LE TROPPE E GRAVI ANOMALIE DI UN CONTRATTO INFAUSTO
di Paolo Quintavalla
Raccontano le
cronache relative all’incontro del 4 ottobre u.s. “Dalla
relazione introduttiva del responsabile dell'ARAN, Dott. Ricciardi, è emerso
con chiarezza che non esiste al momento alcuna differenza rispetto alla
situazione del 7 maggio 2001, quando la trattativa si interruppe.
(...)Assodato purtroppo che, nonostante le promesse pre-elettorali e gli
scoop estivi del "Sole 24 ore", non sembra esistere al momento
neanche una lira in più rispetto alla disponibilità del 7 maggio..”(fonte:Andis).
Nessuno di coloro che si sono impegnati nel tenere aperto il contratto poteva
immaginare un esito contrattuale più sprezzante dei diritti dei dirigenti
scolastici italiani e della dignità di un’intera categoria. In proposito,
durante questa ultima fase il collega Reginaldo Palermo aveva usato due
metafore pertinenti: l’improvvisa “doccia fredda” sulle legittime attese dei
DD.SS. rappresentata dalla Finanziaria 2002 e il “giorno della verità”,
l’incontro del 4 che ha fatto giustizia di una ridda di ipotesi e di speranze,
alla prova dei fatti, infondate.
Non c’è una lira in più. La verità è tutta qui, nuda e cruda. Se
non interverranno novità significative il contratto si concluderà fra due o tre
settimane con una percentuale di allineamento rispetto ai dirigenti di seconda
fascia dell’Area I tra il 57% (nella migliore delle ipotesi) e il 44%.
Questo significa che saremo collocati, per non si sa quanti anni,
nella serie C della Dirigenza in una fascia retributiva, rispetto allo
stipendio fondamentale, di 68 milioni lordi annui rispetto agli 87 dei
dirigenti dell’Area I collocati nella serie B e ai 120 –140 milioni dei
dirigenti della Sanità e degli Enti Locali collocati in serie A. E questo in
totale spregio di ogni principio di equità nella Pubblica Amministrazione e di
un altro principio elementare che vorrebbe equivalenza di retribuzione a parità
di funzione esercitata.
Questo significa che, dopo gli “aumenti” percepiremo 20 milioni in
meno rispetto agli ex Provveditori, nostri pari grado, dei quali nel frattempo
ci sono state trasferite tutte le funzioni. Questo significa che come dirigenti
percepiremo 20 milioni in meno rispetto agli Ispettori che, di fatto, non
dirigono nulla e non sono equiparati ai datori di lavoro. E questo scarto
sussiste solo perché non abbiamo la fortuna, come loro, di essere collocati
nell’Area I.
Trascuriamo, comunque, per ora gli aspetti psicologici di una
categoria che si sente tradita, umiliata ed offesa e cerchiamo, facendo appello
alla razionalità, di comprendere perché si è arrivati all’esito infausto che si
profila.
Il nostro primo contratto è iniziato male e sta finendo ancora
peggio perché si sono manifestate troppe e gravi anomalie che possono essere
riassunte nei seguenti aspetti limitanti e contraddittori:
1.
La scelta sbagliata della collocazione della
nostra categoria nella V Area della dirigenza;
2.
Il verificarsi di due clamorosi voltafaccia
(28 marzo e 29 settembre 2001) da parte di due Esecutivi di opposto colore
politico.
3.
La rappresentanza sindacale dei DD.SS. al
tavolo contrattuale spaccata a metà e profondamente divisa nelle strategie di
fondo.
4.
Il condizionamento costante della presenza nel
retroscena di un “convitato di pietra”: il contratto dei docenti;
5.
L’esistenza non di una ma di due controparti
di fronte alla categoria. Una parte dello schieramento sindacale, infatti, ha
rubato il mestiere al Governo e si è chiaramente opposta alle ipotesi di
allineamento retributivo propugnata dall’altra parte.
Cerchiamo di analizzare queste anomalie.
1.a anomalia : la collocazione nella quinta Area della Dirigenza
I sindacati dei docenti (Confederali e Snals) hanno sostenuto che
un’area nuova e separata dalle altre avrebbe preservato la specificità propria
dei dirigenti delle scuole mentre l’ANP propugnava, in via prioritaria, il
nostro inserimento all’interno dell’Area I e, solo in subordine, accettava
l’ipotesi che poi, nel maggio 2000, si è verificata e ha prevalso, cioè quella
attuale dell’Area V. In realtà l’ANP, in questa precisa occasione, ha dato
prova di realismo politico anche perché con la sua rappresentanza del 48% della
categoria non poteva da sola imporre una soluzione che gli altri sindacati non
condividevano.
Oggi sappiamo, alla prova dei fatti, che quella scelta si è
rivelata sbagliata. Intanto va osservato che la bozza di articolato per la
parte normativa del nostro contratto, su cui esiste una convergenza unanime di
tutte le parti sindacali, ricalca di fatto per il 99% il corrispondente
articolato del Contratto dei dirigenti dell’Area I. Quello dei dirigenti
scolastici è un profilo pienamente dirigenziale, a tutto tondo. Ed è per questo
che risulta inspiegabile, iniqua e penalizzante l’esistenza di una differenza
fondamentale: uno scarto significativo sul piano delle retribuzioni. Se, infatti fossimo entrati nella I Area il
nostro contratto di sarebbe concluso nel febbraio del 2001 e, senza che nessuno
gridasse allo scandalo, oggi avremmo in godimento uno stipendio fondamentale
(tabellare e di posizione) di 87 milioni, superiore di 20 milioni rispetto a
quello che sta per esserci attribuito. Certamente non dovrebbe far piacere a
nessun dirigente scolastico il sapere che sconta questo vistoso gap retributivo
rispetto a dirigenti pari grado sul piano giuridico, che svolgono la stessa
funzione sul piano normativo. Dobbiamo ammettere, al riguardo, che la scelta
della quinta Area non solo non ci ha dato alcuna sostanziale specificità
ma ci ha collocato in una condizione di inferiorità, di isolamento e di
sostanziale debolezza rispetto alle altre dirigenze. Non ci troveremo in serie
C per caso, ma come conseguenza di una opzione strategica sbagliata.
Comunque sia, la scelta della collocazione nella 5^ Area si è
rivelata sbagliata anche per un corollario non marginale né trascurabile: a
rappresentare i DD.SS. erano anche i sindacati del comparto scuola, cioè, in
sostanza, i sindacati dei docenti, visto che questi prevalgono numericamente.
Si provi ad immaginare se un simile pasticcio fosse stato, per ipotesi,
proposto ai primari ospedalieri. Avrebbero accettato che il loro contratto
fosse condizionato e deciso dai sindacati dei paramedici, degli impiegati ASL o
degli infermieri? In quale altro comparto il contratto dei dirigenti può essere
determinato dai sindacati dei dipendenti? Il comparto della scuola è, invece,
l’unico a sopportare il limite di questa palese contraddizione. E si sono viste
, purtroppo, le infauste conseguenze.
Qualunque sia l’esito del contratto – ma ci sono ormai labilissime
speranze che possa chiudersi positivamente o, almeno, dignitosamente – la
nostra categoria dovrà fare tesoro dell’esperienza e, sorretta dalla memoria
storica, alla prossima tornata contrattuale dovrà evitare di cadere nello
stesso errore e rivendicare la collocazione nell’Area I. Ci saranno certamente
delle naturali ed inevitabili resistenze da parte di quei sindacati che
dovranno computare diversamente le deleghe, le percentuali di rappresentanza e
i distacchi. Ma sarà essenziale, in futuro, vincere questa battaglia
preliminare, conditio sine qua non per impostare correttamente le
prossime rivendicazioni dei dirigenti per i dirigenti, senza sovrapposizioni
spurie di istanze proprie di altri soggetti e categorie.
2.a anomalia: il voltafaccia di due Governi
Apparteniamo ad una categoria a cui la dirigenza non è stata
“concessa” dall’alto, a cui non è stata “attribuita” una qualifica vuota di
sostanza ma a cui, al contrario, è stata “riconosciuta” una funzione esercitata
di fatto almeno nel corso dell’ultimo decennio. I presidi e i direttori
didattici non hanno dovuto attendere il 1° settembre 2001 per essere e
comportarsi come dirigenti scolastici . Essi hanno esercitato, di fatto, la
funzione dirigenziale ben prima che venisse riconosciuta sul piano giuridico ed
hanno costituito e stanno costituendo l’ossatura portante del processo di
realizzazione dell’autonomia. Autonomia e dirigenza sono contestuali e si
richiamano a vicenda. Solo che a questa funzione esercitata di fatto e solo da
un anno riconosciuta anche giuridicamente non ha corrisposto un riconoscimento
retributivo coerente e di pari livello. La retribuzione di un direttore
didattico/preside è stata fino ad ora inferiore alla metà della retribuzione
minima di un qualsiasi altro dirigente pubblico. Era ed è, quindi, legittima
l’attesa, diffusa nella maggior parte della categoria, di ricevere,
contestualmente alla qualifica dirigenziale, un riconoscimento economico
equivalente, almeno, al minimo riconosciuto alle altre categorie dirigenziali
del pubblico impiego a cui tutti apparteniamo.
Eppure questo principio elementare, che fa parte della
consapevolezza comune della nostra categoria, è stato riconosciuto come
legittimo per ben due volte da due Esecutivi di diverso colore politico e per
ben due volte rinnegato dagli stessi Governi.
Il primo Atto di Indirizzo, emanato il 22 dicembre 2000, conteneva
infatti questa formulazione esplicita: “La
disciplina del rapporto di lavoro e la regolamentazione del trattamento
economico dettati per la dirigenza pubblica vengono estesi, con gli opportuni
adattamenti, ai dirigenti scolastici. Il trattamento economico del dirigente
scolastico sarà modellato sulla disciplina generale di riferimento per le altre
dirigenze pubbliche con applicazione dei principi della onnicomprensività”.
Molti – non tutti per la verità, come si dimostrerà in seguito– esultarono
quando lessero questa ed altre affermazioni dello stesso tenore, in quanto
venivano riconosciute le legittime istanze della categorie. Ma non potevamo
immaginare che solo dopo tre mesi sarebbe arrivata la doccia fredda, la svolta
di Palazzo Vidoni del 28 marzo che avviava il nostro contratto sul binario
della “mezza dirigenza”. Non potevamo immaginare che si riservava alla nostra
categoria l’umiliazione di un allineamento retributivo inferiore al 50%. Questo
sito non ha risparmiato critiche al voltafaccia del passato Governo e alla sostanziale
connivenza dei sindacati confederali e dell’Andis che, non a caso, si
affrettarono ad esprimere la loro “soddisfazione” e l’intenzione di chiudere il
contratto al ribasso. Questo sito ha sostenuto da allora la posizione ferma e
coerente dell’ANP che ha impedito a maggio una firma contrattuale mortificante
per la categoria e ha denunciato, anche successivamente, i tentativi maldestri
di chi voleva esplicitamente farci “battere il passo”. Ma, francamente, non
potevamo immaginare che si preparasse un secondo voltafaccia, ad opera del
nuovo Esecutivo. Conviene, a questo proposito, ripercorrere le fasi di questo
ennesimo bluff, di questa nuova e imprevedibile presa in giro della categoria.
Il 30 aprile 2001, come è
noto, viene resa pubblica la famosa lettera in
cui i quattro partiti della Casa delle Libertà promettono ai DD.SS.
l’allineamento retributivo nel caso di una vittoria del loro schieramento
politico nelle imminenti elezioni. Ricordiamo tutti il passaggio chiave contenuto
nei due paragrafi finali: “Per
parte nostra sosteniamo invece la necessità di prevedere all'interno del
contratto istituti normativi interamente dirigenziali, a fronte dei quali sarà
compito e dovere del Governo assicurare risorse finanziarie di pari livello.
Questo impegno noi assumiamo formalmente fin d'ora tra quelli da onorare nei
primi cento giorni della legislatura, prevedendo gli stanziamenti aggiuntivi
con la prossima legge di aggiustamento del bilancio, nella misura indicata
nella Sua lettera [ ndr. si tratta della tabella D]. On. Valentina Aprea dirigente
nazionale Dipartimento Pubblica Istruzione Forza Italia - On. Angela Napoli
dirigente nazionale Dipartimento Pubblica Istruzione Alleanza Nazionale - On.
Giovanna Bianchi Clerici dirigente nazionale Dipartimento Pubblica Istruzione
Lega Nord - On. Beniamino Brocca dirigente nazionale Dipartimento
Pubblica Istruzione C.C.D.-C.D.U.” . Se si rilegge la lettera colpisce la
solennità della promessa e l’enfasi con cui i quattro parlamentari sostengono
di differenziarsi dallo schieramento avverso. Proclamano di essere i difensori
dei diritti calpestati e misconosciuti dei dirigenti scolastici e, soprattutto,
in apertura della lettera dichiarano di assumere l’impegno formale “a nome
del Presidente Berlusconi”. Per la cronaca,
nella citata tabella D non si parla di noccioline ma dei 250 miliardi che
mancano per realizzare il completo allineamento retributivo. Credo che non
sfugga a nessuno il fatto che siano trascorsi i “primi 100 giorni” e l’”impegno”
scritto non è stato per nulla
“onorato”. Anzi, sembra che non ci sia nemmeno una lira dei 250 miliardi
promessi.
Perché è accaduto questo
tradimento? La notizia è talmente sorprendente che si possono formulare
ipotesi:
1. che le restrizioni imposte dai ministri
economici sulla spesa pubblica siano state imposte in modo così assoluto e
radicale alla nostra categoria
2. che il Governo abbia subìto le
pressioni e i condizionamenti dei sindacati confederali, contrari ad ogni
ipotesi di eccessivo allargamento della forbice retributiva tra dirigenti e
docenti ed abbia sacrificato le istanze della nostra categoria sull’altare
della “pace sociale”, forse per prevenire una spirale rivendicativa (tra l’altro
preventivamente minacciata dagli stessi sindacati)
Nell’uno
e nell’altro caso l’Esecutivo ha sbagliato. Nel primo caso perché non si può
fare ricadere interamente su una sola categoria il peso della recessione
economica. Nel secondo caso perché viene meno l’autorevolezza e l’autonomia del
potere politico rispetto a quello sindacale.
Colpisce,
inoltre, il balletto estivo di anticipazioni, scoop giornalistici, di affermazioni
ufficiali che si sono rivelati, alla prova dei fatti, ricami sul nulla. Abbiamo
letto l’articolo del “Sole 24 ore” del 25 luglio in cui si profilava una
soluzione positiva del contratto con i famosi 160 miliardi aggiuntivi.
Quell’articolo non è mai stato smentito ed ha alimentato, purtroppo, speranze
infondate. Abbiamo registrato le affermazioni del ministro Moratti in Parlamento. “Il Governo
sarà attento alla questione del primo contratto collettivo nazionale dei
dirigenti scolastici che attendono il riconoscimento sul piano economico e
giuridico delle nuove funzioni che ricoprono dal primo settembre 2000
all'interno dell'impianto autonomistico delle scuole”. Abbiamo
registrato le affermazioni della sottosegretaria MIUR Aprea in data 24 agosto,
durante un convegno per dirigenti presso il Meeting di Rimini, secondo cui il
Contratto si sarebbe concluso tra settembre e ottobre con l’allineamento
retributivo richiesto dall’ANP e promesso dal Governo. Ora queste parole
sembrano svanite nel vento.
Come possiamo chiamare questi
comportamenti? Ognuno li definisca come meglio crede. Credo che non sfugga a
nessuno, tuttavia, che essi agli occhi dei DD.SS. italiani minano alla base la
credibilità del premier, della compagine governativa e della coalizione
politica che la sostiene. Per parte mia ritengo che siamo di fronte ad un nuovo
grave tradimento delle legittime istanze fondamentali della categoria.
Nota:
L’editoriale continua nella seconda parte, la cui pubblicazione è prevista nei
prossimi giorni, con l’analisi delle altre tre anomalie.