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Abruzzo 2!

 

 Il centro storico di Civitella Alfedena.Nel 1969 Franco Tassi viene nominato direttore del Parco Nazionale d'Abruzzo. L'amministrazione inizia il suo mandato mostrandosi da subito decisamente contraria all'ondata di lottizzazioni che si ripresentava continuamente nei comuni più importanti. Nel 1970 è istituita la Zona di Protezione Esterna, che ricalca in buona parte i confini del primo grande parco proposto dal Sipari e dalla Pro Montibus et Sylvis. Nel 1976 il terzo grande ampliamento del Parco al massiccio del Monte Marsicano, scongiura la realizzazione di un grande sistema di piste da sci tra Pescasseroli e Bisegna sul modello della vicina Roccaraso. Sono gli anni del grande successo del parco, il ripensamento dei precedenti disegni di sviluppo si concretizza nell'accoglienza selettiva del turismo ecologista e ambientalista, in contrasto con gli afflussi di massa. Per la prima volta in Italia fu lanciato quel nuovo modello economico ambientale che trova il suo riferimento nello sviluppo economico di Civitella Alfedena. Il 10 gennaio 1990 con il decreto del presidente della Repubblica Cossiga i comuni di Pizzone, Castel San Vincenzo, Rocchetta a Volturno, Filignano e Scapoli cedono parte della loro territorio ai vincoli della riserva per un totale di 4000 ha: nasce il «settore Mainarde», con il quarto grande ampliamento.[9] L'entusiasmo per una serie di grandi successi aumenta la popolarità nazionale ed internazionale della riserva, fino a diventare un riferimento per l'ambientalismo italiano e il focolaio attorno al quale sorgono i nuovi grandi progetti protezionistici che interessano non solo l'Abruzzo e le regioni vicine, ma tramite il WWF tutto il territorio nazionale. Tra il 1990 e il 1999 il parco collabora all'istituzione del Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga e del Parco Nazionale della Majella, nonché alla realizzazione di un capillare sistema di riserve regionali minori che fanno dell'Abruzzo la regione italiana la più alta percentuale di territorio protetto. Attorno all'amministrazione e al personale del parco si riuniscono una serie di associazioni ambientaliste e in Abruzzo vengono iniziate le prime importanti ricerche scientifiche in grado di mettere in luce l'importanza del sistema ecologico abruzzese e della sua protezione, modello per quanto avviene più recentemente nelle altre regioni italiane. Al 1999 risale l'ultimo grande ampliamento del parco, 4.200 ettari[10] nei comuni di Ortona dei Marsi e Bisegna nella valle del Giovenco.[11][12]

 Presso Pescasseroli, Maggio 2008: Selvicoltura con mezzi tradizionali La crisi finanziaria e la fine dell'amministrazione Tassi  [modifica]

I grandi risultati ottenuti però non tengono conto dell'amministrazione economica. La crescita esponenziale del sistema organizzativo e il coinvolgimento di elementi estranei alla tradizione ambientalista e alla gestione finanziaria, come vincoli burocratici nazionali e regionali o il crescente interesse dei politici locali[13][14] a partecipare alle decisioni amministrative dell'Ente Parco, condizionarono fortemente l'operato del personale della riserva.[15] Questa tendenza prosegue fino al 2002, quando una serie di vicende politiche e giudiziarie hanno messo fine alla così detta «era Tassi», vicende che non sono state ancora del tutto chiarite.[16] L'ex-direttore, oggi dimostratosi innocente, è stato inizialmente denunciato e quindi dismesso dalla sua carica dal comitato direttivo del Parco perché coinvolto in un contenzioso legale col comitato stesso che lo accusava di ordinare intercettazioni abusive durante le riunioni. Il grande debito contratto durante la sua amministrazione e un presunto falso in bilancio portarono alla sua definitiva liquidazione da parte del presidente dell'Ente Parco Fulco Pratesi (in quegli anni presidente del WWF Italia), proprio allorché l'orientamento delle politiche ambientali nazionali e regionali stava cambiando. L'originario disegno che prevedeva il coordinamento delle riserve protette istituende che ruotavano attorno alla promozione del parco nazionale fu dimenticato. Non si tenne conto dell'impiego di risorse economiche e umane del Parco d'Abruzzo che portò alla concretizzazione del progetto e, piuttosto che intervenire in collaborazione con la riserva ormai indebitata, venne finanziata una sequenza di parchi speculari autonomi, per anni amministrativamente frammentati ed economicamente dispersivi. A ciò si aggiunse la sfiducia delle popolazioni coinvolte e degli ambientalisti di fronte alle polemiche che sorsero in quegli anni.[17]