Articoli
Home
Ambientazione
Sigla
Storia della Serie
Elenco Puntate
Galleria
Personaggi
....dal mondo dei fans
Articoli e Libri
Z-Test
Zorro Links

Tratto da: “CINQUANT’ANNI DI TELEFILMS AMERICANI” – ED. LINDAU – giugno 2002

  

AI CONFINI DELLA REALTA’

 

Diego del Pozzo

Atro telefilm ambientato in un West diversissimo dal solito – la California del 1820, ancora sotto la sovranità della Spagna (è annessa agli Stati Uniti soltanto nel 1848) – è “La spada di Zorro” (Zorro, 1957), dove il paesaggio, però, serve soltanto per ospitare le scorribande e le acrobazie del protagonista. Proprio le molte sequenze d’azione, spesso in spazi aperti, testimoniano di un livello produttivo della serie superiore rispetto ad altri prodotti del periodo. Trasmessa dalla ABC tra il 10 ottobre 1957 e il 2 aprile 1961 – per un totale di 82 episodi, tutti di 30 minuti tranne gli ultimi quattro, lunghi un’ora ciascuno – “La spada di Zorro” è prodotta con molta convinzione dalla Disney e fortemente voluta da Walt Disney in persona, che affida il ruolo del protagonista mascherato e del suo alter ego, Don Diego de la Vega, all’attore Guy Williams che, ancora oggi, è mentalmente associato al personaggio di Zorro, grazie allo straordinario successo dello show. Nei panni del buffo sergente Garcia è messo Henry Calvin, mentre il muto servitore Bernardo, Don Alejandro (il padre dell’eroe) e Anna Maria Verdugo (la sua fidanzata) sono interpretati, rispettivamente, da Gene Sheldon, George J.Lewis e Jolene Brand.

Ma la versione Disney del personaggio deve fare i conti con la sua storia precedente: anzitutto con l’originale creato dallo scrittore Johnston McCulley nel 1919, nel romanzo “La maledizione di Capistrano” (The Curse of Capistrano), pubblicato a puntate sulla rivista “All-Story Weekly”. Ne è protagonista Don Diego de la Vega, nobile spagnolo inviato dal padre nella California meridionale per contrastare l’iniquo governatore della regione; assunta l’identità segreta di uno spadaccino mascherato soprannominato “El Zorro” (che in spagnolo significa la Volpe), il giovane si trova a condurre una duplice esistenza: “aristocratico timido e riservato in privato, audace e coraggioso quando veste maschera e mantello per marchiare con la ‘Z’ le vittime di duelli a senso unico”. Da questo punto di vista è visivamente molto efficace, nel telefilm Disney, la scelta di far montare due differenti cavalli a Zorro/Diego: il nero Tornado, fedele compagno d’avventure; il bianco Phantom, quando indossa abiti civili.

Al romanzo di McCulley, comunque, si ispira dapprima il cinema, fin da “Il segno di Zorro” (The Mark of Zorro, 1920) di Fred Niblo con Douglas Fairbanks. Il film ha innumerevoli remake, tra cui il più celebre, nel 1940, diretto da Rouben Mamoulian e interpretato da Tyrone Power. La fama “multimediale” del personaggio, però, si consolida attraverso i tanti serial in pellicola (ciascuno in 12 o 13 episodi) prodotti, negli anni ’30 e ’40, dalla Republic. “Zorro Rides Again” uscì nelle sale il 3 dicembre 1937, primo serial a episodi basato sul personaggio di Zorro. Ogni puntata di un serial Republic durava 19 minuti, tranne il primo, di 30 minuti. Nel serial John Carroll interpretava James Vega, pronipote dello Zorro originale, e l’ambientazione era molto distante dal pueblo di McCulley. Gli sceneggiatori inserirono la Volpe in un western moderno, con treni, autocarri, telefoni e aerei. Anche questo Zorro era abilissimo con la pistola e la frusta, ma gli mancavano l’inconfondibile mantello e la spada. Fedele alla regola, ogni episodio del serial terminava con un finale “cliffhanger”. A “Zorro Rides Again” seguono altri sei titoli: “Zorro’s Fighting Legion” (1939), “Zorro’s Black Whip” (1944), “Son of Zorro” (1947), “La sfida di Zorro” (Ghost of Zorro, 1949), “Don Daredevil Rides Again” (1951) e “Man with the Steel Whip” (1954). Ma, come detto, lo Zorro per eccellenza diventa, poco dopo, quello interpretato in televisione da Guy Williams.

Gli episodi della prima stagione del telefilm Disney sono divisi in tre cicli di 13 puntate ciascuno, in cui Zorro deve vedersela, in ognuna delle saghe, con lo stesso avversario: “Zorro vs. Capitain Monastario”, “Zorro vs. the Magistrato” e “Zorro vs. the Eagle”. Dalla seconda stagione (cioè dal quarantesimo episodio), lo schema è meno rigido, con episodi autoconclusivi e brevi sequenze unite dal medesimo argomento (per esempio,  “The Secret of El Zorro”, “Zorro and the Mistery of Don Cabrillo”, “The Mountain Man”). La terza e conclusiva stagione è inserita, invece, all’interno del programma della Walt Disney Presents e composta da soli quattro episodi, però lunghi un’ora ciascuno. Williams incarna alla perfezione le caratteristiche del personaggio, tratteggiandolo con un’irresistibile, beffarda vena ironica che serve a umiliare il nemico piuttosto che, semplicemente, a sconfiggerlo. Ogni episodio – dopo innumerevoli peripezie, inseguimenti a cavallo, duelli in punta di fioretto – si conclude, immancabilmente, con il segno di Zorro, la sua “zeta”, a marcare anche in modo visivo e grafico la superiorità dell’eroe nei confronti degli antagonisti: spesso, il simbolo del giustiziere mascherato fa bella mostra di sé sul voluminoso didietro del goffo sergente Garcia, vittima predestinata, piuttosto che semplicemente avversario, dello Zorro più goliardico. E “la Volpe” difende i deboli e s’oppone ai prepotenti con coraggio e destrezza, proponendosi come autentico “uomo della provvidenza” e conquistando i ragazzi di un’intera Nazione; una Nazione che – dopo la placida agiatezza dei “Silent Fifties” – si prepara all’elezione del presidente della “Nuova frontiera”, quel John F.Kennedy che, col suo sorriso quasi sfacciato e il carisma indiscutibile, tanto ricorda proprio l’amato eroe-spadaccino impersonato in TV da Guy Williams.  

 

Vai all'inizio dell'articolo

Tratto da:”FILM TV” –2/8 giugno 2002

 

ZORRO

Il vendicatore mascherato più amato nasce nel 1919 come risposta americana a Robin Hood. È l'icona dell'eroe buono "che ruba ai ricchi per dare ai poveri"

 

E‘ CURIOSO PENSARE CHE LA STORIA DELL'EROE MASCHERATO PIU’ FAMOSO E IMITATO NON SAREBBE STATA LA STESSA SE NON CI FOSSE STATA DISNEYLAND.

Ouesta afferma­zione merita una spiegazione.

"Zorro", che significa volpe in spagno­lo, fu creato da Johnston McCulley nel 1919 con l'intento di dare anche agli Stati Uniti un eroe "che ruba ai ricchi per dare ai poveri" come l'inglese Ro­bin Hood. Hollywood si interessò imme­diatamente alle storie di McCulley e negli anni a seguire Douglas Fairbanks e Tyrone Power lo fecero diventare un'icona. All'inizio degli anni '50 il pro­duttore Mitchell Gertz acquisì i diritti per lo sfruttamento televisivo e tentò in tutti i modi di produrre la serie, ma senza riuscirci. A questo punto entra in scena Walt Disney, in quegli anni total­mente assorbito dal reperimento di fondi per la costruzione del suo parco a tema. Il papà di Topolino vedeva la produzione di un telefilm come merce di scambio con la Abc. Gertz cede quin­di i diritti alla Disney, ma anche così il progetto non decolla. Disney si rifiuta di produrre una puntata zero, indispen­sabile per l'approvazione del budget da parte del network. Dopo vari tentativi "Zorro" arriva sugli schermi nell'otto­bre del 1957. Numerosi test furono ef­fettuati per trovare un attore che reg­gesse il confronto con il fascino di Ty­rone Power, prima di arrivare al semi-sconosciuto Guy Williams, il cui vero nome era Armando Catalano.

La prima serie di "Zorro" è quasi mono­tematica. Il giovane Don Diego de la Ve­ga ritorna a Los Angeles dopo un viag­gio di studi in Spagna e scopre che il piccolo "pueblo" è nelle mani del capi­tano Monastario che approfitta della sua posizione per arricchirsi. Don Die­go, con l'aiuto del fido Bernardo (il ca­ratterista Gene Sheldon), muto ma non sordo, decide di contrastare il capitano vestendo i panni di un vendicatore ma­scherato. Ma un eroe non può esistere senza un fido compagno e questo vale anche per Zorro, inseparabile dal suo Tornado, un purosangue di sette anni (furono tre i cavalli usati nella serie: uno per le acrobazie, uno per le corse veloci e l'altro per le scene di combatti­mento). Tutte le puntate vedono Zorro intralciare i piani di Monastario, grazie anche all'inettitudine del sergente Gar­cia (Henry Calvin). La prima stagione è formata da tre storie di tredici episodi l'una. Nonostante l'enorme successo, furono apportate alcune modifiche alla seconda serie: le storie divennero più snelle e fu introdotto un ruolo femmini­le, per rispondere alle critiche secondo cui Zorro era più interessato a cacciare furfanti che a conquistare donne. Tut­tavia il personaggio di Anna Maria Ver­dugo (Jolene Brand) resistette solo per qualche episodio. I cambiamenti furono apprezzati dal pubblico e anche la se­conda serie si chiuse con successo nel settembre del '59. Ma non ci fu mai una terza serie. Innanzitutto per motivi di budget: un telefilm di un'ora al tempo costava una media di 14.000 dollari, un episodio di "Zorro" ne costava 82.000 e durava solo 30 minuti; in secondo luogo per problemi di rapporti tra Di­sney e la Abc. Gli 82 episodi che compongono la serie sono stati di recente colorati al computer. Sempre la Disney ha appena mandato in onda il pilot delle "Nuove avventure di Zorro". Gli ap­passionati dell'eroe mascherato hanno potuto vedere il loro eroe in altre serie: due a cartoni animati e una, del 1989, con Duncan Regehr.

   

“Guy Williams è morto nel 1989. Dopo la serie di ‘Zorro’ è venuto in Italia a girare ‘Il Tiranno di Siracusa’ per la regia di Curtis Bernhardt con Ilaria Occhini e Moira Orfei. Ha ritrovato la notorietà con un’altra serie televisiva ‘Lost in Space’. E poi nulla dalla fine degli anni ’60 in poi. Gene Sheldon è scomparso nel 1982. Anche la sua carriera si è praticamente fermata dopo ‘Zorro’.

Henry Calvin ha partecipato, con un piccolo ruolo, a un film di Stanley Kramer ‘La Nave dei folli’ con Vivian Leigh e Lee Marvin. Poi niente fino alla morte avvenuta nel 1975.”

Vai all'inizio dell'articolo

Tratto da "DIZIONARIO DEI TELEFILM" di Leopoldo Damerini e Fabrizio Margaria - EDIZIONI GARZANTI

 

BONANZA

Con: Lorne Greene, Pernell Roberts, Dan Blocker, Michael Landon, Victor Sen Yung, Ray Teal, David Canary, Guy Williams, Mitch Vogel, Tim Matheson. Produzione: USA, 1952, western, colore (430/60'). CULT.

E' il telefilm western più longevo della storia della televisione dopo Gunsmoke; il primo in onda a colori. Quattrocentotrenta puntate per raccontare la saga della famiglia Cartwright di Virginia City, proprietaria di un ranch di circa 600.000 acri chiamato Ponderosa, dal nome di un pino che cresce nel Nevada. La serie rappresenta l'archetipo di quei serial che negli anni '60 hanno acceso i riflettori sulla "proprietà", dove gli uomini non erano più pionieri (o almeno non solo) ma difensori del proprio patrimonio, non più eroi solitari ma membri di un clan familiare unito. E forse nessun legame nato del West è più saldo di quello che unisce i Cartwright nel 1860: Ben (interpretato dall'attore canadese Lorne Greene) è il capo-famiglia tre volte vedovo; al suo fianco, i figli Adam (Pernell Roberts), il primogenito, Hoss (Dan Blocker) e Little Joe (Michael Landon, che saltuariamente compare anche dietro la cinepresa), il più giovane. Le poche donne presenti sono già morte o assurgono al vecchio ruolo di procreatrici. I tre matrimoni di Ben sono rivissuti in flaschback; Adam, nativo del New England, è figlio della prima moglie Elisabeth; Hoss è nato dal secondo matrimonio con Inger, una donna di origini scandinave uccisa dagli indiani (il vero nome di Hoss è Eric: Hoss significa "buona fortuna" in novegese); Little Joe è figlio di Marie, l'ultima moglie morta in seguito a una caduta da cavallo. Ai quattro protagonisti si aggiungono: Hop Sing (Victor Sen Yung), il cuoco del ranch; lo sceriffo Roy Coffee (Ray Teal), che in più di un'occasione chiede una mano ai Cartwright; Canaday detto "Candy" (David Canaray) accettato come uno della famiglia; Will Cartwright (Guy Williams), il nipote di Ben; Jamie Hunter (Mitch Vogel), uno sbandato salvato dal clan di Ponderosa; l'aiutante Griff King (Tim Matheson), un ex imbroglione. Dopo alcuni cicli Pernell Roberts lasciò il cast "per non restare imprigionato nel ruolo"; alla quattordicesima stagione Dan Blocker è morto improvvisamente e la serie è stata sospesa. Nel 1988 è stato girato un film-tv (Bonanza: the Next Generation) che presuppone un sequel: John Ireland entra in scena nei panni di Aaron Cartwright, il fratello del defunto Ben (Lorne Greene era scomparso da poco); Gillian Green (la figlia di Lorne) interpreta Jennifer Sills, l'unico personaggio femminile di rilievo in una saga più che altro maschile. Altre due pellicole destinate al piccolo schermo sono state prodotte nel corso degli ultimi anni: Il ritorno di Bonanza (1993) e Bonanza: Under Attack (1995). Il creatore e produttore esecutivo della serie è David Dortort. David Rose firma le musiche che accompagnano le imprese dei Cartwright; la celebre canzone-tema del telefilm, composta da Jay Livingston e Ray Evans, è suonata da ben 35 misicisti; a Rose venne chiesto di riscrivere il tema musicale nella penultima stagione, ma i telespettatori americani protestarono a tal punto che le note Livingston-Evans risuonarono nell'ultimo ciclo. Tra le molte guest-star che sfilano: Ida Lupino, James Coburn, Lee Van Cleef, Martin Landau, Bob Hopkins, Lee Marvin, Charles Bronson, Telly Savalas, Vera Miles, Zsa Zsa Gabor. Il serial e stato girato tra la California, l'Arizona e il Nevada, dove nei pressi del lago Tahoe sorge il Ponderosa. Alcuni episodi sono diretti da Jacques Tourneur, ma a detta dei fans i migliori sono quelli girati da un giovane Robert Altman.

 

SPADA DI ZORRO, LA (Zorro)

Con: Guy Williams, Gene Sheldon, George J. Lewis, Henry Calvin, Britt Lomond, Don Diamond, Jolene Brand. Produzione: USA, 1957, avventura, b/n - colorizzato (78/'30; 4/60'). CULT.

Lo spadaccino mascherato più famoso dell'immaginario nasce nel 1919 dalla mente di Johnston McCulley, per poi trasferirsi sul grande schermo e approdare in televisione grazie a Walt Disney in persona, che firma la serie del 1957 nelle vesti di produttore esecutivo. Definito "il Batman del 1820", El Zorro, che in spagnolo significa "la volpe", è in realtà Don Diego de la Vega, spedito dal padre nella California spagnola a contrastare la dispotica gerarchia della regione. Guy Williams (vero nome: Armando Catalano) interpreta l'eroe dalla doppia personalità, aristocratico timido e riservato in privato, audace e coraggioso quando veste maschera e mantello per marchiare con la "Z" le vittime di duelli a senso unico; Gene Sheldon indossa i panni di Bernardo, il muto e finto sordo servitore, l'unico a conoscere il segreto del padrone; George J. Lewis è Don Alejandro de la Vega, il padre di Don Diego che solo in seguito verrà a conoscenza della vera identità del figlio; Henry Calvin è il sergente Garcia, il grasso e goffo inseguitore del giustiziere mascherato che finisce sempre marchiato da Zorro nel didietro; Britt Lomond ricopre il ruolo del capitano Monastario, il superiore di Garcia; Don Diamond assume i gradi del caporale Reyes, il "valletto" del voluminoso sergente; Jolene Brand entra in scena nelle vesti di Anna Maria, fidanzata di Don Diego. Calvin, il cui vero nome era Wimberly Calvin Goddman jr., fu notato dopo alcune imitazioni di Oliver Hardy in produzioni della Disney: alcuni trucchi visivi contribuirono a renderlo ancora più grasso di quello che era in realtà. Williams è morto nel 1989 in completa solitudine: il suo cadavere è stato rinvenuto dopo alcuni giorni dal decesso. George Bruns e Norman Foster firmarono il pentagramma dell'indimenticabile sigla d'apertura, in cui il protagonista compare in sella allo stallone nero Tornado, fedele e intelligente compagno d'avventure alla stessa stregua dello stallone bianco Phantom (quando cavalca nei panni civili). La Diseny, visto il crescente successo del telefilm, acquistò in tutta fretta il copyright della spada di Zorro, praticamente introvabile nei carnevali anni '70; con il passare delle stagioni, il titolo italiano del telefilm è stato ridotto da La spada di Zorro al più "confidenziale" Zorro. William J. Anderson firma da produttore esecutivo al fianco di Walt Disney; quest'ultimo decise di approvare la scelta di Guy Williams quale protagonista solo alla fine di una lunga diatriba che lo vedeva testa a testa con David Janssen (il papà di Topolino avrebbe preferito il futuro interprete de Il fuggiasco). Lee Van Cleef compare tra le guest-stars.

 

Vai all'inizio dell'articolo

L'eroe nero mascherato parente dei Beati Paoli


Al Festival Sottodiciotto di Torino fino a domenica c’è una retrospettiva filmica dedicata a Zorro a 85 anni dall’apparizione romanzesca del celeberrimo personaggio, che esordì infatti sulle pagine del pulp magazine "All Story Weekly" nel 1919 e l'anno appresso fu portato sul grande schermo dal regista Fred Niblo con l'ipercinetica interpretazione di Douglas Fairbanks. Spericolato acrobata, superiore per dinamismo anche all'Errol Flynn di "Robin Hood" e forse eguagliato soltanto da Gene Kelly-D'Artagnan, il mitico Fairbanks fu però in parte offuscato dalla bellezza byroniana di Tyrone Power, che indossò i neri panni di Zorro in uno spettacolare remake girato nel 1940 (ossia - dumasianamente - vent´anni dopo) da Rouben Mamoulian.

Ma senza dubbio il più riconoscibile e amato Zorro fu Guy Williams, interprete di una fortunata serie di telefilm prodotta dalla Walt Disney a partire dal 1957 e ciclicamente riproposta con inossidabile successo. Guy Williams è il mio Zorro, l´eroe della mia fanciullezza. Da piccoli io e mio fratello aspettavano con entusiasmo la "Tv dei ragazzi" per assistere alle sue gesta, per godere dei suoi trucchi volpini e delle sue scalpitanti avventure (che poi, riviste a colori e private del magico alone dell’infanzia, si rivelarono esilissime trame di un'aggraziata epopea in miniatura).

A dare un tocco ancora più familiare a questa nostalgica rimembranza, un particolare forse non a tutti noto: Guy Williams in realtà si chiamava Armando Catalano ed era di origine siciliana. I genitori, Attilio Catalano e Clara Arcara, provenivano da Messina ed erano giunti negli Usa agli inizi dei ruggenti anni Venti. Qui era nato Armando (a Fort George, New York city) il 14 gennaio del 1924. Dopo essersi diplomato alla Peekskill Military Accademy, intraprese la professione di modello. Nel 1948, durante le pose per un cartellone pubblicitario, conobbe Janice Cooper, avvenente collega che presto sarebbe diventata sua moglie e gli avrebbe dato due figli. Nei primi anni Cinquanta cominciò a lavorare in alcune produzioni televisive come "Studio One" e, trasferitosi a Hollywood, interpretò alcuni ruoli secondari per la Universal-International. Stava quasi per rinunciare alla carriera di attore e tornare alle più modeste prestazioni di modello, quando fu inaspettatamente ingaggiato per interpretare Zorro nella serie Disney.

In seguito raggiunse un vasto successo anche nella parte di John Robinson nella serie "Lost in Space", ma la sua immagine rimase indelebilmente associata a quella dello spadaccino mascherato californiano, al punto da non riuscire mai a liberarsene e divenirne una specie di alienato "doppio" (a Don Diego de La Vega, peraltro, lo accomunava la passione per gli scacchi). Ad ogni modo Zorro gli diede una fama internazionale. La moglie del presidente Juan Peron, sua accesissima fan, lo indusse a trasferirsi in Argentina. Stanco dello stressante clima hollywoodiano, Guy accettò l'invito e prese casa a Buenos Aires. Proprio nel suo appartamento argentino, ormai deposta la spada di Zorro, cedette all’ultimo agguato, stroncato da un attacco cardiaco il 6 maggio 1989.

Non credo che l'ironia del destino abbia assegnato come ultimo scenario di Armando Catalano (cognome che peraltro rimanda a una genealogia spagnola) il quartiere Palermo di Buenos Aires, quello in cui visse Borges. Però vi sono altri contatti tra Zorro e la Sicilia. Non tanto l’immancabile parodia di Franco Franchi e Ciccio Ingrassia ("I nipoti di Zorro"). Piuttosto, direi, "I Beati Paoli" di William Galt, alias Luigi Natoli, arcinota variazione del filone "cappa e spada" che apparve a puntate sul "Giornale di Sicilia" tra il 1909 e il 1910. Sulla scorta di un citatissimo saggio introduttivo di Umberto Eco, si è soliti interpretare "I Beati Paoli" non «come esempio di romanzo storico bensì di romanzo popolare», e quindi non riconducibile alla tradizione dei Guerrazzi, Cantù o D’Azeglio, ma a quella dei Dumas, Sue o Luigi Grameglia. Da questo sistema di riferimenti il romanzone del Natoli risultava collocato nell’ambito di un tardo feuilletonismo e nonostante la sua schietta vena narrativa sembrava esaurirsi in un colpo di coda sostanzialmente anacronistico.

Con un zigzagante guizzo di lama, la vicenda di Zorro mi pare invece riscattare il fiuto moderno, ancorché provinciale, di Natoli (che non a caso fu sfiorato dall´interesse di un cinema avventuroso in tutti i sensi). "The Curse of Capistrano" di Johnston McCulley non è infatti un ritardato epigono della narrativa d'appendice, ma al contrario un prototipo della moderna cultura di massa (da cui promana, ad esempio, tutta la sequela dei supereroi schizofrenici dei comics e della celluloide). In questa prospettiva, anche l'opera di Natoli, anziché ridursi a distanziata retroguardia, potrebbe forse rileggersi come un tentativo acerbo (e ancora più velleitario del "Cabiria" dannunziano, anch’esso collegato alla Sicilia) di dare respiro a un´industria culturale di cui mancavano ancora i presupposti.

E mancava altresì il culto dell'individuo, del giustiziere solitario. Citando ancora Eco, «la società segreta è la maschera dell'eroe e ne è nel contempo il suo braccio secolare». In ciò i Beati Paoli sono ben più massonici di Zorro, la cui salvifica Zeta, infatti, secondo l´analisi di Fabio Troncarelli, sarebbe l'abbreviazione della forma semitica "Ziza" ("Splendente") simbolo dell´energia vitale che nel Pentagramma della Massoneria esprime il «genio capace di innalzare gli uomini a nobili e grandi imprese». Seguendo un ordine delle coincidenze siamo arrivati alla palermitanissima Zisa. E qui ci fermiamo, prima che qualche screanzato possa associare la carnascialesca mascherina del nostro caro Zorro all'identità segreta di un latitante mafioso.

 di Marcello Benfante

 

Vai all'inizio dell'articolo

Tratto da "ZORRO" di Carlo Scaringi, ed. Gremese - 2004

ZORRO

Tra Zorro e la televisione c'è un rapporto che, almeno in Italia, dura da una trentina di anni, da quando il 14 aprile del 1969 andò in onda nella TV dei ragazzi, sull'allora Programma Nazionale della RAI, Un carico esplosivo, primo episodio di un lunghissimo ciclo di telefilm realizzati dalla Disney e interpretati da Guy Williams, l'attore al quale si deve una buona parte della popolarità che il giustiziere mascherato ha ottenuto in tutto il mondo. Il ciclo fu girato sul finire degli anni Cinquanta, a partire dal 1957, e comprende 78 telefilm in bianco e nero che nel 1990 sono stati "colorati" e riproposti alla TV americana, sul Disney Channel, e ancor oggi sono trasmessi in numerosi Paesi. Per molti telespettatori, la visione di quei filmati rappresenta un tuffo nel passato, un'iniezione di gioventù, un modo per "fermare" il tempo. Per altri sono solo telefilm gradevoli, nei quali due classici filoni dell'avventura (il genere western e quello cappa-e-spada, legato per lo più al mondo dei moschettieri) si fondono, offrendo uno spettacolo più che dignitoso, talora ripetitivo (soprattutto per gli scontri infiniti tra Zorro e il sergente Garcia), comunque non privo di sorprese: insomma, un prodotto valido ancor oggi.

Offerto in Italia nello spazio dedicato ai ragazzi, il ciclo è piaciuto anche agli adulti, ma per i programmisti della TV italiana il mondo di Zorro è entrato decisamente a far parte dell'immaginario infantile, e da allora - tranne qualche film presentato in altre fasce di ascolto - Zorro è stato sempre confinato negli spazi per ragazzi, anche nella stagione 1998-99 che ha visto Raiuno ripresentare un altro ciclo di telefilm, in orario pomeridiano, inseriti all'interno di un programma per bambini come Solletico. Eppure nelle storie di McCulley, nei vari prodotti cinematografici, negli stessi telefilm si affrontano talora situazioni e personaggi un po' estranei all'universo infantile. Certo, le avventure di Zorro si prestano a vari livelli di lettura, da quello più semplice (i duelli, gli inseguimenti, la maschera, lo scontro tra il buono e il cattivo, ecc.) che colpisce chiaramente la fantasia dei più giovani, a quello più adulto, come il rapporto di Zorro (e ancora di più di Don Diego) con le donne o con il padre, i risvolti politici (la guerra tra messicani e americani), quelli economici con latifondisti, affaristi, faccendieri e maneggioni vari che si inseriscono nello scontro politico e militare, o magari lo fomentano per trarne vantaggio, e così via.

Insomma, nelle storie di Zorro grandi e piccoli trovano sempre occasioni per divertirsi, e forse è questo uno dei motivi del suo successo, malgrado il "vizio d'origine" che, almeno in Italia, ha sempre destinato questo personaggio alle platee dei più giovani, un po' come i fumetti che, sempre in Italia, per lungo tempo sono stati considerati una lettura per ragazzi, col risultato che ancora oggi gli adulti si vergognano di confessare di leggerli. In altri Paesi questo non accade e Zorro è un personaggio "per tutti", forse preferito dai più giovani ma apprezzato anche da chi ha varcato gli "anta" che in questo eroe in maschera cerca l'occasione per un divertimento senza problemi. In Germania, per esempio, il nome di Zorro è stato dato a un commissario, protagonista di un ciclo di telefilm (Tatort), interpretato da Robinson Reichel che nei primi episodi si chiamava Michail Zorrowski e che poi è stato trasformato nel commissario Zorro. Girati nel 1996 non sono stati ancora presentati in Italia, a differenza di altri dello stesso ciclo già trasmessi in anni precedenti.
Dopo il ciclo della Walt Disney, sarebbero trascorsi diversi anni prima che il famoso giustiziere mascherato tornasse sul piccolo schermo. Fino al 1967 i diritti di utilizzazione di Zorro erano della Walt Disney, che poi li cedette alla famiglia di McCulley (NOTA= è la famiglia Gertz, quella del produttore della serie, non quella del creatore del personaggio), che tuttora li detiene, sfruttandoli attraverso la Zorro Productions. Ma la colpa di questo "vuoto" non va attribuita unicamente a fattori finanziari o burocratici, quanto al fatto che di fronte al notevole risultato raggiunto dal ciclo disneyano, pochi produttori televisivi erano disposti a giocare questa carta rischiosa, e soprattutto a tentare un confronto (che molti ritenevano perduto in partenza) con il prodotto della Walt Disney. Forse per questa ragione, il secondo ciclo televisivo di Zorro (1983) è stato ancora prodotto dalla Disney per la CBS, ed è una sorta di "situation comedy", intitolata Zorro and Son (Zorro e suo figlio), ideale continuazione delle vicende disneyane, con gli esterni girati negli stessi luoghi dell'altro ciclo, trasferite in un'epoca posteriore di 25 anni. Zorro accusa ormai i malanni dell'età avanzata, e pertanto affida al figlio il compito di proseguire la sua missione. Il sergente Garcia non c'è più, sostituito dal sergente Sepulveda, mentre il nuovo comandante spagnolo ha il nome un po' caricaturale di Paco Pico. Resta al suo posto, infine, il fedele Bernardo, che in tutti questi anni ne ha viste tante, di cose, ma che essendo muto non può raccontarle. Nel ruolo del vecchio Zorro c'è Henry Darrow mentre il giovane Don Carlos de la Vega (in arte Zorro) è interpretato da Paul Regina.


LA SPADA DI ZORRO (Zorro)

USA, 1957

Regie diverse

Interpreti: Guy Williams, George J. Lewis, Gene Sheldon, Britt Lomond, Henry Calvin, Jolene Brand, Eugenia Paul


È la "mitica" serie della Disney, il primo ciclo che portò Zorro sul piccolo schermo e lo rese celebre in tutto il mondo. Guy Williams, il protagonista, è vissuto praticamente con la maschera del giustiziere addosso, identificandosi a lungo con il personaggio che viene ricordato ancor oggi, ma anche rimpianto visto che gli interpreti dei cicli successivi, al di là della loro professionalità, non sono riusciti a entrare perfettamente nello spirito dello spadaccino. Diretto da vari registi, il lungo ciclo è stato presentato in Italia con il titolo La spada di Zorro, successivamente semplificato in Zorro. Le storie sono semplici, ma ben costruite e ruotano intorno alle imprese di Don Diego de la Vega che difende, a colpi di spada e di scudiscio, gli abitanti della California oppressi dal potere militare del capitano Monastario e del sergente Garcia, personaggio grasso e in fondo simpatico, costretto dagli eventi a fare la faccia feroce. Tra duelli e cavalcate, c'è spazio anche per qualche momento sentimentale, con i rapporti tra Zorro e il padre e, soprattutto, tra il cavaliere mascherato e Anna Maria, corteggiata da Don Diego ma innamorata di Zorro.


Vai all'inizio dell'articolo

Tratto da "LA STAMPA"  15/06/2005

TUTTI ZORRO
 


A qualcuno non andrà giù che il nuovo libro “Zorro” di Isabel Allende sia il primo dei dieci più venduti in Italia in questa settimana. Questi non potrà essere che Zorro stesso. L’ eroe mascherato ha già fatto sentire la sua voce da un sito di protesta anti Allende (www.zorro-libre.org). Con la sua Z on line se la prende di brutto con donna Isabel, lancia un’ invettiva multilingua (anche in latino) dove ribadisce il fatto che Zorro sia un sogno che appartiene a tutti e non può essere vincolato dal diritto d’ autore: “Io sono di chi mi ha sognato. Di chi ha sperato che arrivassi. Di chi ha creduto di vedermi in una notte di luna.”
Lo spadaccino nero forse non ha mandato giù un’ intervista, pubblicata sul sito dell’ Editore Feltrinelli, dove l’ Allende racconta come le fu proposto di scrivere un romanzo sulla vita di Zorro: «un giorno, nell'estate del 2003, alcune persone arrivarono a casa mia e affermarono di essere i proprietari di Zorro, il personaggio con la maschera, la spada e la frusta (…)” Il gruppo era guidato da mister John Gertz. Suo padre nel 1920 aveva comprato dall’ autore semi sconosciuto tutti i diritti di sfruttamento della storia di don Diego della Vega, ma dopo film, telefilm e fumetti, lui voleva coprire la lacuna di un vero romanzo sul vendicatore della California.
L’ Allende sulle prime rispose picche: "Di cosa state parlando? Sono una scrittrice seria, io". Poi si lasciò convincere. Intuì che Zorro avrebbe “tirato”, tutti sapevano chi fosse: “Zorro è conosciuto in tutto il mondo -come ebbe modo di riflettere poi la scrittrice- in Cina, il 64% della popolazione, e generazioni molto lontane tra loro, sa chi è Zorro.” Oggi però lo stesso Zorro non gli perdona quel suo primo moto di snobismo e dal sito aleggia la sua minaccia più beffarda, quasi gli frema sulla punta della spada: “Chi è mai questa autrice seria? Sappia che io non voglio la sua passione pelosa. Conosco altre passioni. Sono Zorro. Zeta sul sedere di Gertz, dunque, e di tutti i suoi soci. Zeta sul sedere dei suoi avvocati e dei suoi commercialisti. Niente zeta invece per la Allende, ma solo perché è una signora.” (Minime zethum autem in Allende clunibus: matrona est. Per chi prediligesse tra le versioni del messaggio quella in latino). La storia che rielabora Isabel Allende è nota ad almeno tre generazioni di spettatori dei telefilm della Disney: “La spada di Zorro” la loro produzione iniziò nel 57 li abbiamo visti e rivisti, da qualche anno anche colorati. Struttura basica e senza sorprese: il bene vince il male perde, con Zorro nel cuore si cresceva immaginando che fosse veramente così.
In fondo quella dell’ anonimo Zorro è solo una critica sul web, che è come fosse scritta sull’ acqua. Si sa che il mercato non può fermarsi a riflettere su tali minuzie, ma proprio perché sono stato Zorro anche io posso capire la protesta. Basta correre con la memoria a giochi di fanciulli per ricordare come il suo sia il vestito da eroe più a buon mercato, un cappello di cartone una mascherina e una spadina di plastica bastano a trasformare in mito mascherato ogni individuo. Chi mai non ha indossato il vestito di Zorro almeno una volta da bambino, tornare a farlo da adulti è un esercizio salutare per chi ancora abbia voglia di immaginare che i torti potranno essere raddrizzati.
Qualcuno lo ha già scritto, quindi tanto vale che anche io faccia il mio bravo coming out. Un anno fa al secondo raduno mondiale degli Zorro c’ ero anch’io. Mi accodai con moglie e figli a qualche migliaio di adulti seguendo la scia dell’ inno che più o meno diceva: “Con la spada stretta in mano tutti Zorro a Oristano” Ancora ricordo quel ritornello che mi ha tartassato le orecchie per un paio di giorni, tanto che alla fine ci credevo anch’ io: lui sarebbe tornato sul suo cavallo nero, avrebbe marchiato a fil di spada tutti quelli che ognuno ha scritto nella lista personale dei miserabili. Quanti sergenti Garcia abbiamo incontrato nella nostra vita, forti della goffaggine dei loro galloni da operetta, sarebbe bastato uno schioccar di frusta per riportarli al loro rango di buffoni.

Ci fu in quell’ occasione un interessante convegno: “Il segno di Zorro tra cultura e civilizzazione”, è vero che fui relatore, ma ero in buona compagnia tra Giulio Giorello e Fabio Canessa, tutti mascherati con lo spadino brandito. C’ era l’ artista Filippo Martinez, il mimo Franco Fais a cavallo di uno struzzo mascherato, Carlo Pettinau che è un serio architetto e tanti altri in un teatro stracolmo in cui tutti erano rigorosamente vestiti da Zorro. Ancora mi chiedo perché Zorro abbia seminato proprio in Sardegna la sua progenie. C’è chi ha tentato di dimostrarlo con ardite genealogie, ma non è importante, sta di fatto che oltre i raduni annuali ogni tanto a quelle latitudini riemerge la “Zorrità” come una categoria dell’ esistenza di chi non si rassegna.
La squadra della Tarros nel precedente campionato di eccelenza, chiede a Zorro di intervenire contro un assessore responsabile di non far riparare le docce difettose del loro spogliatoio. Il politico fu Zorrato in una gigantografia portata sugli spalti, anche tutti gli ultà erano vestiti da Zorro. La squadra alla fine della partita, vittoriosa, si è tolta la maglietta mostrando che sotto ce n’ era un’ altra, nera con la zeta inconfondibile. A Cabras invece l’ estate passata è stata lanciata la Zorraccia, una vernaccia con Zorro sull’ etichetta. Insomma, in quello che era l’ antico Giudicato d’ Arborea, si è creato uno spazio mentale diffuso di cui Zorro è uno dei miti misteriosamente condivisi. Zorro entra oggi di diritto nelle classifiche dei libri di successo, una scrittrice nota e titolata sta rinnovando in suo nome le sue precedenti glorie letterarie, su tanti muri e autobus d’ Italia campeggia la sua Zeta trasformata in brand, ma se qualcuno dice di essere il proprietario di Zorro lui ci ricorda che appartiene un po’ tutti noi, ma sostanzialmente a nessuno: “sono di quelli che, in un mantello nero, hanno capito di essere me. Sono libero. Senza copyright. I sogni non hanno copyright.” Ancor meglio ce lo dice in latino, con l’ assonanza di un’ antica litania: “Somnia copyright non tolerant”

Gianluca Nicoletti


Vai all'inizio dell'articolo

Tratto da "DI PIU'"  10/04/2006

LICIA COLO' DIVENTA ZORRO PER DIFENDERE GLI ANIMALI
 

Licia Colò, 43 anni, la conduttrice veronese, ha scelto un modo particolare per attirare l'attenzione dei telespettatori sul suo programma Animale e  animali... e, che va in onda dal lunedì al venerdì su Rai Tre alle 9.15: ha deciso di indossare, durante uno spazio settimanale apposito, una maschera nera sul viso simile a quella usata da Zorro, l'eroe nato nel 1919 dalla penna dello scrittore americano Johnston McCulley e protagonista di tanti film di successo, tra cui quelli interpretati dal famoso attore spagnolo Antonio Banderas.

Così travestita, Licia si propone di "vendicare" le ingiustizie e le violenze subite dagli animali. Infatti la sua trasmissione raccoglie le denunce e le segnalazioni dei telespettatori che riguardano gli animali in difficoltà. Oltre a Licia, anche i membri della redazione portano la maschera di Zorro. La Colò ha deciso di trasformarsi in Zorro perché è un personaggio schierato dalla parte dei più deboli e Licia vuole difendere proprio le creature più deboli.

 

Vai all'inizio dell'articolo

 

<<<Precedente

1   2   3   4   5

top

 

 

***   ***   ***

Home ] Ambientazione ] Sigla ] Storia della Serie ] Elenco Puntate ] Galleria ] Personaggi ] ....dal mondo dei fans ] Articoli e Libri ] Z-Test ] Zorro Links ]