LO SCETTICISMO
Le sue tesi furono riproposte nel II° secolo a.C. da Carneade di Cirene, che ammetteva che i giudizi di merito potessero essere accettati, ma solo a livello soggettivo. Dal I° secolo a.C. al II° secolo d.C. il pensiero scettico rifiorisce e acquista grande notorietà, grazie a un gruppo di pensatori quali Enesidemo di Cnosso, Agrippa, ma soprattutto, Sesto Empirico. Saranno questi pensatori a formulare i tropi (si veda il punto 2). * Sommario 2. Lo scetticismo di Enesidemo, Agrippa e Sesto Empirico * Pirrone, similmente ai sofisti (tuttavia si leggeranno più avanti le differenze), prende atto del fatto che ad ogni tesi corrisponde sempre una antitesi, ad ogni verità una verità contraria, e che entrambe queste posizioni contrapposte hanno egual peso ed egual valore ("A ogni ragione si oppone una ragione di eguale valore"). Ma qual è il motivo di questa affermazione? Pirrone introduce nella filosofia greca elementi orientali e in particolar modo indiani: egli afferma che la verità, l'essenza vera delle cose che non mutano, il loro restare ferme nell'eternità della beatitudine, non si trova nel mondo sensibile, ma nel profondo dell'anima dell'uomo (per i Veda tale concetto è l'Atman, il sé profondo dell'uomo, che coincide, nella sua perfetta immutabilità eterna, con Dio). Dunque anche Pirrone si riferisce all'Uno immutabile, similmente a Parmenide e a Plotino: tale punto fermo fa si che egli consideri le opinioni degli uomini attorno alle cose del mondo né vere né false, in quanto il mondo sensibile è illusorio. La verità non si trova nel mondo sensibile, questo porta a definire l'atteggiamento autentico del sapiente, il quale non avrà alcuna opinione attorno alle cose sensibili (atarassia=imperturbabilità), non avrà alcuna opinione da comunicare (afasia=l'assenza di voce), non si appassionerà alle cose del mondo e non si concederà alle emozioni (apatia=assenza di passioni) e sospenderà il suo giudizio sulle cose (epoché=sospensione del giudizio). La figura del sapiente si avvicina quindi a quella dell'asceta orientale, per il quale il mondo è cosa lontana dal proprio sé (E' evidente poi l'analogia dello scetticismo con aspetti dell'epicureismo e dello stoicismo, soprattutto per i concetti di assenza).
La seconda fase dello scetticismo, pur riprendendo l'idea di fondo di Pirrone, esclude dalla sua formulazione il lato trascendentale (per cui la verità è oltre-sensibile) per concentrarsi solamente sulla negazione che possa esistere una qualsiasi verità. Nessuna
delle filosofie precedenti allo scetticismo ha mai trovato realmente (provato
in modo incontrovertibile) la verità: si impone così la
sospensione del giudizio (epoché).
"Il senso della verità, evocato una volta per tutte dal
pensiero filosofico, resta fermo anche nello scetticismo: solo che quest'ultimo,
a differenza delle filosofie non scettiche, crede di poter constatare
che quel senso, nonostante le apparenze, non ha preso corpo e quindi si
impone, per chi pensa, la sospensione del giudizio". (E. Severino,
La filosofia antica). Le critiche dei tre filosofi scettici si raggruppano in tropi (modi). I tropi sono i diversi modi per cui si arriva alla sospensione del giudizio un tropo è un enunciato nei quali appaiono quelle contraddizioni che favoriscono e rendono evidente la tesi scettica. Enesidemo ne enumerava dieci, Agrippa ne aggiunse cinque e infine Sesto Empirico ne aggiunse altri due. I tre tropi più importanti sono: 1. (di Enesidemo). Ogni cosa, isolata dalle altre, non ha più senso. Ogni cosa ha significato solo in rapporto alle altre. E' una tesi che prefigura il tema del divenire, del rapporto dialettico nel quale sono tutte le cose, che rimanda ad Eraclito e Hegel. 2. (di Sesto Empirico). Non esiste alcuna garanzia che i fenomeni che ci appaiono nella loro evidenza sensibile corrispondono realmente alle cose in sé, come realmente sono. Questa è una tesi dove si percepisce chiaramente la tematica kantiana. 3. (di Agrippa). Ogni verità è provata da teoremi, i quali sono provati da altri teoremi, e questi a loro volta da altri. Nulla prova che un teorema che si pone come principio non possa in realtà avere alle sue spalle un altro teorema. In questo tesi si evidenzia come il processo dei passaggi logici possa in realtà essere infinito (similmente al problema aristotelico della catena infinita di cause e a quello, in un certo senso, della divisibilità infinita delle cose). |
Scheda
di Synt - Ultimo aggiornamento Maggio 2004
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