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L' autismo ( e le sue cause)
Nella storia della psichiatria la psicosi
venne via via definendosi come malattia mentale
che investe globalmente la personalità.
Essa quindi viene gravemente compromessa.
Nel tempo si arrivò a distinguere le psicosi
in tre grandi gruppi: idetiche, timiche e
volitive.
Le psicosi idetiche sono quelle in particolar
modo caratterizzate da un comportamento istintivo
dominante in presenza di una evidente incapacità
di dominarlo da parte della volontà.
Nel tempo si sono, inoltre, verificate accese
discussioni sull'uso del termine "psicosi
infantile", anche perchè il bambino
va incontro a patologie del tutto diverse
da quelle dell'adulto.
A partire dal 1930 si stabilizzarono, per
così dire, due correnti: una organicista
rappresentata da Bender, Ribbie, e Despert;
l'altra di orientamento psicodinamico comprendente
Melanie Klein, Mahler, Lebovici, Diatkine
e Creak.
Al di là delle discussione sulle cause, si
deve comprendere che per psicosi infantile
si intende un grave disturbo nella strutturazione
del senso dell'io (si dovrebbe dire della
personalità) , o una destrutturazione dello
stesso nel quale l'aspetto fondamentale è
quello di un alterato rapporto affettivo
con la realtà.
Ciò si spiega soprattutto così: il bimbo
posto di fronte ad esperienze angoscianti
rimane ancorato o regredisce a comportamenti
che gli permettano di affrontare in modo
ridotto le situazioni più angoscianti.
La tendenza prevalente di una psicosi infantile
è dunque quella di ridurre le relazioni col
mondo esterno.
L'OMS dal 1968 include nelle psicosi precoci
il seguente carattere fondamentale: nel soggetto
si osserva la mancata o incompleta strutturazione
delle prime relazioni oggettuali.
L'autismo infantile di Kanner
Descritto da Eugen Bleuler nel 1911, ma studiato
in particolar modo da Kanner, l'autismo comporta
una rigida chiusura in se stessi e conseguente
perdita di contatto con la realtà. Ne viene
una impossibilità a comunicare con gli altri.
L'autismo infantile colpisce in particolare
e più facilmente soggetti maschili e si verifica
spesso in famiglie di elevata cultura e buon
livello sociale.
Alla nascita il soggetto si presenta normale.
Solo tra il 4 e l'8 mese si notano l'assenza
di movimenti anticipatori abituali e la comparsa
di condotte motorie particolari che si verificano
su uno sfondo di apatie e disinteresse per
gli altri.
Il bambino autistico vive in un mondo di
oggetti che utilizza in modo stereotipato
e dei quali sembra non riconoscere il carattere
di esteriorità.
Non sembra avere interesse per le persone,
non desidera un rapporto con loro, pertanto
non cerca di comunicare.
Preoccupazione costante di questi bambini
è quella del mantenimento dell'omeostasi.
Rifiutano di cambiare vestito, seguono a
volte un bizzarro rituale per andare a dormire
e fanno le bizze sulla dieta.
Tutte le volte che si cerca di cambiare queste
abitudini e questi automatismi, si verificano
crisi ed opposizioni, anche con tratti aggressivi.
Tuttavia il bambino autistico ha buone potenzialità
motorie e manuali ed è capace di movimenti
rapidi.
Il linguaggio è invece gravemente compromesso
e non diventa strumento di comunicazione.
Pare importante sottolineare che una caratteristica
rilevante dell'autismo è la mancanza di ogni
segno di encefalopatia.
Nel 1926 Corberi aveva parlato di Regressio
mentis infanto/juvenelis e in un caso studiato
istologicamente con biopsia cerebrale, lo
stesso Corberi, in collaborazione con Ugo
Cerletti (l'inventore della terapia elettroconvulsiva),
dimostrò una degenerazione lipoidea.
Si tratta quindi di distinguere tra una regressione
organica, dovuta a lesioni riscontrabili,
ed una regressione, od un arresto, dovuto
a elementi psicodinamici.
Perchè si possa parlare di autismo si devono
verificare, secondo il DSM IV R (1994), le seguenti situazioni in ordine
ai tre criteri elencati qui sotto:
Criterio A
compromissione qualitativa della comunicazione come manifestato da almeno uno dei seguenti:
a) ritardo o totale mancanza dello sviluppo del linguaggio parlato (non accompagnato da un tentativo di compenso attraverso modalità alternative di comunicazione come gesti e mimica);
b) in soggetti con linguaggio adeguato, marcata compromissione delle capacità di iniziare o sostenere una conversazione con altri;
c) uso di linguaggio stereotipato e ripetitivo o linguaggio eccentrico;
d) mancanza di giochi di simulazione vari e spontanei, o di giochi di imitazione sociale adeguati al livello di sviluppo.
Criterio B
compromissione qualitativa dell’interazione sociale come manifestato da almeno due dei seguenti:
a) marcata compromissione nell’uso di svariati comportamenti non verbali, come lo sguardo diretto, l’espressione mimica, le posture corporee, e i gesti che regolano l’interazione sociale;
b) incapacità di sviluppare relazioni coi coetanei adeguate al livello di sviluppo;
c) mancanza di ricerca spontanea della condivisione di gioie, interessi od obiettivi con altre persone (per es., non mostrare, portare, né richiamare l’attenzione su oggetti di proprio interesse);
d) mancanza di reciprocità sociale ed emotiva.
Criterio C
:modalità di comportamento, interessi e attività ristretti, ripetitivi e stereotipati, come manifestato da almeno uno dei seguenti:
a) dedizione assorbente a uno o più tipi di interessi ristretti e stereotipati anomali o per intensità o per focalizzazione;
b) sottomissione del tutto rigida a inutili abitudini o rituali specifici;
c) manierismi motori stereotipati e ripetitivi (battere o torcere le mani o il capo, o complessi movimenti di tutto il corpo);
d) persistente ed eccessivo interesse per parti di oggetti.
(Dal DSM-IV)
Nel DSM IV l'autismo, inserito nei Disordini Generalizzati dello Sviluppo, è stato spostato dall'asse II (disordini a decorso lungo, stabili e con prognosi infausta) all'asse I (disordini episodici e transitori). Ciò implica l'aver riconosciuto che i sintomi possono variare ed attenuarsi, cosa che normalmente non si verifica per i disturbi sull'asse II, come ritardo mentale e disordini di personalità.
Parallelamente sono anche leggermente cambiati i criteri diagnostici. La categoria è divenuta più omogenea, dato che i sintomi che ne fanno parte sono diminuiti da 16 a 12. Di questi, devono esserne presenti almeno 6, distribuiti fra tre aree (comunicazione, interazione sociale e patterns di comportamento stereotipati), con minimo due di essi che indichino deficit nell'interazione sociale.
Sono stati inoltre introdotti sotto la stessa categoria diagnostica dell'Autismo (i Disordini Generalizzati dello Sviluppo) tre nuovi disturbi correlati: il Disturbo di Rett, il Disturbo Disintegrativo della Fanciullezza e il Disturbo di Asperger.
Le cause dell'autismo
Al momento di chiudere questo servizio compare
in edicola il numero 7 delle Scienze - dossier
- primavera 2001, contenente l'interessante
articolo di Patricia M. Rodier Le cause dell'autismo.
La Rodier è docente di ostetricia e ginecologia
all'Università di Rochester e si occupa di
danni allo sviluppo del sistema nervoso fin
da quando studiava embriologia all'università
della Virginia.
L'articolo si segnala per onestà intellettuale
e completezza.
Secondo la Rodier almeno 16 bambini su 10.000
nascono affetti da autismo o da una delle
malattie ad esso collegate.
« Le basi biologiche dell'autismo -
scrive - si sono rivelate sfuggenti e questo
ha impedito non solo di identificare i principali
fattori di rischio per l'autismo ma anche
di mettere a punto nuovi farmaci per curarlo.
Esaminando il modo in cui questo disturbo
viene ereditato, si è osservato che l'autismo
colpisce intere famiglie, anche se in modo
non sempre chiaro. I figli degli individui
affetti da autismo hanno una probabilità
su che va dal 3 all'8 per cento di di presentare
i sintomi della malattia.»
Tale probabilità supera di gran lunga la
percentuale di rischio generale, che è dello
0,16 %.
La Rodier confessa di essere partita, nella
sua ricerca, da un dato raccapricciante:
due oculisti pediatri, Marylin T. Miller,
dell'Università dell'Illinois, e Kerstin
Strömland dell'Università di Goteborg,
avevano notato un risultato sorprendente
emerso dalle osservazioni sui problemi di
motilità oculare nelle vittime del talidomide,
un farmaco usato come tranquillante e antinausea.
Negli anni 60 questo farmaco aveva provocato
abnormi difetti congeniti in feti esposti
al farmaco mentre si trovavano nel ventre
materno.
Esaminando questi soggetti da adulti Miller
e Strömland notarono qualcosa che era
finora passato inosservato, ovvero che quasi
il 5% delle vittime del talidomide era affetta
da autismo; ovvero una percentuale 30 volte
più elevata di quella riscontrabile in generale.
Scrive ancora la Rodier:« Questi risultati
furono per me una vera e propria rivelazione
e ne rimasi fortemente impressionata. Nel
tentativo di identificare le cause dell'autismo
si era a lungo cercato di individuare il
momento preciso in cui insorge la malattia.
Secondo le ipotesi che erano state proposte,
il disturbo avrebbe origine durante l'ultimo
periodo di gestazione o nei primi mesi di
vita postnatale, ma non si era trovata alcuna
prova a sostegno dell'una o dell'altra delle
due teorie. Il legame con il talidomide gettò
all'improvviso una luce nuova e più intensa
su questo soggetto: indicava infatti che
l'autismo avesse origine durante le prime
settimane di gravidanza, quando il cervello
e tutto il sistema nervoso dell'embrione
stanno appena incominciando a formarsi.»
Tutto questo rimette sul banco degli imputati
il famigerato talidomide, ma anche tutti
gli altri tipi di tranquillanti ed ansiolitici
dovrebbero in qualche modo essere riesanimati.
L'ansia delle gestanti non dovrebbe essere
curata con farmaci fino a prova contraria.
Ma l'articolo della Rodier descrive anche
ulteriori studi di grandissimo interesse.
Nell'osservazione di ratti transgenici del
tipo knock-out, modificati in modo da non
poter più esprimere il gene Hoxa1, si dimostrò
che lo stesso gene svolge un ruolo di primo
piano nello sviluppo del tronco cerebrale.
Questo gene è responsabile di un tipo di
proteina chiamato fattore di trascrizione,
che modula l'attività di altri geni.
La versione umana del gene, chiamata HOXA1,
è situata nel cromosoma 7; contiene appena
due regioni che codificano la proteina assieme
a regioni che regolano il livello di sintesi
proteica. Esaminando il sangue di soggetti
autistici, furono individuati due varianti
alleliche di HOXA1 e fu dimostrato che la
variante genica produce un tipo di proteina
lievemente diversa da quella originata dal
gene normale. Successivamente fu anche rilevato
che la frequenza della variante allelica
nei malati di autismo era significativamente
più elevata.
Nostra considerazione
C'è da sperare che questo tipo di ricerche
confermi l'ipotesi della quale da tempo siamo
convinti: è meglio assumere il minor numero
di farmaci possibili perchè questi alterano
in ogni caso il normale funzionamento proprio
al livello della produzione genetica.
cactus - 30 marzo 2001 -