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Le
forme del trailer. La comunicazione breve come manipolazione intrasemiotica.
I trailer e i promo propongono dei percorsi,
delle pre-visioni sul film (o il programma) che verrà.
Nel nostro saggio partiamo da una sintetica storia della forma trailer
(il "prossimamente") per indagare alcuni trailer cinematografici
proposti nelle sale italiane - o all'interno di specifici programmi
televisivi - degli anni più recenti.
Il corpus della ricerca comprende centocinquanta trailer passati
negli schermi italiani, sia cinematografici che televisivi, negli
anni 1996-2001, e in maggioranza raccolti in VHS o CdRom come allegati
ai numeri di Ciak usciti nel mese di settembre degli anni 1996-2000;
inoltre i promo (di film, fiction, sport e produzioni interne) della
stagione invernale 1996-1997 delle reti Mediaset.
Abbiamo scelto dal nostro campione perlo più esempi riguardanti
commedie "impegnate" e film d'azione, in particolare i
trailer di Trainspotting (di Danny Boyle, Gb 1996), Mission
Impossible (di Brian De Palma, USA 1996) e Mission Impossible
2 (di John Woo, USA 2000), Il ciclone (di Leonardo Pieraccioni,
Italia 1996), e il promo di Mai dire mai (Never say never
again, di Irvin Kershner, Gb 1983) andato in onda su Rete 4 nell'inverno
1996.
Abbiamo cercato di dimostrare come il trailer reinneschi le serie
di concatenamenti tra strati testuali del film che presenta e promuove,
e si costruisca sempre su una coerente scelta isotopica di fondo.
È questa che lega tra loro e orienta discorsivamente tutte
le sequenze, fino al momento in cui di solito appare il titolo vero
e proprio, alla fine, soddisfacendo così l'attesa aperta,
spesso sospesa fino a quel momento. Il trailer deve cercare di differenziarsi
dagli altri trailer, nonché cercare di "colpire"
lo spettatore a livello cognitivo o passionale. Per non rischiare
di perdere coerenza ed efficacia testuali, esso cerca di posizionare
la visione spettatoriale: per questo si sceglie di solito una dominante
molto precisa, che può essere una isotopia tematica o figurativa
ma è comunque sempre legata a una forte dimensione patemica.
Nei trailer del filone fantastico, di quello
sexi-erotico, o di quello comico più "classico",
sono all'opera meccanismi molto simili: una isotopia di fondo e
una costruzione testuale tesa a cementarla a tutti i livelli, che
si tratti dell'amore violento per Bambola (di Bigas Luna,
Spagna 1996); della trasgressione sessuale per Crash (di
David Cronenberg, USA 1996); della incorreggibile invadenza del
comico Jim Carrey ne Il rompiscatole (USA 1996).
Il trailer, come il remake, lavora per ripetizione e differenza
rispetto al film da cui deriva. Più che un riassunto, il
trailer è una sintesi mirata, che tiene conto
dello scopo della riformulazione del testo di partenza, e si basa
su una strategia che chiarisce subito "di cosa stiamo parlando".
L'ipotesi di fondo del nostro saggio è allora che si tratti
di un tipo di traduzione intrasemiotica condotta rispetto
al testo di partenza: per interpretare correttamente il film, il
trailer dovrà riproporre ed evidenziare alcune isotopie fondamentali,
tenendo sullo sfondo, condensando o eliminando, altre linee narrative,
tematiche, figurative, ritenute meno importanti per la riuscita
del proprio discorso persuasivo. Non solo ma il trailer lavora come
una traduzione perché cerca di costruire nello spettatore
di effetti di senso simili a quelli previsti per chi vedrà
il film per intero e nel suo originale sviluppo sintagmatico. Questo
avviene, nel trailer come nel promo, attraverso la riproposta di
un equivalente testuale del sistema semisimbolico
dominante nel film, che diviene una delle chiavi per significare
e comunicare allo stesso tempo salienze percettive, valoriali e
stilistiche del testo di partenza, sempre nel tentativo di creare
attesa e curiosità. Attraverso modi legati ai diversi stili
dell'enunciazione, soggettivanti o oggettivanti, i trailer e i promo
lavorano a produrre atteggiamenti di attrattiva e interesse, cognitivo
o passionale, nei riguardi del testo di partenza che promuovono.
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