Miseno
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Miseno è oggi un’importante stazione balneare, con il suggestivo promontorio, l’adiacente porto e il leggiadro piccolo abitato. Fa parte del comune di Bacoli dal 1919. Il promontorio di Miseno costituisce il confine settentrionale del Golfo di Napoli, una volta cratere. Dirimpetto a Capo Miseno e alla spiaggia, che lo collega a Miliscola, sfilano le isole di Procida, Vivara ed Ischia. Più lontana appare Capri. Il porto esterno di Miseno è collegato all’attiguo Lago Miseno (Mare Morto) attraverso una breve foce, sormontata da un ponticello. Anticamente l’attuale Monte di Procida faceva parte del promontorium Misenum(Mons Misenum).
Miseno prese nome, secondo Virgilio, dal trombettiere di
Enea. La leggenda lo vuole scudiero di Ettore, durante la
guerra di Troja e perfino compagno di Ulisse, da parte
greca. Il nome più antico della località fu Mycena, secondo
Eusebio e San Girolamo, che affermano: “Mycena in
Italia condita vel Cumae”. Bérard parla di confusione a
riguardo, in quanto nel suo territorio sarebbe stato
compreso quello di Cuma, quando il sito di questa fu
abbandonato. Una spiegazione invece, secondo noi, c’è ed emerge, non solo dall’archeologia. Si tenga conto di quanto è stato scoperto a Vivara e a Pithecusa (Ischia), dove è venuta alla luce non solo l’impronta, ma corposamente la presenza della civiltà micenea. E dopo alcune tracce, rinvenute anche a Procida e forse a Bacoli (dalla francese Livadie), ecco che a Cuma i bagliori di questo periodo storico, che erano già presenti nel nome di questa nobile città, si sprigionano dagli scavi e reperti delle campagne della Soprintendenza, con l’apporto degli studi dell’archeologo D’Agostino. Il nome di Miseno (Mjcena) evoca le sillabe fascinose della celebre Micene e del suo alfabeto (lineare B), come quello di Cuma (Kymé in greco) ne ricalca le sillabe della radice. La stessa leggenda di Dedalo, evocata da Virgilio e l’oppidum Cimmerium, avallato dall’autorità di Plinio il Vecchio, si richiamano ad epoche protostoriche. Certo è che all’arrivo dei coloni calcidesi, si trovavano gruppi di Osci con elementi forse preellenici. … Miseno era stata distrutta nel 214 a.C. da Annibale per rappresaglia contro Cuma, che da roccaforte della legione di Sempronio Gracco, aveva bloccato l’attacco dei Cartaginesi, ingannati poi dalla Prima Legione di Fabio Massimo, che conquistò l’altura dominante (Rione Terra) di quella che doveva divenire poi la grande Puteoli, emporium maximum e cerniera della strategia romana nel Mare Nostrum. … Ottaviano e Agrippa costruirono, unendo i laghi di Averno e Lucrino e collegandoli al mare dirimpettaio, il portus e la flotta che doveva affrontare Sesto Pompeo e poi Marco Antonio, alleato di Cleopatra, dopo il fallimento degli accordi presi a Miseno nel 39 a.C. Il portus Julius funzionò discretamente, nella fase dei combattimenti contro Sesto Pompeo (vittorie di Nauloco e Milazzo), ma l’ingolfamento dei fondali dovuto al bradisismo, a metà anni trenta prima di Cristo, spinse Cesare Ottaviano e Agrippa a potenziare l’impianto portuale di Miseno, installato dai Cumani, e ad utilizzarlo per l’esigenze operative della flotta contro l’armata navale di Antonio e Cleopatra sbaragliata e disfatta nelle acque costiere della greca Azio, il 31 a.C. Questa battaglia navale è famosa soprattutto perché segna virtualmente la nascita dell’Impero Romano e l’ascesa di Augusto alla massima carica dello Stato, come primo imperatore, pur dovendo scalare tutti i gradini costituzionali del principato. E con Ottaviano Augusto, grazie anche a suo genero Agrippa artefice principale delle sue fortune militari, nasce la potente base navale di Miseno e la sua grande flotta, destinata con quella di Ravenna a dominare i mari nel nome di Roma imperiale. Fu la politica ed il governo di Augusto che misero un ordine (ordine globale ed ecumenico) al sistema militare romano sul mare. Alla flotta d’Occidente, quella di Miseno, spettò il Mediterraneo fino a Gibilterra (le colonne d’Ercole, come allora si diceva) e poi l’avventura del grande Oceano: però i Romani non erano fenici né vichinghi, quindi non s’inoltravano nel regno delle grandi ombre, quale era immaginato l’Atlantico, battevano per un poco verso mezzogiorno le coste africane ma soprattutto puntavano ai mari del nord. Tanto che Augusto, nel rendiconto politico del suo testamento, scrisse che la sua flotta aveva navigato a Settentrione sino alle terre dei Cimbri, verosimilmente sino agli stretti scandinavi, là dove nessun romano era mai giunto né per terra, né per mare e, così facendo la flotta di Miseno aveva tentato di circumnavigare l’Europa da Settentrione, dirigendosi verso l’Est, perché tale era il concetto, tale era la conoscenza degli antichi sulle terre abitate, cioè sull’ecumene, quella di un gruppo dei tre vecchi continenti attorno al loro ombelico, ch’era il Mediterraneo. Entrambe le flotte avevano poi il compito di tenere puliti i mari dai pirati. Nella classificazione delle due armate navali, quella di Miseno era considerata la prima e così la sua legione di milites, veri e propri marines dell’antichità, come per primi li chiamammo, seguiti e autorevolmente avallati da storici illustri. La legione dei marinai da sbarco di Miseno era la Prima Adiutrix, quella di Ravenna la Seconda Adiutrix. Anche a Roma erano presenti marinai della flotta misenate, non lontani dal Colosseo. Con i marines di Miseno, a Roma erano distaccati anche reparti di marinai di Ravenna. Nel corso delle operazioni militari, le flottiglie periferiche (britannica, Pannonica, Sjriaca, Egiziana etc.) come quelle fluviali (Veneti, Comensis, Rhodani etc.) dipendevano dalle gerarchie ravennati oppure misenati. Miseno e Ravenna furono non solo le basi delle due sole flotte di calibro universale, ma costituirono la macchina stessa della marina militare sul piano bellico e amministrativo. Entrambe furono fregiate dal titolo di “Praetoria”, cioè imperiali da parte dell’imperatore Domiziano. In alcuni momenti della storia dell’Impero Romano, determinante fu il ruolo politico delle due flotte, particolarmente quello svolto dalla “Misenensis”. I suoi equipaggi, comandati dal prefetto Optato inseminarono il Tirreno di novellame, formato da scari, una specie di pesci assente qui, e utile per il garum. Ciò nel 52 d.C.. L’ammiraglio in capo (praefectus Classis) della flotta di Miseno, Aniceto, ch’era stato anche maestro di Nerone, portò a compimento l’uccisione della madre dell’imperatore, con il trierarca Eraclio e il centurione Obarito, una volta fallita l’operazione del naufragio provocato della nave trabocchetto nel 59 d.C. … Grande fu il contributo della marina da guerra, specie dei milites di Miseno, quando divamparono le guerre civili, e lo scontro finale avvenne tra Vespasiano e Vitellio, quest’ultimo sostenuto da Capua. Il Sacello degli Augustali, venuto alla luce a Miseno nel 1967, costituisce non solo uno splendido monumento archeologico, con le statue degli imperatori della famiglia Flavia e le numerose basi ed are marmoree, ma anche una testimonianza dell’affetto di quegli Imperatori per Miseno, come l’anfiteatro Flavio attesta la gratitudine della colonia Flavia di Puteoli, che si era schierata per Vespasiano. … Comunque non abbiamo che tracciato delle brevi linee e squarciato qualche velo della storia gloriosissima della flotta pretoria di Miseno. Rimandiamo alle nostre pubblicazioni scientifiche e specifiche, per un disegno più completo della potenza navale di Miseno. … Vanto di Roma e dell’Italia. Marmi e fonti letterarie, monumenti e reperti dell’Impero parlano della Classis Misenensis, con orgoglio. Miseno non era però, solo il porto, l’angiporto, il bacino, i cantieri e la Militum Schola. Fu anche una città con il suo teatro, le sue numerose ville, le sue terme, i templi, il Sacello, le sue istituzioni (duoviri, decurionato) della colonia. A Miseno morì l’imperatore Tiberio nel 37 d.C. e fu nominato imperatore Caligola. Quando morì l’imperatore Tiberio, durante il percorso per riportarlo a Roma, il corteo fu fermato ad Atella perché molti tentarono di bruciarlo nell’anfiteatro di questa cittadina campana. Ma fu sventato il tentativo. … Come è noto, la Piscina Mirabile rappresenta la massima espressione dell’architettura romana, nel campo dell’ingegneria idraulica, con le Cento Camerelle e le cisterne accanto e sotto la chiesa\madre di sant’Anna in Bacoli. L’acquedotto del Serino, che serviva tutte le più importanti città della Campania, fu creato in funzione precipua del rifornimento della flotta. La Dragonara doveva invece probabilmente servire ad una villa, sempre come serbatoio. La villa più importante di Miseno appartenne a Caio Mario, poi a Cornelia dei Gracchi, figlia di Scipione, che si ritirò a Miseno per lungo tempo, da lei fu venduta a Lucullo e da questi all’imperatore Tiberio, presso cui lavorò Fedro, il favolista. Altre ville ebbero: Antonio Oratore, che la passò al nipote Marco Antonio, nonché Plinio il Vecchio. … Abbiamo pubblicato, secondo criteri scientifici e militari i nomi scientifici e militari i nomi suggestivi delle sue liburne, triremi, quadriremi, quinqueremie e dell’unica esereme (la più grande nave da guerra della Marina di Roma): Ops, dea dell’abbondanza e dei raccolti. … Molti prefetti delle due flotte furono comuni talvolta e spesso passarono dal comando dall’una all’altra e viceversa. Non abbiamo che accennato al porto antico di Miseno ai suoi moli, alle sue gallerie, ai suoi magazzini, alle sue fabbriche. Esso comprendeva anche il lago di Miseno (detto anche Maremorto). I fondali di Miseno ospitano massicciamente tutti gli impianti portuali, “pilae” comprese oltre alle anfore, alle ancore e ai relitti, superstiti di razzie secolari. Oggi Miseno, come Baia, Bacoli oltre alla grande Puteoli, costituisce parte del patrimonio più fascinoso del mondo: la sommersa città dei Campi Flegrei, capitale dell’archeologia subacquea.
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