torna a psicologia, psichiatria e psicoterapie

La depressione (secondo modelli non psicoanalitici)

La depressione è stata definita come un disturbo dell'affettività. L'affettività è considerata come l'insieme dei segni di espressione dei sentimenti che l'individuo manifesta in rapporto agli altri; si badi che è importante distinguere tra provare e manifestare sentimenti nei confronti degli altri. Anche il depresso prova sentimenti; tuttavia o non li manifesta, o li esprime in modo socialmente o relazionalmente inadeguato.

Probabilmente tutti abbiamo sofferto fasi di depressione e non è raro trovare individui abitualmente depressi in modo lieve.
Per distinguere tuttavia una vera depressione da un carattere freddo e riservato, oppure timido, privo di slanci di entusiasmo appropriati, occorre che si verifichino alcuni disturbi propriamente depressivi.
Tra questi paiono fondamentali: l'inappetenza, la difficoltà di dormire e la perdita di interesse per le cose, le idee, gli eventi.
Un vero depresso può anche provare impulsi suicidi, spesso come disperato strumento per richiamare l'attenzione su di sé.
In genere il depresso si riconosce come tale molto più facilmente che in ogni altro caso di disturbo psichico per il semplice fatto che egli sa com'era prima.
Nella maggioranza dei casi il desiderio sessuale è basso; i contatti sociali vengono evitati, anche se si suppone che molti depressi abbiano semplicemente bisogno di veder gente, fare cose, ritrovare il gusto della vita.

Si danno diversi gradi di depressione e nei quadri clinici più gravi si può anche verificare l'impossibilità e la totale incapacità di svolgere normali attività quotidiane.
Il DSM III R stabiliva una differenza tra depressione principale, che sembra sorgere dall'interno dell'individuo, e un disturbo di adattamento dovuto a stress, quindi a perdite consistenti sul piano affettivo.

La depressione principale non viene considerata come una risposta ad una situazione esterna, ma è caratterizzata da uno stato d'animo malinconico ed opprimente.
Negli psicotici che hanno totalmente perso il contatto con la realtà la depressione maniacale provoca allucinazioni e deliri.
Siamo molto lontani da una individuazione delle cause di una depressione principale.
Per molto tempo si è creduto che essa avesse una spiegazione biologica e genetica; potrebbe anche darsi, visto che essa non si discosta poi molto, quanto a sintomi, dall'autismo. In particolare potremmo credere che l'assunzione di psicofarmaci da parte della madre nel periodo di gestazione danneggi seriamente il gene HOXA1, responsabile di importanti sintesi proteiche.

Il modello psicoanalitico considera la depressione principale come manifestazione di aggressività rivolta contro di sè. Freud parlò esplicitamente di istinto di morte.
Ma il punto chiave della spiegazione psicoanalitica pare essere quello della fissazione infantile che determina una estrema dipendenza dagli altri, una dipendenza patologica. Qualsiasi perdita, anche simbolica, cioè non reale, è sufficiente, pertanto, a produrre una depressione.

Secondo molti studiosi di altra area la spiegazione psicoanalitica classica presenta molti punti deboli e lascia irrisolti molti interrogativi.
Scrivono Darley & C. :«Alcuni dati vanno contro l'ipotesi freudiana della depressione. Alcuni ricercatori [Beck e Ward 1961] trovarono che nei sogni delle persone depresse erano presenti immagini di perdita e di insuccesso, non l'aggressività o l'ostilità che gli studiosi di indirizzo freudiano si sarebbero aspettati di trovare...»
Altri studiosi ( Weismann, Klerman e Paykel, 1971) hanno provato che il depresso esprime collera e ostilità anche contro altri.
Ma questo potrebbe spiegarsi col fatto che è stanco di sopportare.

Secondo il modello comportamentista il depresso non incontra rinforzi nel modo esterno. Ciò porta ad autoisolarsi e questo rende sempre più depressi.

«Un punto di vista simile a questo - scrivono Darley & C. - è espresso dalla teoria dell'abbandono di Seligman. Seligman ipotizzava che la gente depressa in seguito ad alcune esperienze sviluppava un sentimento di abbandono appreso; successivamente riteneva se stessa incapace di influenzare e controllare gli eventi. Questi individui sviluppano, così, sintomi negativi, incluso, il sentimento di abbandono, passività, atteggiamenti pessimisti e rinunciatari quando si trovano di fronte a situazioni stressanti. Un esperimento condotto da Miller e Seligman [1975] dimostrò che i soggetti depressi, a differenza dei soggetti non depressi, non si aspettavano di avere successo nell'esecuzione dei compiti anche se in passato li avevano più volte affrontati con successo.»
Ma ciò sembra smentire proprio la teoria comportamentista e dell'apprendimento per la quale un successo passato è un rinforzo.

In presenza di questa contraddizione ha buon gioco la teoria cognitiva nell'osservare che l'aspetto decisivo sta nell'interpretazione dei fatti che ogni singolo esprime. Ad esempio: se noi crediamo che le ragioni del nostro fallimento siano da riferirsi alla globalità della nostra persona, al nostro modo di essere, a nostri difetti congeniti, alla nostra bruttezza, ineleganza, goffaggine, scarsa intelligenza e dinamicità, è certo che tutto ciò non ci incoraggia e che anche gli eventuali rinforzi presenti e futuri verranno considerati con sospetto.

« I ricercatori in questo campo - scrivono Darley & C. - postulano che alcune persone presentano uno stile depressivo di attribuzione; persone di questo tipo attribuiscono frequentemente gli scarsi risultati a cause globali, consolidate e interne.»
Aaron Beck presentò un modello cognitivo della depressione che fece a lungo scuola.
Per Beck la depressione non è uno stato particolare, ma un momento particolare che si innesta su forme di melanconia e tristezza quotidiane. Egli imputa la depressione a errori di pensiero e valutazione nell'interpretazione degli eventi.
In ciò non sembra prestare particolare attenzione al fatto che una perdita dolorosa non può essere interpretata diversamente da una perdita dolorosa e che se perdiamo la moglie molto amata, non è affatto semplice ed automatico trovarne subito un'altra.
Tuttavia si potrebbe concordare sull'importanza del fattore tendenza all'autodenigrazione ed all'auto-rimprovero.
Ora si preferisce insistere su come recuperare l'autostima ed esistono diversi "magici" manuali per ritrovarla.

Disturbi bipolari: questa tipologia aggiunge un comportamento maniacale al sintomo di depressione. Negli afflitti da disturbi bipolari lo stato di depressione si alterna a momenti nel quale il paziente manifesta energia ed ottimismo eccessivi.
Secondo Darley & C. « Il comportamento maniacale a prima vista sembra un approccio positivo ed entusiastico alla vita. Ma ben presto appare chiaro che, nel periodo maniacale, il comportamento e le reazioni nei confronti della genta sono esasperati e inappropriati. Spesso queste persone manifestano grande gioia ed esaltazione, mostrano notevole irrequietezza e si tuffano in una molteplicità di imprese e appaiono frenetici tanto nelle attività pratiche quanto nell'ideazione, si dimostrano impazienti e dotati di scarsa concentrazione e limitata capacità di giudizio.»