Nel
terzo secolo la cultura classica, politeista, era al tramonto. Anche nel
mondo non cristiano si diffuse una tendenza al monoteismo.
A partire dai primi tempi
dell'impero, nel primo e secondo secolo, gli intellettuali avevano organizzato e unificato tutto il pensiero cresciuto nella vasta
area ellennizzata e romanizzata, dando vita a una filosofia "sincretica". Nel
periodo in cui inizia la crisi dell'impero, l'estensione
della cittadinanza romana a
tutti i popoli conquistati (212) testimonia l'unità raggiunta
dalla civiltà antica nel
III secolo dell'era cristiana.
In
quest'epoca di guerre e
militarizzazione la cultura "pagana" si distribuì universalmente, o "democraticamente", nei vasti territori imperiali.
Tutti adesso erano "romani", ma la
romanità e la classicità erano già in declino. Se
la struttura politica traballava, le parole d'ordine divennero
concordia, armonia ed unità. Nei circoli politici e intellettuali, come nelle comunità
religiose, si parlava spesso di "potere unico", ovvero di monarchia, di regno, di unità.
Così come si aspirava all'unificazione civile dell'impero,
si ricercava anche l'unificazione della sfera intellettuale e della sfera divina. Da
una parte tutto
questo era in evidente contrasto con l'antica cultura delle città-stato,
la cultura tradizionale, poli-teista ed aristocratica. Ma la
mentalità generale non era ancora totalmente monoteista, né cristiana. Si può
anzi dire che nel II e III secolo i "romani" giunsero ad
elaborare una propria cultura autonoma, che si differenzia e si pone come
separazione fra la vecchia mentalità greco-romana e quella
"nuova" monoteista e cristiana. Tale cultura fu comunque la
prosecutrice della cultura ellenistica che già tendeva ad essere
ecumenica, una parola greca che significa "diffusa in tutto il mondo
conosciuto". La cultura romana fu dunque sincretica per
definizione e tendeva ad unificare religione e filosofia, politeismo e
monoteismo. Sebbene
a volte fosse necessario uno sdoppiamento del potere politico, con la presenza di un
co-imperatore, in generale si difendeva il mito
di un solo
impero e un solo sovrano. Il
pensiero unificato derivava in buona parte da quello dei greci, ma aveva
subìto influssi anche dalle teorie "magiche" egiziane e dalle religioni orientali.
Così, nonostante si propagandasse una cultura dell'uomo, già alcuni
imperatori del passato avevano cercato di
farsi adorare come dèi, "all'orientale".
Il
cristianesimo si opponeva sicuramente e palesemente alla cultura dominante, ma
d'altra parte anche i suoi
intellettuali erano impegnati nella rielaborazione dei sistemi filosofici ellenici
e nella loro unificazione col monoteismo. Molti
intellettuali "classici" avevano nettamente separato la loro
filosofia dalla religione, affermando
esplicitamente che gli dèi non esistevano. Ma nel III secolo la società intera
fu pervasa da uno spirito religioso talmente forte che i vecchi culti,
per nulla sopiti, si ridestarono, si trasformarono e si unificarono anch'essi, rispondendo
in modo creativo alla sfida monoteista. Ma, proprio quando il
monoteismo divenne un fenomeno di massa, gli imperatori reagirono in modo
aggressivo e perseguitarono i cristiani violentemente quanto in passato. Quando Costantino si pose alla
testa del movimento monoteista, all'inizio del secolo successivo, ci fu
ancora una fase di discussione fra intellettuali di ogni categoria
e di ogni confessione religiosa. Alla
fine del IV e nel V secolo, però, la crisi multilivello dell'impero
arrivò a un grado talmente alto da portare sconforto in ogni settore:
militare, politico, civile, economico e culturale. Per l'uomo non sembrava
esserci più alcuna speranza in questa terra. L'unica salvezza era in
Cielo. Il cristianesimo divenne l'unica religione legale. La Chiesa
divenne intollerante e autoritaria. La lotta alle
idee divenne fondamentale per la gestione sociale. La libertà di pensiero
fu resa impossibile.
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