Mutui a tassi usurari?
Perché un mutuo a tasso fisso deve essere variato dopo qualche anno
perché considerato troppo alto e, quindi, "usurario" in base
alla nuova legge sull'usura? Allora è un tasso "quasi" fisso?
Di seguito proponiamo un paio di articoli per comprendere meglio il
problema. Un commento alla fine.
io
donna Settimanale
distribuito con il Corriere della Sera
N.°
2 - sabato, 13/01/2001
Nel
pasticcio dei mutui
Mentre infuria la protesta conviene aspettare la
probabile modifica della legge. E poi decidere se conviene la strada
legale. Che è lunga e costosa.
di Gino Pagliuca
Dopo la bufera scatenata dalle associazioni dei consumatori contro il
decreto sui “mutui usurari” e in attesa che il Parlamento modifichi
la normativa contestata (il provvedimento del 29 dicembre deve essere
ratificato entro 90 giorni) molte persone che negli ultimi anni hanno
acceso mutui con le banche si interrogano. Che cosa è lecito aspettarsi
dalla battaglia in corso? Quali sono le prospettive legali nel caso si
decidesse di contestare anche una futura normativa? Qualsiasi decisione
verrà presa avrà un effetto molto concreto. E basta guardare le cifre
sulla differenza di esborso mensile al variare del tasso applicato per
capire la portata del contenzioso [fino a circa € 125,00 al mese, N.d.R.].
Come è noto, il
pasticcio nasce dall’interpretazione della legge antiusura operativa
dal 1° aprile 1997: prevede che ogni trimestre il ministero del
Tesoro effettui la rilevazione dei tassi medi di mercato sulle varie
tipologie di prestito e considera fuori legge perché usurario il
tasso che supera del 50 per cento la media. Ma
non ha precisato un punto fondamentale:
un contratto con un tasso regolare al momento
della firma può proseguire al tasso iniziale anche se questo risultasse
in seguito usurario, oppure deve essere automaticamente ricondotto sotto
il livello dell’usura? Una “dimenticanza” che ha
avuto conseguenze catastrofiche: prima del 1997 i tassi medi dei
mutui veleggiavano tra il 13 e il 16 per cento, mentre per effetto
dell’ingresso della lira nell’euro i tassi medi sono scesi nel 1998
sotto al 6 per cento. Il problema, già sorto negli anni scorsi, era
aggravato dal meccanismo delle penali che di fatto rendeva poco
conveniente estinguere il mutuo per stipularne uno nuovo. Nei vecchi
contratti, infatti, le clausole per l’anticipata estinzione prevedono penali
che possono arrivare anche al 30-40 per cento del debito da pagare.
Per questo numerosi utenti, con l’appoggio delle associazioni, hanno
promosso cause contro le banche. Risultato? In sei casi su sei la Corte
di Cassazione ha dato loro ragione, sostenendo che il tasso bancario
deve essere adeguato nel tempo a quello delle rilevazioni. Invece, il
decreto governativo contestato nega ai clienti il diritto a indennizzi
per il passato e impone alle banche di rinegoziare i mutui a tasso fisso
al tasso del 12,21 per cento (attuale definizione del livello di usura).
Le associazioni dei consumatori ritengono questa soglia ancora troppo
alta, chiedono un indennizzo forfettario per il passato e la chiara
affermazione che le rinegoziazioni dei mutui siano a costo zero per i
clienti. Che fare, allora? Probabilmente la cosa migliore, per chi ha un
mutuo fisso a tassi elevati, è aspettare il testo definitivo della
legge e solo dopo fare i propri conti. A questo punto, infatti, un iter
giudiziario rischia di diventare estremamente lungo e costoso. Le
sentenze della Cassazione non si estendono in modo automatico. Il
singolo che voglia arrivare a quel grado di giudizio deve mettere in
conto parcelle legali di almeno cinque milioni di lire. Senza avere la
certezza matematica di vincere.
Corriere
della Sera
Anno 126 – N. 4 –
venerdì, 05/01/2001
Il
cliente preso a mutui in faccia
Un decreto
e l’inefficienza delle banche.
di Alessandro Penati
Il Parlamento, nel ‘96, sotto la spinta
emotiva di alcuni fatti di cronaca, ha stabilito il tasso di interesse
al di sopra del quale il creditore diventa ufficialmente usuraio. La
solita norma condita di populismo e dirigismo: gli usurai sono criminali
organizzati; per combatterli, a poco serve definirli tali per legge. E
chi cade nelle loro mani, paga perché teme per la propria incolumità,
nonostante lo Stato lo sollevi dai suoi obblighi. Infatti, il fenomeno
dell’usura non è stato debellato, né ridimensionato. La legge, però,
ha raggiunto almeno uno scopo, che pure non si proponeva: ha fatto
esplodere il problema dei mutui. [In realtà una legge
come questa, che definisce in modo preciso il tasso usurario, rispetto
al passato contribuisce in modo significativo, seppur non risolutivo, a
incastrare i criminali che si macchiano di questo reato, N.d.R.].
Fino a qualche anno fa era normale pagare tra l’11 e il 15% per un mutuo a
tasso fisso: ce lo siamo dimenticati, ma l’inflazione era molto più
alta, le svalutazioni della lira ricorrenti, e lo Stato rischiava
l’insolvenza. Infatti, il Tesoro, dal ‘90 al ‘95, ha pagato un
tasso medio del 12% sui titoli di Stato a lungo termine. Poi è arrivato
l’euro, i tassi sono crollati e in molti si sono trovati a pagare
interessi eccessivamente onerosi su mutui contratti in passato.
In un mercato del credito efficiente e
concorrenziale, il problema non si porrebbe: il debitore potrebbe
decidere quando e come rifinanziare il mutuo a tassi inferiori,
rinegoziandolo con la propria banca, o con un’altra che offre
condizioni migliori. In Italia, questa via è raramente praticabile: o
perché il contratto di mutuo non lo permette, o perché i costi sono
proibitivi.
All’origine di tutto ci sono tanta
inefficienza e i soliti garbugli. La banca che concede un mutuo, con una
determinata scadenza e tasso, si finanzia a propria volta emettendo
un’obbligazione alle stesse condizioni: con i rimborsi dei mutuatari
paga gli interessi sull’obbligazione, e trattiene il proprio margine,
senza alcun rischio finanziario. Un rischio che, invece, avrebbe se
permettesse il rimborso anticipato dei mutui. Di qui l’opposizione
alla possibilità di rifinanziamento.
Volendo, la banca potrebbe facilmente
coprirsi da questo rischio attraverso uno swap di interesse, strumento
finanziario introdotto negli Stati Uniti a metà degli anni ‘80, ora
comunissimo ovunque, proprio per risolvere un problema analogo. Le
banche italiane, nonostante l’avvento dell’euro, non l’hanno
fatto; e i consumatori pagano questa loro inefficienza.
Le banche si difendono sostenendo che chi ha contratto un mutuo a tasso
fisso speculava sull’aumento dell’inflazione, e ha perso. Può
darsi, ma è più probabile che non abbia nemmeno capito cosa ha
firmato. Comunque i contratti non possono diventare vessatori: la
possibilità del rimborso anticipato deve essere salvaguardata; e le
penali ammesse per un numero limitato di anni. Le banche spendono
centinaia di miliardi nel marketing per catturare la fiducia di nuovi
clienti. Poi si permettono di maltrattare quelli che hanno già. Offrire
spontaneamente il rifinanziamento alla
propria clientela, non sarebbe stato una campagna pubblicitaria
efficace? Resta poi il fatto che, oggi, per rifinanziare un mutuo
con una banca diversa — incentiverebbe la competizione — bisogna
estinguere un’ipoteca, pagare una tassa,
accenderne un’altra e pagare una seconda tassa.
Ipoteca, poi, vuol dire notaio, con la
conseguente parcella professionale. Un processo costosissimo. Se
il governo volesse veramente favorire la concorrenza sui mutui,
dovrebbe eliminare l’imposta sulle ipoteche e concedere alle banche
la possibilità di sostituirsi al notaio nell’offrire, come parte del
servizio, l’iscrizione dell’ipoteca (è gratis in alcuni Paesi).
Il
decreto del governo, invece, è la solita soluzione di compromesso:
inventa un tasso legale al quale rifinanziare i mutui — e vorrei
sapere cosa c’entra la media dei Btp degli ultimi 25 anni — che
aiuta alcuni consumatori, ma non penalizza troppo le banche; lasciando
però il mercato del credito inefficiente come prima.
- Commento:
-
- Un "svista" nella preparazione della legge antiusura ha
combinato proprio un bel guaio. Le banche sono state costrette a
diminuire le rate dei mutui a tasso fisso stipulati in passato,
ricalcolandole secondo un nuovo tasso massimo consentito dalla
legge. Questo non sarebbe successo se la citata legge antiusura avesse appositamente previsto la legittimità dei mutui a tasso
fisso, con tasso immutato fino alla scadenza. E' ovvio, a mio parere, che
in questi casi si dovrebbe
verificare se il
tasso sia o meno usurario solo al momento in cui si stipula il
contratto, non dopo; infatti si tratta di contratti a lungo
termine, 10, 20 anni e più, validi sempre alle stesse
condizioni iniziali. Diversamente, nel caso di un tasso
variabile, il tasso viene aggiornato periodicamente (di solito ogni sei mesi) e
ogni volta deve essere inferiore al tasso considerato usurario dalla
legge in quel momento.
- Se il cliente ha stipulato un mutuo a tasso fisso è proprio
perché questo non cambi fino alla scadenza; preferisce perdere
eventuali futuri ribassi in cambio della sicurezza assoluta che non verranno
aumentati! Costringere le banche a diminuire un tasso
fisso,
significa che è diventato variabile, ma solo in una direzione (al
ribasso). Se i tassi di riferimento fossero aumentati e le
banche si fossero permesse di aumentare la rata ai loro clienti, che cosa sarebbe successo?
Un pandemonio! Allora perché
tanto scandalo, perché tanto chiasso per richiedere un ribasso
forzato dei tassi (ex) fissi? E'
assolutamente improponibile, oltre che un assurdo economico e giuridico
quello che si è imposto alle banche; è fatta salva,
naturalmente, la correttezza
delle sentenze dei giudici e della loro buona fede, che si basano sull'interpretazione
letterale delle leggi (anche se, in questo caso, un po' di
elasticità e buon senso non avrebbero guastato).
Non sto certo a difendere le banche, che hanno fatto i loro
sbagli. L'errore dei loro detrattori, associazioni di consumatori in
testa, è di aver posto l'accento sulla questione sbagliata. Bisogna
invece affermare con decisione che il problema vero sta nella estrema
difficoltà a rinegoziare il tasso di un mutuo; oppure di
estinguerlo anticipatamente, senza pagare penali esorbitanti, per
poterne accendere un altro a condizioni più favorevoli. Qui
entrano in gioco responsabilità pesanti sia delle banche sia del
governo. Le prime devono abbassare le penali a livelli accettabili e
il secondo deve eliminare le tasse relative alle iscrizioni e
cancellazioni di ipoteche, le quali dovrebbero poter essere fatte
anche dalle banche per poter risparmiare sulle parcelle dei notai.