionizzato. E’ evidente che nel primo caso la reionizzazione procede in maniera molto più rapida ed efficace.
In particolare, le prime generazioni di stelle, che si formano dal collasso di nubi di gas composte solo di idrogeno e di elio, essendo prive di elementi chimici pesanti (i cosiddetti metalli) tendono a essere più massicce e più calde delle stelle che oggi osserviamo intorno a noi. Queste proprietà favoriscono l'emissione di una maggiore quantità di fotoni ionizzanti e dunque un processo di reionizzazione più rapido, producendo una quantità di elettroni liberi che si accorda perfettamente con le misure ottenute da WMAP. Nonostante questo importante successo, sono ancora numerosi gli interrogativi in attesa di risposte adeguate: in particolare, quando e in che modo è avvenuta la transizione tra le stelle responsabili del processo di reionizzazione e le stelle che oggi osserviamo intorno a noi ? Qual è l’impatto del processo di reionizzazione nella formazione delle generazioni successive di galassie ? I raffinati strumenti di indagine teorica oggi a disposizione, insieme ai nuovi potenti telescopi, saranno in grado di sostenere queste importanti sfide future.
The movie (Multi-media experience....in ISDN 128 Kbs, ADSL, Cable, T1, Bamda larga. NO 56 Kbs !). All five WMAP frequency band maps combine to create the full-sky CMB map. (The signal from our Galaxy appears in red and is filtered out in the combined full-sky map.)
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