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Forme lente: qualche osservazione sull'ultimo spot Barilla

di Alessandro Melchiorri

festina lente
Per il Devoto-Oli la lentezza equivale a un "notevole o esagerato impiego di tempo,
connesso alla riduzione o limitazione di una serie di movimenti
o all'accumulo costante di ritardi". Non molto diverso pare lo Zingarelli,
che alla voce lentezza rimanda all'aggettivo lento, cioè a quello che è
"privo di sollecitudine, prontezza, velocità e simili", "di lunga durata e poca intensità", "molle".

Lo spot è costituito da 36 inquadrature, scomponibili in tre sequenze: la prima, che copre le inquadrature dalla 1 alla 4 (la cui durata complessiva è di 14 secondi); la seconda, dalla 5 alla 29 (durata complessiva: 30 secondi) e la terza, dalla 30 alla 36 (durata complessiva: 14 secondi). Lo spot presenta una struttura e un andamento ritmico ben precisi: la sostanziale identità (ancora a questo punto il mio discorso si riferisce al solo piano dell'espressione) tra la prima sequenza e l'ultima sembra essere "rotta" da qualcosa che accade nella seconda sequenza. I trenta secondi della seconda sequenza contengono da soli ben 24 inquadrature; le restanti due sequenze ne contengono solo 10, meno della metà, pur avendo stessa durata complessiva. La rapida successione delle inquadrature nella seconda sequenza determina una forte discontinuità rispetto alla prima sequenza e un brusco cambiamento nello stato tensivo del testo. Dalla distensione iniziale si passa alla fase di tensione, con un'alta discontinuità intrasequenziale, per poi tornare al ripristino della distensione iniziale.
Lo spot presenta quindi una struttura di questo tipo:

Ragioniamo ora su quello che avviene nelle tre sequenze: nella prima vediamo l'uomo che inizia a falciare il campo di grano; nella seconda l'uomo deve "affrontare" la situazione di crisi determinata dall'arrivo dei cavalieri armati (1); nella terza la pace iniziale viene ricomposta. Anche in questo caso siamo dunque di fronte a una struttura perfettamente circolare.
Il carattere oppositivo, che sul piano dell'espressione si risolve in un alternarsi di stati contrapposti (disteso VS teso), sul piano del contenuto si risolve nell'alternarsi di due nuclei semantici come sono quelli di pace e guerra.

Il tempo della pace diventa quindi il tempo della distensione e della lentezza; quello della guerra, per scarto differenziale, diventa il tempo della tensione e della rapidità. Rapidità e tensione che devono essere sciolte, trasformate, ricondotte nel grembo tranquillo dal quale erano partite.
L'istanza che si fa carico di questa "rifondazione", o meglio di questa riconduzione alle origini, è il lavoro. Il lavoro continua, dice l'headline. È quindi un ben preciso fare trasformativo che riporta all'euforia iniziale la situazione disforica che si era presentata. Il fare trasformativo presenta una connotazione ben precisa, una duratività dell'azione resa ben evidente dal "continua".

Il lavoro continuerà a fare quello che nell'universo valoriale di Barilla ha sempre fatto: ri-portare i bambini a casa, ri-unire le famiglie lontane, ri-solvere le situazioni di crisi, ri-portare la pace in terra (e agli uomini di buona volontà, naturalmente). Un universo illanguidito, forse "molle", in cui la tensione emotiva è sempre sotto lo stretto controllo di una pragmaticità che poco concede al sentimento. Il lavoro di Barilla, in questo costante riportare al punto da cui si era partiti, annulla il tempo perché rende il passato uguale al futuro all'insegna di un presente indecifrabile (i cavalieri che attraversano il campo sono da questo punto di vista irriconoscibili: potrebbero appartenere a qualunque esercito di qualunque periodo storico. I segni di distinzione sono eliminati, le differenze azzerate). Vengono annullate anche le differenze tra il "prima" e il "dopo" il passaggio dei cavalieri: il campo di grano, pur essendo stato attraversato da orde di guerrieri inferociti, rimane assolutamente intatto al loro passaggio. Non un solo stelo di grano sembra aver chinato il capo di fronte a tanta barbarie. Il passaggio dei cavalieri sembra non esserci stato. La crisi è apparente: sembra esserci, almeno per un momento, ma in definitiva non c'è nemmeno quella, non c'è mai stata, non ci sarà mai. Il casto brivido dialettico è annullato.

I segni senza differenze sono segni che non portano significato, che si equivalgono. Segni di un tempo sempre uguale a se stesso, dal 1877 e chissà per quanto tempo ancora.


…to be continued.


(1) In realtà anche la seconda sequenza può essere scomposta più analiticamente: le aggressioni dei cavalieri sono infatti due, ripetute una dopo l'altra, e tra le due aggressioni accadono cose strane. Segni nel cielo che anticipano quello che avverrà sulla terra: l'arrivo improvviso delle nuvole nere, il passaggio prima di un'aquila e poi di un aereo. La brevità di questo intervento ci costringere a lasciare inesplorato il cielo e gli oggetti che lo attraversano per concentrarci solo su quello che avviene sulla terra.

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