Attraversata Invernale del Brenta
Una attraversata di 28 ore per percorrere a piedi tutto il Gruppo di Brenta da Nord a Sud
Premessa
La prima neve autunnale, solitamente, coincide con la
chiusura dei rifugi, mentre i sentieri spariscono sotto la sua coltre; la
chiamano la “stagione dei profondi silenzi”. E’ questo il periodo dove la
montagna assume la sua naturalità, quella totale, solo in questo modo essa
ritorna ad essere, di nuovo, più isolata.
D’inverno la
“vera montagna” viene frequentata, non più da semplici escursionisti, ma
dai veri amanti della natura e dell"
Alpinismo” invernale. I primi, solitamente la frequentano con le
Ciaspole per la contemplazione
del paesaggio o per allontanarsi dalle piste da sci, mentre i secondi salgono
sulle cime utilizzando anche gli sci d’alpinismo.
Mancava, nella mia semplicissima "carriera" di alpinista, qualcosa di particolare nella stagione invernale. Non è che negli ultimi “anni” io abbia abbandonato la montagna invernale… anzi: cascate di ghiaccio, arrampicate invernali e gite scialpinistiche impegnative, sono sempre state all’ordine del giorno, alternate dalle numerose gare di scialpinismo che spesso vincevo, ma un qualcosa di particolare (come dico io) dovevo farlo!
La vera molla
è scattata il giorno di Santo Stefano, quando l’amico Guida
Alpina Mario Taller, mi ha fatto una bella sorpresa… una telefonata con la
quale mi invitava nella “sua attraversata invernale del Berenta”.
La sua iniziale motivazione era la semplice voglia di festeggiare i suoi quarant’anni e quelli della sua località, Folgarida, dedicandone l’attraversata. Per questo tipo di progetto non poteva andare solo (come aveva fatto nel 2005 d’estate in poco più di dieci ore), ma doveva essere accompagnato da qualcuno per farsi dare una mano nel tracciare e nel prendere le decisioni sulla sicurezza e sulla scelta del percorso migliore.
Per
questo aveva preso contatti con Massimilano Gasperetti di Cles,
che due anni fa aveva salito il Broad Peak con Diego
Giovannini di Pine, fortissimo alpinista, amante dell’alta quota, pure lui
“ingaggiato” nell’impresa, anche per la sua grande passione nel fare le
riprese video.
Fin da subito ho voluto chiedere a Mario che cosa
intendesse fare: che percorso, quale attrezzatura, in che tempi, con chi? Tutti
concetti che per me assumono un’importanza basilare. Nelle mie iniziative ho
sempre rispettato chi mi ha preceduto, cercando anche nelle imprese che hanno
fatto la storia dell’alpinismo. Bisogna essere consapevoli che le imprese sono
iniziate già alla fine dell’ottocento. I nostri alpinisti, spesso impegnati
in una specie di gara con Austriaci, Tedeschi e Inglesi, correvano e si
inventavano imprese per firmare le prime ascensioni sulle cime più belle e
difficili. Si correva, in modo diverso, certo, ma la voglia di conquista aveva
scatenato, già allora, una sorta di agonismo.
Le montagne si scalavano non solo per la conquista ma
anche per il piacere e la grande soddisfazione che esse procuravano, molte volte
mettendo in gioco la propria vita fino ad essere considerati dalle comunità
come “I conquistatori dell' inutile”. Ma è forse proprio questo
"inutile" che dà la determinazione e l’energia per raggiungere
certi obiettivi.
Il nostro obbiettivo ora era un percorso di circa 60
km di sviluppo, con più di settemila metri di dislivello da superare
camminando, arrampicando e confidando nell’uso, per alcuni tratti, di ciaspole
da neve; il tutto non tralasciando di scalare la vetta principale. Sarebbe stata
la prima traversata integrale del Brenta d’inverno attraversando tutte le Bocchette,
dalla Catena Settentrionale al sottogruppo della Cima di Pratofiorito.
Un ambiente
che presenta molte difficoltà: le notti, il ghiaccio, il freddo e le cenge
piene di neve con pericolo di slavine... lo stesso pericolo che ha fermato il
tentativo dell’anno scorso nel mese di marzo, poco prima dello scadere
dell’inverno.
Anche
questa volta il progetto si era sviluppato e gli obbiettivi pianificati: il
nuovo Team “Linea Ideale” (Mario Taller - Omar Oprandi -
Diego Giovannini - Massimilano Gasperetti)
con l'aiuto dei nostri Patners, aveva scelto un’attraversata, per noi logica,
ma molto particolare: partire a Nord del Gruppo di Brenta per arrivare a
Sud, concatenando,
nel minor tempo possibile, tutti i Sottogruppi e le Ferrate della zona… le
famose Bocchette di Brenta:
1)
La
Catena Settentrionale del Brenta attraverso il Sentiero Costanzi, passando per
le creste del Sasso Rosso 2645 m, Cima del Vento 2761 m e giungere a 2894 m
della Cima Sassara, punto più alto di questa prima parte, preceduta dal
conosciuto Bivacco Bonvecchio 2790 m. Considerata una delle zone del Brenta più
selvagge e difficili;
2)
La
prima parte del Brenta Centrale con il Sentiero Benini che contorna la Cima
Grostè, la Cima
Falkner e la Cima Sella con la discesa verticale alla Bocca di Tuckett 2648
m;
3)
La
seconda parte del Brenta Centrale con la Cima Brenta 3.150 m che è stata
sfiorata percorrendo le Bocchette Alte, oltrepassano anche lo Spallone dei
Massodi 2999 m per raggiungere il Rifugio Alimonta a quota 2.580 m. Questo era
il nostro obbiettivo della prima giornata. Punto di bivacco all’interno del
locale invernale dopo diciotto ore di cammino;
4)
La
vera e propria parte centrale del Brenta, con la risalita della Vedretta degli
Sfulmini, verso la Bocca d’Armi, che con i suoi 2.741 m dà inizio alla Via
delle Bocchette Centrali, passando a fianco delle famose pareti degli “Sfulmini”,
tra cui quelle del Campanile Alto e Campanil
Basso,
seguendo il fianco della Brenta Alta fino al suo termine;
5)
La
salita alla Cima Tosa affrontata attraverso il Sentiero Brentari e la Via
normale. La vetta più alta del Brenta con i suoi 3173 m;
6)
Ritorno
sui propri passi fino alla Cengia Garbari e giù in alta Val Ambiez attraverso
l’attrezzata Ferrata dell’Ideale fino nei pressi del Rifugio Agostini 2410
m;
7)
Risalire
alla base della Cima d’Agola per affrontare la Ferrata
Castiglioni che porta alla Bocca dei Due Denti a circa 2850 m che permette
di ridiscendere in direzione del Rif Garbari ai 12 Apostoli 2489 m. Da qui
proseguito fino ai 1596 m di Malga Val Agola e di nuovo giù alla volta della
Val Brenta e alla fine della sgaloppata.
Abbinare
l’uso delle ciaspole è stata una logica conseguenza... l’inverno 2007,
povero di neve per l’uso degli sci, avvantaggiava questa scelta. Tutto il
tragitto è stato fatto in totale autonomia, salvo il breve passaggio al Rif.
Graffer dall’amico Egidio Bonapace. Per l’attraversata abbiamo usato
abbigliamento della Montura,
guanti della Level
e occhiali
della Salice, per
l’attrezzatura tecnica abbiamo optato per quella leggera della Camp:
ramponi, piccozza, imbracatura, casco e zaino.
Teniamo a sottolineare che aver attraversato il
Gruppo di Brenta in invernale è stato solo per soddisfazione personale. Quando
lo vedremo, in tutto il suo profilo, dalla Presanella
o dalla Paganella non potremo far altro che avere un piacevole e particolare
brivido di soddisfazione.
Sette zone cosi importanti e significative,
conosciute da tutti gli escursionisti, si può dire d’Europa, collegate in
inverno attraverso una Linea Ideale come il nome del Nostro
Team.
Un sincero ringraziamento ai miei compagni di
avventura, ora amici: Diego Giovannini e Massimilano Gasperetti, mentre uno,
ancor più particolare, a Mario Taller, alpinista che stimo molto, anche per
l’invito all’attraversata.
Queste idee nascono da uomini che amano la montagna e che fanno di questo amore una grande passione.
"COM’E’ ANDATA"
Come al solito l’ora della partenza si decide fra
impegni di lavoro, di famiglia e personali… ritrovo avvenuto con Mario, nel
suo bellissimo Albergo a Folgarida, alle ore 18,00 di domenica 14 Gennaio 2007.
L’ora è motivata dal fatto che volevamo cenare prima dei preparativi della
partenza vera e propria. Il colmo della giornata: Diego che era rientrato solo
ieri da una delle sue frequenti spedizioni e che, dopo una lunga dormita (dovuta
al fuso orario) aveva avuto solo il tempo materiale di preparare in estremis lo
zaino per venire con noi.
Dopo i
trasferimenti d’obbligo da Folgarida a Dimaro e poi a Cles ecco il ritrovo con
Massimo nel suo Negozio “Alpstation”
dove c’era anche e Diego. Da qui, aiutati da amici che ci hanno portato con
fuoristrada, il nuovo trasferimento fino alla partenza vera e propria che è
stata fatta al Passo della Forcola (a Nord del Rif. Monte Peller) a quota 1800
c.a alle ore 22.00.
Dopo la partenza, siamo passati nelle vicinanze del
Rifugio Peller a 2022 m per raggiungere la Malga Tassullo. Questa malga era
stata considerata, all’inizio, come un possibile punto di breve bivacco… per
partire a mezzanotte in punto, ma data l’ora (circa le
23.00) abbiamo preso la decisione di continuare direttamente, solo una
pausa per calzare le imbracature e il materiale alpinistico. Da questo punto in
poi è avevamo davanti a tutta la Catena Settentrionale del Brenta battuta dal
Sentiero Costanzi.
Ormai in piena notte abbiamo affrontato il nevaio del
Sasso Rosso 2645 m con moltissima neve… neve alta che ci ha fatto prendere la
decisione di procedere con ramponi soprattutto per la pendenza del terreno. Poco
oltre abbiamo trovato la traccia fatta da Mario Taller solamente il giorno
precedente. Una traccia che ci ha fatto procedere velocemente su tutte le creste
che oltrepassano la Cima del Vento 2761 m e giungono a 2894 m della Cima
Sassara, il punto più alto di questa prima parte.
Naturalmente abbiamo fatto una seconda breve pausa
nel Bivacco Bonvecchio a 2790 m (circa le 04.30),
una pausa che è servita per toglierci dal vento della notte e che ci ha
permesso, anche se per poco tempo, di rilassare la testa dalle attenzioni che
questa prima parte richiede: creste e pendii non indifferenti con terreno in
parte ghiacciato e in parte coperto da neve instabile, caratteristica del
periodo invernale. Da qui con piccoli, ma ormai finali, saliscendi alla
Bocchetta dei 3 Sassi 2614 m dove la traccia di Mario ci salutava scomparendo in
Val Gelada.
Di lì, sempre attraverso le pochissime tracce del
Sentiero Costanzi, verso la spalla della Cima Vagliana dove delle vecchie tracce
di scialpinisti ci hanno portato sulle facili piste del Grostè, poco sotto il
Rif Graffer a quota 2261 m. Quì con l’amico Egidio Bonapace e la sua grande
ospitalità, abbiamo fatto la terza pausa che è servita anche per un piacevole
ristoro in compagnia dei consigli di Egidio e delle buone torte del suo rifugio.
(ore 07.00).
Trasferimento
in direzione del Rifugio Stoppani 2438 m e del Passo Grostè per entrare nel
“Brenta Centrale“ per sfiorare la prima delle sue cime: Cima Grostè 2901 m
salita attraverso il ripido canale Nord (ore 08.50)
per poi portarci a Sud Est sul Sentiero Benini che contorna la Cima
Falkner. E’ stato questo il punto dove Mario, Massimo e Diego avevano
deciso di rinunciare all’attraversata dell’anno scorso. Allora le condizioni
erano pessime: la troppa
neve e i numerosi accumuli anno annullato qualsiasi tentativo di proseguire.
Malgrado lo sforzo e i rischi presi il giorno precedente fino a questo punto, i
tre decisero (saggiamente) di abbandonare.
Quest’anno le cose sono diverse: le cenge sono
coperte di neve, ma il fatto che la nevicata è stata fatta in un'unica
soluzione, e il mio preventivo “assaggio” fatto con Sabrina (che mi ha
assicurato nei punti più critici) ha fatto si di confermare neve stabile e
pericoli limitati all’esposizione e alla quasi inesistenza del fidato cavo
d’acciaio che caratterizza il sentiero delle Bocchette. Con questi presupposti
abbiamo “attaccato” il Sentiero Benini fino alla Cima Sella e da qui per la
discesa verticale alla Bocca di Tuckett 2648 m (ore
11.30).
La Cima Brenta 3.150 m doveva essere uno degli
obbiettivi dell’attraversata… ma non quello primario. Il fatto di sapere che
lo scivolo Nord era completamente ghiacciato (ghiaccio grigio e nero) ci ha
fatto cambiare idea già nei giorni precedenti: abbiamo optato per sfiorare la
sua cima percorrendo le più faticose Bocchette Alte, che oltrepassano anche lo
Spallone dei Massodi 2999 m (ore 12.45).
A questo punto abbiamo preso la decisione di
percorrere integralmente la Bocchette Alte evitando anche la discesa per il
sentiero Detassis. Ci siamo cosi addossati anche l’impegno di continuare sui
successivi saliscendi fino nei pressi di Cima Molveno per poi raggiungere il
Rifugio Alimonta a quota 2.580 m (raggiunto con calme
alle ore 16,00).
L’attraversata
fino a questo punto si è rilevata molto faticosa, soprattutto per la notte in
bianco e per il lunghissimo sviluppo che essa ha comportato fin ora.
Tecnicamente è filato tutto liscio con dei regolari cambi nel batter traccia. A
dir la verità, nell’ultima parte di questo primo giorno, mi sono messo un
po’ in coda.
Fin
da subito avevo ammesso, anche ai miei soci di avventura, che solitamente questa
prima parte di stagione (in questi ultimi anni) coincide con il periodo nel
quale sono meno allenato perché “sposto” il culmine della preparazione per
il periodo finale dell’inverno e l’inizio della primavera.
Il bivacco invernale del Rifugio Alimonta ci ha
ospitato per tutto il pomeriggio e la serata, che è trascorsa facendo
sciogliere la neve per le borracce e per la cena. Questo compito è stato fatto
da Mario che in quel momento era la persona più attiva con ancora delle energie
da spendere. Dopo la “solita” cena a base di bustine liofilizzate ci siamo
addormentati, visto la notte scorsa che è stata trascorsa sulle creste del
Brenta Settentrionale.
La sveglia, che doveva essere alle ore 06,00 è
avvenuta “casualmente” alle ore 07.00 circa
perché mi sono accorto che dalla piccola finestra il buio della notte aveva
lasciato posto ad una timida luce mattutina. Poco male, la notte ha ricaricato
di energie tutto il gruppo e la giornata che ci aspetta sarà sicuramente più
corta di quella precedente.
Dopo la
piccola colazione a base di te e di una barretta ghiacciata, siamo ripartiti (ore
07.50) in direzione della Vedretta degli Sfulmini, verso la Bocca
d’Armi, che con i suoi 2741 m dà inizio alla Via delle Bocchette Centrali.
Una salita di riscaldamento con le ciaspole dove, visto la parte finale della
giornata di ieri, avevo promesso di batter traccia. In un batter d’occhio, grazie
all’aiuto di lastre di dura neve ventata, siamo arrivati alle scale delle
Bocchette e da li proseguito sul bellissimo sentiero scavato nella roccia, con
il “buon” Diego impegnato nelle riprese. Morale alto per tutto il gruppo che
sapeva di essere di nuovo “carico” e motivato, e che d’ora in poi non
aveva alcun dubbio sulla situazione del terreno.
Con questo spirito siamo passata a fianco delle
famose pareti degli “Sfulmini”, tra cui quelle del Campanile Alto e Basso,
tra riprese e fotografie. Dopo il
Campanil Basso il sentiero attrezzato si sposta a Nord per seguire il fianco
della Brenta Alta fino al suo termine. E’ stato sulla cengia in direzione
della Bocca di Brenta (ore 10.25) che io e Mario
abbiamo preso la decisione di non raggiungere la Bocca di Brenta 2552 m, ma di
preferire il più difficile passaggio denominato “Bus del Gat” che accorcia,
anche se di poco l’avvicinamento alla prossima parte dell’attraversata.
Questo passaggio e ignoto a molti, ma conosciuto da
chi, come noi, frequenta molto il Gruppo di Brenta. Una forcella che rimane fra
la Cima Margherita e la Brenta Bassa, un passaggio in arrampicata di terzo grado
su roccia mediocre che immette nella grande Vedretta della Tosa. Dal versante
Nord al versante Sud, dall’ombra al sole… un sole che ci ha fatto fare la
prima sosta della giornata con bella vista sul Sentiero Brentari e la Via
normale alla Cima Tosa. (ore 11.00).
Ci eravamo già lasciati alle spalle le Bocchette
Centrali ma non eravamo nemmeno a metà percorso, solo il morale alto e la bella
giornata ci dava la forza di pensare alle prossime salite.
Per la salita
alla vetta più alta mi son messo in testa a scandire il passo, aiutato anche da
una vecchia traccia con neve dura che ci ha portato fino alla base della piccola
parete che da accesso alla parte finale della salita alla cima. Una parete di
secondo grado affrontata senza gli zaini che ci aspettavano per il ritorno.
L’insolita
leggerezza ci ha fatto salire più velocemente del solito fino ai 3173 m della
Cima Tosa… il secondo obbiettivo di oggi.
Una ripresa dell’arrivo in vetta, un saluto e una
fotografia nei pressi della statuina della Madonnina (ore
12.50) poi un veloce ritorno sui nostri passi fino alla base della parete
che abbiamo ridisceso utilizzando una corda doppia fatta sul mio cordino in
Kevlar di 50 m che ci eravamo portati fin dal primo giorno per ogni evenienza.
Piccola pausa per riprendere gli zaini e via, davanti
a batter traccia per la Cengia Garbari. Sapevo che dovevo fermarmi il meno
possibile… le gambe “giravano” benino solo se non le tenevo ferme più del
solito. I miei compagni erano contenti per la traccia che facevo, forse un pò
meno per i pochi minuti che dedicavo alle poche pause. Quindi avanti, attraverso
l’attrezzata Ferrata dell’Ideale; Mario e Max mi seguivano pronti a darmi il
cambio, poco dietro Diego con la telecamera che faceva le “ripetute” nel
venirci a riprendere per le riprese con la telecamera.
Un canale ripidissimo con ottima neve ci ha fatto
“precipitare” in alta Val Ambiez, in vista del Rifugio Agostini 2410 m (ore
14.00). Era da questa mattina che intendevo arrivare in questa valle per
“portare” il gruppo sulla Ferrata
Castiglioni.
(Ferrata che avevo già fatto due volte nei mesi invernali con
la neve. Mario, invece, nella sua attraversata estiva, era sceso dalla Cima
Tosa dalla Via Migotti per scavalcare la Bocchetta dei Camosci e raggiungere
direttamente il Rif XII Apostoli).
Questa
ferrata non poteva rimanere fuori dalla “nuova attraversata”… solo con il
completamento di questa ferrata avremmo “attraversato integralmente il
Brenta”. Questa proposta era stata accettata da tutti con molto entusiasmo fin
dalla sera precedente al Rif. Alimonta.
Quindi ora non ci rimaneva altro che risalire alla
base della Cima d’Agola per affrontare quest’ultima ferrata. Sempre davanti
a pestare neve, mi sono portato, il prima possibile, sul margine destro della
vallata per affrontare una ripida parete che ci avrebbe fatto risparmiare tempo
e terreno nell’avvicinamento. (Qui, d’estate esiste un vecchio passaggio che
ora è stato abbandonato per il più sicuro sentiero che passa qualche centinaio
di metri sotto).
E’ stato dopo questo punto che, “a sorpresa”, i
miei compagni di avventura mi proposero di sciogliere un pò di neve con il
fornelletto. Ero sicuro di aver lasciato (in accordo) le bombole del gas al
bivacco invernale dell’Alimonta e quindi, ero stupito di questa richiesta.
Invece, a mia insaputa, mi avevano fatto un “regalo” nascondendomi la
bombola del gas nello zaino. Sanno che sono sempre attento ai pesi e alle cose
inutili, ed ero stato proprio io ad insistere nel lasciare le bombole al
Rifugio. Nel frattempo avevo anche risparmiato la mia riserva d’acqua per
arrivare fino in fondo senza riserva.
La verità, penso, è stata una scusa in più, per
fare la seconda vera pausa della giornata… un buon sorso di the zuccherato era
quello che ci voleva per tutti. Bere in montagna è importante, se poi si riesce
a bere bibite calde, vuol dire che si riesce anche a mangiare più
“volentieri” anche l’ennesima fredda barretta. Pausa ben accetta dunque
che ci ha fatto già assaporare il nostro successo… infatti la ferrata era
ormai a portata di mano (ore 14.40).
Fù Diego ad “aprire” la traccia fino
all’imbocco della ferrata, poi subito dietro a fare le riprese di rito sulle
prime scale verticali, poi, più in alto, davanti per riprendere il gruppo
dall’alto. Tra allegre battute e qualche mio canto di montagna la Ferrata
Castiglioni si è lasciata superare… ma non senza qualche sorpresa… (ore
15.20)
E’
doverosa una premessa! Le Bocchette del
Brenta d’estate si “riducono” al fatto di dover seguire un sentiero
ben segnalato che passa su delle cenge più o meno larghe e più o meno esposte,
di stare attenti al fatto di doversi attaccare al cavo d’acciaio, che ti guida
nei punti più esposti e più critici, e affrontare le scale di ferro che
aiutano a superare i tratti verticali.
Ebbene,
queste cose d’inverno cambiano: non solo bisogna fare quello appena descritto,
ma anche, e solo dove si può, dovere scovare “a vista” dove passa il
sentiero; infatti le cenge sono ricoperte di neve e diventano tutte uguali, per
di più, quasi tutte le segnalazioni del sentiero spariscono sotto la neve
compreso il cavo. A parte questi “piccoli dettagli”, ormai eravamo abituati
a tutto questo:
due intere giornate trascorse sulle Ferrate del
Brenta ci avevano preparato a qualsiasi sorpresa e a qualsiasi difficoltà:
dalle scale parzialmente ricoperte di neve, ai canali ghiacciati che abbiamo
attraversato, alle rocce con verglas che abbiamo calpestato e ai numerosi tratti
esposti che abbiamo affrontato senza il cavo coperto dalla neve… questo ed
altro… ma per chi conosce la verticalità del posto e sa cosa vuol dire aver
camminato diciotto ore il primo giorno e con circa altre sette nelle gambe, il
secondo, sa che qualsiasi difficoltà deve essere moltiplicata con questi
fattori.
Ero quasi all’uscita della Ferrata, quando
l’ultima scala di destra sparì sotto un cumulo di neve ripidissima e ventata.
Da parte mia, forse è stato il passaggio più critico, a livello di pericolo:
bastava che la neve “cedesse” per rovinare tutta l’attraversata. Non
c’era nessun punto di ancoraggio sicuro, solo un “assaggio con la piccozza,
per capire la consistenza della neve, mi ha dato il coraggio di provare a
superare l’ostacolo. Passaggio riuscito, con una fortissima esposizione e il
dubbio sulla neve sotto i piedi.
Nel frattempo
Diego, vista la situazione, si era spostato a sinistra nel canale. Ero già
salito da quella parte tre anni fa con Sabrina legata alla corda, ma oggi la
situazione era critica anche su
quel lato. Infatti dopo pochi metri,
Diego si è ritrovato su una parete piena di neve inconsistente con le scale
della Ferrata pochi metri a destra. Mancava davvero poco al termine della nostra
attraversata, ma sapevamo che bastava poco per rischiare più del dovuto.
Fù a questo punto che decidemmo di usare la corda
per la seconda volta… questa volta il cordino da 50 m in dinemma di Mario,
giusto per non dire di averle portate per nulla. Massimiliano, che era ancora
sulla scala, dietro di me e ancora sotto il passaggio del cumulo di neve, prese
la corda, la lanciò a Diego e lo assicurò fino alla scala. Io nel frattempo mi
ero portato verso “l’uscita” della Ferrata Castiglioni… subito dopo
Mario e a seguire Massimiliano e Diego. Una vigorosa stretta di mano e un
abbraccio per tutti… ero commosso, eravamo alla Bocca dei Due Denti a circa
2850 m, fuori dalle difficoltà e alla fine della fatica.
(ore 15.40)
Da qui la
storia e breve: una lunga discesa, iniziata a piedi, proseguita con le ciaspole,
verso il Rif Garbari ai XII
Apostoli 2489 m (ore 16.15) da dove abbiamo
proseguito fino ai 1596 m di Malga Val Agola e di nuovo giù alla volta della
Val Brenta e alla fine della sgaloppata fino alla sbarra della strada forestale (ore
18.00). Qui l’amico Adriano Alimonta ci aspettava con il suo
fuoristrada. Uno scambio di battute durante il trasporto a Madonna di Campiglio
dove ci aspettava la moglie di Mario per il successivo trasferimento al loro
albergo a Folgarida da dove eravamo partiti due sere prima.
Finalmente, seduti comodi ad un tavolo dell’albergo ci siamo abbandonati alle impressioni della giornata, riguardando, curiosi le fotografie digitali delle due giornate.
DATI TECNICI
DISLIVELLI
EFFETTUATI:
Primo
giorno:
circa 3500 m di sola salita suddivise in sette salite principali.
Secondo
giorno:
circa 2500 m di sola salita suddivise in quattro salite principali.
TEMPI
DI PERCORRENZA:
Primo giorno:
Passo della Forcola 1800 m - Rifugio Alimonta 2580 m
18 ore
Secondo giorno:
Rifugio Alimonta 2580 m – Val Brenta 1200 m
10 ore.
ALTRI
TENTATIVI CONOSCIUTI
Il
primo tentativo è stato effettuato l’anno scorso da Mario Taller, Giovannini
Diego e Gasperetti Massimiliano. Tentativo abbandonato per neve abbondante e
pericolo di valanghe.
PERIODO
DI REALIZZAZIONE
Partenza
domenica 14 Gennaio. Ore 22.00. Camminato tutta la notte e il giorno 15 Gennaio.
Terminato l’atraversata il giorno seguente, 16 Gennaio 2007.
REALIZZATORI
-
Mario
Taller: Guida Alpina, Istruttore di SciAlpino. Skyrunner e atleta di sci
alpinismo.
-
Oprandi
Omar: Guida Alpina, campione Italiano sci alpinismo anni: 1996 1997. www.rocciaeneve.it
-
Giovannini
Diego: alpinista, skyrunner, scialpinista e addetto alle riprese. www.soloperun8000.it
- Gasperetti Massimiliano: alpinista, scialpinista e proprietario di un negozio di articoli sportivi.
NUMERI
Concatenamento
fatto il 15 e 16 Gennaio 2007 in un totale di 18h dalle Guide Alpine Mario
Taller - Omar Oprandi e dagli Alpinisti – Diego Giovannini –
Massimiliano Gasperetti. |
||
ORARI
Partenza Passo della Forcola ore 22,00
Rif. Graffer ore 07.00
Bocchetta Tuchet ore 11.30
Rif. Alimonta ore 16.00
partenza Rif. Alimonta ore 08.00
Bocchetta di Brenta ore 10.25
Cima Tosa ore 12.50
alta Val Ambiez ore 14.00
uscita Ferrata Castiglioni ore 15.40
Val Brenta ore 18.00 |
NUMERI
Dislivello
salita: c.a 6500
m Km: circa 70 km Ore in movimento: 24 h Ore sosta/bivacco Rif Alimonta: 15 h Cambi - Ristori - Pause - Foto: 4h c.a.
|
MATERIALE USATO
Materiale alpinistico: CAMP Scarpe: GARMONT/SCARPA Abbigliamento: MONTURA
Occhiali: SALICE/CARRERA
Fatica: La Nostra !
|
Durante tutta l’attraversata sono stati fatti circa 90’ di riprese video e moltissime fotografie… materiale che è in fase di preparazione per le serate che saranno ideate per gli appassionati del settore. |
Eventuali richieste: Guida Alpina Omar Oprandi Via Segantini 41/3 - 38074 Drena (TN) - 339.8332422 - ooprand@tin.it
ALTRI CONCATENAMENTI FATTI
Nel 1992
da
Pinzolo ho unito, la salita alla Cima Presanella con
la salita alla Cima Tosa con Polla Marco in poco più di 11 ore, con 6000 m di
salita, facendovi ritorno;
Al contrario,
e d’inverno, abbiamo concatenato, partendo da Molveno, la Cima Tosa con la Cima
Presanella (spostandoci in MTB dalla Val di Brenta alla Val Nambrone) in
poco più di 12 ore con più di 5000 m di salita. Con me c’era Nicolini
Franco;
Nel
2006, sempre in MTB, con Paolo Calzà abbiamo concatenato
le Tre cime del Bondone con la Cima dello Stivo e la Cima dell’Altissimo,
partendo e tornando ad Arco, in 15 ore, anche qui con oltre 6000 m di salita e
135 km in bici;
Ancora
nel 2006 con Glauco Maffei, siamo partiti in MTB da Trento raggiungendo i piedi del Gruppo di
Brenta. Lo scopo era quello di salire
il Campanil Basso e tornare a Trento in giornata. Siamo riusciti a farlo in
10h 30’ con 3200 m di salita (1500 dei quali in MTB) e 100 km totali in bici.
Quel giorno abbiamo salito la Via Fox e la Via Preuss che sfiorano il sesto
grado, per uno sviluppo, in arrampicata, di 250 m.
Per terminare in bellezza il 2006 siamo riusciti a concatenare tutte le Sei Ferrate della Valle del Sarca. Usando la MTB per gli spostamenti, il 29 Ottobre, abbiamo terminato la nostra fatica in 13h 14’ 28”. Il dislivello in salita è stato di 4200 m e i Km in MTB sono stati circa 90.
Tutte le attività estive - Tutte le attività invernali
Non sai cosa Fare ?? - Le attività in foto
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