LE TROPPE E GRAVI ANOMALIE DI UN CONTRATTO INFAUSTO

 

Editoriale n. 35 del 6 ottobre 2001 – Prima parte

 

di Paolo Quintavalla

 

Raccontano le cronache relative all’incontro del 4 ottobre u.s. “Dalla relazione introduttiva del responsabile dell'ARAN, Dott. Ricciardi, è emerso con chiarezza che non esiste al momento alcuna differenza rispetto alla situazione del 7 maggio 2001, quando la trattativa si interruppe. (...)Assodato purtroppo che, nonostante le promesse pre-elettorali e gli scoop estivi del "Sole 24 ore", non sembra esistere al momento neanche una lira in più rispetto alla disponibilità del 7 maggio..”(fonte:Andis). Nessuno di coloro che si sono impegnati nel tenere aperto il contratto poteva immaginare un esito contrattuale più sprezzante dei diritti dei dirigenti scolastici italiani e della dignità di un’intera categoria. In proposito, durante questa ultima fase il collega Reginaldo Palermo aveva usato due metafore pertinenti: l’improvvisa “doccia fredda” sulle legittime attese dei DD.SS. rappresentata dalla Finanziaria 2002 e il “giorno della verità”, l’incontro del 4 che ha fatto giustizia di una ridda di ipotesi e di speranze, alla prova dei fatti, infondate.

Non c’è una lira in più. La verità è tutta qui, nuda e cruda. Se non interverranno novità significative il contratto si concluderà fra due o tre settimane con una percentuale di allineamento rispetto ai dirigenti di seconda fascia dell’Area I tra il 57% (nella migliore delle ipotesi) e il 44%.

Questo significa che saremo collocati, per non si sa quanti anni, nella serie C della Dirigenza in una fascia retributiva, rispetto allo stipendio fondamentale, di 68 milioni lordi annui rispetto agli 87 dei dirigenti dell’Area I collocati nella serie B e ai 120 –140 milioni dei dirigenti della Sanità e degli Enti Locali collocati in serie A. E questo in totale spregio di ogni principio di equità nella Pubblica Amministrazione e di un altro principio elementare che vorrebbe equivalenza di retribuzione a parità di funzione esercitata.

Questo significa che, dopo gli “aumenti” percepiremo 20 milioni in meno rispetto agli ex Provveditori, nostri pari grado, dei quali nel frattempo ci sono state trasferite tutte le funzioni. Questo significa che come dirigenti percepiremo 20 milioni in meno rispetto agli Ispettori che, di fatto, non dirigono nulla e non sono equiparati ai datori di lavoro. E questo scarto sussiste solo perché non abbiamo la fortuna, come loro, di essere collocati nell’Area I.

Trascuriamo, comunque, per ora gli aspetti psicologici di una categoria che si sente tradita, umiliata ed offesa e cerchiamo, facendo appello alla razionalità, di comprendere perché si è arrivati all’esito infausto che si profila.

Il nostro primo contratto è iniziato male e sta finendo ancora peggio perché si sono manifestate troppe e gravi anomalie che possono essere riassunte nei seguenti aspetti limitanti e contraddittori:

1.     La scelta sbagliata della collocazione della nostra categoria nella V Area della dirigenza;

2.     Il verificarsi di due clamorosi voltafaccia (28 marzo e 29 settembre 2001) da parte di due Esecutivi di opposto colore politico.

3.     La rappresentanza sindacale dei DD.SS. al tavolo contrattuale spaccata a metà e profondamente divisa nelle strategie di fondo.

4.     Il condizionamento costante della presenza nel retroscena di un “convitato di pietra”: il contratto dei docenti;

5.     L’esistenza non di una ma di due controparti di fronte alla categoria. Una parte dello schieramento sindacale, infatti, ha rubato il mestiere al Governo e si è chiaramente opposta alle ipotesi di allineamento retributivo propugnata dall’altra parte.

Cerchiamo di analizzare queste anomalie.

1.a anomalia : la collocazione nella quinta Area della Dirigenza

I sindacati dei docenti (Confederali e Snals) hanno sostenuto che un’area nuova e separata dalle altre avrebbe preservato la specificità propria dei dirigenti delle scuole mentre l’ANP propugnava, in via prioritaria, il nostro inserimento all’interno dell’Area I e, solo in subordine, accettava l’ipotesi che poi, nel maggio 2000, si è verificata e ha prevalso, cioè quella attuale dell’Area V. In realtà l’ANP, in questa precisa occasione, ha dato prova di realismo politico anche perché con la sua rappresentanza del 48% della categoria non poteva da sola imporre una soluzione che gli altri sindacati non condividevano.

Oggi sappiamo, alla prova dei fatti, che quella scelta si è rivelata sbagliata. Intanto va osservato che la bozza di articolato per la parte normativa del nostro contratto, su cui esiste una convergenza unanime di tutte le parti sindacali, ricalca di fatto per il 99% il corrispondente articolato del Contratto dei dirigenti dell’Area I. Quello dei dirigenti scolastici è un profilo pienamente dirigenziale, a tutto tondo. Ed è per questo che risulta inspiegabile, iniqua e penalizzante l’esistenza di una differenza fondamentale: uno scarto significativo sul piano delle retribuzioni.  Se, infatti fossimo entrati nella I Area il nostro contratto di sarebbe concluso nel febbraio del 2001 e, senza che nessuno gridasse allo scandalo, oggi avremmo in godimento uno stipendio fondamentale (tabellare e di posizione) di 87 milioni, superiore di 20 milioni rispetto a quello che sta per esserci attribuito. Certamente non dovrebbe far piacere a nessun dirigente scolastico il sapere che sconta questo vistoso gap retributivo rispetto a dirigenti pari grado sul piano giuridico, che svolgono la stessa funzione sul piano normativo. Dobbiamo ammettere, al riguardo, che la scelta della quinta Area non solo non ci ha dato alcuna sostanziale specificità ma ci ha collocato in una condizione di inferiorità, di isolamento e di sostanziale debolezza rispetto alle altre dirigenze. Non ci troveremo in serie C per caso, ma come conseguenza di una opzione strategica sbagliata.

Comunque sia, la scelta della collocazione nella 5^ Area si è rivelata sbagliata anche per un corollario non marginale né trascurabile: a rappresentare i DD.SS. erano anche i sindacati del comparto scuola, cioè, in sostanza, i sindacati dei docenti, visto che questi prevalgono numericamente. Si provi ad immaginare se un simile pasticcio fosse stato, per ipotesi, proposto ai primari ospedalieri. Avrebbero accettato che il loro contratto fosse condizionato e deciso dai sindacati dei paramedici, degli impiegati ASL o degli infermieri? In quale altro comparto il contratto dei dirigenti può essere determinato dai sindacati dei dipendenti? Il comparto della scuola è, invece, l’unico a sopportare il limite di questa palese contraddizione. E si sono viste , purtroppo, le infauste conseguenze.

Qualunque sia l’esito del contratto – ma ci sono ormai labilissime speranze che possa chiudersi positivamente o, almeno, dignitosamente – la nostra categoria dovrà fare tesoro dell’esperienza e, sorretta dalla memoria storica, alla prossima tornata contrattuale dovrà evitare di cadere nello stesso errore e rivendicare la collocazione nell’Area I. Ci saranno certamente delle naturali ed inevitabili resistenze da parte di quei sindacati che dovranno computare diversamente le deleghe, le percentuali di rappresentanza e i distacchi. Ma sarà essenziale, in futuro, vincere questa battaglia preliminare, conditio sine qua non per impostare correttamente le prossime rivendicazioni dei dirigenti per i dirigenti, senza sovrapposizioni spurie di istanze proprie di altri soggetti e categorie.

2.a anomalia: il voltafaccia di due Governi

Apparteniamo ad una categoria a cui la dirigenza non è stata “concessa” dall’alto, a cui non è stata “attribuita” una qualifica vuota di sostanza ma a cui, al contrario, è stata “riconosciuta” una funzione esercitata di fatto almeno nel corso dell’ultimo decennio. I presidi e i direttori didattici non hanno dovuto attendere il 1° settembre 2001 per essere e comportarsi come dirigenti scolastici . Essi hanno esercitato, di fatto, la funzione dirigenziale ben prima che venisse riconosciuta sul piano giuridico ed hanno costituito e stanno costituendo l’ossatura portante del processo di realizzazione dell’autonomia. Autonomia e dirigenza sono contestuali e si richiamano a vicenda. Solo che a questa funzione esercitata di fatto e solo da un anno riconosciuta anche giuridicamente non ha corrisposto un riconoscimento retributivo coerente e di pari livello. La retribuzione di un direttore didattico/preside è stata fino ad ora inferiore alla metà della retribuzione minima di un qualsiasi altro dirigente pubblico. Era ed è, quindi, legittima l’attesa, diffusa nella maggior parte della categoria, di ricevere, contestualmente alla qualifica dirigenziale, un riconoscimento economico equivalente, almeno, al minimo riconosciuto alle altre categorie dirigenziali del pubblico impiego a cui tutti apparteniamo.

Eppure questo principio elementare, che fa parte della consapevolezza comune della nostra categoria, è stato riconosciuto come legittimo per ben due volte da due Esecutivi di diverso colore politico e per ben due volte rinnegato dagli stessi Governi.

Il primo Atto di Indirizzo, emanato il 22 dicembre 2000, conteneva infatti questa formulazione esplicita: La disciplina del rapporto di lavoro e la regolamentazione del trattamento economico dettati per la dirigenza pubblica vengono estesi, con gli opportuni adattamenti, ai dirigenti scolastici. Il trattamento economico del dirigente scolastico sarà modellato sulla disciplina generale di riferimento per le altre dirigenze pubbliche con applicazione dei principi della onnicomprensività”. Molti – non tutti per la verità, come si dimostrerà in seguito– esultarono quando lessero questa ed altre affermazioni dello stesso tenore, in quanto venivano riconosciute le legittime istanze della categorie. Ma non potevamo immaginare che solo dopo tre mesi sarebbe arrivata la doccia fredda, la svolta di Palazzo Vidoni del 28 marzo che avviava il nostro contratto sul binario della “mezza dirigenza”. Non potevamo immaginare che si riservava alla nostra categoria l’umiliazione di un allineamento retributivo inferiore al 50%. Questo sito non ha risparmiato critiche al voltafaccia del passato Governo e alla sostanziale connivenza dei sindacati confederali e dell’Andis che, non a caso, si affrettarono ad esprimere la loro “soddisfazione” e l’intenzione di chiudere il contratto al ribasso. Questo sito ha sostenuto da allora la posizione ferma e coerente dell’ANP che ha impedito a maggio una firma contrattuale mortificante per la categoria e ha denunciato, anche successivamente, i tentativi maldestri di chi voleva esplicitamente farci “battere il passo”. Ma, francamente, non potevamo immaginare che si preparasse un secondo voltafaccia, ad opera del nuovo Esecutivo. Conviene, a questo proposito, ripercorrere le fasi di questo ennesimo bluff, di questa nuova e imprevedibile presa in giro della categoria.

Il 30 aprile 2001, come è noto, viene resa pubblica la famosa lettera in cui i quattro partiti della Casa delle Libertà promettono ai DD.SS. l’allineamento retributivo nel caso di una vittoria del loro schieramento politico nelle imminenti elezioni. Ricordiamo tutti il passaggio chiave contenuto nei due paragrafi finali: Per parte nostra sosteniamo invece la necessità di prevedere all'interno del contratto istituti normativi interamente dirigenziali, a fronte dei quali sarà compito e dovere del Governo assicurare risorse finanziarie di pari livello. Questo impegno noi assumiamo formalmente fin d'ora tra quelli da onorare nei primi cento giorni della legislatura, prevedendo gli stanziamenti aggiuntivi con la prossima legge di aggiustamento del bilancio, nella misura indicata nella Sua lettera [ ndr. si tratta della tabella D]. On. Valentina Aprea dirigente nazionale Dipartimento Pubblica Istruzione Forza Italia - On. Angela Napoli dirigente nazionale Dipartimento Pubblica Istruzione Alleanza Nazionale - On. Giovanna Bianchi Clerici dirigente nazionale Dipartimento Pubblica Istruzione Lega Nord - On. Beniamino Brocca dirigente nazionale Dipartimento Pubblica Istruzione C.C.D.-C.D.U.” . Se si rilegge la lettera colpisce la solennità della promessa e l’enfasi con cui i quattro parlamentari sostengono di differenziarsi dallo schieramento avverso. Proclamano di essere i difensori dei diritti calpestati e misconosciuti dei dirigenti scolastici e, soprattutto, in apertura della lettera dichiarano di assumere l’impegno formale “a nome del Presidente Berlusconi. Per la cronaca, nella citata tabella D non si parla di noccioline ma dei 250 miliardi che mancano per realizzare il completo allineamento retributivo. Credo che non sfugga a nessuno il fatto che siano trascorsi i “primi 100 giorni” e l’”impegno” scritto non è stato per nulla  “onorato”. Anzi, sembra che non ci sia nemmeno una lira dei 250 miliardi promessi.

Perché è accaduto questo tradimento? La notizia è talmente sorprendente che si possono formulare ipotesi:

1.     che le restrizioni imposte dai ministri economici sulla spesa pubblica siano state imposte in modo così assoluto e radicale alla nostra categoria

2.     che il Governo abbia subìto le pressioni e i condizionamenti dei sindacati confederali, contrari ad ogni ipotesi di eccessivo allargamento della forbice retributiva tra dirigenti e docenti ed abbia sacrificato le istanze della nostra categoria sull’altare della “pace sociale”, forse per prevenire una spirale rivendicativa (tra l’altro preventivamente minacciata dagli stessi sindacati)

Nell’uno e nell’altro caso l’Esecutivo ha sbagliato. Nel primo caso perché non si può fare ricadere interamente su una sola categoria il peso della recessione economica. Nel secondo caso perché viene meno l’autorevolezza e l’autonomia del potere politico rispetto a quello sindacale.

Colpisce, inoltre, il balletto estivo di anticipazioni, scoop giornalistici, di affermazioni ufficiali che si sono rivelati, alla prova dei fatti, ricami sul nulla. Abbiamo letto l’articolo del “Sole 24 ore” del 25 luglio in cui si profilava una soluzione positiva del contratto con i famosi 160 miliardi aggiuntivi. Quell’articolo non è mai stato smentito ed ha alimentato, purtroppo, speranze infondate. Abbiamo registrato le affermazioni del ministro Moratti  in Parlamento. “Il Governo sarà attento alla questione del primo contratto collettivo nazionale dei dirigenti scolastici che attendono il riconoscimento sul piano economico e giuridico delle nuove funzioni che ricoprono dal primo settembre 2000 all'interno dell'impianto autonomistico delle scuole”. Abbiamo registrato le affermazioni della sottosegretaria MIUR Aprea in data 24 agosto, durante un convegno per dirigenti presso il Meeting di Rimini, secondo cui il Contratto si sarebbe concluso tra settembre e ottobre con l’allineamento retributivo richiesto dall’ANP e promesso dal Governo. Ora queste parole sembrano svanite nel vento.

Come possiamo chiamare questi comportamenti? Ognuno li definisca come meglio crede. Credo che non sfugga a nessuno, tuttavia, che essi agli occhi dei DD.SS. italiani minano alla base la credibilità del premier, della compagine governativa e della coalizione politica che la sostiene. Per parte mia ritengo che siamo di fronte ad un nuovo grave tradimento delle legittime istanze fondamentali della categoria.

 

Nota: L’editoriale continua nella seconda parte, la cui pubblicazione è prevista nei prossimi giorni, con l’analisi delle altre tre anomalie.