La psichiatria
La psicologia fin qui descritta è la disciplina
che si occupa di studiare il funzionamento
di una mente sana in un corpo sano.
La psichiatria si occupa invece delle malattie
mentali e del disordine psichico. A volte
questo disordine è facilmente identificabile
e descrivibile come alienazione della ragione
e perdita del senso della realtà: la psicosi è sempre caratterizzata da gravi disturbi
provocati da una trasformazione psichica
nella quale il soggetto perde il contatto
con la realtà.
Ma vi sono anche disturbi di minore entità
nei quali si parte da sentimenti di insoddisfazione
e di arresto della motivazione cosciente
per giungere a forme di grave depressione; la malattia del secolo è stata la nevrosi, la quale si struttura su ansia (timori provenienti da cause note), e angoscia (timore per qualcosa di indefinito, secondo
Freud).
In genere si parla di nevrosi senza distinguere
tra nevrosi del carattere (un carattere ansioso
non è di per sè nevrotico ma può presentare
diversi sintomi nevrotici) e psiconevrosi,
cioè un quadro psichico disturbato da ansie
ed angoscie, vere e proprie fobie, dovute
ad eventi traumatici, spesso precipitati
nell'inconscio.
Le recenti ricerche hanno dimostrato che
depressione e disturbi dovuti all'ansia sono
ancora all'ordine del giorno e molto più
diffusi di quanto si creda. Ma poichè sia
il depresso non maniacale che l'affetto da
nevrosi d'angoscia sono individui in grado
di ragionare, ricordare, pensare, autogovernarsi,
in un certo senso dovremmo convenire con
Beard: i disturbi sono dovuti ad un certo
stile di vita e, forse, si tratta anche di imparare a convivere con essi.
Convivere, dunque, con la nostra angoscia, e imparare a convivere con l'angoscia
altrui fa dunque parte di quel piccolo armamentario
"psicologico" necessario ormai
per affrontare la lotta quotidiana per la
sopravvivenza.
Forse l'angoscia non è propriamente curabile,
ma solo differibile, o ancora: superabile
in termini di evoluzione cosciente e conquista
di una maturità davvero superiore.
Ma grazie al cielo, possiamo invece liberarci
di alcune forme di ansia e di molte fobie,
come vedremo nel capitolo sulle psicoterapie.
Per tradizione la psichiatria si occupa soprattutto
di malattie mentali, che sono qualcosa di assai diverso e più
grave delle psiconevrosi. Queste malattie
sono per lo più raggruppate nel gruppo delle
psicosi.
Un tema particolarmente interessante è quello
del rapporto tra psicosi e criminalità.
Il problema della distinzione tra un folle
criminale ed un individuo che compia atti
criminali, ma sano di mente, è piuttosto
spinoso.
Durante tutto il corso del novecento si è
dato ampio rilievo alla figura dello psicopatico.
Gli psicopatici si possono definire come
persone che non hanno gli stessi scrupoli,
o soffrono le stesse inibizioni, degli individui
normali. Essi si rendono responsabili di
azioni delittuose tra le più varie, dal furto
allo stupro, dal sequestro di persona allo
stesso omicidio. Se si mantiene fermo il
criterio definitorio della psicosi come perdita
del senso della realtà, pare piuttosto insensato
inquadrare il disturbo psicopatico nelle
psicosi.
I capi di grandi imprese criminali quali
la mafia e cosa nostra hanno certamente dei
tratti psicopatici estremamente pronunciati,
ma pare piuttosto problematico definirli
come folli, sempre che si concordi sul fatto
che un folle non può essere considerato responsabile
delle sue azioni.
Fu Alfred Adler, allievo di Freud e poi dissidente del movimento
psicoanalitico, a fondare la Psicologia Individuale
e dare il giusto rilievo allo studio della
psicologia dei criminali. Egli vide nel delinquente
una personalità deviata, fondamentalmente
debole e malata.
Questo è certamente vero, ma occorre distinguere
ulteriormente tra criminale e psicopatico
semplice perchè solo quest'ultimo, in fondo,
potrebbe trovare una parziale giustificazione nel fatto che egli non è
in completo possesso delle sue facoltà mentali
e di autocontrollo. Lo psicopatico semplice
non pianifica i propri delitti, vive alla
giornata in un eterno presente ed in balia
dei propri desideri. Comunque sia, la legge,
in generale, negli stati più evoluti, non
considera lo psicopatico come malato mentale.
E salvo casi particolarissimi, questo sembra
giusto. Tuttavia non sembra giusta la semplice
punizione senza l'avvio di una procedura
terapeutica. Rinviare in libertà individui
psicopatici in stato grave, dopo brevi periodi
di detenzione, pare una delle tante assurdità
legali e giuridiche di questo paese, ed anche
di altri. Recenti fatti di cronaca (marzo
2001) ci danno ragione.
Eppure non dovrebbe essere difficile distinguere
tra un individuo caduto in disgrazia per
diverse motivazioni ed uno psicopatico.
Ci è parso utile dare un riassunto della
interpretazione della psicopatia offerta
dallo psichiatra italo-ebreo-americano Silvano Arieti. Gli studi di Arieti, per quanto rilasenti
ad oltre un ventennio orsono, paiono ancora
validi: chi volesse approfondire il tema,
la troverà a questo indirizzo .
In genere si crede che un'azione premeditata
sia frutto di lucidità, mentre una non premeditata,
dovuta ad uno scoppio d'ira incontrollato,
sia frutto di uno squilibrio. Ma questa prima
distinzione, come vedremo, non è soddisfacente,
soprattutto perchè anche le persone normali
possono arrivare ad un limite nel quale "non
si sopporta più". Ciò è spesso imputabile
allo stress. E non può diventare motivo di giustificazione,
ovviamente. Tuttavia, potrebbe darci da pensare
che l'insofferenza e la mancanza di senso
della sopportazione non possano essere assolutamente
considerati come indice di anormalità e squilibrio
se non in casi abnormi, cioè in casi di individui
insofferenti a qualsiasi rilievo critico
o a qualsiasi contrarietà.
Probabilmente non si dirà qui nulla di nuovo,
tuttavia piacerebbe dirlo il più chiaramente
possibile: genio e follia sono state considerate
spesso come due facce della medesima medaglia.
Ma ciò è vero in piccolissima parte.
Il comportamento anormale e stravagante dell'individuo
dotato di un genio autentico molto spesso
si fonda su una normalità di vita persino
banale. Leggendo la biografia di Einstein
scritta da Abraham Pais, non solo non si
trovano tracce di "estrosa" follia,
ma si possono scoprire segni di un "buon
senso" fuori del normale.
Altrettanto si potrebbe dire di un genio
musicale come Bach. L'elenco potrebbe allungarsi
a dismisura, ma sarebbe altrettanto possibile
formulare un elenco di geni in qualche modo
interessati da forme di paranoia.
In fondo qualsiasi individuo che crede di
essere chissà chi, e che si ritiene impegnato
in qualche speciale missione per la salvezza
o la redenzione dell'umanità, potrebbe in
qualche modo venire assimilato ad un modello
di paranoia.
Ma possiamo affibiare l'etichetta di paranoico
ad un testimone di Geova, od ad un membro
della lega antialcoolica, o ancora ad un
affiliato della protezione animali, senza
scadere in forme di giudizio davvero ingiuste
e superficiali?
In genere si spaccia per follia la semplice
stravaganza unita all'anticonformismo ed
al rigetto di schemi di interpretazione della
realtà considerati obsoleti. E questo crea
confusione. E' giusto ribadire che spesso
occorre un comportamento di tipo paranoide
per diagnosticare una follia, ma è anche
giusto considerare che ci sono fissazioni
di tipo pseudoparanoide che non implicano
affatto follia.
Ognuno di noi ha dei chiodi fissi subconsci,
come ben vide Pierre Janet.
Questo anche per dire che il normale buon senso (inteso
come prudenza, saggezza, capacità di decidere
per il meglio senza danneggiare il prossimo)
non è poi così normale come si crede.
Tutti abbiamo buon senso, ma spesso, dobbiamo
lottare per mantenerlo e restare lucidi di
fronte a situazioni o persone che l'hanno
perduto.
Eventi demoralizzanti o frustranti possono
concorrere ad originare stati depressivi,
e la soglia di sopportazione di individui
depressi è molto più bassa che in quelli
normali.
In sostanza è vero che la gente si incazza
per niente, e che ambienti competitivi e
carichi di tensione incoraggiano in questo
senso.
Lo stress non fa bene, quantomeno immediatamente,
(alla lunga potremmo considerarlo come esperienza
fondamentale che concorre a o far maturare,
o a far esplodere) ed è interessante rilevare
come persone stressate non solo non sappiano
reagire a situazioni straordinarie (terremoti,
incendi, alluvioni ed altre calamità naturali)
con la lucidità necessaria, ma spesso finiscano
con l'intralciare le azioni di soccorso,
perdendo letteralmente la "testa".
Non sono molte le statistiche a questo riguardo,
ma in esse si afferma che in genere solo
il 20% degli individui mantiene la calma
necessaria in situazioni d'emergenza.
Pur trascurando queste situazioni estreme,
e semplicemente rientrando nelle emergenze
quotidiane (ingorghi nel traffico, ritardi
dei treni, aeroporti bloccati, incidenti
stradali, malori di individui che richiedono
pronto soccorso, bambini che si sono smarriti
sulla spiaggia, ascensori che si bloccano,
code interminabili negli uffici pubblici
o postali ecc...) si riscontra un'altissima
percentuale di persone incapaci di prendere
iniziative efficaci e mantenere la calma.
Comportamento patologico e comportamento
normale
Poichè non è corretto definire normalità
e devianza o anormalità in termini assoluti
ed ideali, rispetto cioè al nostro modello
euroamericano di standard di vita, oppure
in termini statistici, si tratta di ragionare
su cosa è veramente anormale ed anche rispetto
a quali criteri.
Persone che soffrono di allucinazioni, che coltivano illusioni prive di fondamento,
oppure caratterizzate da aggressività incontrollata, manifestano disturbi psichici di diversa
gravità.
La molestia è definita come un comportamento inusuale
che interferisce con lo stato di benessere
altrui. Guidare in stato di ubriachezza o
sotto l'influsso di droghe, molestare i bambini,
attaccare discorsi privi di coerenza con
chiunque per strada o sull'autobus, può essere
indice di anormalità.
Manifestare in modo esagerato la propria
emotività, in termini di espressioni d'angoscia,
panico, sovraeccitazione maniacale, quando
le circostanze non sembrano giustificarla,
è altrettanto anormale.
Vi sarà capitato di incontrare gente che
canta a squarciagola qualsiasi roba. In alcuni
casi è normale, in altri anormale.
Non è mai facile valutare comportamenti al
di fuori dei loro contesti. Un tizio vestito
all'ultimo grido in un campo di nudisti non
potrebbe considerarsi normale. Ma poichè
i nudisti dovrebbero essere più aperti ad
ogni manifestazione umana, non è difficile
credere che per loro sarebbe normale anche
il tizio in questione. Al contrario un individuo
nudo tra noi che ci vergognamo di come siamo
fatti proprio come Adamo, sarebbe da considerare
o un pazzo o un provocatore:-)))
Indubbiamente possiamo definire anormale
anche l'incapacità di di far fronte ai livelli
standard dell'attività quotidiana di una
società e di organizzare in modo razionale
la propria esistenza e le proprie relazioni.
Ma tutto questo può accadere anche a persone
in buona salute fisica ed i buona salute
mentale. Ad eccezione dell'aggressività incontrollata,
nessun individuo sano potrebbe onestamente
affermare di non aver mai coltivato illusioni,
o sofferto almeno in un caso di allucinazioni.
Anche la molestia è sotto molti aspetti discutibile
in quanto un qualsivoglia propagandista è
comunque molesto e, allora, si dovrebbero
chiudere in manicomio tutti i pubblicitari:-)))
Infine si comprende che un temperamento passionale
è portato ad esagerare i propri sentimenti
ed in certe zone del nostro paese si è anormali
se si è freddi e riservati.
Anche il non saper far fronte ai livelli
standard dell'attività quotidiana potrebbe
essere spiegato in termini di psicoastenia,
cioè come carenza energetica e necessità
di diluire nel tempo le attività.
Più che di un disturbo psichico, dovremmo
allora parlare di diritto del singolo ad
avere ritmi propri.
Pare chiaro, pertanto, che questo primo approccio
all'anormalità, deve essere improntato alla
massima cautela. Nessuno di noi è perfettamente
normale. E se lo è, dobbiamo sospettare che
non lo sia affatto:-)))
(battute a parte un caso del genere è descritto
ed affrontato in Silvano Arieti, Il Sè intrapsichico - Bollati Boringhieri - Torino 1979)
Il modello dominante
La classificazione dei disturbi mentali fu
sistematizzata dallo psichiatra tedesco Emil
Kraepelin nel 1883 ed ancor oggi ci si basa
sostanzialmente sul suo lavoro per avere
un quadro completo delle patologie.
Kraepelin tentò di distinguere i vari disturbi
mentali sulla base del sintomo, dell'origine, del decorso, e delle conseguenze dei disturbi stessi.
Da allora molti studiosi hanno provato a
correggere, aggiornare e migliorare la classificazione
di Kraepelin e dal 1952 l'American Psychiatric
Association propose un sistema classificatorio
denominato Manuale statistico e diagnostico dei disturbi
mentali, conosciuto come DSM.
Quello in vigore attualmente è il DSM-IV
R, nella versione del 1994. Lo scritto presente
tuttavia fa ancora riferimento alla versione
III del 1987. Per sentito dire, infatti,
le differenze più rilevanti tra III e IV
riguardano i progressi nello studio dell'autismo.
Va naturalmente ricordato che esiste anche
un documento dell'OMS, l'organizzazione mondiale
della sanità, al quale fare riferimento.
Ma in genere gli psichiatri e gli psicoterapeuti
preferiscono riferirsi al DSM.
Questo relativo proliferare di versioni DSM
si spiega col fatto che nessun sistema diagnostico
precedente aveva raggiunto una coerenza accettabile.
In molti casi venivano inoltre considerate
inguaribili sindromi poi verificate come
guaribili.
Va da sè che a questo stato di relativa confusione
ed incertezza contribuì in misura rilevante
la diffusione di una cultura antipsichiatrica,
in parte originata dagli scritti critici
dello studioso francese Michel Foucault,
in parte dovuto alle spinte libertarie del
'68-69, in parte per una maggiore considerazione
dell'individuo e per una relativa e difficile
distinzione che veniva delineandosi tra il
malato e la malattia.
Gli antipsichiatri, provocatoriamente, tendono
a considerare "folle" la società
e sano il folle. Molti di costoro sono intellettuali
da tavolino; cioè non hanno mai avuto realmente
a che fare con un sociopatico od un paranoico.
Tuttavia non è che gli antipsichiatri abbiano
tutti i torti. Nel passato si è esagerato
nell'ampliare a dismisura il concetto di
follia e tante mostruosità della scienza,
si pensi alla lobotomia, sono proprio il
risultato di un approccio materialistico
volgare spacciato per scientifico.
Ma il problema vero dell'antipsichiatria
è che non solo, come spesso si sente dire,
anche cinicamente, chiudendo le cliniche
psichiatriche, non si protegge la società
dalle violenze dei folli, ma non si proteggono
più i folli dalla società, cioè dalla crudeltà
di quelli che vorrebbero nascondere a tutti
i costi le anomalie, oppure dal fatto che
ci sono in circolazione dei bruti che non
aspettano altro che occasione per deridere
ed umiliare i dementi ed i deboli in genere,
visto che non hanno altro mezzo per affermarsi.
E questo mi pare in fondo un argomento decisivo
a favore del fatto che dobbiamo difendere
i folli dai paranoici non schizofrenici e
non riconosciuti, sia dentro che fuori le
cliniche.
Ma il DSM-III si caratterizza soprattutto
per un fatto che potrebbe apparire sconvolgente.
Gli autori del DSM-III decisero cioè di eliminare
l'etiologia delle malattie mentali.
Questo perchè essi ritennero che per gran
parte dei disturbi da essi definiti, l'etiologia
rimaneva sconosciuta.
Nel già citato Psicologia - vol II gli autori scrivono:« Se tale omissione
può sorprendere, un aiuto per la comprensione
di tale decisione può venire dalla lettura
delle cinque classi in cui si possono far
rientrare le teorie sulla personalità esaminate
nel capitolo sulla personalità. Per esempio,
i teorici freudiani sostenevano che i disturbi
fobici sono generati da "uno spostamento
dell'ansia derivante dalle rottura delle
operazioni di difesa per mantenere i conflitti
interiori, al di fuori della coscienza."
I teorici dell'apprendimento, d'altra parte,
considerano le fobie come risposte di evitamento
apprese all'ansia condizionata. Per definire
categorie diagnostiche sulle quali i clinici
potessero concordare, fu necessario eliminare
riferimenti eziologici dal procedimento diagnostico.
Per ottenere diagnosi più attendibili, il
DSM - III tentò di essere più descrittivo
dei precedenti sistemi. Questa attendibilità
dovrebbe essere utile per una più accurata
previsione del decorso del disturbo diagnostico
e per una migliore prescrizione del trattamento
curativo. Questi furono i principali obiettivi
che gli studiosi si posero nella revisione
del sistema DSM. Il manuale diagnostico elenca
sia le caratteristiche essenziali delle malattie
sia le caratteristiche frequentemente associate
con esse; esso indica quali caratteristiche
devono essere presenti affinchè una categoria
diagnostica possa essere utilizzata e illustra
come distinguere un particolare disturbo
da altri. »
La decisione si presta a diverse critiche,
ed in un certo senso rappresenta un passo
indietro, un vero e proprio arresto della
scienza psichiatrica. Ma si deve notare come
rispetto alla nostra ignoranza sia preferibile
rispondere "non so", che buttare
ipotesi campate per aria.
In realtà non c'è terapeuta serio che in
qualche modo non cerchi la cause od il concorso
di cause originati il disturbo psichico,
e questo indipendentemente dalle teorie in
cui crede particolarmente.
Alla base stessa della serietà professionale
vi è anzi l'apertura mentale alle diverse
teorie. Tuttavia, onde evitare di ricadere
nell'ennesimo errore di supponenza scientifica,
riconoscere i propri limiti è sempre il primo
passo verso ulteriori scoperte.
Il sistema di categorizzazione DSM-III
Scrivono ancora gli autori di Psicologia - vol II: « Una delle modificazioni
principali effettuate da DSM-III è l'uso
di cinque assi nella valutazione di un problema
individuale. I sistemi precedenti richiedavano
ai clinici l'adozione di una semplice etichetta:
il sistema attuale fornisce a colui che deve
diagnosticare cinque diverse dimensioni sulle
quali valutare l'azione del paziente.
Il primo asse è detto sindrome psichiatrica clinica. In questo asse si cerca di mettere in luce
il problema centrale del paziente, generalmente
il problema che lo ha indotto a cercare un
aiuto. Più specificamente il primo asse è
la descrizione della sindrome psichiatrica
specifica che l'individuo manifesta; ad esempio
una depressione od un disturbo fobico. Il
secondo asse riguarda i disturbi della personalità
o evolutivi negli adulti o nei bambini. Esso
richiede una valutazione dell'estensione
temporale del disturbo, che sarà di lunga
durata se ad esempio si tratta di un disturbo
della personalità compulsivo. Gli assi I
e II includono tutti i disturbi mentali e
quindi forniscono ciò che molte persone considerano
una diagnosi completa della condizione psichica
del paziente che deve essere diagnosticato.»
L'asse III interessa i disturbi fisici e
somatici. In particolare viene richiesto
al medico di considerare la possibilità di
che una data sindrome fisica sia all'origine
della condizione psichica disturbata.
L'asse IV propone al clinico di valutare
la gravità dello stress psicosociale di cui
è oggetto l'individuo.
Ciò impone di considerare lo stress come
responsabile dell'esasperazione dei conflitti
intrapsichici e nel favorire comportamenti
anormali.
L'asse V riguarda il più alto livello adattivo di una persona
nell'anno precedente. Anche per questo asse è utile rifarsi alla
tabella proposta dall'American Psychiatric
Association, la quale suddivide la qualità
della vita del paziente in sei classi di
funzionamento: superiore, molto buono, buono,
discreto, povero, molto povero, e decisamente
deteriorato.
Vengono poi presentati alcuni esempi di qualità
di vita. Al livello superiore corrisponde
"un genitore, pur rimasto solo e abitando
in una squallida periferia, ha una cura eccellente
dei figli e della casa, ha amicizie fraterne
e trova il tempo di per dedicarsi a qualche
hobby."
Al livello discreto corrisponde " un
avvocato trova qualche difficoltà nel portare
a termine i suoi compiti, ha molte conoscenze
ma difficilmente una vera amicizia."
Al livello molto povero abbiamo "una
donna non è in grado di fare alcuno dei lavori
di casa e ha scontri violenti con i familiari
e i vicini."
Al livello decisamente deteriorato abbiamo
" un uomo anziano ha bisogno di assistenza
per mantenere un minimo di igiene personale
ed è abitualmente incoerente."
Ovviamente questi esempi non pretendono di
raccogliere tutte le possibilità, ma pare
eccellente l'idea che il potersi prendere
cura di sè, dei figli e della casa, pur vivendo
in una squallida periferia, avendo amici
fraterni e il tempo per qualche hobby, costituisca
comunque un esempio di superiore qualità
di vita.
Qualche dubbio potrebbe sorgere sull'avvocato
privo di amicizie, classificato come discreto.
In genere l'oggettività della situazione
non ha in fondo una grande importanza per
l'individuo affetto da disturbi in quanto
egli li vive in modo soggettivo ed anche
fosse circondato d'oro, potrebbe considerarsi
in un livello povero o molto povero se privo
di amici genuini o all'altezza dei suoi problemi.
Modelli di comportamento anormale
Psicologia -vol. II presenta cinque distinte teorie
interpretative delle patologie ed avverte
che: « Non è un fatto raro che per
una data teoria un comportamento sia anormale
e per un'altra sia invece anormale.»
In realtà il problema non è teorico, ma pratico
ed investe il contesto sociale, economico
e culturale dell'individuo che soffre la
patologia.
I cinque modelli teorici adottati sono quello
psicoanalitico, quello dell'apprendimento, quello biologico, quello umanistico esistenziale e quello cognitivo.
Il modello psicoanalitico si fonda in particolare
sulla considerazione che ognuno porta con
sé dei conflitti irrisolti, di natura inconscia,
tra le istanze psichiche individuate da Freud
nella seconda topica, ovvero l'es, l'io ed il super-io.
Secondo questo modello si hanno scompensi
quando le pulsioni istintuali dell'es non
si armonizzano con la funzione razionale
dell'io (un sovrano che compie atti di governo)
e le istanze morali e restrittive del super-io.
Questi conflitti irrisolti possono provocare
ansia ed angoscia. Pertanto il nostro inconscio
elabora meccanismi di difesa per ridurre
la portata dei conflitti.
Il comportamento anormale può dunque dipendere
dalla rimozione attuata con le difese, la
quale respinge nell'inconscio la coscienza
dei conflitti stessi.
Il modello dell'apprendimento teorizza invece
che i comportamenti anormali siano appresi
pressapoco nello stesso modo nel quale vengono
appresi quelli normali. Ciò suppone una riduzione
della psicologia alla fisiologia, come in
Pavlov, ed una soppressione della coscienza
come in Watson. Secondo costoro i comportamenti
vengono acquisiti tramite il condizionamento
classico, il condizionamento operante o il
modellaggio. Pertanto le disfunzioni sarebbero
dovute a condizionamenti devianti dalla norma
e la cura consisterebbe nel ricondizionamento.
(che nella variante post-staliniana della
psichiatria sovietica di regime potrebbe
chiamarsi campo di rieducazione)
Secondo il modello biologico l'anormalità
rispecchia disturbi fisici. « La relazione
tra la mente ed il corpo può agire in due
direzioni - scrivono gli autori di Psicologia - : "1) le anormalità biologiche possono
influenzare mente e comportamento; oppure
2) gli stress emotivi possono produrre un
effetto fisico su di noi preparando le condizioni
favorevoli per un ulteriore impatto sul nostro
comportamento. In base al modello biologico
non esiste alcuna ragione per separare la
mente dal corpo per quanto si per quanto
si voglia spiegare il comportamento anormale,
pena l'oscuramento del ruolo cruciale giocato
dai fattori fisici.»
Qualunque orientamento si decida di adottare,
pare importante riferirisi continuamente
a questo assunto fondamentale.
Chi scrive, pur non avendo una formazione
medica, si è particolarmente interessato
di ictus e di altre patologie nervose, giungendo
inevitabilmente alla conclusione che lo stato
di salute generale ha una fortissima influenza
sulle condizioni morali del soggetto.
Se lo stato fisico mina il morale, si apre
una sorta di breccia nella capacità di gestire
sé stessi, si tende ad abusare delle proprie
forze, si vive con ritmi che non sono congeniali
alla nostra struttura e si corre il rischio
di veri e propri traumi.
Ma la stessa depressione non può spiegarsi
diversamente che come una risposta difensiva
a questo rischio di super-impegno.
Nel modello umanistico esistenziale l'elemento
basilare viene individuato nella frustrazione
e nel fallimento. Vi è scompenso psichico
quando l'individuo non riesce a realizzare
le proprie aspirazioni.
Vi sono diversi livelli di fallimento. Uno
è quello ovvio: non riuscire a farsi un posto
nel mondo e conquistare dignità ed autonomia,
farsi una famiglia, diventare genitore.
Un altro è quello dovuto alla mancata consapevolezza
di che significa riuscire nella vita secondo non un modello competitivo, ma un
modello di sviluppo razionale. Un altro ancora
è quello dello scompenso che viene a determinarsi
quando gli individui perdono di vista o distorcono
le loro emozioni, i loro sentimenti ed i
loro stessi pensieri a vantaggio di artefatti
originati da comportamenti condizionanti.
E' facile in questi casi precipitare in una
situazione nella quale l'esistenza non ha
significato.
Il modello cognitivo individua le cause del
comportamento anormale nel modo in cui percepiamo
la realtà e pensiamo su di essa.
Viene attribuita una grande importanza alla
distorsione ed alla cattiva interpretazione
delle proprie esperienze. Si potrebbe dire
che un eccesso di pessimismo, di caduta dell'autostima,
di criticismo nei confronti delle esperienze
altrui, siano fonte di pensieri anormali
che sfociano in comportamenti anormali.
Tuttavia proprio questo punto di forza del
modello cognitivo denuncia anche la sua debolezza
fondamentale. Qual'è, infatti, il modo corretto
di percepire la realtà? Si comprende facilmente
che finchè si rimane sulla percezione delle
cose (un computer, un video, una mela, un
porcospino, una donna in stato di gravidanza)
non si dovrebbero presentare particolari
problemi. Ma di fronte al mondo ordinato
in una gerarchia di valori di "sistema",
di fronte alle relazioni umane, di fronte
ai propri sentimenti, ognuno non può percepire
che quello che vede e che sente e diventa
molto difficile definire uno standard di
cosa sia giusto e cosa sia sbagliato.
Ciò ha ovviamente a che fare con le aspettative
di ognuno. Ma si danno aspettative solo quando
un individuo comincia a possedere un embrione
di coscienza e quindi a formulare valutazioni
e considerazioni rispetto all'insieme dei
propri contenuti di coscienza.
Pertanto non si sfugge all'impressione che
tutti i comportamenti psichici anormali abbiano
la loro radice in una cattiva o falsa coscienza,
in una coscienza ristretta, limitata, e persino
oscurata dalla rimozione.
Su alcuni disturbi psichici
Il discorso sui disturbi è molto ampio e
deve quindi essere affrontato in altra sede.
Qui faremo solo cenno ad una serie di patologie
tra le più frequenti, dedicando un minimo
approfondimento alla schizofrenia, psicosi
grave che costituisce oggetto privilegiato
degli studi psichiatrici da un lato, ed anche
oggetto di contestazione dall'altro.
La nevrosi caratterizza in genere una situazione nella
quale l'individuo conserva intatta la capacità
di affrontare la vita reale pur essendo affetto
da sofferenza psichica. La nevrosi d'angoscia
è certamente la più diffusa, ma anche le
fobie, da intendersi come paure di qualcosa
che non dovrebbe incutere timore, sono abbastanza
frequenti. Per certi aspetti siamo tutti
un po' nevrotici e questo dipende anche dal fatto che la nostra vita è "nelle
mani degli altri" più di quanto si voglia
ammettere. Quando si sale su un aereo siamo
completamente nelle mani del pilota, di una
tecnologia, di un controllore di volo in
procinto di scioperare e di condizioni atmosferiche
che non si sa mai. Il fenomeno del terrorismo
ha complicato ulteriormente il quadro.
Parlare di fobia dell'aereo sarebbe dunque
per certi aspetti improprio, se consideriamo
l'elevato grado di perdita di controllo di
noi stessi che implica un viaggio in aereo.
Se ne può parlare solo quando un individuo
rifiuta persino di viaggiare gratis:-)))
Diversamente una fobia per la guida dell'automobile
implica per certi aspetti una sfiducia in
sè stessi piuttosto grave, anche se può essere
corretto considerare che, guidando un automobile,
possiamo incontrare pirati della strada votati
all'incindente e che quindi non si può affermare
che abbiamo il controllo di noi stessi al
100%.
I disturbi prodotti dall'ansia comportano
attacchi di panico del tutto imprevidibili
e ricorrenti.
Forse basterebbe riflettere un po' meglio
su questo aspetto nascosto delle nostre azioni
per prevenire questo tipo di attacchi. Non
abbiamo davvero mai troppa fiducia negli
altri. E questo comportamento non si può
nè condannare, nè approvare. Fa parte della
conquista di una piena maturità la pretesa
di avere sicurezza e insieme il fidarsi il
meno possibile della fortuna e dell'essere
nati con la camicia.
Sulle nevrosi proprie, oltre al lavoro su Freud, peraltro solo abbozzato, si rinvia a questa
breve scheda.
Accanto alle fobie possiamo segnalare i disturbi ossessivo compulsivi.
« I disturbi ossessivo compulsivi -
scrivono gli autori di Psicologia vol II - si manifestano quando gli individui
hanno la sensazione di ripetere in modo coatto
più e più volte gli stessi pensieri o ragionamenti,
oppure certe azioni o rituali in maniera
continuata.
Esempi di ciò sono la necessità di contare
i passi mentre si passeggia oppure di lavarsi
le mani ogni volta che si tocca la maniglia
di una porta. Un altro esempio è costituito
da un'esperienza comune, quella cioè di ripetere
silenziosamente un motivetto od un ritornello
pubblicitario senza alcun motivo ovvio e
nonostante i nostri tentativi per liberarcene.
Una tale esperienza, generalmente, non è
niente di più di una leggera seccatura; per
le persone afflitte da una nevrosi ossessivo
compulsiva, questa intrusione può essere
talmente grave e costante da renderle quasi
incapaci di svolgere la propria attività
normalmente. »
I disturbi associativi sono caratterizzati da improvvisi e temporanei
cambi nella coscienza, nell'attività o nell'identità.
Si manifestano amnesia, fuga, sonnambulismo,
ed anche personalità multiple. In genere
si tratta di disturbi piuttosto rari anche
se spesso drammatizzati da scrittori, registi
e sceneggiatori.
Un contributo fondamentale alla diagnosi
dei disturbi associativi venne da Pierre
Janet che nel corso della sua esperienza
ebbe a che fare con casi persino clamorosi.
Di particolare interesse è il caso della
personalità multipla, che comporta la presenza
di due o più individualità e identità nella
stesso individuo. Secondo gli autori di Psicologia - vol II « Queste diverse personalità
entrano in competizione quando devono accedere
al livello della coscienza. Spesso si alternano:
una personalità può essere sotto controllo
per alcune ore o giorni ed essere poi sostituita
da un'altra. I più famosi contributi sulla
personalità multipla sono dovuti ai libri
Tree Faces of Eve [Thigpen e Cleckley, 1954] e Sybil [Schreiber, 1974]...
Il modello psicoanalitico considera questi
quadri come il risultato di una massiccia
repressione che ritaglia in modo netto parti
della coscienza. Da questo punto di vista
una persona è talmente sconvolta e minacciata
dai suoi pensieri e dai propri atti che il
solo modo per risolvere i conflitti che ne
derivano è quello di separare completamente
quella parte della coscienza e di diventare
completamente inconsapevole della sua esistenza.
»
I disturbi somatici sono sintomi fisici che non hanno alcuna
apparente causa organica. Sono generalmente
chiamati disturbi di conversione quei sintomi
che definiscono una risposta a situazioni
insostenibili ed eventi stressanti.
Secondo gli autori di Psicologia - vol II: « Il sintomo ha un duplice
scopo: il primo è quello di garantire all'individuo
la comprensione altrui e il secondo è di
permettergli di evitare una situazione stressante.
Le infermità fisiche che si manifestano nei
disturbi di conversione possono assumere
varie forme. » Tra queste la perdita
totale o parziale della vista, dell'udito,
sensazioni tattili insolite come prurito,
insensibilità al dolore, paralisi, tremori,
rigidità nelle articolazioni, incapacità
di parlare con un tono normale, tosse cronica,
emicranie, nausea ed asma.
Non tutte questi sintomi fisici sono riportabili
a pulsioni sessuali frustrate. Infatti in
uno studio citato da Darley, Kinchla e soci,
Abse descrive un caso nel quale un uomo reprime
l'istinto di uccidere la moglie ed il suo
amante convertendo tale repressione in una
paralisi alle braccia.
I disturbi dell'affettività sono legati in particolare all'espressione
o alla mancata espressione delle emozioni
e dei sentimenti.
Tra questi la depressione costituisce la patologia più diffusa, secondo
gradi che vanno da un minimo di sconforto
quotidiano ad un massimo di lunghissimi periodi
di esaurimento.
Dato il particolare interesse del tema, che
coinvolge una larghissima quantità di individui,
abbiamo preferito rinviare ad uno studio
specifico gli approfondimenti. Vai a depressione.
La schizofrenia è una psicosi grave. Kraepelin l'aveva denominata
dementia praecox.
Bisogna premettere che la schizofrenia è
stata usata come etichetta per una tale quantità
di patologie e di sintomi che molti studiosi
ne rifiutano la validità.
In realtà, se si presta attenzione al primo
elemento che si presenta, emerge un dato
di fondo difficilmente contestabile: lo schizofrenico
non è più pienamente responsabile di sè stesso.
In secondo luogo presenta una manifesta incapacità
di organizzare coerentemente, o dialetticamente,
le idee. Le conclusioni delle argomentazioni
sono connesse alle premesse solo lontanamente,
o non lo sono affatto.
Talvolta le associazioni di termini avvengono
solo per assonanza, non per significato o
inerenza, ed allora si hanno catene verbali
del tipo: abbondanza, eleganza, mattanza,
ignoranza, stanza, panza, riluttanza, oltranza.
L'incidenza della schizofrenia a livello
mondiale pare sia dell'1% sull'insieme della
popolazione. Stranamente vi sono aree geografiche
nella quale l'incidenza è più alta come l'Irlanda
occidentale. Più facile comprendere come
i grandi agglomerati urbani presentino percentuali
più alte.
Di solito si manifesta tra i 15 ed i 25 anni
di età, ed in media, cinque anni più tardi
tra le donne rispetto agli uomini.
Tra le cause è spesso stato dimostrato che
l'ereditarietà svolge un certo ruolo.
I parenti di primo grado di individui affetti
da schizofrenia hanno una probabilità del
10% di venire a loro volta interessati da
questa psicosi.
Secondo alcuni studi ad indirizzo biologico
alla base vi potrebbero essere dei danni
cerebrali. Le tecniche di visualizzazione
cerebrale, soprattutto la TC (tomografia
computerizzata) e la scintografia a emissione
positronica hanno evidenziato la presenza
di anomalie strutturali e funzionali nel
cervello degli individui affetti da schizofrenia.
Inoltre è stato dimostrato che l'assunzione
di farmaci a contenuto anfetaminico possano
provocare un malessere di tipo schizofrenico.
Secondo alcuni studiosi la schizofrenia può
manifestarsi insidiosamente, a poco a poco.
L'individuo diviene sempre più solitario
ed introverso, perde vitalità e motivazioni,
cessa di avere interessi culturali, arriva
a dichiarare, come il filosofo Comte, che
non ha più alcun bisogno di tenersi informato
e di leggere perchè ha "capito tutto".
Questo lento deterioramento può passare inosservato
per mesi o persino per anni. Solo ad un certo
punto diviene chiaro che l'individuo soffre
di fissazioni (le "idee fisse"
trovate da Pierre Janet) e/o allucinazioni.
Ma non è raro che la malattia si manifesti
improvvisamente, in seguito a forti eventi
traumatici. Vi è una letteratura sterminata
riguardante le psicosi di guerra e solo sui
reduci dalla guerra nel Vietnam i libri e
gli studi non si contano.
Le fissazioni possono assumere contenuti
ideali svariati: come il credere di essere
Napoleone o Gesù Cristo, o qualche altro
rilevante personaggio storico, oppure nelli'dentificarsi
in una "funzione" come quella dell'unto del Signore, salvatore della patria, difensore della
fede e così via.
Nella schizofrenia paranoide la malattia comporta manie di grandezza
che sono direttamente proporzionali alla
pochezza culturale e morale dell'individuo.
Tuttavia è stato osservato che il paranoico
si differenzia notevolmente dagli altri sofferenti
per un maggiore stato di vigilanza e per
la superiore coerenza nel pensiero e nell'argomentazione.
Gli schizofrenici catatonici stanno generalmente
immobili per periodi lunghissimi e sono refrattari
a svolgere qualsiasi tipo di compito o ad
anche a qualsiasi tentativo di farli muovere.
Solo occasionalmente hanno esplosioni di
tipo motorio che li costringe a vagare senza
alcuna meta.
Scrivono Darley & C. : « Un'altra
utile distinzione è quella tra schizofrenici
cronici, i cui sintomi emergono gradualmente
e durano per lungo tempo, e schizofrenici
acuti, i cui sintomi emergono rapidamente
e scompaiono altrettanto rapidamente. E'
stato pure provato che il primitivo adattamento
sociale (adattamento premorboso) degli schizofrenici
è un importante criterio distintivo. Una
persona schizofrenica con un "buon adattamento
premorboso" tende a migliorare più rapidamente.
»
Ulteriori chiarimenti sulla schizofrenia
si trovano in capitoli della Brevissima storia
della psichiatria. Per ora sono disponibili
solo alcuni estratti.
Nel prossimo capitolo parleremo di psicoterapie. Se vuoi tornare
a Psicologia, clicca.