L'inglese Thomas Young (1773-1829) ricevette una rigorosa educazione come membro della Società degli amici (i quaccheri). A ventinove anni aveva però smesso di praticare attivamente la religione, e aveva scoperto i piaceri della musica, delle arti, dell'equitazione e della danza. Gran parte del suo carattere aveva però ricevuto un'indelebile impronta quacchera, che lo rendeva al tempo stesso più forte e più debole. Fra gli aspetti positivi c'erano la franchezza, la cortesia e l'immediatezza, unite a indipendenza e perseveranza. Questi tratti lo aiutarono senza dubbio a scoprire la natura ondulatoria della luce, che era in contrasto con la prevalente concezione corpuscolare promossa da Newton. Fra quelli negativi c'era la propensione quacchera a essere laconico, al punto da apparire freddo. Egli poteva frustrare i suoi interlocutori proclamando con sicurezza una conclusione netta, senza preoccuparsi di rivelare il ragionamento che c'era dietro. A volte questo fatto ostacolò la sua carriera e l'acccttazione del suo lavoro.
Al tempo stesso, la sua tendenza al discorso diretto e all'economia si rifletteva nella sua capacità di escogitare dimostrazioni il cui intento era chiaro e pressoché inconfutabile. La più famosa fu il suo esperimento delle due fenditure, oggi chiamato spesso semplicemente l'«esperimento di Young»: una dimostrazione sorprendentemente semplice del fatto che la luce, contro la convinzione di Newton, si comportava come un'onda, e non come un flusso di minuscole partìcelle. L'esperimento di Young è un esempio classico di un uso efficace dell'analogia nella scienza. Mostrando nel modo più chiaro un comportamento ondulatorio della luce, esso produsse un « lampo ontologico »: il disvelamento di nuovi significati che si verifica quando delle cose appaiono fondamentalmente diverse da co-m'erano state percepite in precedenza.
Young fu riconosciuto molto presto come un prodigio. A due anni imparò a leggere; a sei aveva già letto due volte tutta la Bibbia e aveva cominciato a studiare da sé il latino. Ben presto acquistò la padronanza di più di una dozzina di lingue. Fu fra i primi a decifrare Ì geroglifici egiziani e svolse un ruolo chiave nella lettura della stele di Rosetta.
Dal 1792 al 1799, Young studiò medicina ma falli poi come medico, anche a causa del suo atteggiamento alquanto freddo al capezzale dei malati. A quest'epoca cominciò a nutrire interesse per la visione e specialmente per la struttura dell'occhio umano: una lente straordinariamente adattabile e complessa. Altri studi medici stimolarono in lui un interesse per il suono e per la voce umana, ed egli cominciò a domandarsi se il suono e la luce non potessero essere fondamentalmente simili. Si sapeva che il suono veniva creato da onde nell'aria, e Young si convinse che anche la luce fosse formata da onde. Questa nozione era in contrasto con la teoria prevalente che la luce fosse composta da minuscole particelle (chiamate da Newton « corpuscoli »), che si propagavano in linea retta dalla loro sorgente all'occhio.
Alcuni aspetti ondulatori della luce erano già stati sottolineati da vari scienziati fra il 1660 e il 1670. Uno di tali aspetti era la diffrazione: il gesuita bolognese Francesco Maria Grimaldi (1618-1663) aveva notato che, quando la luce del sole viene fatta passare attraverso un piccola fenditura e proiettata su una parete, i bordi della stretta banda di luce sono leggermente confusi, suggerendo che la luce si diffranga, ossia si defletta leggermente, intorno ai bordi della fenditura. Un altro aspetto ondulatorio era la rifrazione, ossia la deviazione di un raggio di luce quando entra in un altro mezzo, che l'arcinemico di Newton, Robert Hooke, sottolineò potersi spiegare meglio nell'ipotesi che la luce consistesse di onde anziché di corpuscoli. E lo scienziato danese Erasmus Bartholin aveva discusso lo strano fenomeno della doppia rifrazione, notata in un tipo di cristallo trovato nel corso di una spedizione in Islanda nel 1668. Quando un raggio di luce cadeva su uno spato d'Islanda, come era noto il cristallo, si scindeva in due raggi che si comportavano in modi diversi: un fenomeno che incuriosì gli scienziati del tempo e che sembrava diffìcile da spiegare con la teoria corpuscolare.
Questi effetti non erano però molto vistosi, tanto da indurre gli scienziati a ignorarli, e non era chiaro come e se fossero connessi fra loro. Newton, in particolare, aveva espresso argomentazioni convincenti contro il punto di vista ondulatorio, aveva presentato molte osservazioni in contraddizione con tale concezione e aveva auspicato che si potesse trovare qualche altra spiegazione per le piccole anomalie della diffrazione e della rifrazione. Come scrisse neft'Opticks del 1704, le onde non si propagano in linea retta ma aggirano gli oggetti che incontrano sulla loro via: un comportamento che la luce non sembra manifestare.
Le onde della superfìcie di un'acqua stagnante, passando ai lati di un largo ostacolo che arresta una parte di esse, si incurvano successivamente, e sì dilatano gradualmente nell'acqua m quiete dietro l'ostacolo. Le onde, le pulsazioni o vibrazioni dell'aria, nelle quali consistono i suoni, si incurvano chiaramente, sebbene non tanto quanto le onde dell'acqua. Infatti una campana o un cannone possono essere uditi oltre una collina che intercetta la vista del corpo risuonante; i suoni pertanto sì propagano altrettanto facilmente sia attraverso tubi obliqui sia attraverso tubi diritti. Ma non si è mai saputo che la luce compia percorsi obliqui [...]. Infatti le stelle fisse a causa dell'interposizione di uno qualsìasi dei pianeti, cessano di essere viste.
Nonostante l'autorità di Newton, Young era affascinato dall'idea che Ìl suono e la luce fossero fenomeni analoghi. Poiché la pratica della medicina poneva assai poche richieste al suo tempo o ai suoi interessi, egli potè dedicarsi con grande impegno a ricerche scientifiche sull'argomento. Frequentava regolarmente le riunioni della Royal Instìtution, un'organizzazione formata di recente Ìl cui intento era quello di diffondere « la conoscenza di perfezionamenti meccanici utili » e di « insegnare l'applicazione della scienza a finì utili della vita», e nel 1801 rinunciò alla medicina per entrare nel corpo docente dell'istituto. Uno dei suoi doveri principali era quello di preparare e tenere una serie di lezioni ai membri della società su « filosofìa naturale e arti meccaniche ».
Queste lezioni illustrano le doti di Young come scienziato di carriera. Esse sono in effetti una miniera d'oro per gli storici dì oggi, in quanto compendiano con esattezza e concisione praticamente l'intero spettro del sapere scientifico del suo tempo; è diffìcile pensare una branca della scienza sulla quale Young non fosse informato quanto un qualunque specialista. Non solo, ma usò le sue lezioni per introdurre vari concetti fondamentali; ad una di esse il suo pubblico sentì usare la parola « energia » per la prima volta in senso moderno. Esse devono essere state però molto faticose, poiché lo stile conciso, essenziale, di Young, unitamente alla vastità della materia, le trasformava in un veloce ed estenuante tour de farce intellettuale. Young durò in effetti per soli due anni come professore alla Royal Institution. La Royal Society trovò un compito molto più importante per il suo talento nel 1802, quando lo nominò suo segretario per l'estero. Egli conservò quel posto, che gli permise di mettere a frutto la sua padronanza di molte lingue, per il resto della sua vita.
L'anno prima di essere assunto come professore alla Royal Institution, nel 1800, Young pubblicò la sua prima opera importante in cui esplorava l'analogia fra suono e luce, gli Outlines of Experiments and Inquiries Respecting Sound and Light, A Young sarebbero occorsi vari anni per escogitare l'esperimento, noto oggi col suo nome, che avrebbe fissato l'analogia. L'articolo del 1800 fu però un importante primo passo, e una pietra miliare nella letteratura scientifica, in quanto descrisse per la prima volta il concetto di interferenza su cui si sarebbe fondato il suo famoso esperimento: il modo in cui, quando due onde si intersecano, i moti risultanti combinano gli effetti di ogni onda considerata separatamente. Il termine « interferenza » è un nome poco felice per questo fenomeno, suggerendo qualcosa di illegittimo, di corrotto o di degradato, mentre quel che sta accadendo è semplicemente che due cose si compongono per creare qualcosa di nuovo.
Forse riconoscendo questo fatto, Young usa a volte il termine più elegante di « coalescenza».
Newton aveva in parte anticipato l'idea di interferenza quando aveva spiegato le maree che si osservavano a Batsha, un porto del regno del Tonchino, nei pressi della moderna città di Haiphong in Vietnam. I mercanti britannici del Seicento desiderosi di commerciare col Tonchino sapevano che le sue acque costiere erano insolite. Nel 1684 un viaggiatore inglese che aveva trascorso del tempo a Batsha pubblicò nelle Philosophical Tmnsactions una lettera che descriveva il curioso comportamento delle maree locali: una volta ogni quattordici giorni non c'era alcuna marea - quel giorno l'acqua non saliva né scendeva - e nei quattordici giorni seguenti c'era una sola marea, che saliva lentamente per raggiungere il suo livello massimo dopo sette giorni e poi calava. Questo strano comportamento attrasse l'interesse degli scienziati, e Newton ne propose una spiegazione nel suo capolavoro, i Principia (1688).
Le maree oceaniche, spiegò, giungevano al porto da due mari diversi — il mare della Cina e l'oceano Indiano — percorrendo due canali di diversa lunghezza, con la conseguenza che una arrivava in sei ore e l'altra in dodici. L'effetto combinato - in cui l'alta marea proveniente da una dirczione spesso compensava la bassa marea proveniente dall'altra — eliminava una marea, e due volte durante ogni mese lunare le eliminava entrambe, lasciando ìl livello dell'acqua immutato. Mentre oggi questo fenomeno è concepito come un esempio di interferenza di onde, Newton non generalizzò questa nozione e non la concepì come una proprietà delle onde, ma vide invece nel fenomeno l'effetto di una sovrapposizione di moti particolari che si verifìcavano solo in un luogo particolare.
Il saggio di Young del 1800 si limita a discutere il concetto di interferenza in connessione con le onde acustiche, e non lo generalizza esplicitamente alla luce anche se gran parte del saggio è sulla luce. La percezione fondamentale di Young consistette tuttavia nell'identificare l'interferenza, nel rendersi conto che essa è un carattere basilare del moto ondulatorio, e nel capire che accade simultaneamente in molti luoghi in cui delle onde si intersecano. La descrizione da lui data oscurò tuttavia l'originalità del concetto e persino il suo ruolo nella scoperta. Young non richiamò l'attenzione sul concetto, ma parlò semplicemente del fatto che quando delle onde acustiche si incontrano, ogni particella del mezzo (diciamo le molecole d'acqua o d'aria) partecipa di entrambi i moti. Young non rivendicò alcuna priorità per la sua scoperta, la fece sembrare ovvia e ben compresa, e la introdusse modestamente correggendo le .ricerche di un altro scienziato.
L'anno seguente, Young estese il concetto di interferenza all'acqua e alla luce. In seguito avrebbe scritto:
Fu nel maggio 1801 che scoprii, riflettendo sui begli esperimenti di Newton, una legge che mi sembra spiegare una varietà di fenomeni interessanti maggiore di quella spiegata da un qualsiasi altro principio ottico noto finora.
Cercherò di spiegare questa legge attraverso un confronto. Supponiamo che un numero uguale di onde d'acqua si muovano, con una certa velocità costante, sulla superficie di un lago stagnante e che entrino in uno stretto canale che esce dal lago. Supponiamo che un'altra causa simile abbia suscitato un'altra serie uguale di onde, che arrivano nello stesso canale con la stessa velocità e nello stesso tempo della prima. Nessuna delle due serie di onde distruggerà l'altra, ma i loro effetti si combineranno; se esse entrano nel canale in modo tale che le elevazioni di una serie coincidano con quelle dell'altra, esse produrranno insieme una serie di elevazioni congiunte maggiori; ma se le elevazioni di una serie saranno situate in modo tale da corrispondere alle depressioni dell'altra, esse colmeranno esattamente le depressioni, e la superfìcie dell'acqua resterà immobile; io almeno non riesco a trovare alcuna possibilità alternativa, né nella teoria né nell'esperimento.
Ora affermo che effetti simili hanno luogo anche quando due porzioni di luce vengono mescolate nello stesso modo, e chiamerò questa nozione la legge generale dell'interferenza della luce.
Nell'interferenza delle onde d'acqua, le elevazioni - il termine tecnico è « ampiezza » — delle diverse onde possono combinarsi per rinforzarsi fra loro, formando picchi di elevazione ancora maggiore, mentre nell'«interferenza distruttiva» le elevazioni e depressioni di diverse onde possono combinarsi per lasciare la superfìcie dell'acqua inalterata. Qualcosa dì simile accade nell'interferenza della luce, dove l'ampiezza di un'onda è collegata alla sua intensità. Dovunque le ampiezze delle onde luminose che interferiscono si combinano per rinforzarsi reciprocamente, formano chiazze di maggiore intensità luminosa, mentre dovunque le ampiezze sono in dirczione opposta si cancellano reciprocamente e formano chiazze scure.
Young usò il concetto di interferenza per far luce su molti fenomeni enigmatici. Il più vistoso dì questi era quello relativo ai cosiddetti anelli di Newton, la serie di bande concentriche che appaiono quando una lente convessa viene premuta contro una lastra di vetro. Young estese la spiegazione di questi anelli data da Newton, mostrando che le aree scure degli anelli erano prodotte da interferenza distruttiva.
E benché le esposizioni dì Young fossero a volte oscure, non lo erano le sue dimostrazioni; esse erano chiare e semplici, e prendevano forma dalla sua profonda comprensione dell'argomento. Nel 1803, per esempio, Young lesse in una seduta della Royal Society un saggio intitolato Experiments and Calculations Relative to Physical Optics, che cominciava così:
Facendo alcuni esperimenti sulle frange di colori che si accompagnano alle ombre, ho trovato una prova così semplice e dimostrativa della legge generale dell'interferenza di due porzioni di luce [...] che ritengo giusto presentare alla Royal Society una breve formulazione dei fatti che mi sembrano così decisivi [...]. Gli esperimenti su cui mi accingo a riferire [...] possono essere ripetuti con grande facilità ogni volta che splende il sole, e senza alcuna apparecchiatura che non sia accessibile a tutti.
Nel primo di questi esperimenti Young usò un ago per praticare un piccolo foro nella spessa carta che aveva usato per coprire una finestra, facendo così proiettare un piccolo raggio di luce sulla parete opposta. Quando intercettò questo raggio di sole con «un cartoncino di circa un trentesìmo di pollice [0,85 millimetri] di larghezza», creò una piccola ombra con frange colorate, non solo ai due lati dell'ombra, ma anche diffratte nell'ombra stessa. In quest'ombra egli osservò le serie di bande bianche e nere parallele che sono oggi la firma caratteristica delle figure d'interferenza.
Nelle sue lezioni alla Royal Institution, pubblicate nel 1807, i suoi diagrammi e le sue dimostrazioni furono spettacolari.
Nella sua ventitreesima lezione, « Sulla teoria dell'idraulica », applica il concetto di interferenza alle onde dell'acqua. Per illustrare con esempi concreti le sue lezioni, egli costruì una vasca poco profonda con due sorgenti di onde. Le creste e gli avvallamenti dei due insiemi di onde danno origine a una figura stazionaria che rende chiaramente visibile la figura d'interferenza. La sua apparecchiatura è il prototipo della vasca per la produzione di onde che è oggi familiare alla maggior parte degli studenti di fìsica delle scuole secondarie superiori.
E nella sua trentanovesima lezione, « Sulla natura della luce», Young applica il concetto di interferenza alla luce. Per questa lezione escogitò una dimostrazione che non è solo il modo più diretto per illustrare l'interferenza della luce, ma anche la classica dimostrazione che la luce agisce come un'onda. Young descrisse la sua dimostrazione nel modo seguente:
Un raggio di luce omogenea incide su uno schermo in cui sono presenti due fori o fenditure molto pìccoli, che possono essere considerati centri di divergenza, da cui la luce viene dìffratta in ogni direzione.
I due fori o fenditure diventano, in effetti, due sorgenti di onde, come le due sorgenti nella vasca per le onde nell'acqua. E mentre nel caso della vasca l'osservatore guarda le figure d'interferenza dall'alto, vedendo due serie di cerchi sovrapponenti-si, con linee che si irraggiano da un punto situato fra le due sorgenti, l'osservatore dell'esperimento con la luce deve osservare la figura d'interferenza che si forma quando la luce cade su uno schermo.
In questo caso, quando i due raggi formati dalle due fenditure vengono proiettati su una superfìcie in grado di intercettarli, la loro luce è divisa da strisce scure in parti quasi uguali, che però diventano tanto più grandi quanto più la superficie è lontana dalle aperture, in modo da sottendere angoli quasi identici dalle aperture a tutte le distanze, e maggiori anche nella stessa proporzione quando le aperture sono più vicine l'una all'altra.
La figura d'interferenza consiste ora in strisce parallele di luce, e le bande chiare sono le aree in cui le onde luminose si rinforzano reciprocamente, mentre le bande scure sono aree in cui esse agiscono in modo distruttivo l'una sull'altra.
Ho letto libri di divulgazione scientifica in cui si sostiene che questo esperimento può essere compiuto facilmente a casa, richiedendosi solo una torcia elettrica, uno spillo, qualche pezzo di cartone e una camera al buio. Non credeteci: io sprecai in questo tentativo un intero pomeriggio. L'esperimento è realizzabile, ma richiede grande impegno e precisione. Non è facile osservare le bande, al massimo si vedono onde prodotte per diffrazione dalla luce che viene deviata intorno ai bordi del cartone, o intorno a imperfezioni nei fori da voi prodotti se non avete usato la massima diligenza. È possibile produrre da sé i pro-pri materiali con carta, cartone e una lama da barba, ma è importante che i bordi siano esattissimi: alcune aziende fornitrici di materiali per l'istruzione scientifica forniscono quadrati di plastica in cui sono già praticate delle fenditure a questo scopo. La difficoltà del compito è però tanto grande che lo storico della scienza Nahum Kipnis lesse le lezioni di Young con tanta cura da rendersi conto — al di là della prosa quacchera disarmantemente semplice di Young - che anche lui scambiò erroneamente almeno una volta per una figura di interferenza quella che era in realtà una figura di diffrazione.
Sarebbe bello dire che la dimostrazione di Young fu una pietra miliare nel trionfo della teoria ondulatoria su quella corpuscolare, e convincere tutti coloro che hanno occhi per vedere. Purtroppo non fu così, per varie ragioni.
Una prima ragione fu, di nuovo, lo stile di Young. Benché le sue misurazioni fossero precise e i suoi calcoli matematicamente corretti, raramente egli si preoccupò di spiegare i suoi ragionamenti, di registrare le sue misure reali, o anche di fornire estese descrizioni dei suoi esperimenti. Pare che ciò abbia impedito a molti suoi colleghi di capirlo, o almeno di convincersi. Inoltre, il modesto Young di solito evitava di rivendicare ogni pretesa di originalità per la sua teoria ondulatoria della luce e per il concetto di interferenza. A un certo punto, nel 1801, esprimendo un giudizio ipergeneroso sugli scritti di Newton, sostenne addirittura che il suo predecessore « fu in realtà il primo a suggerire la teoria che ora tenterò di difendere». Anche questo fatto intralciò l'apprezzamento dell'originalità delle sue idee.
Una seconda ragione fu che Young ebbe la sfortuna di diventare il bersaglio di Henry Brougham (pronuncia «brum»), un corrispondente influente che scriveva per la Edinburgh Review, una rivista culturale allora di moda. Brougham venerava Newton e aggredì Young, che aveva osato dissentire dal maestro, in un anonimo attacco in tre parti al vetriolo. Ecco un campione:
Ci domandiamo se il mondo della scienza, illuminato un tempo da Newton, debba essere volubile come il mondo della moda, che è diretto dal cenno di una sciocca donna o di un viziato damerino. La Royal Society ha degradato le sue pubblicazioni in bollettini di teorie nuove e di moda per le dame della Royal Institution? Proh pudori Lasciamo che il professore continui a divertire il suo pubblico con un'infinita varietà di tali innocue bazzecole, ma in nome della scienza non ammettiamole in quel venerabile mausoleo che contiene le opere di Newton e di Boyle, di Caven-dish, Maskelyne e Herschel.
Young, di solito imperturbabile, si irritò e rispose, come spesso si faceva nell'Ottocento, scrivendo un pamphlet. Gli scienziati, però, di norma non sono ben equipaggiati per condurre questa sorta di battaglia — essi sono preparati per convincere altri scienziati, non il pubblico — e la risposta di Young, scritta in uno stile secco e irritato, fu molto meno scintillante dell'attacco. Piena di affermazioni banali, vere ma puramente difensive, come « Lasciamogli fare l'esperimento, e che poi neghi il risultato, se può », la risposta di Young trovò un solo acquirente.
Essendo Young piuttosto inetto a vendere le sue idee, la teoria ondulatoria della luce si diffuse lentamente. Una quindicina di anni dopo la dimostrazione di Young, lo scienziato francese Augustin Fresnel riscoprì il fenomeno dell'interferenza, sviluppando una variazione dell1 esperimento delle due fenditure ìn cui il raggio di luce è separato in due sorgenti luminose da un prisma piatto, noto oggi come un «biprisma di Fresnel». (Da allora, come vedremo di nuovo nel capitolo 10, l'esperimento di Young è stato eseguito in due variazioni classiche, usando Ìn una il metodo di Young stesso con le due fenditure e nell'altra il biprisma di Fresnel.) L'entusiasmo dei francesi per questa scoperta condusse la maggior parte della comunità scientifica ad accettare finalmente la teoria ondulatoria della luce, e a riconoscere tardivamente i meriti di Young.
Il fenomeno dell'interferenza non solo contribuì efficacemente ali'affermazione della teoria ondulatoria della luce, ma forni uno strumento utile all'investigazione scientìfica, dal momento che una figura d'interferenza è semplice e facile da riconoscere. Se SÌ può far sì che un fenomeno manifesti un esempio di interferenza, ci si trova di fronte a un'onda.
Secondo la maggior parte degli scienziati, la teoria ondulatoria aveva ancora dei problemi. Particolarmente ostico era il problema del mezzo in cui si propagavano le onde luminose. Le onde acustiche erano onde d'aria, nello stesso modo in cui le onde nell'acqua erano onde d'acqua. Qual era il mezzo analogo per la luce? Di che cosa era un'onda di luce?
La risposta tradizionale era che la luce si propagava in una sostanza invisibile chiamata « etere », che si supponeva permeasse tutto lo spazio. Quando l'occhio umano vedeva una stella, stava rispondendo a un'onda nell'etere che aveva avuto inizio nella stella e che si era propagata nello spazio fino a pervenire alla nostra retina. Poi, alla fine dell'Ottocento, Albert Michelson ed Edward Morley dimostrarono che si poteva usare la figura d'interferenza formata da raggi di luce che si erano propagati in due direzioni diverse per misurare con quale velocità relativa si fossero mossi l'uno rispetto all'altro. Il loro esperimento non riuscì però a scoprire nessuna differenza, risultato che fu considerato un segno del fatto che l'etere non esiste e che la luce, in un certo senso, non aveva bisogno di un mezzo in cui propagarsi. Il loro esperimento non trasformò tanto la nostra comprensione della luce — che continuò a essere considerata un'onda — quanto piuttosto la nostra comprensione delle onde. L'esperimento di Michelson e Morley sarebbe diventato ben presto un importante elemento di prova della teoria della relatività di Einstein.
Nell'Ottocento l'esperimento delle due fenditure di Young, che estendeva l'analogia ondulatoria dall'acustica alla luce, preannunciò un cambiamento di paradigma, dalla concezione corpuscolare della luce alla teoria ondulatoria. Nel Novecento fu messa in scena un'estensione ancora più clamorosa dell'esperimento di Young: un terzo esperimento a doppia fenditura implicante non onde d'acqua o onde di luce bensì particelle. Questa ulteriore applicazione dell'analogia ondulatoria sarebbe stata la dimostrazione semplice più vistosa del mistero della meccanica quantlstica: l'ultimo esperimento di questo libro, e anche quello che molti scienziati considerano il più bello di tutti.
(Tratto da "Il prisma e il pendolo" - Robert P. Crease - 2007 Longanesi)