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DE FATO
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Libro IV Traduzione
31 Carneade non approvava affatto questo modo di pensare e riteneva che il
ragionamento fosse concluso in modo alquanto frettoloso; per questo incalzava in
modo diverso, senza ricorrere a simili sottigliezze. E la sua conclusione era
questa: «Se tutte le cose accadono per cause antecedenti, esse sono tutte
concatenate e intrecciate secondo una connessione naturale; e se le cose
stanno così, tutte le cose accadono di necessità; e se questo è vero, niente è
in nostro potere; ma qualcosa è pure in nostro potere ; ma se tutto dipende dal
fato, tutto accade per cause antecedenti; allora non tutto ciò che accade,
accade per opera del fato». Il ragionamento non potrebbe essere più stringente
di così.
32 Infatti se qualcuno volesse esprimere lo stesso concetto in modo diverso, e
dicesse: «Se tutto ciò che accadrà, è vero dall'eternità, cosicché le cose
accadranno certamente nel modo in cui accadranno, è necessario che tutte le cose
accadano concatenate e intrecciate secondo una connessione naturale», direbbe
una cosa senza senso. Infatti è molto diverso dire che vi è una causa naturale
che rende veri dall'eternità gli eventi futuri o, diversamente, che anche senza
cause eterne e naturali gli eventi che accadranno possano essere pensati come
veri. Così Carneade diceva che perfino Apollo poteva predire solo quelle cose
future le cui cause presenti nella natura, cosicché fosse necessario che
accadessero.
33 Infatti su che cosa si fondava il dio quando disse che quel Marcello, che fu
console tre volte, sarebbe morto in mare? Certo questo era vero dall'eternità,
ma non aveva cause efficienti. Ugualmente pensava che Apollo non conoscesse
neppure quegli avvenimenti passati dei quali non rimanessero tracce nel
presente: tanto meno quelli futuri. Infatti solo conoscendo le cause efficienti
di ciascuna cosa si può prevedere il futuro. Dunque Apollo non avrebbe potuto
fare alcuna predizione a proposito di Edipo, poiché non vi erano le cause
antecedenti e naturali per cui era necessario che uccidesse il padre; né alcuna
altra cosa di questo genere. Allora, se gli Stoici, che dicono che tutto accade
per opera del fato, devono di conseguenza accettare gli oracoli di questo tipo e
le altre predizioni tratte dalla divinazione, per quanto riguarda invece quelli
che sostengono che le cose che accadranno sono vere dall'eternità, non può
dirsi lo stesso, e sta' attento a non confondere la loro tesi con quella degli
Stoici; questi infatti si possono incalzare più da vicino, quelli invece hanno
un modo di ragionare più sciolto e libero.
34 Infatti, se si concedesse che niente può accadere senza una causa
antecedente, che si guadagnerebbe dicendo che quella causa non è, legata alle
cause eterne? Causa infatti è propriamente quella che produce ciò di cui è
causa, come la ferita della morte, la difficoltà di digestione della malattia,
il fuoco del calore. Infatti per quanto riguarda il concetto di causa, non
bisogna pensare che la causa di ciascuna cosa sia ciò che la precede, ma ciò che
la precede in modo da produrla. Ad esempio, il fatto che sia sceso nel Campo non
è causa del fatto che abbia giocato a palla, Ecuba non fu causa della rovina dei
Troiani perché aveva generato Paride, né Tindaro di quella di Agamennone perché
aveva generato Clitennestra. Altrimenti si potrebbe dire anche che il
viaggiatore ben vestito è stato causa del furto che ha subito dal ladro.
35 Di questo tipo è l'affermazione di Ennio :
«Oh, se mai nel bosco Pelio le travi d'abete,
dalle scuri tagliate, fossero cadute a terra».
Avrebbe potuto risalire più indietro nel tempo: «oh, se sul Pelio mai fosse nato
albero alcuno», o ancor prima: «oh, se mai fosse esistito il monte Pelio», e si
potrebbe continuare all'infinito, riandando a tempi sempre più lontani:
«c da lì la costruzione della nave non avesse avuto inizio».
A che scopo citare questi eventi passati? Perché poi segue un altro discorso:
«Infatti ora la mia signora non se ne andrebbe, pazza, dalla casa, Medea, con
l'anima malata, ferita da un amore crudele»,
non perché quelle cose costituissero realmente la causa dell'amore.
36. Interesse autem aiunt, utrum eius modi quid sit, sine quo effici aliquid non
possit, an eius modi, cum quo effici aliquid necesse sit. Nulla igitur earum est
causa, quoniam nulla eam rem sua vi efficit, cuius causa dicitur; nec id, sine
quo quippiam non fit, causa est, sed id, quod cum accessit, id, cuius est causa,
efficit necessario. Nondum enim ulcerato serpentis morsu Philocteta quae causa
in rerum natura continebatur, fore ut is in insula Lemno linqueretur? post autem
causa fuit propior et cum exitu iunctior.
36 Infatti dicono che vi è differenza, tra un fatto senza cui un evento non può
accadere, e un fatto per cui un evento accade di necessità. Quindi nessuno di
quei fatti è causa, poiché nessuno produce per suo proprio potere ciò di cui è
detto causa; e la causa non è ciò senza cui un evento non può accadere, ma ciò
che sopravvenendo produce di necessità ciò di cui è causa. Infatti quale causa
vi era nella natura delle cose perché Filottete, non ancora ferito dal morso
del serpente, fosse abbandonato sull'isola di Lemno? Ma dopo vi fu una causa
più prossima e legata al risultato.
37 E dunque la spiegazione dell'evento che ne manifesta la causa. Ma quest'enunciato
era vero dall'eternità: «Filottete sarà abbandonato su un'isola», e non poteva
essere trasformato da vero in falso. Infatti è necessario che fra due contrari
(qui chiamo contrari due enunciati dei quali uno afferma una cosa e l'altro la
nega) ‑ fra questi dicevo è necessario, anche se Epicuro lo nega, che uno sia
vero e l'altro falso. Per esempio, «Filottete sarà ferito» è stato vero
dall'inizio dei secoli, «non sarà ferito» falso; a meno che, per caso, non
vogliamo seguire l'opinione degli Epicurei, che dicono che tali enunciati non
sono né veri né falsi, oppure, vergognandosi di dire questo, dicono quest'altra
cosa, ancor più vergognosa, che sono vere le disgiuntive di contrari, ma che
nessuno dei due enunciati è, vero.
38 Che incredibile licenza, e che miserevole imperizia logica! Se infatti un
enunciato non è vero né falso, certo non è vero. Ma ciò che non è vero, in che
modo può non essere falso? Oppure, ciò che non è falso, in che modo può non
essere vero? Sarà dimostrata quindi la tesi difesa da Crisippo, che ogni
enunciato è o vero o falso: la logica vuole che alcuni enunciati siano veri
dall'eternità, ma che essi non siano legati a cause eterne e siano liberi dalla
necessità del fato.
39 E dunque due sono i pareri degli antichi filosofi: l'uno, di quelli che
pensano che tutto accada per opera del fato, e che esso abbia la forza della
necessità ‑ e di questo parere erano Democrito, Eraclito, Empedocle, Aristotele
; l'altro, di quelli che pensano che, senza alcun fato, l'animo possieda dei
moti volontari. A me sembra che Crisippo si sia voluto porre in mezzo a questi
come un giudice conciliatore, ma che voglia avvicinarsi di più a coloro che
vogliono i moti dell'animo liberi dalla necessità; poi però, esponendo la sua
teoria, scivola in tali difficoltà che finisce per rafforzare, suo malgrado, la
necessità del fato.
40 E a che cosa mi riferisco, possiamo vederlo nella teoria dell'assenso, che
ho esposto all'inizio del discorso. Infatti quegli antichi filosofi, che
pensavano che tutto accada fatalmente, ritenevano che l'assenso fosse prodotto
in modo coatto e necessario. Quelli invece che dissentivano da loro, liberavano
l'assenso dal fato e dicevano che, se si pone l'assenso sotto il dominio del
fato, non si può allontanare da questo la necessità; quindi ragionavano in
questo modo: «Se tutto accade per opera del fato, tutto accade per una causa
antecedente; e se l'appetito accade per opera del fato, allora anche tutto ciò
che segue l'appetito, e quindi anche l'assenso; ma se la causa dell'appetito non
è posta in noi, neppure l'appetito è in nostro potere; e se le cose stanno cosi,
neppure tutto ciò che è prodotto dall'appetito dipende da noi; dunque né
l'assenso né le azioni sono in nostro potere. Ne consegue che né le lodi, né i
rimproveri, né gli onori, né le pene, sono giusti». E poiché questo è erroneo,
pensano che si debba concludere con ogni probabilità che non tutto ciò che
avviene, avviene per opera del fato.
41 Ma Crisippo, poiché rifiuta la necessità, e tuttavia non ammette che
qualcosa avvenga senza cause antecedenti, distingue i generi delle cause, in
modo da evitare la necessità senza negare il fato. Dice: «Ci sono cause perfette
e principali e cause ausiliarie e prossime. Per questo quando dico che tutto
accade fatalmente per opera di cause antecedenti, non intendo per opera di
cause perfette e principali, ma per opera di cause ausiliarie e prossime». E a
quel ragionamento che ho esposto poco fa, risponde in questo modo: se tutto
accade per opera del fato, ne segue anche che tutto accade per opera di cause
antecedenti, ma non di cause perfette e principali, bensì di cause ausiliarie e
prossime. E se queste non sono in nostro potere, non ne consegue che neppure
l'appetito sia in nostro potere. Se invece dicessimo che tutto accade per opera
di cause perfette e principali, allora ne seguirebbe che, non essendo tali
cause in nostro potere, neppure l'appetito sia in nostro potere.
42 Per cui quel ragionamento varrà contro coloro che sostengono l'esistenza di
un fato che implica la necessità, ma non contro coloro che per cause antecedenti
non intendono cause perfette e principali. Quanto al fatto che l'assenso avvenga
solo ad opera di cause antecedenti, pensa che si spieghi facilmente da sé.
Infatti sebbene l'assenso non possa prodursi se non provocato da una
rappresentazione, tuttavia, poiché questa rappresentazione costituisce la sua
causa prossima ma non la principale, la spiegazione, secondo Crisippo, è quella
che abbiamo appena esposto; non che l'assenso possa avvenire senza essere
provocato da qualche impulso esterno (infatti è inevitabile che l'assenso sia
prodotto da una rappresentazione), ma ritorna al suo esempio del cilindro e del
cono, che non possono cominciare a muoversi se non spinti da una forza esterna.
Ma quando questo accade, per il resto pensa che il cilindro rotoli e il cono
giri per propria natura.
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43 E dice: «Come dunque chi ha spinto il cilindro ha dato inizio al suo moto,
ma non gli ha dato la proprietà di rotolare, così la rappresentazione
dell'oggetto si imprimerà nell'animo e vi lascerà la propria immagine come un
sigillo, ma l'assenso sarà in nostro potere, e, come si è detto del cilindro,
pur essendo provocato dall'esterno, per il resto si muoverà in virtù della
propria natura. Che se qualcosa accadesse senza una causa antecedente, sarebbe
falso che tutto accade per opera del fato; se invece è verosimile che tutto ciò
che accade abbia una causa antecedente, che cosa si potrà addurre perché non si
debba ammettere che tutto avviene per opera del fato? Purché si capisca la
distinzione e diversità fra le cause».
44 Poiché questa è la teoria di Crisippo, se coloro che negano che l'assenso
avvenga fatalmente, ammettono tuttavia che esso non avviene se non dopo una
rappresentazione, la loro posizione è realmente diversa; ma se concedono che le
rappresentazioni precedano l'assenso, e tuttavia negano che l'assenso avvenga
fatalmente, poiché quella causa prossima e immediata non produce l'assenso,
sta' attento che non dicano la stessa cosa. Infatti neanche Crisippo, pur
concedendo che la causa prossima e immediata dell'assenso sia posta nella
rappresentazione, ma non che quella causa necessiti l'assenso, concederà che,
se tutto accade fatalmente, tutto accada per opera di cause antecedenti e
necessarie; e ugualmente coloro che dissentono su questo punto ammettendo che
l'assenso non possa prodursi senza essere preceduto dalla rappresentazione,
diranno che, se tutto accade ad opera del fato nel senso che niente accade
senza una causa antecedente, allora bisogna ammettere che tutto accade per
opera del fato; e poiché una volta chiarito e spiegato il loro parere, giungono
alla stessa conclusione, si capisce facilmente che dissentono a parole, non
nella sostanza.
45 E, in generale, si può fare questa distinzione: in alcuni casi si può
affermare con verità che, verificandosi le cause antecedenti, non è in nostro
potere impedire che accadano gli eventi dei quali si siano realizzate le
cause; in altri casi, invece, pur essendosi verificate le cause, è tuttavia in
nostro potere fare in modo che gli eventi accadano diversamente. Ora, questa
distinzione è accettata da entrambi, ma i secondi pensano che, nei casi in cui,
essendosi verificate le cause antecedenti, non sia in nostro potere fare in modo
che gli eventi accadano diversamente, essi accadano fatalmente; che invece gli
eventi che sono in nostro potere, siano indipendenti dal fato ...
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