"Dove è andato il tuo Diletto, o la più bella delle
donne, dove si è
diretto il tuo Diletto, perchè lo ricerchiamo con te?" (Dal Cantico dei
Cantici 6,1)
La Storia. Il
ritorno dell'antico
e la venuta del nuovo. Tutti i diritti riservati.
Pulciko & Giannina
Beata Beatrice I Estense
La Beata Beatrice I è comunemente conosciuta come beata
Beatrice D’Este, il cui corpo si trova appunto nel Duomo di Este.
Beatrice I è nata nel 1192 ed è morta il 10 maggio 1226 sul Monte
Gemmola: infatti il 10 maggio ricorre l’anniversario della sua morte,
ed è ricordata sul calendario liturgico padovano, e quindi venerata in
particolar modo (o comunque dovrebbe esserlo).
Come si può notare dall’albero genealogico della famiglia degli
Estensi, Beatrice I è figlia di Azzo VI e Sofia di Savoia.
Non è indicato il luogo di nascita di Beatrice I.
Sicuramente Beatrice si è spostata sul castello di Calaone, nel periodo
in cui gli Estensi vi posero la loro dimora principale ed abituale:
infatti Sordello da Goito, il quale per svariati anni visse e compose
canzoni proprio in quella corte estense in Calaone, le dedicò varie
composizioni. Dopo
la sua monacazione, si dedicò a Donna Giovanna.
Un’ulteriore indicazione si trova nel documento redatto all’atto del
trasporto in Este nel 1957 e attualmente presente sulla parete al lato
sinistro del corpo in Santa Tecla.
In questo documento la comunità di Este giurò di venerare la beata, ed
i bordi del documento riportano piccoli disegni del castello di Este e
di Calaone, del primo monastero a Solarola e di quello del
Gemmola,
indicando così il percorso effettuato da Beatrice I.
Alla sua morte, il corpo sarà venerato e custodito presso il Gemmola:
in seguito alla guerra ed alle incursioni barbariche, il corpo della
Beata è stato più volte spostato e nascosto, fino ad essere ospitato in
Santa Sofia a Padova fino al 1957, per poi tornare ad Este in Santa
Tecla.
Attualmente, nel duomo di Santa Tecla, accanto al corpo, troviamo
il giuramento con cui la città d’Este si impegna a venerare la Beata.
Non abbiamo trovato documenti relativi all’esistenza di un castello sul
monte Cero: si sa che ci è stata la presenza di monaci e figure
religiose.
Beatrice I fu molto corteggiata ed acclamata, e tutto lasciava
immaginare un futuro di nobile donna, maritata a qualche potente
signore o addirittura re.
Ma ben altra scelta era maturata nel cuore di Beatrice I, che sfidando
le regole dell'epoca e la volontà del fratello, scelse una vita
austera, di mortificazione e preghiera, come sposa di Cristo.
Il suo primo biografo fu appunto Alberto di Santo Spirito, sul
quale Rigon, docente di storia medievale in Padova, ha redatto
interessanti considerazioni.
Beatrice I nel 1221 se ne andò in punta di piedi dal suo bel castello
di Calaone per rifugiarsi in una località detta "Salarola".
Salarola, attualmente esistente, è una zona a qualche centinaio di
metri dal centro di Calaone: nel 1200 vi sorgeva il monastero delle
suore
S. Margherita. Ora non è rimasto quasi nulla di tutto ciò.
Tuttavia Beatrice I, anche se in qualche modo era riuscita a spuntarla
con la famiglia estense, si doveva sentire un pò troppo "sorvegliata"
dalla vicinanza del parentado. Perciò poco tempo dopo Beatrice I se ne
andò presso un colle vicino, il Gemmola, attualmente collocato sempre
nel Comune di Baone, in località Valle San Giorgio.
Sulla cima del Gemmola vi erano già degli edifici, un monastero
maschile che non godeva buona salute. Fu proprio la crisi della
comunità maschile ad indurre Beatrice a stabilirsi sul Gemmola e a
fondarvi una comunità religiosa
femminile, costituita prevalentemente da donne di estrazione nobile.
Le compagne di Beatrice furono per la maggior parte figlie di conti, le
rimanenti erano in gran parte figlie di nobili ricchi e potenti.
Sul Gemmola Beatrice visse fino al 1226, nella preghiera e nella
penitenza, e nell'unione con Dio.
Il suo biografo racconta che la sua morte le fu preannunciata da una
colomba bianca, la quale le si posò di fianco e la fissò nel volto.
La colomba la chiamò con le seguenti parole: "-Alzati, affrettati,
amica mia, colomba mia, mia bella, e vieni. Vieni, mia prediletta, e io
porrò su di te il mio trono, perché desiderai la tua bellezza". Poi
scomparve. Qualche giorno dopo Beatrice morì. Era il 10 maggio 1226.
Il suo corpo fu sepolto nel monastero, in un sarcofago su cui fu inciso
un epitaffio, una bellissima poesia, testimonianza della poesia latina
prodotta nell'area padana.
Dopo la morte di Beatrice il monastero di Gemmola continuò a godere
grande prestigio e fu arricchito da lasciti e donazioni.
Vi si rifugiò anche Beata Beatrice III,
regina d'Ungheria, sua nipote. Beatrice III, reduce dalla morte del
marito Andrea II re d'Ungheria se ne era fuggita in Italia, in attesa
di un figlio, e con i figli di Andrea II che attentavano sia alla sua
vita che a quella del nascituro.
Morì nel 1239, sul Gemmola: il suo culto fu affidato al Modena, perchè
in quel momento gli Estensi avevano ripiegato in tale città.
Il Gemmola subì poi tante traversie e peripezie, in seguito ad
un'incursione di Ungari e nel 1509 al tempo dell'invasione dei
territori veneti da parte degli eserciti della lega di Cambrai. Le
suore se ne dovettero andare
temporaneamente.
Nell' opera dedicata a Beatrice l'abate settecentesco Giovanni Brunacci
scrisse: "A Gemmola precisamente nel monasterio di San Giovanni furono
frati, col nome di conversi, in quello dimoranti santamente colla
nostra
Santa, colle monache di lei. Questo monasterio di Zemola fu così
doppio,
come tanti altri d'antichità: ove erano frati e suore, l'uno e l'altro
sesso
in abito di religione".
Nel tempo si è diffusa la fama di santità di Beatrice I, e delle sue
spoglie miracolose. Si narrava che il suo corpo emanasse sudore e si
rivoltasse nella tomba. Il Prisciani, storico ferrarese che visse tra
il 1400 ed il 1500, molto legato agli Estensi, scriveva: "Quando si
annuncia qualcosa di
sinistro per la sua illustrissima Casa d'Este, beata Beatrice freme con
tanto fragore e si rivolta nel sepolcro con tanto strepito che le suore
pensano che stiano per cadere non solo la chiesa e il monastero ma il
monte stesso di Calaone. Essendo stata una volta aperta la tomba si
vide che giaceva
sul lato sinistro, mentre prima stava sul lato destro ed il suo corpo
ancora
intatto era madido di sudore".
Nel 1578, in seguito ad un decreto papale, le monache del Gemmola
dovettero abbandonare il convento e trasferirsi a S. Sofia di Padova,
dove portarono anche il sarcofago con le spoglie di Beatrice I.
Le spoglie delle altre suore, incluso il corpo incorrotto di Beatrice
III, rimasero sul Gemmola: che fine abbia fatto non si sa, poichè in
Ferrara circolano molte voci riguardo a Beatrice III, anche se
ufficiose.
Papa Clemente XIII, il 19 novembre 1763, confermò il culto e il titolo
di beata, che da secoli gli veniva tributato, concedendone la Messa e
l’Ufficio proprio. La festa si celebra il 10 maggio.
Monastero del Gemmola a Baone e monastero Sant'Antonio Abate
in Ferrara
Le benedettine del monastero di Gemmola scambiavano visite annuale con
le benedettine del monastero in Ferrara, il primo fondato appunto da
Beatrice I ed il secondo da Beatrice II; il legame così attivo si
mantenne fino alla clausura del 1500.
In seguito alla chiusura del Gemmola, molta della documentazione finì a
Ferrara: anche per questo si ha una certa difficoltà a reperire
informazioni e sono nati tanti errori storici.
La morte del Mostardi si tinge di giallo
Solo il Mostardi, un solerte benedettino che poteva infiltrarsi per
bene nella biblioteca delle suore ferraresi, avrebbe potuto scoprire
documenti storici ed artistici, di cui la cultura veneta è stata
privata.
Peccato che il Mostardi sia morto nei primi anni del 1970, proprio
nella torretta del monastero ferrarese, dove le suore hanno collocato
la biblioteca.
Il monaco stava lavorando ad un secondo libro: era giovane e sportivo,
e nulla lasciava presagire una morte improvvisa.
Lo hanno trovato morto le suore, vestito di tutto punto.
Forse il Mostardi ha scoperto qualche cosa di troppo? Non è stata
eseguita alcuna autopsia, poichè all'epoca vi erano altre leggi ed
altre tecniche diagnostiche. Se fosse capitato ora, per legge, si
dovrebbe eseguire l'autopsia.
Certamente la sua morte ha comportato la non divulgazione della sua
opera: il Mostardi si arrabbiava molto quando leggeva i panegirici o
notizie
sui giornali, anche esteri, sconclusionate o romanzate. Gli stessi
errori
denunciati dal Mostardi li abbiamo riscontrati sui quotidiani ed in
siti
Internet.
Tutte le notizie sulle tre Beatrici sono racchiuse nel convento di
Ferrara, ma tutti hanno diritto alla cultura.
Anzi, il Veneto ha diritti maggiori, poichè queste informazioni sono
state sottratte dalle sue zone.