| |
DE FATO
Home
Libro I (Testo/Traduzione)
Libro II (Testo/Traduzione)
Libro III (Testo/Traduzione)
Libro IV (Testo/Traduzione)
Libro III Traduzione
21 E se le cose stanno così, tutto ciò che accade, accade per opera di cause
antecedenti, e quindi accade per opera del fato. Ne consegue dunque che tutte le
cose che accadono, accadono per opera del fato» . A questo punto, se dovessi
dichiararmi d'accordo con Epicuro, e negare che ogni enunciato sia o vero o
falso, preferirei accettare questo colpo piuttosto che ammettere che tutto
accade per opera del fato; infatti se la prima tesi è senz'altro discutibile, la
seconda non è nemmeno tollerabile. Dunque Crisippo si sforza in ogni modo di
convincerci che ogni axioma [enunciato] è o vero o falso. Infatti mentre Epicuro
teme, ammettendo questo, di dover ammettere anche che tutto accade per opera del
fato (poiché se una delle due alternative è, vera dall'eternità, allora è anche
certa, e se è certa è anche necessaria: in questo modo pensa di rafforzare la
tesi del fato e della necessità), d'altra parte Crisippo teme che, se non
otterrà che ogni enunciato sia o vero o falso, non potrà neanche difendere la
tesi che tutto accade per opera del fato e di cause che determinano il futuro
dall'eternità
22 Ma Epicuro crede di evitare la necessità del fato con la teoria della
declinazione dell'atomo. E così ecco che spunta fuori un terzo moto, oltre a
quelli causati dal peso e dall'urto, per cui l'atomo si allontana dalla sua
traiettoria secondo un «minimo», che lui chiama elachiston. E anche se non lo
dice esplicitamente, in pratica è costretto ad ammettere che questa deviazione
avvenga senza causa. Infatti l'atomo non devia perché è colpito da un altro
atomo: infatti, in che modo gli atomi potrebbero colpirsi, se sono tutti
trascinati verso il basso, in linea retta, dalla gravità, come sostiene Epicuro?
Se non si colpiscono mai, è evidente che non possono neppure toccarsi. Se ne
evince quindi che, se l'atomo esiste e devia, devia senza causa.
23 Epicuro ha introdotto questa teoria perché, se l'atomo si muovesse sempre e
soltanto secondo la legge naturale e necessaria della gravità, temeva che non
rimanesse nessun spazio alla libertà umana, essendo i moti dell'animo
condizionati da quelli degli atomi. Democrito, fondatore dell'atomismo, preferì
accettare la necessità universale, piuttosto che ammettere che gli atomi
potessero avere un moto diverso da quello naturale. Carneade, più acutamente,
mostrava che gli Epicurei potevano difendere la loro opinione senza inventarsi
questa declinazíone. Infatti, poiché sostenevano che nell'animo possono esservi
dei moti volontari, avrebbero dovuto difendere questo punto invece di introdurre
la declinazione, soprattutto dal momento che non riuscivano a trovarne la
causa. Difesa questa teoria, avrebbero potuto facilmente resistere alle critiche
di Crisippo. Infatti pur ammettendo che non vi sia alcun moto incausato, non
avrebbero ammesso che tutto accade in virtù di cause antecedenti, poiché non vi
sono cause esterne e antecedenti che determinano la volontà umana.
24 Nella consuetudine del parlare comune commettiamo dunque un errore, quando
diciamo che uno vuole o non vuole qualcosa «senza causa»: infatti dicendo «senza
causa» intendiamo in realtà dire «senza una causa esterna e antecedente», e non
senza causa affatto; come quando diciamo che un vaso è vuoto, non parliamo il
linguaggio dei fisici, secondo i quali il vuoto non esiste, ma intendiamo
semplicemente che nel vaso non vi e, per esempio, acqua, né vino, né olio, così
quando diciamo che l'animo ha dei moti incausati intendiamo senza causa esterna
e antecedente, non senza causa affatto. Proprio del l'atomo, poiché si muove nel
vuoto in virtù della gravità e del peso, si può dire che si muove senza causa,
dato che non interviene nessuna causa dal di fuori.
25 Ma di nuovo, perché noi tutti fisici non siamo irrisi, se dicessimo che
qualcosa accade senza causa, bisogna distinguere e spiegare che questa è la
natura dell'atomo, di muoversi per il peso e la gravità, e che la sua stessa
natura è causa del suo movimento. Allo stesso modo, per i moti volontari dell'animo
non è da ricercarsi una causa esterna: infatti il moto volontario possiede in sé
una natura tale per cui è in nostro potere e ci obbedisce, e non per questo è
senza causa; infatti ne è causa la sua stessa natura.
26 Ma se le cose stanno così, che motivo c'è di negare che ogni enunciato è o
vero o falso, se non ammetteremo anche che tutto ciò che accade, accade per
opera del fato?" «Perché», dice lui, «le cose vere nel futuro non possono essere
cose che non abbiano già nel presente le cause del loro accadere; quindi è
necessario che le cose vere abbiano le loro cause; e così quando avverranno,
avverranno per opera del fato.»
La faccenda sarebbe già risolta, se l'alternativa fosse concederti che tutto
accade per opera del fato, oppure ammettere che qualcosa possa accadere senza
causa.
27 Ma l'enunciato «Scipione prenderà Numanzia» non può forse essere vero senza
che vi sia una serie di cause fissate dall'eternità che determini quell'evento?
Oppure, avrebbe potuto essere falso, se fosse stato predetto innumerevoli
secoli prima? E se allora l'enunciato «Scipione prenderà Numanzia» non fosse
vero neppure ora che la città è distrutta l'enunciato «Scipione ha preso
Numanzia» è vero. Può dunque essere accaduto qualcosa che non fosse vero che
sarebbe stato? Infatti come diciamo veri gli eventi passati, la cui
realizzazione è stata vera in un tempo precedente, così diciamo veri quelli
futuri, la cui realizzazione sarà vera in un tempo successivo.
28 E se ogni enunciato è o vero o falso, non ne segue immediatamente che vi
siano cause immutabili ed eterne che impediscono che qualcosa accada
diversamente da come accadrà; vi sono cause fortuite che fanno sì che
l'enunciato «Catone verrà in senato» sia vero, ma che non fanno parte della
natura delle cose e del mondo; e tuttavia, se è vero, è altrettanto immutabile
che Catone verrà in senato quanto che vi sia già venuto; e non per questo
dobbiamo temere il fato o la necessità. Infatti è inevitabile riconoscere che
se l'enunciato «Ortensio verrà a Tusculo» non è vero, allora vuol dire che è
falso. Gli Epicurei invece non accettano né l'una né l'altra alternativa, il che
e impossibile. Lì non ci creerà problemi la cosiddetta «teoria ignava» (infatti
i filosofi lo chiamano Argos Logos), seguendo la quale non dovremmo compiere in
vita nostra nessuna azione. Ecco come ragionano: «Se è destino che tu guarisca
da questa malattia, guarirai, sia che chiami il medico sia che non lo chiami;
29 ugualmente, se è destino che tu non guarisca, non guarirai, sia che chiami il
medico sia che non lo chiami; e che si verifichi la prima o la seconda ipotesi è
destino; quindi non fa nessuna differenza chiamare il medico oppure no».
Giustamente un ragionamento simile è stato detto ignavo e inerte, poiché secondo
lo stesso principio si elimina qualsiasi possibilità di azione dalla vita umana.
Si può anche modificarlo, se vuoi eliminare la parola «fato» e tuttavia
mantenere i termini del ragionamento, in questo modo: «Se è vero dall'eternità
che "tu guarirai da codesta malattia", guarirai sia che chiami il medico sia che
non lo chiami; se invece è falso dall’ eternità che "tu guarirai da codesta
malattia", allora non guarirai, sia che chiami il medico sia che non lo chiami»;
e così via.
30 Questo modo di ragionare è criticato da Crisippo, che dice: «Vi sono nella
realtà fatti semplici e fatti collegati; semplice è "Socrate morirà il tal
giorno"; qualsiasi cosa egli faccia, il giorno della sua morte è stabilito. Ma
se è destinato che "Laio genererà Edipo", non si può dire "sia che Laio si
unisca a una donna sia che non le si unisca"; infatti questo è un fatto
collegato e confatale»; lo chiama così, poiché è fatale sia che Laio si unisca
alla moglie sia che generi da lei Edipo. Ugualmente se fosse stato predetto
«Milone lotterà a Olimpia», e qualcuno dicesse «lotterà sia che abbia un
avversario, sia che non ce l'abbia», sbaglierebbe; infatti «lotterà» è un fatto
collegato, poiché senza avversario non può esservi nessuna lotta. Tutti i
sofismi di questo genere si controbattono dunque allo stesso modo. «Guarirai sia
che chiami il medico, sia che non lo chiami» è un sofisma; infatti è tanto
fatale chiamare il medico quanto guarire. Questi fatti collegati, come ho
detto, li chiama «confatali».
Torna all'inizio
|