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Abruzzo 1!

 

 Ursus arctos L. ssp. marsicanusIl Parco nazionale d'Abruzzo fu istituito su iniziativa privata nel 1922 e riconosciuto nel 1923, con RDL 257 dell'11 gennaio 1923. Al territorio attuale si giunse dopo successive integrazioni. La gestione è dell'Ente Parco Nazionale d'Abruzzo, Lazio e Molise con sede attuale a Pescasseroli. Interessa 25 comuni distribuiti nelle province di Frosinone, Isernia e L'Aquila. Nel 1980 ha avuto inizio la zonizzazione del parco, cioè la sua suddivisione in zone a diversa protezione ambientale per poter conciliare le opposte esigenze della protezione della natura e degli sviluppi urbanistici delle popolazioni in cui abitano

 Le origini  [modifica]

Il forte isolamento in cui il territorio dell'Alto Sangro giaceva da secoli aveva permesso la conservazione di una rilevante quantità di specie animali e vegetali degni di conservazione; non tutto era stato trasformato in pascolo. Alle timide iniziative locali di istituire una riserva di caccia sul modello delle prime aree protette del Piemonte venne incontro la famiglia Sipari, ricchi proprietari di Pescasseroli imparentati col filosofo Benedetto Croce.[2] Si adoperarono per la realizzazione nel territorio dei comuni di Opi, Pescasseroli, Villavallelonga, Collelongo, Lecce nei Marsi, Gioia dei Marsi, Balsorano e Castellafiume della Riserva reale dell'Alta Val di Sangro, istituita nel 1872 da Vittorio Emanuele II. Tale forma di tutela proseguirà sino al 1878, data nella quale verrà abolita. Nuovamente istituita nel 1900, resterà in vigore sino a tutto il 1912; contemporaneamente Erminio Sipari iniziò a dar voce alla prima iniziativa in Italia di istituzione di un Parco Nazionale sul modello dello Yellowstone statunitense.[3]

 Le prime iniziative  [modifica]

 Parco Nazionale d'AbruzzoInsieme ad Erminio Sipari, i primi a proporre la realizzazione di un Parco Nazionale in Italia furono il botanico Pietro Romualdo Pirotta, lo zoologo Alessandro Ghigi e l'associazione naturalistica bolognese «Pro Montibus et Sylvis». Gli studiosi e gli ambientalisti della Pro Montibus notavano la concentrazione di specie appenniniche e la varietà di habitat di interesse nazionale nella Marsica: avanzarono il primo piano di tutela ambientale nel 1914, nel quale era previsto un grande parco, esteso dall'alveo del Fucino e la Conca Peligna a Castel di Sangro, dal fiume Liri e Valle di Comino alle pendici della Majella. I costi eccessivi della realizzazione e del mantenimento fecero fallire l'iniziativa, alla quale però seguì un secondo più intenso coinvolgimento di associazioni e intellettuali nel progetto istitutivo. Il 25 novembre del 1921, un anno prima dell'istituzione del Parco Nazionale del Gran Paradiso Erminio Sipari e la Pro Montibus avviarono la gestione protetta di un piccolo fazzoletto di terra dei comuni di Civitella Alfedena e Opi nella zona della Camosciara.[4]

 Istituzione legislativa e ampliamenti  [modifica]

Nel 1923 l'Amministrazione del Parco è ufficialmente istituita, i confini si estendono anche ad altri comuni che solo in un secondo momento concessero il loro territorio alla protezione dell'Ente Autonomo costituendo così le vere fondamenta del parco attuale;

ricadono nei primi confini parte del territorio di Civitella Alfedena e Villetta Barrea (Monte Petroso e Camosciara), Opi (Val Fondillo, Valle Fredda), Pescasseroli (Forca d'Acero, La Difesa), Villavallelonga e Collelongo (Valli d'Angro), Lecce nei Marsi e Gioia dei Marsi (Cicerana, Passo del Diavolo), Campoli Appennino e Alvito (Capo d'Acqua, Val Lattara), Settefrati, Bisegna (Terratta).

nel 1925-26 espansione ai Monti della Meta in provincia di Frosinone (Picinisco, San Biagio Saracinisco, Vallerotonda) e in parte del territorio di Pizzone e della valle del Sangro. Nello stesso anno la commissione amministratrice del parco destinò al taglio boschivo parte della Val Fondillo, provvedimento contrastato da Romualdo Pirotta, uno dei fondatori del parco, e che a seguitò di ciò, si dimise dal corpo direttivo.[5]

nel 1926 è istituito il museo e lo zoo del parco a Pescasseroli, i primi rifugi e la sentieristica organizzata.

Fra i primi obbiettivi politici del parco si nota la tendenza a favorire presenze turistiche e soggiorni sportivi per convertire l'economia montana pastorale in un sistema compatibile con la tutela dell'ambiente.

nel 1933 il regime fascista sopprime l'Ente Autonomo, probabilmente per i suoi legami con l'associazionismo cattolico (Giovani Esploratori) e per rafforzare la presenza nei parchi italiani della Milizia Forestale, che ottenne la gestione anche del Parco Nazionale del Gran Paradiso e dei nuovi parchi del Circeo e dello Stelvio.[6]

 In fondo a destra il Monte delle Vitelle, presso Pescasseroli, ospitante una pista di sci innevata artificialmente Il dopoguerra e l'amministrazione Saltarelli  [modifica]

Nel 1951 il governo democristiano dell'epoca firmò la ricostruzione dell'Ente autonomo. La nuova direzione recuperava gli obbiettivi del vecchio Ente, e oltre alle numerose assunzioni di personale di sorveglianza, alla promozione di ricerche scientifiche ed inoltre all'estensione dei divieti di caccia, si promosse la costruzione delle prime moderne infrastrutture per la ricezione del turismo, mobilitandosi senza successo nella realizzazione di strade e alberghi in zone di grande pregio con uno spirito oggi più che mai biasimato. Sulla politica edilizia si innestarono poi, verso la fine degli anni cinquanta, le grandi speculazioni alberghiere e gli interventi per la realizzazione di impianti di risalita e di piste da sci in molti comuni del parco: L'amministrazione di Francesco Saltarelli, iniziata nel 1952, che tentava di opporsi all'ondata d'abusivismo, venne liquidata; furono così gli anni della grande espansione urbanistica di Pescasseroli e dell'aggressione indiscriminata del cemento, secondo un disegno speculativo che voleva la realizzazione di un grande comprensorio turistico-alberghiero da Roccaraso ai comuni della Val di Comino. Un lungo periodo di commissariamento e di difficili battaglie per la tutela (nel 1967 il parco ottiene il diploma Europeo per la conservazione della natura) terminò nel 1969 quando Franco Tassi divenne il nuovo direttore.[7][8]

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