Lo psicopatico secondo Silvano Arieti


«Lo psicopatico semplice - secondo Arieti - è un individuo nel quale sorge periodicamente un bisogno o un desiderio molto forte che lo spinge verso la gratificazione immediata, anche quando tale gratificazione non viene approvata dagli altri. In alcuni casi il bisogno di una gratificazione immediata è particolarmente sentito dal paziente quando egli non è riuscito a vivere una vita normale. La gratificazione immediata è dunque un sostituto per qualcos'altro che egli non riesce a raggiungere o ad ottenere. »

Il problema è costituito dal fatto che molto spesso tra desiderio dell'individuo e struttura sociale, leggi, consuetudini, pregiudizi, esiste una vera incompatibilità. Voglio una Ferrari ma guadagno solo due milioni al mese.
Eppure voglio una Ferrari.
Secondo Arieti il bisogno di questa gratificazione nello psicopatico comporta un tipo di rapporto oggettuale nel quale non è possibile alcun rinvio.
Il disagio del non possesso diviene insopportabile.
« Mentre lo psicotico realizza i suoi desideri cambiando i suoi processi di pensiero, lo psicopatico realizza i suoi desideri compiendo delle azioni che conducono a una gratificazione rapida, anche se sono primitive o in contrasto con le norme della società...
In molti casi, lo psicopatico potrebbe soddisfare i suoi desideri in un futuro più o meno lontano, se si avvalesse delle complicate serie di azioni che sono necessarie per raggiungere degli scopi in modo maturo e socialmente accettabile. Ma egli non può aspettare.»

Lo psicopatico sa benissimo che egli in teoria potrebbe lavorare e risparmiare e soddisfare i suoi bisogni in modi socialmente accettabili. Ma questa opzione rimane vaga e nebulosa: egli vive nel presente (esattamente come consigliano alcuni guru, che sembrano fatti apposta per supportare la sociopatia- ndr)
«Benchè lo sviluppo del paziente abbia raggiunto livelli elevati di motivazione e cognizione, egli non può sostenere le funzioni di questi livelli in modo adeguato. Per ragioni che verranno prese in considerazione più avanti in questo paragrafo, quando il paziente si trova sotto lo stimolo del desiderio, egli ritorna a livelli di integrazione che permettono una gratificazione rapida con azioni a corto circuito...Egli non può nemmeno essere troppo ansioso per quanto riguarda una punizione futura. »

Ovviamente questo tipo di azioni riprovevoli ed illegali è alla base di un comportamento criminale il quale non prova alcuna considerazione per gli altri. Avendo una vaga cognizione del futuro, nè lo spaventa la punizione, nè lo preoccupano le conseguenze di ciò che fa rispetto all'integrità ed alla salute degli altri. Non si tratta di egoismo, nè di narcisismo, si tratta di non avere alcun freno, alcuno scrupolo, alcuna mancanza di inibizione.

Spesso le storie della psicopatia iniziano con un caffè. Era un in ufficio, esce per prendere un caffè, vede una bella ragazza provocante, non sa resistere, la segue, in un luogo solitario la violenta; poi perchè questa minaccia di denunciarlo, egli la uccide.
Poi sa che deve fuggire, ma non ha soldi, così ruba un'automobile, fugge, entra in un bar e ruba, poi fugge ancora.
E' la solita sequenza di una fiction americana, che di solito si conclude tragicamente.

«Un'altra caratteristica importante della maggior parte degli psicopatici è rappresentata dal fatto che dei nuovi progetti che conducano alla gratificazione o alla liberazione da uno stato di disagio possono presentarsi al paziente sotto forma improvvisa. Il paziente, mentre sta pensando ai modi di risolvere il suo problema il più presto possibile, ha all'improvviso una qualche "illuminazione" su "come farcela". Questo rapido "insight psicopatico" può sembrare un atto di creatività, e in un certo senso lo è.
In realtà esso consiste per lo più in meccanismi mediante i quali è possibile trascurare alcuni fattori che per una person anormale avrebbero un'influenza inibitrice. »

Una psicodinamica della psicopatia
Arieti si chiede come mai lo psicopatico non riesca a rimandare, a trasformare o inibire il desiderio primitivo. Si chiede persino se abbia a disposizione tutti i neuroni che rendono possibili gli schemi molto più complessi di sentimento, di pensiero e di comportamento che sono compatibili col vivere civile.
Dopo Lombroso sono state fatte ricerche, ma i risultati, anche in presenza di tecniche di ricerca molto sofisticate, non sono stati significativi.
« E' pertanto legittimo ricercare dei fattori psicodinamici che possano determinare o per lo meno facilitare lo stabilirsi del meccanismo a corto circuito, o che possano rendere tale meccanismo così potente da impedire l'uso di schemi più complessi.
Noi non possiamo avanzare che delle ipotesi, convalidate al momento attuale soltanto da un piccolo numero di casi. Sappiamo che il bambino piccolo che attraversa la fase esocettuale o sensimotorio si comporta dapprima seguendo il meccanismo a corto circuito, ma, a una certa fase dello sviluppo, impara a rimandare la gratificazione; o meglio, impara a farlo se viene sistematicamente abituato ad aspettarsi una gratificazione sostitutiva a intervalli progressivi crescenti.»

Tutto ciò però non è sufficiente ad una diagnosi di psicopatia perchè tutti siamo stati capricciosi e viziati, cioè abituati ad avere "tutto e subito". Ciò che fa la differenza è il tipo di azione. Se qualcosa ci viene negato e noi lo rubiamo, siamo sulla buona strada per diventare psicopatici. Tuttavia c'è ancora una differanza tra il rubare la marmellata in casa propria e il rubare soldi in casa d'altri, oppure sottrarre con la violenza un giocattolo ad un compagno di giochi. Questa è ovviamente una tendenza sociopatica più accentuata, che andrebbe affrontata per tempo.
Per Arieti è determinate la mancanza di ansia per il futuro. Non si diventa psicopatici se si impara a considerare tutte le possibili conseguenze delle proprie azioni. Tuttavia lo psicopatico senza ansia è in grado di passare mentalmente tutte le azioni che potrebbero portarlo a soddisfare i sui desideri. Ciò dimostra che egli è in grado di vedere lucidamente le opportunità immediate, anche se in modo totalmente soggettivo e limitato. Lo psicopatico ragiona sullo scopo, ma non valuta lo scopo stesso.

Arieti introduce a questo punto una considerazione importante:«Per molti anni si sono espressi in psichiatria dei punti di vista opposti: si è detto ai genitori che è dannoso provocare l'ansia nei bambini, e che, una volta creatasi un'angoscia eccessiva, essa può determinare delle gravi psiconevrosi e la schizofrenia. Queste affermazioni sono sostanzialmente corrette. Tuttavia, potrebbe essere ugualmente vero che la grande permessività recentemente adottata dai genitori, in parte a causa della loro "cultura psiclogica", sia un fattore concomitante nel recente aumento della delinquenza giovanile in tutto il mondo e, incidentalmente, nella diminuzione delle nevrosi compulsivo-ossessive.
Dobbiamo ancora una volta concludere che i genitori si trovano in una situazione difficile, tra una Scilla e una Cariddi psicologiche.
Se essi provocano troppa angoscia nel bambino, può essere facilitato un tipo di disurbo mentale; se provocano un'angoscia insufficiente, può aumentare la probabilità di un altro tipo di disturbo mentale.
La maggior parte dei genitori, tuttavia, sembra capace di evitare questi due eccessi e di mantenere una rotta normale.»

E' interessante notare che si danno dei casi di psicopatici che provano angoscia in generale, ma non in determinati settori della vita.
Pertanti i meccanismi cortocircuitanti funzionano solo in questi settori limitati, e spesso appaiono come semplici ed innocenti impulsi alla trasgressività. Ma andare allo stadio per picchiare, fare casino in discoteca, abusare sessualmente delle altre persone, specie dei bambini, è certamente più grave, e non sempre può essere ricondotto a forme di psicopatia.
Comunque è certo che fattori socio-culturali abbiano svolto una funzione facilitante: « Per esempio una faida sanguinosa in una comunità arretrata e isolata- scrive Arieti - potrebbe incoraggiare lo psicopatico che vi fosse coinvolto a compiere un'assassinio.»

Lo pseudopsicopatico
Arieti definisce con molta chiarezza lo pseudopsicopatico come psicopatico solo sintomatico, dicendo che è un soggetto che manifesta tratti o tendenze sociopatiche, ma che in realtà è affetto da disturbi riconducibili al altre entità cliniche.
Pertanto molti autori di azioni psicopatiche risulteranno affetti da psiconevrosi o nevrosi del carattere.
In diversi casi questo tipo di pazienti rivela una struttura caratteriale che lo spinge a sfidare e ferire gli altri, specialmente se rappresentano l'autorità.
In questi pazienti la motivazione sembra conscia (nasce dal desiderio impulsivo o compulsivo), in realtà è inconscia e spesso trova punti d'appoggio in strane filosofie o ideologie. (si pensi agli squatters, all'estremismo violento di destra e di sinistra).
Sotto un profilo psicoanalitico, che rimane comunque l'orizzonte entro il quale ragiona, peraltro con molta autonomia, Arieti, la sfida dello pseudopsicopatico è portata al super-io, quindi a tutti i nuclei autoritari della società, dal padre fino alla suprema carica dello stato.
Arieti, tuttavia, non compie la necessaria distinzione tra autorità ed autorità, tra giusta e razionale ed ingiusta ed irrazionale, e quindi finisce con il non cogliere che alla base di questo bisogno di ferire "il capo" vi potrebbe essere un inconscio bisogno di sapere, di avere una cultura negata, di eliminare il padre cattivo per avere finalmente il padre giusto, quello che ti consente di vivere come se non esistesse, perchè tu stesso sei diventato padre responsabile, o addirittura più responsabile.
In sostanza Arieti non arriva qui a cogliere che lo pseudopsicopatico potrebbe essere affetto da paranoia e che la paranoia stessa è determinata da idee fisse subconsce di megalomania.

Lo psicopatico complesso
Per Arieti lo psicopatico complesso non si limita a pensare a "come farcela" ma "a come farcela e come farla franca."
«A questo tipo gruppo di psicopatici appartengono soggetti come gli svaligiatori di banche "di professione" e certi capi politici senza scrupoli.»
La difficoltà sta nel cogliere che lo psicopatico complesso non sembrerebbe nemmeno psicopatico, in quanto non corrispondente ai criteri di descrizione utilizzati per definire lo psicopatico semplice.
Ma in realtà anche il "complesso" vive di protoemozioni. Anch'egli avverte il desiderio pressante del possesso e come protoemozione è appetito.
«Talvolta, questo desiderio di possesso diventa desiderio di esercitare un potere sugli altri. La psicologia del potere esula dai limiti di questa trattazione. Possiamo dire brevemente che si tratta di una forma particolare di possesso, cioè un possesso o un tentativo di possesso della volontà degli altri o di tutta la loro entità fisica.»
Gli psicopatici complessi sono molto intelligenti, ma prediligono i mezzi rapidi e sbrigativi alla Machiavelli. Si sbarazzano facilmente degli avversari politici o dei concorrenti con l'assassinio.
« Essi non permettono a delle considerazioni morali di ritardare la loro smania di gratificazione. Essi devono tuttavia adottare e sopportare dei meccanismi a circuito relativamente lungo per evitare ulteriori ritardi e rendere possibile la gratificazione...
Data la natura di questi casi, l'esperienza clinica è limitata; fino a questo momento, non sono stato in grado di individuare fattori psicodinamici, o fattori ambientali reciproci, che si differenzino da quello dello psicopatico semplice. Tuttavia, tutta la concezione della vita dello psicopatico complesso sembra diversa da quella dello psicopatico semplice. Lo psicopatico semplice elimina il conflitto tra quello che Freud chiamava il principio di piacere e quello di realtà, aderendo completamente al principio di piacere. Lo psicopatico complesso agisce a un livello di motivazione molto più alto.»

Arieti conclude filosoficamente con una condanna del machiavellismo: il fine non giustifica i mezzi. Maaaai. Nemmeno la Santa Sede è arrivata a tanto:-))) Tenendo per buono solo il fatto che, a volte, di fronte a certi mezzi, siamo giustificati a reagire con mezzi adeguati, questa conclusione filosofica pare decisamente condivisibile.
Verrebbe da pensare che tutti quelli che non accolgono questo principio sarebbero psicopatici complessi.
Purtroppo, forse, è vero. Viviamo in un mondo nel quale gli psicopatici complessi "latenti" sono molti di più di quanto si creda, forse troppi.

Lo psicopatico dissociale
Al posto della società in generale lo psicopatico dissociale ( o psicopatico sociologico) mette una società più piccola, la quale gli permette di essere antisociale verso i membri della società generale.
Questi individui sono in grado di manifestare una estrema lealtà verso il proprio gruppo.
Si va dalle bande giovanili alle società segrete, dalle sette religiose alla mafia.
« Questo tipo di psicopatico appartiene non soltanto a bande di delinquenti giovanili o ad associazioni di ladri, ma talvolta anche a gruppi che sono socialmente accettabili in ambienti particolari. Indubbiamente, uno dei più famosi, e tristemente famosi, tra gli psicopatici dissociali, fu Adolf Eichmann. Il suo gruppo era la cricca nazista, alla quale si mantenne fedele fino alla fine. Perfino quando stava per essere giustiziato, egli fece appello alla sua lealtà come ad una giustificazione delle sue azioni, dicendo: " Ho seguito la mia bandiera e la legge di guerra." Egli intendeva implicitamente che aveva seguito le leggi del governo tedesco, che gli permisero di uccidere milioni di esseri umani innocenti.»

Anche lo psicopatico dissociale si differenzia in misura significativa da quello semplice, sebbene in esso rimanga fortissimo il desiderio di cortocircuitare la scarica di odio e di ostilità che egli prova nei confronti degli altri.
Questa sarebbe anche la sua gratificazione. Il nazista gode a bruciare l'ebreo, il fascista gode nel dare manganellate, il nazionalista sloveno gode nell'infoibare triestini e fiumani. In questi meccanismi psichici entrerebbe probabilmente anche il bisogno di vendicare antiche offese, ma non è questo il punto: la vendetta è una forma di giustizia rudimentale che tuttavia, in genere, esclude gli innocenti. E' nella faida, cioè nella catena insensata nella quale io non vendico la morte di mia moglie ammazzando il suo assassino, ma la moglie dell'assassino, e magari anche i suoi figli, che si rivela la tragedia della follia criminale, che tuttavia non possiamo più permetterci di chiamare follia.
Nello psicopatico dissociale, presente persino nella Bibbia, nelle figure di Sansone e del profeta (profeta?) Samuele, filistei ed amaleciti devono essere distrutti, tutti, indistintamente.
La triste realtà è che persino nella religione troviamo indulgenza verso lo psicopatico dissociale e che nella storia della chiesa questa figura è emersa più volte, sia nelle crociate (specie la prima, capeggiata dal paranoico Pier l'eremita), sia soprattutto nell'inquisizione di massa.

Arieti suggerisce che il paziente psicopatico dissociale non si limiti a trascurare la sua coscienza, il Super-io o i livelli superiori di motivazione, come fa lo psicopatico semplice. Egli sostituisce la coscienza normale con l'ideologia o le leggi del suo gruppo particolare.
Nello psicopatico dissociale si deve verificare - secondo Arieti - uno spostamento anormale della coscienza, o del super-io, o delle identificazioni parentali, o del livello socializzato di motivazione.
«Questo spostamento viene probabilmente facilitato da vari fattori: 1) in una fase precoce della vita il paziente non ha ricevuto dai genitori quell'approvazione, riconoscimento ecc..., di cui aveva bisogno per formare a sua stima di sè; 2) per motivi sociologici, culturali, e storici, il paziente ha a disposizione un gruppo che gli può dare questa approvazione e questo riconoscimento e che al tempo stesso gli permette di adoperare dei meccanismi a corto circuito per la gratificazione dei bisogni primitivi.
Il quadro dello psicopatico dissociale viene talvolta complicato da aspetti inconsueti. In alcuni rari casi, per esempio, il gruppo al quale egli è fedele e del cui appoggio egli ha bisogno viene sostituito da una singola persona: un amico, un suocero, un compagno di prigionia ecc...»

Arieti conclude su questo punto suggerendo considerazioni importanti. Di fronte a determinate correnti psichiatriche tendenti a privilegiare lo psicopatico dissociale come psicotico, egli ribadisce con una certa fermezza che l'uso delle parole "psicotico" e "malato mentale" rispetto agli psicopatici dissociali è ambiguo.
Infatti lo psicotico è un soggetto che ha subito una profonda trasformazione simbolica ed emotiva e che accetta la sua trasformazione come un modo di vivere normale.
Al contrario lo psicopatico è perfettamente consapevole del fatto che le sue azioni non sono accettabili dalla società e dal buon senso comune.
Però il suo bisogno di far male e gratificarsi cortocircuitamente ha sempre la meglio.
Arieti conclude comunque perentoriamente sul fatto che nessuna indulgenza legale è possibile con gli psicopatici complessi e dissociali. Insiste sul dato determinante che questa tipologia ha comunque bisogno di meccanismi di lungo circuito per mandare a termine la loro azione. Il circuito lungo, secondo Arieti, implica comunque libera scelta, dunque responsabilità.

Lo psicopatico paranoico
« A quest'ultimo gruppo - scrive Arieti - appartengono quei rari soggetti che presentano una particolare mescolanza di tratti paranoici e psicopatici. Dopo averli studiati attentamente, possiamo affermare che oltre ad essere psicopatici essi sono pure psicotici nel senso comune della parola.
Si possono osservare dei tratti paranoidi in molti psicopatici appartenenti ai tipi semplice, complesso e dissociale. Tuttavia, questi tratti, sono piuttosto superficiali ed inconsistenti; si tratta spesso di difese evidenti o di razionalizzazioni raffazzonate usate per giustificare il comportamento anormale. Nello psicopatico paranoico, i meccanismi paranoici sono ben sistematizzati e sono accompagnati da processi cognitivi apparentemente logici. La personalità è conservata, e il quadro generale è più vicino alla paranoia classica di Kraepelin che alle altre sindromi o stati paranoidi. »
Arieti rileva la differenza che trascorre tra un dissociale ed un paranoico: il primo ha bisogno di un gruppo, più raramente di un singolo; il secondo ha bisogno di un sistema di idee a circuito lungo.
E fa l'esempio piuttosto calzante di Adolf Hitler. « Dapprima i suoi piani grandiosi e ben programmati furono spesso attuati ricorrendo alla "grande bugia", che come egli vantava, viene facilmente creduta. Più tardi questi piani vennero attuati attravesro dei crimini di una portata mai vista sulla faccia della terra.»
I tratti psicopatici generalmente precedono una sintomatologia paranoica chiara e definita.
Ma in certi casi si alternano periodi di acting out senza idee deliranti espresse apertamente ad altri periodi nei quali le idee sono manifeste.
Lo psicopatico paranoico è come i paranoici tipici, generalmente un uomo non sposato, di intelligenza superiore, incapace di affrontare rapporti eterosessuali; spesso è un omosessuale latente, mascherato da tratti sadici.
Nel caso di Hitler, come ben vide Erich Fromm, il rapporto con Eva Braun, la "belva bionda" era improntato ad una inquietante passività: Hitler si faceva picchiare e umiliare da una donna con forti tratti mascolini.
L'analisi di Arieti tiene indubbiamente conto delle acute osservazioni contenute nel lavoro di Freud su Schreiber, un caso di delirio paranoico divenuto classico.
Tuttavia vi aggiunge la nota inquietante, inquietante per tutti, inquietante per chi, soprattutto, conosce la storia, che la vivacità del loro intelletto può nascondere la loro patologia. Essi possono trovare un'eco ed un'accoglienza calorosa in particolari circostanze storiche e culturali, con la loro demagogia semplicistica ma efficace. In genere hanno un grande potere di suggestione, sia grazie agli apparati di amplificazione di cui dispongono, sia a probabili qualità innate in grado di ipnotizzare letteralmente le masse.

Tossicomania e personalità psicopatica
« Parecchie caratteristiche del tossicomane sono analoghe a quelle dello psicopatico semplice. Egli sperimenta uno stato di tensione, caratterizzato da disagio fisico, malessere, ansia a corto circuito e dolore.»
L'assunzione della droga allontana queste sensazioni.
Contrariamante all'alcoolista che beve allo scopo di allontanare le inibizioni per riuscire ad essere più aggressivo, secondo Arieti, che cita un lavoro di Nyswander del 1956, il tossicomane opta per la soddisfazione dei suoi bisogni primari e delle sue protoemozioni.
« La psicopatologia del tossicomane non è tuttavia così semplice come quella dello psicopatico semplice. Quest'ultimo non si è mai pienamente integrato ai livelli motivazionali elevati, che ha eliminato dalla sua vita perchè gli sembrano non realistici e non raggiungibili. Ma il tossicomane, quando non è sotto l'azione della droga, è pienamente consapevole della sua angoscia, del suo senso di sconfitta e della sua insicurezza. Molto spesso egli è consapevole della sua ostilità, e teme che essa possa esplodere in aperta violenza. Egli è spesso anche consapevole delle sue prime esperienze, caratterizzate da un'infanzia molto instabile e da una malferma stima di sé. La tossicomania allontana tutti questi problemi, giacchè essi si trasformano in un'unica preoccupazione: procurarsi la droga.»
I bisogni più elevati della psiche, che nello psicopatico semplice sono negati, nel tossicomane non possono essere soddisfatti perchè l'ansia a corto circuito ha preso il posto di quella a circuito lungo, basata sulla vita simbolica ed interpersonale, o sociale.
«In seguito - prosegue Arieti - i bisogni corporei sono vissuti con grande intensità, così che il paziente sembra vivere soltanto allo scopo di soddisfarli.
In realtà i bisogni corporei sono soddisfatti soltanto in un modo sostitutivo. Il tossicomane non prova il piacere del buongustaio che aveva fame, o della persona sessualmente insoddisfatta che viene finalmente gratificata. Egli ottiene in prevalenza l'abolizione della tensione e del dolore causati da bisogni, benchè possa anche provare un sentimento di calma, distensione ed euforia (being high)»

Il tossicomane non avrebbe, su queste basi, alcuna necessità di fuggire la realtà e rifugiarsi nella psicosi.
Ma se alcuni diventano psicotici è perchè la droga viene loro a mancare, o quando la droga stessa determina una psicosi tossica come nei casi della mescalina, del Lsd, delle amfetamine.
Uno studio di Lindesmith del 1947 aveva provato che gli psicotici non diventano tossicomani anche quando venivano trattati con alte dosi di oppiacei.
Secondo Arieti il trattamento della tossicomania è difficile soprattutto perchè la tensione impedisce al paziente di provare angoscia; anzi il paziente non tollera l'angoscia. Inoltre il sintomo è gratificante e questo è il vero problema.

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