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Seneca, un tipo tosto

Lucio Anneo
SENECA

(4 a.C.-65 d.C.)

"E' l'animo che devi cambiare,
non il cielo sotto cui vivi
."

 

Seneca nasce a Cordova (Spagna) da famiglia di intellettuali (il padre è conosciuto come Seneca Il Vecchio).

A Roma compie gli studi di filosofia sotto la guida di maestri stoici. Nel periodo che vede al trono l'Imperatore Caligola (37-41 d.C.) diviene senatore e conosce la gloria e gli onori del rango.

Nel 41 cade in disgrazia in seguito ad un complotto ordito da Messalina. Resta in esilio in Corsica fino al 49 d.C., quando Agrippina, salita al trono, lo richiama a Roma per fare da precettore a Nerone.

Dopo un primo periodo in cui è di fatto il primo consigliere dell'Imperatore (è il periodo del buon governo), nel 62, in seguito all'ennesimo complotto, Seneca capisce di non essere più nelle grazie del bizzoso regnante e si ritira a vita privata, dedicandosi allo studio.

Nel 65 d.C. Nerone, col pretesto di coinvolgerlo in una cospirazione ai suoi danni, gli ordina il suicidio. Seneca affronta stoicamente la morte per dissanguamento, entrando così nella storia della filosofia come martire, al pari di Socrate.

Opere principali : Epistolae ad Lucilium, De brevitate vitae, De Providentia, De Consolatione, De Constantia, De Otio, De Tranquillitate animi, De vita beata, De Ira, De Clementia, Apocolocyntosis; Medea, Phaedra, Hercules, Agamemnon, Oedipus (e molte altre tragedie); Proverbi.

*

Sommario

1. Uno stoico contro le passioni

2. Meccanica della frustrazione

3. La 'premeditatio' senechiana

4. Rimedio contro l'ansia

5. Come cani al guinzaglio

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1. Uno stoico contro le passioni

Seneca, da buon stoico dell'età imperiale, concentra i suoi sforzi su una filosofia dal forte valore pratico. L'uomo deve inseguire la virtù, ovvero, secondo gli stoici, deve accettare il proprio destino ed agire secondo la legge naturale del mondo, la ragione.

E' saggio colui che agisce razionalmente ed evita il più possibile di abbandonarsi alle passioni. Le passioni sono una malattia dell'anima da evitare a qualsiasi costo. Che le passioni siano una malattia né è prova pratica l'ira. Abbandonandosi ad essa si perde il lume della ragione e si possono commettere atti di inaudita ferocia, quasi si fosse preda della pazzia.

Più l'uomo è saggio più si rende conto quanto sia necessario ragionare ed evitare le emozioni (l'apatia stoica). Questo atteggiamento permette di eliminare tutta quella gamma di delusioni e difficoltà che incontra necessariamente l'uomo passionale, il quale vive un rapporto conflittuale con la realtà è la portata solitamente eccessiva dei suoi desideri.


2. Meccanica della frustrazione

La frustrazione è una condizione molto diffusa: essa nasce dall'inevitabile scontro tra desiderio e realtà ostile.

L'idea di Seneca è che le frustrazioni che meglio sopportiamo sono quelle alle quali siamo preparati. Rendersi conto di cosa è precisamente la realtà può aiutarci a smussare gli spigoli di quei desideri troppo intensi che non troveranno mai una soddisfazione.

La realtà non è mai ciò che vorremmo, la realtà è nostra antagonista. Essa ci tiene continuamente in scacco, siamo esseri mortali in balia del destino. Quello che la realtà ci riserva dietro l'angolo non ci è dato sapere. Secondo Seneca, tutto è in mano alla Dea Fortuna.

In sostanza Seneca predicava di frapporre uno spazio mentale tra sé e la realtà, uno spazio cuscinetto dettato dalla ragione. La delusioni forse non saranno inevitabili, ma in questo modo saranno meno cocenti (l'idea è di evitare l'impatto frontale contro il muro della realtà e di attutirlo, sebbene l'impatto sia inevitabile).


3. La 'praemeditatio' senechiana

Dunque i destini dell'uomo sono in mano a una forza superiore che decide autonomamente e secondo leggi insondabili a quali eventi deve sottostare l'individuo: per Seneca e per i romani questa entità si impersona nella Dea fortuna.

In sostanza, gli uomini devono capire che per quanto essi credono di poter scansare i colpi del destino, tale destino potrà colpirci comunque e in qualsiasi momento. L'abitudine ai periodi favorevoli o comunque ricolmi di serenità, non ci autorizza a pensare che tutto andrà sempre bene, visto che "niente è inosabile per la fortuna", come afferma lo stesso Seneca.

Proprio per evitare sorprese e rimanere così imperturbabili di fronte ai colpi della sorte, è salutare, secondo Seneca, tener ben presente in qualsiasi momento la possibilità di una catastrofe.

Famosa è quindi la praemeditatio senechiana (una meditazione preliminare e anticipatoria), una preghiera, un "mantra", che il saggio reciterà ogni mattina prima di cominciare la giornata. La premeditatio inizia così: "la fortuna non concede nulla in proprietà assoluta...". Proseguirà quindi con una serie di frasi che ci ricorderanno come sia possibile che ciò che si è costruito in anni con grandi fatiche possa venirci meno all'improvviso e senza alcuna regola.

L'idea è che e non dobbiamo attribuirci eccessive colpe se all'improvviso qualcosa ci va storto: adirarci credendo che il destino ci è avverso è sbagliato, perché il destino non porta in sé alcuna valutazione morale, casomai sono gli uomini ad attribuire valori morali al destino: in realtà gli eventi sono indifferenti alle nostre valutazioni.


4. Rimedio contro l'ansia

Tutte le civiltà complesse ed avanzate hanno un nemico da combattere: l'ansia.

Anche i membri della società romana, in quanto società evoluta, ne erano afflitti. L'ansia è legata ad una paura irrazionale. Anche in situazioni di completa serenità, a volte non riusciamo ad esimerci dalla sensazione che qualche catastrofe sia dietro l'angolo.
Ma l'ansia è legata anche alla paura e all'attesa di una disfatta che si teme di subire.

Da buono stoico, Seneca predicava un rimedio semplice e molto pratico. Quando si ha la sensazione che accadrà qualcosa di spiacevole dobbiamo renderci conto che forse accadrà comunque, stare in pensiero e affliggersi non ha alcun senso, gli eventi si succedono e non ci possiamo fare nulla.

Secondo questa visione si può ben dire che Seneca applicava il proverbio "il medico pietoso fa la piaga cancerosa". La consolazione non sempre è efficace, soprattutto quando l'evento che si vuole evitare è in realtà inevitabile. Meglio quindi affrontare quietamente ciò che ci aspetta, arrovellarci per qualcosa che non si può evitare è un inutile dispendio di forze, oltre che fonte di dolore.


5. Come cani al guinzaglio

Dunque l'uomo è totalmente in balia del destino? E se lo è totalmente, perché agire se non può servire a nulla?

In realtà l'uomo ha un certo margine di azione. Già i padri dello stoicismo, Zenone di Cizio e Crisippo, ripresi poi da Seneca, avevano usato una metafora per spiegare la condizione in cui si viene a trovare l'uomo.

La metafora e questa: l'uomo è come un cane legato con il guinzaglio ad un carretto, il cane ha pur sempre una certa capacità di azione, ma dovrà comunque seguire il carretto nei suoi spostamenti se non vuole morire strozzato.
Dunque il cane è l'uomo e il carretto è il suo destino. Se non assecondiamo il destino e ci opponiamo ad esso combattendolo frontalmente, nulla ci eviterà la catastrofe, poiché la realtà è più forte delle aspirazioni. Nell'ambito della realtà, tuttavia, l'uomo può agire in modo da ammorbidire il conflitto con essa. E' quindi garantito all'uomo un minimo di libero arbitrio, ma sempre è comunque nell'ambito del proprio destino.

 



Scheda di Synt - Ultimo aggiornamento Maggio 2004

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