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La città di Benevento è situata tra
due fiumi (il Sabato ed il Calore) ed è protetta da una corona di
montagne dell'Appennino campano - tra cui il monte Taburno che,
insieme alle altre cime, disegna la "Dormiente del Sannio", un
monumento montuoso naturale che sembra raffigurare una donna che
dorme.
La sua fondazione viene fatta risalire a Diomede, eroe omerico che
uccise il cinghiale di Caledonia (che ancora oggi campeggia sullo
stemma della città).
Epoca pre-romana e romana
Le testimonianze culturali più antiche esistenti nel territorio di
Benevento e della sua provincia risalgono al paleolitico. I
ritrovamenti archeologici di palafitte nel territorio di
Castelvenere e numerosi reperti ritrovati altrove testimoniano la
presenza dell'uomo preistorico in questa provincia. Ma la storia di
Benevento si lega sostanzialmente a quella dei Sanniti.
I Sanniti, tra i primi popoli autoctoni a definirsi "Italiani",
erano una confederazione di popoli, discendenti in larga parte dai
Sabelli e dispersi su di un vasto territorio teso tra il Tirreno e
l'Adriatico. A seconda della disposizione geografica, i Sanniti
assunsero varie denominazioni, ma mantennero il riferimento alla
loro gens.
Le loro terre erano delimitate a nord dai monti della Maiella
nell’alto Abruzzo al confine con gli Umbri, i Piceni (a nord-est) e
con i Sabini (nord-ovest), al sud ed ad est dal Tavoliere delle
Puglie e dalle coste adriatiche e ad ovest fino al Tirreno, dalle
terre dei Volsci, degli Aurunci, dei Sidicini e dei Latini.
Benevento sorge nella parte meridionale del Sannio, nel territorio
delimitato dalle vallate dei fiumi Ofanto, Calore e Sabato, occupata
all'epoca dai Sanniti irpini. Irpino deriva dall'osco hirpus
("lupo"), animale venerato dalla diramazione irpina a testimonianza
della loro fierezza. Tuttavia, la vicinanza con la Magna Grecia
influenzò la società sannita, attraverso lo sviluppo di una cultura
artistica indipendente.
La principale città era Malies o Maloenton, la cui etimologia
significa probabilmente terra di greggi o terra di malia per la
felice posizione. I romani latinizzarono il nome in Maleventum.
Il Sannio fu teatro di ben tre guerre dei Romani. La Prima Guerra
Sannitica (354 AC – 330 AC circa) sancì la definitiva sottomissione
del Lazio al potere romano, ma non della zona sannitica.
La Seconda Guerra Sannitica (327 AC – 304 AC circa) costituì il
primo vero scontro fra la nascente potenza e i Sanniti, che si
risolse a favore di questi ultimi. I romani tentarono di muovere
guerra da Capua a Benevento, ma un astuto stratagemma sannita riuscì
a bloccare presso Caudium le truppe romane.
Una volta in trappola, i soldati romani furono costretti a passare
sotto le Forche Caudine, un arco composto dalle lance nemiche in
maniera tale da costringere ogni soldato a piegare la schiena per
poter passare. Durante il passaggio, i romani furono costretti a
subire ogni tipo di oltraggio, anche fisico e, infine, a lasciare in
ostaggio tutta la loro cavalleria.
L'episodio è ricordato anche da Niccolò Machiavelli ne i Discorsi
sopra la prima deca di Tito Livio: "Era, come di sopra si è detto,
il Consolo e lo esercito romano assediato da' Sanniti: i quali
avendo posto ai Romani condizioni ignominiosissime (come era
volergli mettere sotto il giogo, e disarmati rimandargli a Roma), e
per questo stando i Consoli come attoniti, e tutto lo esercito
disperato".
I sanniti, subito dopo la vittoria, aizzarono le altre popolazioni
italiche del Centro e del Sud Italia (Etruschi in primis) contro i
Romani, dando vita alla Terza Guerra Sannitica (298 a.C. - 290 a.C.
circa). Stavolta però furono i Romani ad averla vinta, sconfiggendo
uno ad uno tutti gli alleati dei Sanniti e costringendo infine
questi ad un trattato di pace intorno al 290 a.C.
Tuttavia, fu solo nel 275 a.C. che questi vennero domati, a seguito
della vittoria ottenuta su Pirro, re d'Epiro, proprio a Maleventum.
Il fausto evento della vittoria e della definitiva conquista di
tutto il Centro-Sud suggerì ai Romani l'idea di cambiare il nome
della città in Beneventum.
Nel 268 a.C., Benevento diventò definitivamente una colonia romana e
legò i suoi destini a quelli della Repubblica Romana e,
successivamente, dell'Impero. La città assurse ad importante snodo
di comunicazione da e verso la Puglia. Molti sono ancora i resti
della dominazione romana, taluni dei quali ben conservati (arco di
Traiano e Teatro Romano).
Numerose sono inoltre le testimonianze della presenza di un culto
egizio in epoca imperiale che si celebrava al Tempio di Iside (come
il Bue Apis, l'Obelisco e numerosi altri importanti reperti,
conservati oggi in una sezione nel "Museo del Sannio").
La dominazione longobarda
Dopo la caduta dell'Impero romano, Benevento fu a lungo contesa fra
Goti e Bizantini. In seguito, fu occupata nel 570 d.C. dai
Longobardi, che ne fecero la capitale di un vasto Ducato (che veniva
anche chiamato Langobardia Minor). Più piccolo rispetto ai
possedimenti longobardi nel Nord Italia, il Ducato si dimostrò molto
più stabile politicamente e continuò a mantenersi indipendente anche
dopo la conquista del Regno longobardo del Nord Italia da parte di
Carlomagno (774 d.C.).
Il Duca di Benevento Arechi II, al potere al momento del crollo del
Regno del Nord, assunse il titolo di Principe, sebbene tra alterne
vicende. Il Principato beneventano fu influenzato dalle lotte fra il
Sacro Romano Impero e l'Impero Bizantino e coinvolto in vari
conflitti con i vicini Ducati campani.
Intorno al X Secolo, il Principato di Benevento venne assorbito dal
Regno dei Normanni, assieme agli Stati di Salerno e Capua (nati da
una scissione dal Principato). L'ultimo Principe longobardo di
Benevento, Landolfo VI, morì senza figli nel 1077.
La persistenza di uno stato longobardo autonomo a Benevento (e
successivamente anche a Salerno e Capua), permise ai Longobardi di
salvaguardare una propria identità culturale e mantenne gran parte
dell'Italia del Sud nell'orbita culturale occidentale, anziché
bizantina. A Benevento resta ancora la chiesa longobarda di Santa
Sofia, fatta erigere proprio dal Principe Arechi II, nell'VIII
Secolo.
La dominazione pontificia
In seguito all'accordo di Worms (1052) fra Papa Leone IX e
l'Imperatore Enrico III, la città di Benevento passò in mano allo
Stato Pontificio (la cessione ufficiale risale al 1077). Benevento
rimase quindi isolata dalle vicende dei Regni del Sud Italia,
restando legata al potere papale, salvo brevi interruzioni, sino al
1860.
La città fu saccheggiata dall'Imperatore Federico II nel 1229 e nel
1241. Nel 1266, vi si svolse la celebre battaglia tra Manfredi di
Svevia (il cui corpo venne probabilmente tumulato accanto al fiume
Calore) e Carlo d'Angiò, che restituì Benevento alla Chiesa.
Nel XIV Secolo, Benevento fu travagliata da lotte intestine che
durarono fino al 1530, quando fu sottoscritto un atto di pace. Nel
1688, uno spaventoso terremoto distrusse quasi completamente la
città, che venne ricostruita con enormi sacrifici, anche grazie
all'intervento economico del Cardinale Vincenzo M. Orsini (in
seguito divenuto Papa con il nome di Benedetto XIII.
La città venne poi occupata da Ferdinando IV di Borbone dal 1768 al
1774. Nel 1799, un moto popolare dovuto alle rivoluzioni
napoleoniche portò Benevento ad aderire alla Repubblica Partenopea,
poi divenuta nel 1806 Principato con a capo il Marchese Talleyrand.
Con il Congresso di Vienna, Benevento tornò alla Chiesa fino al
1860, quando venne conquistata dai Piemontesi e annessa mediante
plebiscito al Regno d'Italia.
Dal 1860 ad oggi
Dopo l'incorporazione nel regno sabaudo, fu creata una Provincia ad
hoc (essendo priva di un "suo" territorio) che comprendeva anche
alcune delle province del Regno delle Due Sicilie più prossime
(Principato Ultra, Molise, Terra di Lavoro, in minor misura
Capitanata).
A causa della sua centralità nelle comunicazioni ferroviarie fra
Roma e Puglia (centralità mantenuta fin dai tempi dei Romani), la
città venne colpita in maniera durissima dai bombardamenti
angloamericani nel 1943. Sotto le bombe venne persa ampia parte del
centro storico, così come numerose furono le vittime. Negli Anni
'70, la città venne insignita della medaglia d'oro al valor civile.
L'economia della città, prevalentemente agricola, nel II dopoguerra
si è poggiata prevalentemente sul settore pubblico: i numerosi
impieghi nelle pubbliche amministrazioni e, comunque, le maggiori
possibilità di lavoro hanno indotto molti degli abitanti dei comuni
della Provincia ad inurbarsi.
L'ampliamento della città, almeno sino agli Anni Settanta, non è
stato governato efficacemente dai pubblici poteri. Negli Anni
Ottanta si è però osservata una prima inversione di tendenza.
Attualmente, è sede del MARSEC (Mediterrean Agency for Remote
Sensing and Environmental Control) sita in Villa dei Papi. Nel
Palazzo del Governo (Prefettura) è situato l'ARCOS, museo di arte
contemporanea.
Celato nei suoi vicoli, nel segreto del ghetto ebraico, è presente
l'Hortus Conclusus dell'artista beneventano di fama mondiale, Mimmo
Paladino.
La "città delle streghe"
Benevento è nota anche come la "città delle streghe", fama che
risale alla dominazione longobarda.
I rapporti tra gli invasori Longobardi e i beneventani all'inizio
furono comprensibilmente freddi. Ma le più gravi difficoltà
insorsero per via delle rispettive credenze religiose: i nuovi
venuti svolgevano infatti strane cerimonie rituali che apparivano,
agli occhi degli autoctoni, alquanto bizzarre.
Un rito particolare si svolgeva a pochi passi dal fiume Sabato:
alcune donne urlanti saltavano intorno ad un albero di noce da cui
pendevano serpenti.
I Longobardi però capirono presto che era molto più conveniente
accettare la religione dei beneventani (il cristianesimo), piuttosto
che continuare a difendere ad oltranza le "streghe". Questa
valutazione politica (forse ancor più della perseveranza di San
Barbato) portò dunque i nuovi padroni a convertirsi nel 664 d.C.
Se da una parte ciò garantì una lunga e stabile prosperità alla
città e ai suoi governanti (Benevento diventò infatti un punto
nevralgico per il passaggio dei pellegrini italiani verso la Terra
Santa), dall'altra portò all'abbattimento di quel famoso "noce
magico" da parte di San Barbato. Le donne invasate sparirono
fisicamente dalla capitale della Langobardia minor, ma la loro
leggenda divenne eterna. |