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Il positivismo in poche parole

Si possono leggere molti libri e trovare diverse valutazioni sul positivismo ma, in generale gli studiosi concordano su alcune considerazioni fondamentali, ovvero che il positivismo iniziò in qualche modo con Saint-Simon che, tra l'altro, coniò il termine stesso, e venne fortemente caratterizzato dalle idee di Auguste Comte.
Tra i due si può vedere sia continuità che rottura, ovviamente in senso diverso.

Saint-Simon fu inequivocabilmente un socialista, con una forte dirittura cristiana. La sua preoccupazione fondamentale fu quella della giustizia sociale e le sue proposte di riforma e riorganizzazione della società andavano nella direzione di una correzione degli eccessi e degli errori della rivoluzione francese. Per Saint-Simon, Dio era ancora vivo e vegeto, mentre la religione era morta.
Nel periodo finale della sua esistenza cercò in ogni modo di resuscitare lo spirito del cristianesimo primitivo, rendendosi conto che senza un uomo nuovo non vi sarebbero stati progressi significativi nella distribuzione dei beni sociali.

Comte riprese molte delle idee di Saint-Simon e rivendicò persino la paternità di alcuni scritti da lui firmati.
Ma, più che dalla giustizia, era preoccupato dal problema del disordine sociale e spirituale. Il suo pensiero sarebbe definibile come socialista solo nel senso di una reazione all'anarchia provocata dall'individualismo. Più che un critico della divisione borghese dei profitti, egli fu un critico del modello liberale del sistema dei diritti.
Su Comte ebbero indubbiamente influenza sia pensatori progressisti, come Condorcet, che pensatori reazionari come De Maistre. Da questi trasse soprattutto la lezione della società intesa come organismo, ovvero come qualcosa di organico.
Più che di socialismo comtiano, si dovrebbe allora parlare di sociocrazia, soprattutto in senso autoritario.
Non è del tutto infondato, pertanto, descrivere la società propugnata da Comte come una dittatura della società sull'individuo, e come un culto religioso reso ai principi dell'altruismo assoluto ed incondizionato.
Per Comte, in sostanza, Dio era morto, mentre la religione, sebbene non se la passasse granchè bene, poteva essere resuscitata. Non a caso egli considerò San Paolo come superiore a Cristo stesso, come fondatore della cattolicità e dunque in maniera del tutto alternativa alla teologia protestante, per la quale l'apostolo Paolo fu quasi il fondatore di un atteggiamento protestante, ovvero del rapporto del singolo con Dio, senza la pedagogia della legge, con Cristo come unico mediatore e maestro.

Lo stesso protestantesimo fu considerato da Comte una iattura, una pericolosa manifestazione d'infantilismo ed una delle cause del disordine spirituale.
E' per queste posizioni estreme di Comte, soprattutto, che non si può parlare del positivismo come di una filosofia unitaria. Infatti la generalità dei pensatori più importanti classificati come positivisti, da Stuart Mill allo stesso Spencer, fu di tutt'altro avviso. Essi erano giunti al positivismo passando dall'utilitarismo e quindi dal radicalismo liberale di Jeremy Bentham e soprattutto del padre di Mill, James Mill. Fondamentalmente rimasero dei liberali, soprattutto Spencer, mentre per Stuart Mill si può parlare di liberal-socialismo, perchè nei suoi Principi di economia politica egli mostrò una grande apertura al problema del socialismo economico.
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In ogni caso a Comte si deve la spiegazione del significato della parola positivo e di conseguenza la caratterizzazione filosofica vera e propria del positivismo.
Esso significa reale in senso contrapposto a fantastico, poi significa certo, ovvero osservabile e controllabile sperimentalmente e statisticamente, infine significa utile, cioè utilizzabile da parte dell'uomo come manipolazione tecnica, artigianale ed industriale delle risorse naturali.
La caratterizzazione iniziale del positivismo fu quindi di contrapposizione alla metafisica, cioè ad una metodologia di pensiero che ricavava le proprie idee fondamentali da principi astratti quali l'uguaglianza e la disuguaglianza tra gli uomini, la legittimazione della vera conoscenza attraverso la sanzione di un'autorità canonica, la riflessione speculativa sulla stessa scoperta scientifica senza il necessario rispetto dell'ambito limitato della conoscenza e della validità della teoria.

Come contrapposta al termine negativo, il positivo della filosofia comtiana era anche un atteggiamento che anticipava talune riproposizioni del pensare positivo oggi di moda, ossia il cercare di vedere sempre il lato migliore di ogni situazione, un pizzico di ottimismo sul futuro di noi individui aperti al dialogo e costruttivi, anzichè solo critici e distruttivi.
Si può inoltre parlare di un significato organico del termine positivo in quanto l'atteggiamento del positivista ipotizzato da Comte nei confronti della realtà, era quello di considerarla un tutto dotato di unità ed organizzato in modo sistematico e non un insieme frammentario del quale ogni scienza potrebbe anche dare rappresentazioni parziali e contraddittorie.
Infine, emerse dalle riflessioni comtiane il significato di relativo. La conoscenza è sempre relativa, dice Comte, in quanto si volge esclusivamente allo studio di relazioni.
Karl Löwith spiega molto bene il carattere del relativismo comtiano: « Mentre ogni ricerca sulla natura delle cose deve essere assoluta, lo studio delle leggi dei processi deve essere relativo.[...] Spiegare un fenomeno significa, per lo spirito positivo, null'altro che stabilire relazioni tra singoli fenomeni ed alcune leggi generali, il cui numero diminuisce sempre più con il progresso della scienza. L'ideale irraggiungibile -prosegue Löwith - sarebbe la spiegazione di tutti i fatti mediante un'unica legge, come quella di gravitazione. » (da Significato e fine della storia - cit.)
Löwith non ricorda che questo ideale scientifico di riduzione era stato perseguito con accanimento da Laplace e che, nonostante la critica abbia insistito sulla derivazione di molte idee comtiane dal fisico matematico Fourier, per il quale sarebbero stati i progressi in matematica a risolvere gli enigmi della fisica, è proprio da Laplace ( e dal suo più sicuro ispiratore, Condorcet) che Comte derivò la convinzione che la scienza fosse in grado di prevedere il futuro svolgimento dei processi relativi.

Credo sia utile partire da quello che considero uno dei pilastri del pensiero di Comte per intendere appieno il significato ultimo della sua filosofia.
Egli scrisse che esisteva al suo tempo, siamo nei primi decenni dell'ottocento, una innaturale ed illogica divisione tra i fautori dell'ordine, semplicemente dei reazionari, o al meglio, dei conservatori, ed i fautori del progresso, cioè dei ribelli, dei rivoluzionari, dei portatori di disordine spirituale e politico, di anarchia perniciosa vera e propria. Era sua convinzione che questa divisione potesse essere superata con un progresso ordinato, o se preferiamo, con un ordine capace di progresso.
Questa notevole posizione sfidava per molti aspetti l'impossibile, ovvero qualcosa che non era mai realmente accaduto nella storia, anche quando il nuovo non era stato immediatamente politico, come nel caso di Galileo.
Per arrivare a ciò, Comte suppose fosse possibile costruire una scienza della società, che egli battezzò dapprima come fisica sociale, e poi come sociologia. Imparando dalle altre scienze, in particolare dalla matematica e dalla fisica, egli si convinse che applicando gli stessi metodi, fosse possibile, dunque dare carattere positivo, quindi reale, certo, utile, organico e relativo anche alla fisica sociale.

La scienza in generale fu per Comte l'unico modello di conoscenza veramente positivo, dunque veramente certo ed utile. Non sempre, tuttavia, si era presentata come sapere organico nell'ampia e filosofica accezione intesa da lui stesso, il quale si distinse da altri pensatori, ad esempio gli inglesi Herschel e Whewell, che pure avevano scritto all'inizio dell'ottocento pagine importanti di epistemologia, cioè di filosofia della scienza, insistendo sull'analisi e la ricostruzione del metodo seguito dagli scienziati. Comte diede particolare enfasi alla storia delle scienze stesse, affermando che esse evolvono sempre passando attraverso tre stadi diversi: quello teologico, quello metafisico, e quello scientifico vero e proprio. Herschel e Whewell, come altri, avevano incominciato la loro riflessione dal solo stadio scientifico, e Whewell non rinnegò mai la teologia come indispensabile complemento della formazione umana e come unica fonte della morale.
Per fase teologica di una qualsiasi scienza, Comte intendeva la spiegazione dei fenomeni naturali con cause sovrannaturali, ad esempio l'ira di un dio che provoca temporali, terremoti ed alluvioni; e per fase metafisica un momento nel quale la Natura indeterminata, astratta, veniva considerata causa dei fenomeni concreti, come ad esempio nel caso del vitalismo in campo biologico, cioè di un astratto principio vitale in grado di spiegare l'inspiegabile della biologia stessa, ovvero l'esistenza della vita, o il flogisto in chimica, o ancora l'etere in fisica (scoperto come inesistente molto tempo dopo Comte), o perfino con l'influenza planetaria e zodiacale in astrologia.
Il passaggio dalla fase metafisica a quella scientifica vera e propria era stato avviato dalla rivoluzione scientifica del seicento, in particolare da Descartes e Pascal.

L'atteggiamento di Comte nei confronti della scienza come unica fonte di sapere reale e positivo e della storia come categoria globale di interpretazione, ha indotto lo storico del pensiero filosofico Nicola Abbagnano a scrivere che "il positivismo fu una romanticizzazione della scienza ed una divinizzazione dell storia", non ritenendo opportuno, pertanto, evidenziare più di tanto gli elementi di differenziazione del positivismo dal generale movimento romantico che influenzava in particolare la filosofia, l'arte e la letteratura del momento.
Personalmente ritengo sia più corretto, ai fini della comprensione del positivismo, evidenziare gli aspetti che caratterizzarono in senso diverso positivismo e romanticismo perchè in quest'ultimo la scienza fu spesso, se non negata, quantomeno fortemente ridimensionata o ridotta a puro sapere empirico, a dato particolare su cui speculare in generale in modo propriamente metafisico, si pensi alla filosofia della natura di Schelling ed alla grande influenza che esercitò sugli stessi scienziati tedeschi, molti dei quali furono dichiaratamente romantici prima delle decise rotture invocate dal chimico Justus von Liebig e dallo scienziato tuttologo Hermann Hermholtz.
Ciò non va confuso con il fatto che vi furono scienziati che continuarono a pensare in grande, secondo un modello olistico e non riduzionistico, meccanico e segmentario. In medicina, per fare un esempio, si ebbero due modelli distinti con Ferdinand Magendie e Claude Bernard, che pure contribuirono entrambi con la loro specificità ai progressi di questa disciplina. Ma la scoperta, da parte di Bernard, di un ambiente interno agli organismi viventi, non può certo essere ascritta al metodo meccanico-riduzionista cartesiano ed alla scomposizione dei problemi complessi in problemi semplici seguito da Magendie.

Certo, a suo modo, Comte fu anche romantico: basta esaminare le sue concezioni etiche, la straordinaria importanza che ebbe la sua religione dell'altruismo, per averne la prova. Tuttavia, in ordine al rapporto con la scienza stessa, si tratta di comprendere che più di una romanticizzazione, si fu con Comte ad un tentativo di riorganizzazione secondo direttive e criteri organici ed ad una valorizzazione della scienza come modello di conoscenza, nonchè ad una sua totale identificazione con la logica.
Per Comte, questo è un punto basilare, scienza e logica non separabili, mentre, in realtà, specie con Stuart Mill, la logica precede in ogni caso la scienza e si può usare la logica indipendentemente dalla scienza, a meno che non si consideri anche la logica come una scienza a parte. Ma nel modello comtiano delle scienze positive la logica non rientra.
Ed è proprio su questi punti, uniti alle concezioni etiche e sociali propugnate da Comte, l'emancipazione femminile, i problemi politici e le concezioni sociocratiche ed illiberali, che il positivismo non riuscì a mantenere una struttura unitaria ed omogenea, ma si articolò in positivismi, o se si preferisce, in filosofie del tutto diverse da quella di Comte, e decisamente antiromantiche.
Persino Emil Littrè, uno dei più fedeli interpreti del pensiero comtiano, sentì il dovere di dissociarsi.
Dire, quindi, se John Stuart Mill fu realmente positivista, se lo fu il medico Claude Bernard, se lo fu Herbert Spencer o lo fu il sociologo Emile Durkheim è quanto mai problematico.
Una volta dati dei caratteri, poniamo a,b,c,d, che dovrebbero invariabilmente ricorrere in ogni pensatore classificato come positivista, ci accorgiamo che a interessa solo Mill, b riguarda solo Littrè, c manca in tutti e d lo si trova solo in Spencer, ma nemmeno tanto evidenziato nello stesso Comte, il quale fu, ad esempio, un seguace della frenologia di Gall, ed ebbe sempre un atteggiamento critico nei confronti della psicologia, mentre la moltitudine dei pensatori positivisti, a partire dallo stesso Mill, e poi da Spencer, furono del tutto contrari alla frenologia di Gall, e favorevoli alla psicologia.
In sostanza si potrebbe dire tanto che il positivismo finì con Comte, quanto sostenere la tesi opposta, ovvero che esso allevò molti rampolli, proseguì fino a Mach, o persino a Weber, sopravvisse alla crisi di fine secolo e risorse nel neopositivismo logico del Wiener Kreis . Tutto sta nel fissare i criteri, cioè trovare quei caratteri a,b,c,d, ecc...
Limpresa non mi appassiona molto e pertanto la lascio volentieri ad altri perchè credo molto nel proverbio "non è l'abito che fa il monaco".

Non a caso ho preferito considerare il positivismo come un'area comune a pensatori molto diversi tra loro e ricavare come minimo comun denominatore il riconoscimento dell'impresa scientifica e dei metodi scientifici, nonchè il tentativo, in parte riuscito in parte fallito, di dar vita alle scienze umane.
Comte, come vedremo, non ebbe in realtà un atteggiamento di rispetto per l'autonomia delle scienze; gli altri cosiddetti positivisti, al contrario, non solo ne presero atto, ma la incentivarono. E questa non mi pare una distinzione di poco conto. Anzi, è proprio una sorta di rasoio che taglia in due il positivismo totalizzante di Comte dall'affermazione dell'utilità e della necessità della libera ricerca degli altri.

Normalmente si da grande importanza, con Comte, alla nascita della sociologia. In realtà sia l'economia politica che la psicologia, che l'antropologia andrebbero considerate a pieno titolo come scienze umane che durante il periodo positivista conobbero, se non la nascita, quantomeno un fortissimo sviluppo sulla scorta di una spinta oggettiva e sociale a rendere più scientifica, nel senso già detto di certa e controllabile, la conoscenza delle realtà umane.
Qui potremmo chiederci se in qualche modo sono i filosofi ad influenzare il modo di pensare della gente, e degli stessi scienziati, o se, al contrario, il filosofo stesso non sia in qualche modo il sensore in grado di portare a consapevolezza un qualcosa che è già presente nell'inconscio e nel semiconscio collettivo.
Personalmente sono molto convinto di questa seconda spiegazione perchè ritengo che, nella stragrande maggioranza dei casi, le idee si producano più come reazione al maturare di situazioni che come momenti creativi veri e propri.
Il fatto che, soprattutto nella seconda metà dell'ottocento, alcune idee ed atteggiamenti positivisti siano diventati la filosofia dei tecnici, degli ingegneri e dei maestri di scuola, come sostiene Stefano Poggi, si spiega sia ricorrendo alla categoria di influenza esercitata dall'intellettuale sulla società, che alla categoria inversa, molto agostiniana, di qualcosa che era già nell'aria e nel cuore della gente come reazione ai mutamenti sociali, politici ed economici in atto, in primo luogo la rivoluzione industriale.

Il positivismo fu soprattutto un grandioso tentativo di rendere scientifico lo studio del mondo umano e delle società ed anche rassicurare, in qualche modo, che i cambiamenti non avrebbero portato a collassi e nuove barbarie, ma a progressi significativi.
Parallelamente anche Marx, scoprendo quelle che a suo avviso erano le leggi scientifiche di sviluppo della storia, fece lo stesso, ed Engels, nell'AntiDühring, pur criticando aspramente il positivista Dühring, finì con l'avvicinarsi a molte delle idee positiviste. Questo bisogno di scientificità, di prevedere e prevenire, onde agire (Comte) era dunque diffuso e diede vita ad uno sviluppo dell'atteggiamento deterministico già presente in Laplace.
Ovviamente, se si pensa che il determinismo laplaciano era comunque ristretto ai fenomeni fisici e naturali, mentre il determinsmo delle nuove scienze sociali era esteso ai comportamenti umani, si comprende che siamo di fronte a due determinismi del tutto diversi. Il primo, fino all'avvento della meccanica quantistica, ed anche nonostante la stessa, mantiene ancora una sua validità metodologica e di approccio alle invariabili del mondo fisico, al fatto incontrovertibile che vi siano leggi naturali come quella di gravità che rende impossibile che uomo si metta a volare senza l'ausilio di mezzi meccanici e che chiunque provi a librarsi nell'aria gettandosi da una rupe, può solo sperare di cadere in un specchio d'acqua piuttosto profondo.
Il determinismo sociale, al contrario, pur mantenendo una certa validità nel campo delle teorie economiche o sociologiche, pare categorialmente incapace di fare davvero previsioni incentrate su presunte leggi di sviluppo sociale o psicologico. Più che di leggi, in questo caso occorrerebbe parlare di tendenze e probabilità maggiori o minori.
Il positivismo, dunque, sotto questo profilo particolare, presenta un bilancio contraddittorio: riuscì a sostenere lo sviluppo e la giusta fiducia che si deve dare alle scienze esatte, ma fallì, come del resto il marxismo più ortodosso, nel campo delle previsioni profetiche esatte al cento per cento nel campo delle scienze umane.
Ancor oggi, del resto, la querelle attorno al significato di scienza è aperta: si può definire scienza una qualsivoglia disciplina non fondata sull'esattezza della previsione ?
Non è che, ad esempio, dire che è probabile che qualcosa si comporterà così, sia più esatto che dire si comporterà certamente così!

Letture consigliate:
L. Kolakowski - La filosofia del positivismo - Laterza - Roma-Bari, 1974
S.Poggi - Il positivismo - Laterza - Bari, ristampa del 1999
Nicola Abbagnano - La filosofia del Romanticismo - in Storia della filosofia - TEA - volume V
A cura di Palo Rossi - Storia del pensiero scientifico - TEA - 6 volumi
E. Garin -La cultura italiana tra '800 e '900 - Laterza - Bari, 1962
Pietro Rossi ( a cura di ) Positivismo e società industriale - Loescher - Torino 1973
Karl Löwith - Significato e fine della storia - Il Saggiatore - Milano, 1989
Eric Roll - Storia del pensiero economico - Boringhieri - Torino, 1954
C. Bernard - Introduzione allo studio della medicina sperimentale - Feltrinelli - Milano 1951
A. Gabelli - L'uomo e le scienze morali - ed. Brigola - Milano 1869
A. Comte - Corso di filosofia positiva - trad. parziale di L. Geymonat e M. Quaranta - Radar - Padova - 1967
J.S. Mill - Saggio sulla libertà, a cura di G. Giorello e M. Mondadori - Il Saggiatore - Milano 1981
J. S Mill - Sistema di logica - a cura di G. Facchi - Ubaldini - Roma, 1968
R. Ardigò - La morale dei positivisti - a cura di G. Giannini - Marzorati - Milano, 1973
F. Amerio - Roberto Ardigò - Bocca - Roma, 1957
R. Virchow - Vecchio e nuovo vitalismo (ed altri scritti) - Laterza - Bari, 1969
E.Mayr- Evoluzione e varietà dei viventi - Einaudi - Torino, 1983
G. Maconi - Storia della medicina e della chirurgia - Ambrosiana, Milano 1991
Cosmacini - L'arte lunga-Storia della medicina dall'antichità ad oggi - Laterza - Bari,
L. Geymonat - Filosofia e filosofia della scienza - Feltrinelli - Milano, 1960
J.C. Green - Biologia e teoria sociale - sta in : Evoluzione: biologia e scienze umane - a cura di Giuliano Pancaldi - Mulino - Bologna, 1976
Giulio Giorello e AA.VV - Introduzione alla filosofia della scienza - Bompiani - Milano, 1994
Pascal Duris e Gabriel Gohau - Storia della biologia - Einaudi - Torino, 1999
Alexander Koirè - Dal mondo del pressapoco all'universo della precisione - Einaudi, Torino 1967


!11 gennaio 2002 - Guido Marenco © -