Soggetto
e fondamento
La caduta del
"centro" secondo il paradigma nietzschiano
di Andrea
Bocchetti
La progressiva
emancipazione della filosofia dalla metafisica ha riproposto, nel XVIII
secolo, la necessità di individuare, nell’ambito della costruzione
del sapere, un fondamento slegato da qualsiasi riferimento trascendente.
La filosofia ha quindi
cercato di spostare la propria ricerca verso quegli orizzonti
speculativi che rivalutassero la posizione della soggettività come
chiave d’accesso alla comprensione del reale.
In tal senso, si è
cercato di ristabilire un nuovo assetto alla ricerca filosofica, la
quale approdava alle teorie di Immanuel Kant; quest’ultimo,
distruggendo tutto il vecchio impianto dogmatico-metafisico, ha
"centrato" il discorso sul soggetto trascendentale,
riportando, cioè, all’interno del soggetto stesso, le condizioni di
possibilità della conoscenza, dissuadendo la filosofia a tener conto di
qualsiasi approccio eteronomo.
All’interno di questo
percorso si è andata, tuttavia, sviluppando nel XIX secolo una
metafisica della soggettività che ha portato a rivalutare ulteriormente
la posizione della stessa, in quanto spazio fondativo del sapere.
Da questa posizione
muove il pensiero di Friedrich Nietzsche, il quale ha scardinato ogni
illusione rispetto alla posizione soggettiva, ha estirpato ogni residuo
metafisico dalla filosofia, destituendo ogni ancoraggio speculativo
dalla sua stabilità.
"L’intero sapere
filosofico occidentale […] viene intaccato alla base: revocando di
fatto la legittimità stessa del concetto del soggetto, Zarathustra
sconvolge un’intera era geologica della filosofia occidentale, quella
che si è sedimentata e irrigidita su problemi irrisolti, e forse
irrisolvibili, che tale concetto trascina con sé ". (1)
Quest’ esplosione
della soggettività non è tuttavia riconducibile, come si è tentato di
fare nell’ottica post-modernista, alla ricostruzione feticistica di
una debole soggettività, che cercava, in qualche modo, di ritrovare un’identità
persa, un’identità che melanconicamente avvertiva la mancanza di un
fondamento costitutivo e stabile; questa esperiva la più tremenda delle
vertigini, il più intenso dei disorientamenti che la portava a
rifugiarsi nelle periferie di se stessa.
La filosofia ha dovuto
allora fare i conti con la perdita di un "centro", del
fondamento sul quale costruire tutto l’impianto filosofico, approdando
ad una "ontologia critica dell’uomo".
La perdita del centro
non vuol tuttavia significare assenza di direzione, bensì dispiegamento
di una molteplicità di possibili direzioni, secondo la natura
prospettica della dimensione umana.
E’ necessario, quindi,
ricercare non l’unità, l’equilibrio, la conciliazione, la verità;
bisogna, al contrario, rivolgersi verso un progressivo decentramento,
attraverso un costante lavoro della differenza, che renda giustizia al
"divenire del molteplice", e si annienti definitivamente la
volontà di verità come ricostruzione dell’intero. [" e soltanto
su queste basi d’ignoranza, ormai solide e granitiche, ha potuto
levarsi fino ad oggi la nostra scienza; la volontà di sapere sul
fondamento di una volontà molto più possente, la volontà cioè di non
sapere, d’incertezza, di non verità! Non come sua antitesi, bensì,
come suo affinamento!"] (2).
Ogni tentativo di
ricercare la verità sarebbe in tal senso delirio di onnipotenza, mentre
l’affermazione tragica della scissione dischiuderebbe all’uomo l’onnipotenza
della possibilità.
(1) Pasqualotto,
introd. a "Così parlò Zarathustra"
(2) Nietzsche,
"Al di là del bene e del male"