torna a indice positivismo |
John W. F. Herschel (1792 - 1871)
L'importanza di John Herschel nella storia
della filosofia rischia per diversi motivi
di venire misconosciuta. In realtà egli fu
il primo a tentare di mostrare in modo organico
quanto fosse inadeguato e parziale il modello
metodologico elaborato da Francis Bacon,
centrato sulla sola induzione, e fu anche
il primo a proporre una distinzione tra contesto della scoperta e contesto della giustificazione nei percorsi che conducono alla scoperta
delle leggi ed alla successiva formulazione
delle teorie.
Per quanto mi consta, fu anche, se non il
primo, certamente tra i primi a distinguere
in modo chiaro e sensato tra legge di natura
e teoria generale, intendendo per quest'ultima
non una visione ideologica e sistematica
del mondo alla maniere della filosofia della
natura di Schelling, ma un piano di precisa
concordanza tra le leggi fisiche e, anche
tra queste e quelle chimiche e addirittura
biologiche.
Inoltre, avendo egli assegnato un ruolo importante
alla creazione di ipotesi, fu anche il primo
a parlare di falsificazione delle teorie, ovvero della necessità da
parte dello scienziato e del ricercatore,
di mettere in campo tutte le possibili obiezioni
e registrare meticolosamente tutti i fatti
che avrebbero potuto smentire una data teoria.
Come si si vede, ce n'è d'avanzo per fare
di Herschel una figura meritevole di approfondimenti.
Purtroppo ho potuto lavorare su materiale
scarso e di seconda mano perchè anche su
internet non esistono per ora testi originali
o studi approfonditi.
Il primo passo di Herschel fu quello di comprendere
che molte importanti scoperte scientifiche
non si erano sviluppate allo schema induttivo
elaborato da Bacon.
Ciò non equivaleva al voler negare la validità
dell'impostazione, ma solo evidenziare la
sua parzialità; infatti Herschel aveva scritto:«
[...] grazie alle scoperte di Copernico,
Keplero e Galilei gli errori della filosofia
aristotelica sono stati efficacemente capovolti,
facendo ricorso semplicemente ai fatti della
natura; restava da spiegare però, sulla base
di principi ampi e generali, come e perchè
Aristotele si sbagliasse; si dovevano ancora
mettere in evidenza le peculiari debolezze
del suo metodo di filosofare, per sostituirle
con un metodo più forte e migliore. Questo
importante compito svolto da Francis Bacon.
» (da Preliminary Discourse on the Study of Natural
Philosophy, Longman, Rees, Orme, Brown & Green,
and John Taylor - London, 1830)
Questo approccio di Herschel è facilmente
spiegabile guardando alla sua formazione
ed ai furori matematici degli anni giovanili
trascorsi a Cambridge.
Era nato nel 1792 e suo padre era il celebre
astronomo William Herschel.
Molto precocemente prese a frequentare il
matematico (ed economista) Charles Babbage
e gli ambienti dell'Analytical Society, un
circolo fondato dallo stesso Babbage nel
quale si discuteva animatamente di algebra,
fisica e filosofia in termini del tutto anticonvenzionali.
Un problema era dato dal fatto che la cultura
matematica inglese era pressapoco ferma ai
tempi di Newton, se ne rispettava perfino
religiosamente la simbologia, mentre dal
continente, in particolare dalla Francia,
continuavano a piovere Memoirs che mostravano l'avanzamento negli studi.
Una forte influenza era esercitata da Laplace
in campo fisico, ma i politecnici francesi
sembravano in generale capaci di innovare
fortemente tutti gli indirizzi di ricerca
nel campo delle matematiche.
Una singolare eccezione in questo campo era
costituita da Robert Woodhouse (1773 - 1827),
fellow al Caius College di Cambridge.
In particolare, Woodhouse aveva intrapreso
una ricerca sui numeri immaginari, altrimenti
detti "impossibili", sostenendo
che: «[...] se equazioni con segni
e caratteri qualsiasi portano a giuste conclusioni,
tali operazioni devono essere vere in virtù
di un qualche principio [...] - e aggiungeva
- sebbene il simbolo radice quadrata di -1
sia al di là della potenza del calcolo aritmetico,
le operazioni in cui esso è introdotto sono
comprensibili e meritano quant'altro mai
il nome di ragionamento. »
Commenta in proposito Umberto Bottazzini:
« Un atteggiamento che portava Woodhouse
a definire le dimostrazioni matematiche come
"un metodo per tracciare una connessione
tra certi principi ed una conclusione"
mediante una catena di proposizioni intermedie,
ognuna delle quali è trasformata nella successiva
"cambiando la combinazione di segni
che la rappresenta in un'altra equivalente
ad essa. » (da L'algebra simbolica e la scienza del tempo
"puro" e delle forme - in Storia della scienza moderna e contemporanea
- a cura di Paolo Rossi)
Di fronte a questi ed altri stimoli, che
portavano comunque a privilegiare, con Woodhouse,
la dimensione algebrica e simbolica, Herschel,
sotto l'influsso di Babbage prese radicalmente
partito per la potenza del ragionamento delle
operazioni logiche fondate sul simbolismo.
Nel 1813 usciva un lavoro intitolato Memorie della Società Analitica che Babbage avrebbe voluto intitolare "I
principi del puro d-ism in opposizione alla
dot-age dell'università". Per capire
il gioco di parole: dot era riferito a "punti"
di Newton, mentre dotage significa rimbambimento.
Herschel, prima di abbandonare il campo delle
ricerche algebriche per coltivare la vecchia
passione del padre, l'astronomia, diede notevoli
contributi. Nella citata Memorie curata da Babbage scrisse una parte centrata
sul problema dell'integrazione delle equazioni
differenziali. Più tardi riprese l'argomento
con un'opera intitolata Considerazioni su diversi punti di analisi.
Questi studi, apparentemente fini a se stessi,
trovarono uno sviluppo nel lavoro di George
Boole (1815 - 1864), prima in senso strettamente
matematico, poi in senso più estesamente
logico.
Nel 1830 Herschel pubblicò Preliminary Discourse on the Study of Natural
Philosophy, ovvero l'opera fondamentale della sua estemporanea
carriera di filosofo della scienza.
Era giunto a formulare i concetti fondamentali
della sua visione della filosofia della scienza
attraverso una riflessione sugli sviluppi
di molte discipline, non ultime la fisica,
l'astronomia, la chimica e la geologia.
Come vedremo, io credo che Herschel debba
una buona parte del suo concetto di teoria scientifica a Laplace, ma gli importanti contributi
di cui si parlava all'inizio sono indubbiamente
originali.
Dal 1834 al 1838 risiedette in Sud Africa
per studiare il cielo dell'emisfero australe.
Rientrato in Inghilterra, scrisse diversi
lavori su argomenti di astronomia, in particolare
uno studio sulle stelle doppie e sulle nebulose,
si interessò di birifrangenza dei cristalli,
di fotochimica e persino di fotografia.
Il metodo scientifico secondo Herschel
Certamente il più importante contributo di
Herschel alla filosofia della scienza fu
la distinzione tra contesto della scoperta e contesto della giustificazione.
Per contesto della scoperta si intende il
modo in cui si perviene a formulare una legge,
od anche una teoria più generale.
Per contesto della giustificazione si intende
quale procedura mettiamo in campo per cercare
conferme e smentite alla teoria stessa.
In questo quadro non si da ancora, o già,
un problema di realismo. Herschel non si pose la domanda se esiste un mondo là fuori, e se lo scopo della scienza sia descriverlo
ed interpretarlo in rapporto con esso o,
paradossalmente, indipendentemente da esso.
Il mondo esiste, ed allo scienziato tocca
solo avere una certa cura e meticolosità
nel suddividere i fenomeni complessi in parti
semplici e nel porre grande attenzione a
quei punti cruciali che possono fornire la
spiegazione dei fenomeni stessi. Indubbiamente
Herschel dovette qualcosa anche anche al
metodo analitico propugnato da Descartes.
« Il principale esempio che viene offerto
da Herschel riguardo alla riduzione di un
fenomeno complesso nei suoi aspetti rilevanti
è l'analisi del suono: esso viene considerato
come vibrazione di una sorgente, trasmissione
del moto vibratorio attraverso un mezzo,
ricezione da parte dell'orecchio e produzione
di una sensazione. »
A rigore, per Herschel, non fa molta differenza
che lo scienziato segua una via induttiva,
od uno schema deduttivo, oppure azzardi congetture.
Ogni problema specifico richiede un metodo
particolare, ed è certamente vero che se
ci poniamo domande ardite aventi per oggetto
questioni sulle quali non disponiamo di dati
sufficienti, l'ipotesi non può che essere
l'unico dato di partenza.
L'aspetto decisivo è che ogni metodo sappia
estrarre i punti rilevanti di fenomeni complessi,
e che tutti i ragionamenti muovano da questi
punti, conducano alle leggi di natura ed,
infine, consentano ancora di salire alla
formulazione di teorie generali o attraverso
induzione, o attraverso nuove ipotesi.
Tra il semplice dato e la teoria generale
esisteva per Herschel un passaggio intermedio
di grande importanza: la legge di natura.
Per avere idea di cosa fossero per Herschel
le leggi di natura occorre guardare agli
esempi che tirò in ballo.
Avere carattere di legge di natura significa
definire il contesto nel quale i fenomeni
soddisfano le condizioni limite che li descrivono.
La legge della caduta dei gravi di Galilei,
ad esempio, vale solo per il movimento nel
vuoto, mentre la legge di Boyle vale solo
per le trasformazioni a temperatura costante.
E' molto importante per Herschel analizzare
il percorso metodologico: rispetto alla legge
di Boyle si può dire che lo scienziato giunse
alla scoperta stuadiando le variazioni del
volume di un gas a seconda della sua pressione.
La generalizzazione fu costruita su risultati
sperimentali, seguendo una via induttiva.
Al contrario, una delle leggi di C. Huygens
sulla propagazione della luce non sembrava
affatto il risultato di un procedimento induttivo.
Ma è anche vero che alla base degli studi
di cristallografia si potevano trovare le
osservazioni di Keplero sulla forma e la
struttura dei cristalli; queste avevano portato
una relazione di similitudine tra cristalli
e geometria dei solidi. Dunque, prima dell'ipotesi avanzata da Huygens c'era stato
un grosso lavoro di analisi preliminare condotto
da altri, secondo uno schema induttivo.
In sostanza, Herschel sembrò sopravvalutare
la cosiddetta creatività del genio scientifico
nella formulazione delle ipotesi, senza prestare
la necessaria attenzione al fatto che le
ipotesi stesse non nascono dal nulla, o dalla
totale ignoranza, ma si generano su un terreno
dove altri hanno seminato con le loro osservazioni.
Con ciò nulla si vuole togliere al fatto
indiscutibile che la semplice induzione manca
spesso e volentieri di genio, od anche di
talento e solo in determinati casi riesce
a portare oltre il livello delle ipotesi
minime o insignificanti. Non è una grande
conquista scientifica la constatazione che
tutti i corvi sono neri, salvo smentita.
Certo ha un relativo interesse, invece, la
constatazione che il camaleonte è un animale
solitario, un single naturale che fugge la
socializzazione e vive nascosto e mimetizzato,
come se conoscesse uno dei precetti fondamentali
della filosofia di Epicuro!
Ovviamente la scoperta delle leggi di natura
costituisce soltanto la prima fase del lavoro
scientifico.
Per Herschel era importante risalire, ancora
attraverso la duplice possibilità di schema
induttivo e salto ipotetico, a vere e proprie
teorie generali in grado di integrare tra
loro le diverse leggi particolari.
Anche qui, per capire cosa fosse per Herschel
una teoria bisogna guardare ad un esempio
storico, ovvero la teoria dell'elettromagnetismo
formulata da André-Marie Ampère negli anni
venti dell'Ottocento.
Il problema "Ampère" è complesso
sotto diversi punti di vista, non ultimo
il fatto che proprio lo stesso Ampère, smentendo
in un certo senso, ante litteram, proprio
Herschel e la sua insistenza sul ruolo dell'ipotesi,
aveva affermato la necessità di seguire Newton,
senza mai fare ipotesi "sulla natura
delle forze che producono i fenomeni",
e semplicemente dedurre il valore matematico
di queste forze, derivandolo da misurazioni
precise e leggi basate unicamente sull'esperienza.
In realtà, se si guarda bene a come Ampère
fu costretto a contestare le posizioni di
Coulomb (che negava vi fosse una qualsiasi
relazione tra elettricità e fluidi magnetici),
si comprende che Herschel aveva ragione:
Ampère aveva formulato un'ardita ipotesi
generale che, tuttavia, non era suffragata
da dati sperimentali certi. Semplicemente
era una ipotesi alternativa e "rivale"
a quella di Coulomb, con l'ambizione di diventare
una teoria generale dell'elettromagnetismo.
La concezione della teoria e la procedura di falsificazione
Herschel considerò la teoria come un insieme coerente di leggi della
natura in grado di descrivere la complessità
dei fenomeni relativamente ad un campo dato,
ad esempio quello che oggi definiamo come
oggetto degli studi di fisica.
Indubbiamente la teoria nasce da un'ipotesi,
la quale segue l'osservazione di certi fatti,
ma non nasce spontaneamente in chiunque.
Tra le stesse persone che rilevano gli stessi
dati, solo alcune sono poi in grado di formulare
congetture e supposizioni sensate (per dirla con Galileo) e solo pochissime,
sono in grado di collocarle in un insieme
coerente, compatibile con le leggi di natura
già scoperte.
Come già evidenziato, questo approccio di
Herschel risentiva dell'influenza esercitata
da Pierre -Simon de Laplace (1746-1827),
il quale, nell'Exposition du Système du Monde aveva descritto l'atteggiamento ottimale
nei confronti dell'attività scientifica.
Essa si fondava sulla "possibilità di
interpretare i fenomeni, osservabili in natura,
alla stregua di conseguenze matematiche di
un ristretto gruppo di leggi. Di qui discendeva
a suo avviso, il ruolo centrale della matematica
e dell'astronomia. La matematica consentiva
infatti di enunciare i problemi mediante
apparati formali rigorosi e l'astronomia
era un modello per l'impresa scientifica
in quanto le leggi del moto erano controllabili
con particolare precisione negli spazi celesti."
( E. Bellone - L'esposizione del sistema mondo - in Storia della scienza moderna e contemporanea
- a cura di Paolo Rossi)
Per Laplace: « Se l'uomo si fosse limitato
a raccogliere dei fatti, le scienze non sarebbero
che una sterile nomenclatura, e mai avrebbe
conosciuto le grandi leggi della natura.»
(Exposition, cap. 11 - pp. 436)
Come si vede, con Laplace si era abbastanza
vicini a negare che il mondo si offrisse
spontaneamente alla conoscenza, come un libro
sempre aperto sulla pagina giusta. Era la
teoria, ed in senso kantiano, lo schema intellettuale
dell'io a priori, logico e non psicologico,
a dover interpretare la struttura fisica
della realtà.
Herschel assegnò dunque un ruolo centrale
alla teoria ed avvisò che non c'è teoria
che non si fondi su ipotesi.
Per questo ne derivò che ogni teoria doveva
essere in accordo, non solo con le leggi,
ma avrebbe dovuto sopportare tutta una serie
di controlli rigorosi ed esperimenti volti
a negarne la validità.
Con Herschel si passò dunque dal semplice
elogio del dubbio, ad un'inedita formulazione
di quale metodo occorra adottare per superare
tutti i dubbi. Esso consisteva nella falsificazione delle teorie stesse.
Guido Marenco - 30 novembre 2001 -