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Reino è, oggi come in passato, un modesto agglomerato urbano
che si distende sul crinale di un colle, che, nel punto più
alto, si eleva a 410 m. slm.
Gravemente colpito dal sisma dell'agosto del 1962, buona parte
dell'abitato è stato ricostruito, purtroppo, non in sintonia con
quelli che erano materiali, tecniche, architetture tradizionali;
fenomeno del resto frequentemente riscontrabile anche in altri
centri del nostro Alto-Sannio.
Non mancano tuttavia begli esempi di residenze borghesi
provinciali, come di antiche abitazioni rurali.
Il territorio comunale, in cui risiedono 1360 persone circa, si
estende per 2359 ettari, che la popolazione - tradizionalmente
legata alla produzione agricola - coltiva per lo più a tabacco,
cereali, viti e ulivi.
Vanno anche prendendo avvio dinamiche imprese operanti nel campo
della "alimentazione naturale".
Reino, distante da Benevento 30 Km, è raggiungibile seguendo la
SS.212 direzione Pietrelcina.Benché si rinvengano
testimonianze archeologiche ed epigrafiche di epoca romana
verosimilmente riferibili alla Res Publica dei Liguri Bebiani,
il cui centro amministrativo è localizzato ad appena 4 Km da
Reino è in epoca medioevale che le notizie sull'abitato
si fanno "esplicite".
Il paese sarebbe incidentalmente citato per la prima volta nella
leggenda di S.Vitaliano della fine del VII secolo. Il
Santo, vescovo di Capua, stando al racconto, avrebbe
interposto la sua preghiera
per ottenere ad un infermo - del quale si tace il nome, ma non
la provenienza del castello Regino - la guarigione.
La comunità reinese è, comunque, "giuridicamente"
costituita nell'anno Mille, quando gli abitanti sono menzionati
nell'atto di "fondazione" dello scomparso insediamento di
Fragneto Rapinella.
Agli inizi del XII secolo, durante la dominazione normanna, il
feudo appartiene allo stratigoto Girardus de Marchia, ricordato
nelle fonti archivistiche per la donazione da lui fatta nel 1122
a favore dell'abbazia beneventana di S.Sofia della chiesa di
S. Maria de Sipagno foris in flnibus de castello nostro Regino,
possesso, questo, che rimase per vari secoli tra i beni sofiani.
E', forse, un diretto discendente di quel Girardus ad essere
signore del luogo alla metà del 1100, quando Reino viene
conteggiato nel Quaternus Magnae expeditionis come feudum unius
militis.
Difficile seguire puntualmente le vicende e i passaggi di
proprietà del feudo reinese nel corso dei secoli. In
epoca angioma è concesso, insieme ai feudi confinanti di Pesco
Monteleone, Fragneto Rapinella, Casaldianni e Macchia Saracena,
al miles et familiaris Eustasio de Erdicurt.
Non conosciamo a chi appartiene Remo nel XIV secolo*, mentre
nel 1420, sotto la regina Giovanna Il, troviamo infeudata
tale terra a Nicola Pagano di Salerno. E ai Pagano il feudo
rimane per tutto il XV secolo nelle persone di Luigi (morto
verso il 1475) e Nicola, che ne viene privato nel 1495 da
Ferdinando II a causa della sua fellonia. In quello stesso anno
il sovrano vende Remo per cinquecento ducati a Tommaso Carafa,
al quale, nel 1530, succede l'omonimo nipote Tommaso II.
Alla morte di questi, è il figlio Ferrante ad ereditare, nel
1546, tra gli altri beni, il feudo reinese.
Seguono poi Carlo (1566), Eleonora (1568), Fabrizio Carafa
(1576), il figlio di quest'ultimo Tiberio, che ne tiene il
possesso tra il 1578 e il 1592.
In casa Carafa il feudo rimane così per tutto il 1500 e fino al
16l4, quando Fabrizio II Carafa lo cede per 33.000 ducati a
Giovan Geronimo Nani di Savona. Privato Giovan Battista Nani
nipote ed erede di questi, del feudo reinese con tutti i suoi
beni ad istanza dei creditori, è Nicola Maria di Somma, il
principe del Colle, ad acquistare Reino, il cui territorio è
adiacente ai feudi di Colle, Circello, Casaldianni e Macchia,
che, con Forcellata sono da un secolo in possesso dei di Somma.
A tale casato Reino apparterrà fino all'abolizione della
feudalità. Il territorio reinese è attraversato dal Tratturo
Pescasseroli-Candela, che costeggia anche il centro abitato. Il
tratturo è una fascia erbosa di larghezza variabile dai 55 ai
111 metri il cui percorso si sviluppa, alternativamente, su
vallate ed altopiani, di proprietà del Demanio. Antica via
sannita, utilizzata anche dai romani, è divenuta nei secoli la
più importante via della transumanza. Questa pratica -
abbandonata meno di mezzo secolo fa - ha avuto
un’importantissima incidenza sullo sviluppo delle attività
commerciali e di tutta l’economia della comunità. Reino era
utilizzato come luogo di sosta, tanto da essere stato anche
oggetto di numerose e continue regolamentazioni, soprattutto per
dirimere i contrasti che spesso insorgevano tra i pastori e i
contadini dei terreni attraversati dal suddetto tratturo.
Dall'epoca vicereale vi era, a poca distanza dalla chiesa della
SS. Annunziata, la Dogana Regia e presso di essa la taverna
baronale con stola per servizio de forastieri, et de vaticali.
Agli inizi del 1600 vi erano ancora quattro chiese: l'arcipretale
di S. Maria delle Grotte o in Gruttis, che sorgeva fuori le
mura, la SS. Annunziata, facente funzioni di parrocchia, S.
Michele o S. Angelo e S. Sebastiano, quest'ultima "apotropaicamente"
edificata sulla principale via di accesso, all 'incontro
delta Dogana.
Il terremoto del 1688 le abbatté tutte, tranne la SS. Annunziata
che rimase, ormai di diritto (fino ad allora lo era stata di
fatto), la chiesa arcipretale.
Quello sconvolgente sisma fu certamente anche causa del crollo
del castello, la cui struttura possiamo oggi conoscere grazie
alla descrizione che ne fece nel 1630 il tabulario Nicola Maione.
Non più residenza dei feudatari, che preferirono il maniero
circellese, i di Somma non dovettero sentire l'esigenza di
ripararlo o ricostruirlo. Dell'antica fortificazione rimangono
ormai solo pochi ruderi e lo scoglio de pietra, accosto al fiume
reinello dalla parte di Tramontana, sul quale la rocca si
innalzava. |