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PABLO NERUDA

 

Da "CENTO SONETTI D'AMORE"

VII

" Verrai con me " - dissi - senza che nessuno sapesse
dove e come palpitava il mio stato doloroso,
per me non v'era garofano né barcarola,
null'altro che una ferita aperta dall'amore.

Ripetei: vieni con me, come se morissi,
e nessuno vide sulla mia bocca la luna che sanguinava,
nessuno vide quel sangue che saliva al silenzio.
Oh amore dimentichiamo ora le stelle con spine!

Ma quando udii che la tua voce ripeteva
" Verrai con me " - fu come se scatenassi
dolore, amore, la furia del vino incarcerato,

che dalla sua cantina sommersa salisse
e di nuovo nella mia bocca sentii un sapore di fiamma,
di sangue e di garofani, di pietra e bruciatura.

 

VIII

Se non fosse perché i tuoi occhi hanno colore di luna,
di giorno con argilla, con lavoro, con fuoco,
e tieni imprigionata l'agilità dell'aria,
se non fosse perché sei una settimana d'ambra,

se non fosse perché sei il momento giallo
in cui l'autunno sale su per i rampicanti
e anche sei il pane che la luna fragrante
elabora passeggiando la sua farina per il cielo,

oh, adorata, io non t'amerei!
Nel tuo abbraccio io abbraccio ciò ch'esiste,
la sabbia, il tempo, l'albero della pioggia,

e tutto vive perché io viva:
senz'andare tanto lontano posso veder tutto:
vedo nella tua vita tutto ciò che vive.

 

X

Dolce è la bella come se musica e legno,
agata, tele, frumento, pesche trasparenti,
avessero eretto la statua fuggitiva.
Verso l'onda dirige la sua contraria freschezza.

Il mare bagna bruniti piedi copiati
alla forma appena lavorata nell'arena
e ora il suo fuoco femminile di rosa
è una sola bolla che il sole e il mare combattono.

Ahi, che nulla ti tocchi se non il sale del freddo!
Che neppure l'amore distrugga la primavera intatta.
Bella, riverbero dell'indelebile schiuma,

lascia che i tuoi fianchi impongano nell'acqua
una misura nuova di cigno o di ninfea
e navighi la tua statua nel cristallo eterno.

 

XI

Ho fame della tua bocca, della tua voce, dei tuoi capelli
e vado per le strade senza nutrirmi, silenzioso,
non mi sostiene il pane, l'alba mi sconvolge,
cerco il suono liquido dei tuoi piedi nel giorno.

Sono affamato del tuo riso che scorre,
delle tue mani colore di furioso granaio,
ho fame della pallida pietra delle tue unghie,
voglio mangiare la tua pelle come mandorla intatta.

Voglio mangiare il fulmine bruciato nella tua bellezza,
il naso sovrano dell'aitante volto,
voglio mangiare l'ombra fugace delle tue ciglia

e affamato vado e vengo ' annusando il crepuscolo,
cercandoti, cercando il tuo cuore caldo
come un puma nella solitudine di Quitratùe.

 

XII

Donna completa, mela carnale, luna calda,
denso aroma d'alghe, fango e luce pestati,
quale oscura chiarità s'apre tra le tue colonne?
Quale antica notte tocca l'uomo con i suoi sensi?

Ahi, amare è un viaggio con acqua e con stelle,
con aria soffocata e brusche tempeste di farina:
amare è un combattimento di lampi
e due corpi da un solo miele sconfitti.

Bacio a bacio percorro il tuo Piccolo infinito,
i tuoi margini, i tuoi fiumi, i tuoi villaggi minuscoli,
e il fuoco genitale trasformato in delizia

corre per i sottili cammini del sangue
fino a precipitarsi come un garofano notturno,
fino a essere e non essere che un lampo nell'ombra.

 

XIII

La luce che dai tuoi piedi sale alla tua capigliatura,
la turgidezza che avvolge la tua forma delicata,
non è di madreperla marina, mai d'argento freddo:
sei di pane, di pane amato dal fuoco.

La farina innalzò con te il suo granaio
e crebbe incrementata dall'età felice,
quando i cereali duplicarono il tuo petto
il mio amore era il carbone che lavorava nella terra.

Oh pane la tua fronte, pane le tue gambe, pane la tua bocca,
pane che divoro e nasce con luce ogni mattina,
beneamata, bandiera delle panetterie,

il fuoco ti diede una lezione di sangue,
dalla farina apprendesti a esser sacra,
e dal pane l'idioma e l'aroma.

 

XVI

Amo il pezzo di terra che tu sei,
perché delle praterie planetarie
altra stella non ho. Tu ripeti
la moltiplicazione dell'universo.

I tuoi grandi occhi sono la luce che posseggo
delle costellazioni sconfitte,
la tua pelle palpita come le strade
che percorre la meteora nella pioggia.

Di tanta luna furono per me i tuoi fianchi,
di tutto il sole la tua bocca profonda e la sua delizia,
di tanta luce ardente come miele nell'ombra

il tuo cuore arso da lunghi raggi rossi,
e così percorro il fuoco della tua forma baciandoti,
piccola e planetaria, colomba e geografia.

 

XVII

Non t'amo come se fossi rosa di sale, topazio
o freccia di garofani che propagano il fuoco:
t'amo come si amano certe cose oscure,
segretamente, entro l'ombra e l'anima.

T'amo come la pianta che non fiorisce e reca
dentro di sé, nascosta, la luce di quei fiori;
grazie al tuo amore vive oscuro nel mio corpo
il concentrato aroma che ascese dalla terra.

T'amo senza sapere come, né quando né da dove,
t'amo direttamente senza problemi né orgoglio:
così ti amo perché non so amare altrimenti

che così, in questo modo in cui non sono e non sei,
così vicino che la tua mano sul mio petto è mia,
così vicino che si chiudono i tuoi occhi col mio sonno.

 

XXIV

Amore, amore, le nubi sulla torre del cielo
salirono come trionfanti lavandaie,
e tutto arse d'azzurro, tutto fu stella:
il mare, la nave, A giorno s'esiliarono uniti.

Vieni a vedere i ciliegi dell'acqua costellata
e la chiave rotonda del rapido universo,
vieni a toccare il fuoco dell'azzurro istantaneo,
vieni prima che i suoi petali si consumino.

Altro non v'è qui che la luce, quantità, grappoli,
spazio aperto delle virtù del vento
fino a consegnare gli ultimi segreti della schiuma.

E tra tanti azzurri celesti, sommersi,
si perdono i nostri occhi indovinando appena
i poteri dell'aria, le chiavi sottomarine.

 

XXVII

Nuda sei semplice come una delle tue mani,
liscia, terrestre, minima, rotonda, trasparente,
hai linee di luna, cammini di mela,
nuda sei sottile come il grano nudo.

Nuda sei azzurra come la notte a Cuba,
hai rampicanti e stelle nei tuoi capelli,
nuda sei enorme e gialla
come l'estate in una chiesa d'oro.

Nuda sei piccola come una delle tue unghie,
curva, sottile, rosea finché nasce il giorno
e t'addentri nel sotterraneo del mondo

come in una lunga galleria di vestiti e di lavori:
la tua chiarezza si spegne, si veste, si sfoglia
e di nuovo torna a essere una mano nuda.

 

XLIV

Saprai che non t'amo e che t'amo
perché la vita è in due maniere,
la parola è un'ala del silenzio,
il fuoco ha una metà di freddo.

Io t'amo per cominciare ad amarti,
per ricominciare l'infinito,
per non cessare d'amarti mai:
per questo non t'amo ancora.

T'amo e non t'amo come se avessi
nelle mie mani le chiavi della gioia
e un incerto destino sventurato.

Il mio amore ha due vite per amarti.
Per questo t'amo quando non t'amo
e per questo t'amo quando t'amo.

 

XLVII

Dietro di me sul ramo voglio vederti.
A poco a poco ti trasformasti in frutto.
Non ti costò salire dalle radici
cantando con la tua sillaba di linfa.

E qui sarai dapprima in fior fragrante,
nella statua d'un bacio trasformata,
fino a che sole e terra, sangue e cielo,
ti daranno la delizia e la dolcezza.

Vedrò sul ramo la tua capigliatura,
il tuo segno che matura nel fogliame,
che avvicina le foglie alla mia sete,

la mia bocca empirà la tua sostanza,
il bacio che ascese dalla terra
col tuo sangue di frutto innamorato.

 

XLVIII

Due amanti felici fanno un solo pane,
una sola goccia di luna nell'erba,
lasciano camminando due ombre che s'uniscono,
lasciano un solo sole vuoto in un letto.

Di tutte le verità scelsero il giorno:
non s'unirono con fili, ma con un aroma,
e non spezzarono la pace né le parole.
La felicità è una torre trasparente.

L'aria, il vino vanno coi due amanti,
la notte gli regala i suoi petali felici,
hanno diritto a tutti i garofani.

Due amanti felici non hanno fine né morte,
nascono e muoiono più volte vivendo,
hanno l'eternità della natura.

 

LXV

Matilde, dove sei? Notai, verso il basso,
tra cravatta e cuore, in alto,
certa malinconia intercostale:
era che d'improvviso eri assente.

M'abbisognò la luce della tua energia
e guardai divorando la speranza,
guardai com'è vuota senza te una casa,
non restano che tragiche finestre.

Tanto è taciturno il tetto ascolta
cadere antiche piogge sfogliate,
penne, ciò che la notte imprigionò:

così ti attendo come casa sola,
tornerai a vedermi e ad abitarmi.
Altrimenti mi dolgono le finestre.

 

LXVI

Non t'amo se non perché t'amo
e dall'amarti a non amarti giungo
e dall'attenderti quando non t'attendo
passa dal freddo al fuoco il mio cuore.

Ti amo solo perché io te amo,
senza fine io t'odio, e odiandoti ti prego,
e la misura del mio amor viandante
è non vederti e amarti come un cieco.

Forse consumerà la luce di Gennaio,
il raggio crudo, il mio cuore intero,
rubandomi la chiave della calma.

In questa storia solo io muoio
e morirò d'amore perché t'amo,
perché t'amo, amore, a ferro e fuoco.

 

LXXIII

Forse ricorderai quell'uomo magro
che uscì dall'oscurità come un coltello
e prima che sapessimo, sapeva:
vide il fumo e decise che veniva dal fuoco.

La pallida donna dalla chioma nera
sorse come un pesce dall'abisso
e tra i due levarono contro l'amore
una macchina armata di denti numerosi.

Uomo e donna divelsero monti e giardini,
scesero ai fiumi, s'arrampicarono per i muri,
spinsero sui monti la loro atroce artiglieria.

L'amore seppe allora di chiamarsi amore.
E quando sollevai i miei occhi al tuo nome
il tuo cuore d'improvviso dispose la mia strada.

 

LXXIX

Di notte, amata, lega il tuo cuore al mio
e ch'essi nel sonno sconfiggano le tenebre
come un doppio tamburo che combatte nel bosco
contro il denso muro delle foglie bagnate.

Traversata notturna, bragia nera del sonno
che intercetta il filo delle uve terrestri
con la puntualità di un treno scapigliato
che senza fine trascini ombre e pietre.

Per questo, amore, legami al movimento puro,
alla tenacia che nel tuo petto batte
con le ali di un cigno sommerso,

perché alle domande stellate del cielo
risponda il nostro sogno con una sola chiave,
con una sola porta chiusa dall'ombra.

 

LXXX

Da viaggi e da dolori ritornai, amor mio,
alla tua voce, alla tua mano che vola sulla chitarra,
al fuoco che interrompe con baci l'autunno,
alla circolazione della notte nel cielo.

Per tutti gli uomini chiedo pane e regno,
chiedo terra per il contadino senza fortuna,
nessuno speri tregua dal mio sangue o dal mio canto.
Ma al tuo amore non posso rinunciare senza morire.

Per questo suona il valzer della serena luna,
la barcarola nell'acqua della chitarra
finché si pieghi la mia testa sognando:

tutte le insonnie della mia vita intrecciarono
questa pergola dove la tua mano vive e vola
custodendo la notte dei viandante addormentato.

 

LXXXI

Ormai sei mia. Riposa col tuo sonno nel mio sonno.
Amore, dolore, affanni, ora devono dormire.
Gira la notte sulle sue ruote invisibili
e presso me sei pura come l'ambra addormentata.

Nessuna più, amore, dormirà con i miei sogni.
Andrai, andremo insieme per le acque del tempo.
Nessuna viaggerà per l'ombra con me,
solo tu, sempre viva, sempre sole, sempre luna.
Già le tue mani aprirono i pugni delicati
e lasciarono cadere dolci segni senza rotta,
i tuoi occhi si chiusero come due ali grigie,

mentre io seguo l'acqua che porti e che mi porta:
la notte, il mondo, il vento dipanano il loro destino,
e senza te ormai non sono che il tuo sogno.

 

LXXXII

Amor mio, nel chiudere questa porta notturna
ti chiedo, amore, un viaggio per oscuro recinto:
chiudi i tuoi sogni, entra col tuo cielo nei miei occhi,
estenditi nel mio sangue come un ampio fiume.

Addio, addio, crudele chiarità che andò cadendo
nel sacco d'ogni giorno dei passato,
addio a ogni raggio d'orologio o d'arancia,
salute oh ombra, intermittente compagna!

In questa nave o acqua o morte o nuova vita,
una volta di più uniti, addormentati, risorti,
siamo l'unione della notte nel sangue.

Non so chi vive o muore, chi riposa o si sveglia,
ma è il tuo cuore che distribuisce
nel mio petto i doni dell'aurora.

 

LXXXIII

È bello, amore, sentirti vicino a me nella notte,
invisibile nel tuo sonno, seriamente notturna,
mentre io districo le mie preoccupazioni
come fossero reti confuse.

Assente, il tuo cuore naviga per i sogni,
ma il tuo corpo cosi abbandonato respira
cercandomi senza vedermi, completando il mio
sonno come una pianta che si duplica nell'ombra.

Eretta, sarai un'altra che vivrà domani,
ma delle frontiere perdute nella notte,
di quest'essere e non essere in cui ci troviamo

qualcosa resta che ci avvicina nella luce della vita
come se il sigillo dell'ombra indicasse
col fuoco le sue segrete creature.

 

LXXXVII

I tre uccelli del mare, tre fulmini, tre forbici,
passarono per il cielo freddo verso Antofagasta,
per questo restò tremante l'aria,
tutto tremò come bandiera ferita.

Solitudine, dammi il segno della tua origine incessante,
l'appena strada degli uccelli crudeli,
e il palpito che senza dubbio precede
il miele, la musica, il mare, la nascita.

(Solitudine sostenuta da un volto costante
come un grave fiore disteso senza sosta
fino a comprendere la pura moltitudine dei cielo).

Volavano ali fredde del mare, dell'Arcipelago,
verso l'arena del Nordovest del Cile.
E la notte chiuse il suo celeste chiavistello.

 

LXXXVIII

Il mese di Marzo torna con la sua luce nascosta
e scivolano pesci immensi per il cielo,
vago vapore terrestre progredisce cauto,
a una a una cadono nel silenzio le cose.

Per fortuna in questa crisi d'atmosfera errabonda
riunisti le vite del mare con quelle del fuoco,
il movimento grigio della nave d'inverno,
la forma che l'amore impresse alla chitarra.

Oh amore, rosa bagnata da sirene e spume,
fuoco che danza e sale invisibile scala
e sveglia. nella galleria dell'insonnia il sangue

perché si consumino l'onde nel cielo,
dimentichi il mare i suoi beni e i leoni
e cada il mondo entro le reti oscure.

 

LXXXIX

Quando morrò voglio le tue mani sui miei occhi:
voglio che la luce e il frumento delle tue mani amate
passino una volta ancora su di me la loro freschezza:
sentire la soavità che cambiò il mio destino.

Voglio che tu viva mentre io, addormentato, t'attendo,
voglio che le tue orecchie continuino a udire il vento,
che fiuti l'aroma del mare che amammo uniti
e che continui a calpestare l'arena che calpestammo.

Voglio che ciò che amo continui a esser vivo
e te amai e cantai sopra tutte le cose,
per questo continua a fiorire, fiorita,

perché raggiunga tutto ciò che il mio amore ti ordina,
perché la mia ombra passeggi per la tua chioma,
perché così conoscano la ragione del mio canto.

 

XC

Pensai di morire, sentii dappresso il freddo,
vissi solo te lasciavo:
la tua bocca era il mio giorno e la mia notte terrestri
e la tua pelle la repubblica fondata dai miei baci.

In quell'istante finirono i libri,
l'amicizia, i tesori accumulati senza tregua,
la casa trasparente che tu e io costruimmo:
tutto cessò d'esistere, meno tuoi occhi.

Perché l'amore, mentre la vita c'incalza,
è semplicemente un'onda alta sulle onde,
ma ahi quando la morte viene a bussare alla porta

solo c'è il tuo sguardo per tanto vuoto,
solo la tua chiarità per non continuare a esistere,
solo il tuo amore per chiudere l'ombra.

 

XCII

Amor mio, se muoio e tu non muori,
amor mio, se muori e io non muoio,
non diamo al dolore più territorio:
non v'è estensione come quella che viviamo.

Polvere nel frumento, arena nelle arene
il tempo, l'acqua errante, il vento vago
ci portò come grano navigante.
Avremmo potuto non trovarci nel tempo.

Questa prateria in cui noi ci trovammo,
oh piccolo infinito!, restituiamo.
Ma questo amore, amor, non è finito:

così come non ebbe nascimento
morte non ha, è come un lungo fiume,
cambia solo di terre e di labbra.

 

XCIV

Se muoio sopravvivimi con tanta forza pura
che tu risvegli la furia del pallido e dei freddo,
da sud a sud alza i tuoi occhi indelebili,
da sole a sole suoni la tua bocca di chitarra.

Non voglio che vacillino il tuo riso né i tuoi passi,
non voglio che muoia la mia eredità di gioia,
non bussare al mio petto, sono assente.
Vivi nella mia assenza come in una casa.

È una casa così grande l'assenza
che entrerai in essa attraverso i muri
e appenderai i quadri nell'aria.

È una casa sì trasparente l'assenza
che senza vita io ti vedrò vivere
e se soffri, amor mio, morirò nuovamente.

 

XCVI

Penso, quest'epoca in cui tu m'amasti
se n'andrà da un'altra azzurra sostituita,
sarà altra pelle sulle stesse ossa,
altri occhi vedranno la primavera.

Nessuno di quelli che legarono quest'ora,
di quelli che conversarono col fumo,
governi, trafficanti, passanti,
continuerà a muoversi nei suoi fili.

Se n'andranno i crudeli dei con occhiali,
i pelosi carnivori con libro,
le grosse pulci e i pipipasseyros.

E quando sarà appena lavato il mondo
nasceranno altri occhi nell'acqua
e crescerà senza lacrime il frumento.